BARI, Mercoledì 28 settembre, seminario su Antonio Gramsci e la rivoluzione in Occidente

 

BARI, Mercoledì 28 settembre – Ore 17.00

Aula IV della facoltà di Lettere (II piano Ateneo)

 

Il Centro interuniversitario di ricerca per gli studi gramsciani organizza un Seminario su

Gramsci manifesto .jpg

Antonio Gramsci e la rivoluzione in Occidente

 

in occasione dell’uscita del libro di

Marcos del Roio

I prismi di Gramsci – La formula politica del fronte unico (1919-1926)

La città del sole, Napoli

Intervengono

Andrea Catone, direttore della rivista MarxVentuno

 Marcos del Roio, Università di San Paolo, Brasile

 Guido Liguori, Università della Calabria, presidente della IGS Italia

 Pasquale Voza, direttore del Centro interuniversitario di ricerca per gli studi gramsciani

 Coordina

Lea Durante, Centro interuniversitario di ricerca per gli studi gramsciani

Marcos del Roio, conseguiti i titoli di post-dottorato presso le Università di Roma tre e di Milano, è attualmente professore ordinario diScienza Politica presso la Facoltà di Filosofia e Scienze della UNESP (São Paulo, Brasile,  campus di Marilia), con un programma di ricerca e insegnamento nel campo della teoria politica del socialismo e della politica operaia. Presidente dell’Istituto Astrojildo Pereira ed editore della rivista «Novos Rumos», è autore di numerose pubblicazioni, in cui vive la lezione di Gramsci nell’analisi dell’attualità geopolitica. È tra i redattori della História do marxismo no Brasil in 6 volumi. A Marilia è tra i più attivi promotori di seminari internazionali di studio sulla teoria politica del socialismo. Nell’agosto di quest’anno è stato organizzato un intenso e denso seminario sul tema “Gramsci, le periferie, i subalterni”, che ha visto la partecipazione attiva – dalle 9 del mattino sino a mezzanotte – di centinaia di docenti e studenti che hanno presentato e discusso decine e decine di relazioni e interventi sul tema, con una passione intellettuale e politica e un interesse che è ormai raro incontrare in Italia.

professore di Scienze Politiche presso la Facoltà di Filosofia e Scienze dell’Università Statale di São Paulo e nell’Università Statale di Campinas, Brasile.. Il volume di Del Roio è stato pubblicato in portoghese nel 2005.  

* * *

Identità e diversità nel pensiero di Gramsci

di Giorgio Baratta

su L’ERNESTO 1/2010 del 01/01/2010

[http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=21249]

DEL ROIO SOSTIENE LA TESI FORTE E RADICALE DELLA PIENA CONTINUITÀ TRA L’AZIONE POLITICA E LA RIFLESSIONE FILOSOFICA DI TUTTO GRAMSCI. CIÒ NON COMPORTA LA SOTTOVALUTAZIONE DEI CAMBIAMENTI, DELLE SVOLTE, FINANCO DELLE ROTTURE INTERVENUTE NELL’ARCO DELLA SUA BREVE, MA DENSA ESISTENZA

Con una modalità sobria e discreta, ma anche con efficacia e determinazione, Marcos Del Roio analizza l’attività politico-teorica di Gramsci, prima del suo incarceramento, alla luce di una tesi forte e radicale: la continuità piena tra l’azione politica e la riflessione filosofica di tutto Gramsci.

Ricordo quanto mi colpì un’affermazione in tal senso, esente da dubbi, espressa dal protagonista operaio del biennio rosso Battista Santhià, quando ebbi modo di intervistarlo a lungo nella sua casa di Torino nel 1987, pochi mesi prima che morisse. Santhià non era un intellettuale di professione, eppure il suo approccio era quello di un “intellettuale organico” nel senso rivendicato da Gramsci nel suo intervento alla Commissione Politica del Congresso del PCI a Lione nel 1926, quando, in polemica con il primato concesso agli intellettuali dall’estrema sinistra di Bordiga, sostiene: per la estrema sinistra la situazione sembra ancora quella di quando «gli intellettuali erano gli elementi politicamente e socialmente più avanzati, ed erano quindi destinati ad essere gli organizzatori della classe operaia. Oggi, secondo noi, gli organizzatori della classe operaia devono essere gli operai stessi»[1] . Si noti che «organizzatori» sono, nel linguaggio dei Quaderni del carcere, gli intellettuali in senso lato. L’affermazione di Santhià mi apparve allora “trionfalistica”. Ripensando, mi accorsi che egli aveva molte ragioni. Sostenere l’unità dell’opera di tutto Gramsci, del resto, non comporta la sottovalutazione dei cambiamenti, delle svolte, fianco delle rotture intervenute nell’arco della sua breve, ma densa esistenza. Al contrario: senza dissipare la loro unità interna, oggi sappiamo che non si possono studiare i Quaderni senza porre in atto una metodologia di indagine genetico-evolutiva di analisi.

