Il Partito del Lavoro dalla “sinistra fascista” alla pseudo radicale “sinistra centrista”

 

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L’importanza di non essere e non chiamarsi comunisti

 di Angelo Ruggeri

 

Quelli che vogliono il “Partito del Lavoro” come il mussolinismo della cosiddetta “sinistra fascista” della Repubblica Sociale di Salò.


Ormai si vede chiaramente che certe soggettività burocratiche sono allo sbando, non avendo più né senso storico né teorico-politico, non sanno cosa dire e cosa fare e senza sapere dei precedenti storici, propongono, ancora, un altro “PDL”: col quale, senza nemmeno provare a rivendicare IL PROPORZIONALE INTEGRALE, sperano di poter partecipare, sopravvivere e galleggiare (e magari guadagnare un poco di sottogoverno) nella cosiddetta Seconda Repubblica ispirata dalla P2 di Licio Gelli e dai gruppi di potere capitalistici palesi ed occulti, nazionali e internazionali.

Inutile dare zucchero all’asino (diceva mio padre) quali sono quelli che oggi e come il mussolinismo della Republica Sociale di Salò propongono un Partito del LavoroDi lavoro parlava sempre anche il fascismo, maestro di demagogia, perchè parlare di lavoro (di cui Gramsci denunciava nei primi 10 anni del Novecento e contro i socialisti alla Mussolini, essere il male peggiore che scade nel corporativismo) serve per non attaccare il potere d’impresa che richiede una strategia a tenaglia di un sindacato di classe e di un partito non del “lavoro” ma “comunista”, onde avere una lotta e una visione e coscienza di classe complessiva della società e su come funzionano oggi il comando del capitale nel rapporto fabbrica-società-stato, grazie a quelli che sono gli specifici rapporti sociali e di produzione capitalistici, che richiedono una teoria della prassi (non del puro e banale tatticismo elettoralistico o movimentismo protestatario) ed analisi storica e “marxiana” in nome di una trasformazione sociale di tali rapporti e non di difesa (inevitabilmente corporativa) del “lavoro” che come “l’operaismo” e stato sempre cultura della destra (anche quella interna al Pci).

Donde che del lavoro parlava sempre e abbondantemente  il fascismo nella fase del mussolinismo