Emergono, leggendo Gramsci, idee-cardine che determinano in modo unitario il ritmo del suo pensiero, per lo meno dall’epoca dei Consigli di fabbrica sino alla stesura degli ultimi quaderni (è lo stesso Gramsci a fornirci la chiave di questa continuità in una nota strategica dei Quaderni[2]). Mi riferisco alle idee-cardine che costituiscono l’identità del pensiero, oltre e attraverso le diversità delle sue manifestazioni: ciò che ritroviamo, in genere, nei grandi pensatori.

Il titolo e l’esergo del libro di Del Roio rinviano precisamente a questo contrappunto tra identità e diversità che Gramsci teorizza con un linguaggio ricco di immaginazione nel Quaderno 1, e che potremmo, in modo forse un po’ ardito, applicare al suo pensiero:

La elaborazione unitaria di una coscienza collettiva domanda condizioni e iniziative molteplici […] Lo stesso raggio luminoso passa per prismi diversi e dà rifrazioni di luce diverse […] Trovare la reale identità sotto l’apparente differenziazione e contraddizione e trovare la sostanziale diversità sotto l’apparente identità, ecco la più essenziale qualità del critico delle idee e dello storico dello sviluppo sociale[3].

La categoria essenziale del sottotitolo, ma anche del contenuto del libro di Del Roio – “fronte unico” – ci riporta alla medesima problematica, considerata nella temperie dell’azione politica di Gramsci, con riferimento a quel suo radicale leninismo che lo guidò nel vincente duello con Bordiga.

IL FRONTE UNICO

Del Roio ricorda la nascita nel 1921, in Germania, di questa «formula politica », che è centrale nel pensiero maturo di Lenin, e ne mostra le diverse interpretazioni che ha ricevuto, analizzando la posizione di Gramsci a riguardo. Un aspetto non secondario di quest’ultima è il fatto che, proprio alla luce delle necessità pratiche imposte dalla strategia del fronte unico, si spiega la straordinaria prudenza e duttilità da lui mostrata nel rapportarsi a Bordiga, sia quando questi determinava la linea del partito, sia successivamente, quando cominciò a profilarsi la sua supremazia. L’immagine-metafora del raggio e dei prismi consente di avvicinarci al filo rosso che accompagna la transizione dall’ultimo anno di libertà civile di Gramsci alla genesi dei QuAderni. Del Roio fa emergere in questa direzione alcuni elementi importanti, in particolare nel saggio incompiuto e allora inedito sulla «quistione meridionale», che è del 1926. Ma è l’intera elaborazione politica e teorica di Gramsci lungo quest’anno, che apre gli scenari fondamentali a partire dai quali matura la costruzione del suo pensiero carcerario. Ricordo le tappe essenziali: Congresso di Lione e relative Tesi (21-26 gennaio), Lettera a Togliatti sulla situazione nel partito bolscevico (ottobre), Alcuni temi della quistione meridionale (nei mesi precedenti l’arresto, l’8 novembre).

LE TESI DI LIONE

Le Tesi per il Congresso di Lione, stese da Gramsci in collaborazione con Togliatti, sono probabilmente il documento più alto e più complesso dell’intera storia politico-teorica del movimento comunista in Italia. Queste Tesi, lette insieme al già citato intervento di Gramsci alla Commissione politica del Congresso, costituiscono un esempio mirabile di quella «filosofia occasionale» che egli ritrovava nelle formulazioni politiche di Lenin e di Machiavelli. L’alleanza leniniana tra operai e contadini, fondamento della politica del «fronte unico», si precisa nella individuazione delle due «forze motrici della rivoluzione italiana », il cui «sviluppo» e «rapidità» – dicono le Tesi – «non sono prevedibili al di fuori di una valutazione di elementi soggettivi»[4]. È opportuno qui sottolineare come la combinazione delle categorie di «forza» (ad evidente metaforicità fisico-biologica e tecnica) e di «soggettività» (a impronta umanistica e storicistica) rappresenti un arco di tensione nel quale si muoverà l’intera riflessione carceraria di Gramsci. Nell’intervento alla Commissione politica Gramsci illustra con inequivocabile chiarezza l’antitesi tra la concezione bordighiana del Partito come «organo» e quella più congeniale del Partito come «parte» della classe operaia. Per sottolineare la distanza tra astrazione e concretezza, tra condivisione e strumentalità, scrive Gramsci: «Il partito è unito alla classe operaia non solo da legami ideologici, ma anche da legami di carattere “fisico”»5. Il ragionamento prosegue e si sviluppa nella necessità di una organizzazione del partito «“per cellule”, cioè secondo la base della produzione»6. Senza questa connotazione che potremmo chiamare tecnico-naturalistica dell’argomentazione, il soggettivismo storicista di Gramsci avrebbe necessariamente imboccato una strada unilaterale e idealistica. È tutt’altro che lineare e immediatamente consequenziale il filo del discorso. Gramsci deve riuscire ad armonizzare due istanze complementari ma distanti l’una dall’altra: la centralità della classe operaia e dell’organizzazione del partito (da qui la polemica contro l’ammissione del frazionismo e l’idea del partito come «sintesi di elementi eterogenei » da parte di Bordiga) e la demo – craticità interna, il carattere cioè antiautoritario del Partito stesso, il che si pone con la relazione dialettica che il Partito stesso ha da stabilire con le organizzazioni di massa, così come, al suo interno, tra centro e periferie. Il problema dei problemi sta nella dimensione egemonica del proletariato (cui si accenna nelle Tesi) nei confronti delle masse contadine (per definizione amorfe e polverizzate), degli intellettuali e via via degli altri strati ‘egemonizzabili’.

LA PRINCIPALE QUESTIONE DI METODO

Il raggio e i prismi simbolizza la principale questione di metodo che accompagna e guida l’evoluzione del pensiero di Gramsci nei Quaderni. Potremmo denominare tale questione la ricerca di rafforzamento e insieme di indebolimento della dialettica.

La dialettica si rafforza e insieme si indebolisce esaltando la sua origine o matrice relazionale. La concettualizzazione dei Quaderni è attraversata di parte in parte da coppie dicotomiche, che danno origine a polarità non necessariamente antinomiche, e comunque prive di un terzo termine che ne rappresenti una (possibile o necessaria) sintesi. Occorrerebbe una complessa disamina lessicale per illustrare ed esemplificare questa tesi, che qui si richiama perché mi appare evidente la sua connessione con l’animus della ricerca di Del Roio. Mi limito a sottolineare la peculiarità, nell’uso dei Quaderni, di coppie dicotomiche quali: storia e natura, umanità e animalità, intellettualità e vita, egemonia e potere, produzione e cultura, riforma e rivoluzione, dimensione evolutivo-temporale e dimensione territoriale-spaziale delle vicende umane (a partire da lingua e linguaggi)… Passando dal linguaggio della luce a quello del suono, si potrebbe dire che i prismi si armonizzano tra loro come in un contrappunto. Possono dar luogo a consonanze come a dissonanze. Il problema (filosofico e politico) nasce dal fatto che le diverse rifrazioni hanno bisogno dell’identità di un raggio. L’unità del contrappunto ha una fonte diversa dal contrappunto medesimo. Il fronte è unico – ed unito – perché ha un centro.

*Prefazione al libro di Marcos del Roio I prismi di Gramsci – la formula politica del fronte unico (1919-1926).

Note

1 A. Gramsci, La costruzione del partito comunista, Einaudi, Torino, 1971, p. 482 sgg

2 A. Gramsci, Quaderni del carcere, ed. critica a cura di V. Gerratana, Einaudi, Torino, 1975, p. 328 sgg. 

3 Ivi, p. 33 sgg. Nella seconda stesura di questo passo, nel Quaderno 24, ß 3 (quaderno speciale dedicato al “giornalismo”) “l’elaborazione unitaria” diventa “l’elaborazione nazionale unitaria”, mentre la “qualità del critico delle idee” diventa “la più delicata, incompresa eppure essenziale dote del critico delle idee”, ecc.

4 A. Gramsci, La costruzione del partito comunista, Einaudi, Torino, 1971, p. 498.

5 Ivi, p. 482.

6 Ivi, p. 483.

***

Danilo Ruggieri: Gramsci tra fronte unico e spirito di scissione

gramsci 3.jpg

In tempi in cui la frammentazione e la divisione nella sinistra italiana sono egemoni, anzi pervasivi, scrivere un volume sulla politica del “fronte unico” – promossa nei primi anni ’20 dal movimento comunista internazionale – e sul ruolo originale svolto da Antonio Gramsci nell’assunzione di questa prospettiva è un’opera meritevole di attenzione. Il voluminoso testo dello studioso brasiliano Marcos Del Roio (I prismi di Gramsci. La formula politica del fronte unico (1919-1926), Napoli, La Città del Sole, 2010, pp. 336) trova la propria ragione di fondo nella rilettura del pensiero di Gramsci entro e a partire dalla tradizione del marxismo internazionale. Egli entra accuratamente nella disamina del complesso dibattito e dell’azione prodotta dall’assunzione della linea politica del “fronte unico” che, fin dal III Congresso del Comintern (1921), rappresenterà la prospettiva del movimento comunista internazionale per diversi anni. Una strada non esente da errori, sconfitte e rettifiche legate sia ai turbolenti avvenimenti della transizione socialista in Urss, sia ai tentativi rivoluzionari e alle conseguenti sconfitte del movimento comunista nell’Europa Occidentale, a partire dalla Germania.

È importante sottolineare anzitutto che il volume rappresenta una novità poiché nel panorama editoriale vi è ben poco sulla formula politica del fronte unico e sulla specificità della riflessione teorico-politica di Gramsci sul tema. Il libro ripercorre con passione e attenzione filologica l’origine di tale politica, il suo sviluppo, le sue alterne vicende e le interpretazioni che le diverse sezioni nazionali dell’Internazionale diedero del frontismo in relazione tanto al movimento socialista quanto al movimento sindacale. Questa politica rappresenta l’anticipazione della politica del “fronte popolare” che il VII Congresso del Comintern (1935) sancirà con il “rapporto Dimitrov” e che sposterà l’asse politico sul piano internazionale, creando le condizioni per una decisa egemonia dei comunisti alle porte della Seconda guerra mondiale, preparando il terreno della Resistenza al nazifascismo.

La riflessione dell’autore muove dal rapporto dialettico fra registro teorico-politico e registro storico, calando la natura delle posizioni nel contesto di classe, nella specifica condizione storico-politica dei paesi in cui si declina la linea definita dalla Terza Internazionale. Se questo, per un verso, è un merito che da solo stimola la lettura e l’approfondimento, per l’altro mette il lettore dinanzi a un campo di questioni estremamente ampio, che dà massima attenzione alla dialettica centro-periferia e nazionale-internazionale nei partiti comunisti: a quei prismi, cioè, a quelle diverse sfaccettature in cui si declina l’unitarietà della specifica politica del “fronte unico”. Al centro del libro vi è Gramsci e il suo contributo originale all’interpretazione di questa politica, da lui intesa non come passaggio contingente, meramente tattico, ma questione centrale volta a contrastare – una volta fondato il Partito comunista d’Italia – la direzione riformista sul proletariato operaio e contadino da parte del gruppo dirigente socialista, campo strategico per conseguire l’egemonia comunista in relazione alle classi subalterne, costruzione di un blocco storico (Tesi di Lione, 1926) per l’affermazione della rivoluzione socialista in un paese capitalista. È questo il “problema dei problemi” che attraversa l’intero volume, che investe non solo strettamente la strategia politica, ma l’intero campo dell’egemonia nelle relazioni sociali. Gramsci, secondo Del Roio, avrebbe un ruolo originale nella storia del movimento comunista della prima metà del XX secolo, e in certo modo siederebbe accanto a Lenin e Rosa Luxemburg (sebbene non vada ignorata la distanza fra questi due dirigenti del movimento comunista): è questo il filo rosso che sottende tutto il testo e che si traduce in questo proposito dell’autore, apertamente dichiarato: «l’obiettivo esplicito pertanto è quello di mostrare il posto occupato da Gramsci nel contesto della rifondazione comunista del XX secolo” (p. 30).

È proprio la questione della “rifondazione comunista” che costantemente ritorna nel corso del volume. Da un lato troviamo lo “spirito di scissione” (uno dei due aspetti del binomio che rappresenta il leit Motiv del libro, assieme a quello di “rifondazione comunista”), originato dalla Prima guerra mondiale e dal macello dei popoli che ne scaturì, e il primo “assalto al cielo”, con la rivoluzione bolscevica, conseguenza non inevitabile dello sviluppo di una teoria rivoluzionaria in Russia, che influenza e si accorda con la sinistra socialdemocratica maturata nel contesto europeo. Dall’altro, l’autore si concentra sul percorso di “rifondazione comunista”, che delinea essenzialmente come reazione al processo di “degenerazione” del pensiero di Marx ed Engels nel movimento socialista internazionale e di revisione del marxismo, a favore d’una concezione neokantiana sul piano teorico e positivistica sul piano politico, operata dalla tradizione socialdemocratica della Seconda Internazionale. Sorge il quesito se in tal modo si voglia richiamare un “ritorno alle origini” del pensiero marx-engelsiano deformato-revisionato dalla vulgata positivistica o se questa necessità di “rifondazione comunista” si intenda come richiamo alla svolta di un dialettico processo di avanzamento della teoria marxista nell’era dell’imperialismo e delle rivoluzioni. In realtà il termine “rifondazione comunista” indica un percorso di nuova fondazione, di ritorno alle origini, esclude per definizione il processo dialettico della lotta fra linee politiche nel movimento socialista che è permanente-immanente, rapporto che è sempre espressione di fratture all’interno delle classi subalterne. Per Lenin, infatti, la radice del riformismo era il prodotto di una divisione sociale, di una differenziazione all’interno della classe operaia, processo del quale l’“opportunismo” era l’involucro politico-ideologico, non semplicemente una questione di deviazione politica dei gruppi dirigenti – come giustamente nota Del Roio.

In questo senso, leninismo e gramscismo non possono intendersi semplicemente come rifondazione del pensiero materialista di fronte alla deviazione dei vari Kautsky o Bernstein. Il marxismo è una concezione del mondo viva, in grado di interpretare e mettere in campo una teoria e una prassi della trasformazione. È stato proprio lo sviluppo del movimento rivoluzionario dell’epoca la condizione di pensabilità della gramsciana filosofia della prassi, quel movimento che ha rappresentato certo un salto di qualità – dunque anche una rottura – rispetto al passato. In questo processo Del Roio fa meritoriamente emergere la forza teorica e la lucidità politica del comunista Antonio Gramsci. 

FONTE: Critica Marxista n.1, 2011 [http://www.igsitalia.org/Libro%20di%20Del%20Roio.pdf;  http://www.controlacrisi.org/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=16076&catid=41&Itemid=68]

* * *

L’arresto e la lunga detenzione determinarono una brusca cesura nella militanza di Antonio Gramsci e nella sua azione di direzione del movimento comunista in Italia. Ma la completa separazione dal corpo attivo del partito e l’isolamento dal contesto sociale delle lotte non impedirono alla sua mente, pur nella separazione del carcere, di approfondire ed elaborare concetti che avrebbero orientato quello stesso movimento operaio e comunista, una volta vittorioso sul nazifascismo, per decenni, mostrando perfino nella contemporaneità una straordinaria capacità di interpretare le grandi questioni del nostro tempo e della transizione verso il socialismo. Ci sono in Gramsci assolute organicità e coerenza di pensiero che scandiscono una continuità tra la sua azione politica precedente all’arresto e la riflessione filosofica cui fu costretto nel carcere: una continuità che non vuol dire piatto continuismo né insensibilità alle trasformazioni radicali in atto nella società. È questa unitarietà del pensiero gramsciano che Del Roio intende riaffermare in evidente polemica con letture frettolose e superficiali che pretendono di rintracciare una stessa cesura tra il Gramsci politico e quello filosofico, tra il dirigente e il pensatore, tra il direttore dell’“Ordine Nuovo” e l’autore dei “Quaderni”, in coincidenza e in conseguenza della sua detenzione.

Del Roio sceglie il titolo del suo libro per rimarcare – con la metafora del raggio di luce attraverso un prisma – il contrappunto tra identità e diversità. Sceglie per rimarcare questa tesi la formula politica del “fronte unico” in cui si condensa in modo esemplare tutto il leninismo di Gramsci e l’assoluta coerenza del suo pensiero nell’agire politico prima dell’arresto – con le Tesi di Lione e la lotta vittoriosa contro lo schematismo bordighiano – e nella riflessione del carcere sulle due “forze motrici della rivoluzione italiana”, la classe operaia e quella contadina. Un tema che per le sue implicazioni – centralità del proletariato e del suo partito, democrazia, rapporto partito-masse, egemonia – e per le direttrici di ricerca e di marcia che scaturiscono dalla riflessione gramsciana, mantiene una straordinaria attualità pur nel contesto contemporaneo ed una straordinaria freschezza e promessa di prospettive. Non per caso Gramsci è letto ancor oggi e ancor di più oggi in contesti di lotta – come quello latinoamericano di cui Del Roio è espressione – che lo pongono come riferimento della loro ricerca sperimentale di percorsi vincenti per la propria liberazione e verso il socialismo.  

[dalla rivista ALBA, n. 9/2010, 

http://www.redportiamerica.com/site/wp-content/uploads/24-25.pdf]


BARI, Mercoledì 28 settembre, seminario su Antonio Gramsci e la rivoluzione in Occidenteultima modifica: 2011-09-27T13:30:00+02:00da iskra2010
Reposta per primo quest’articolo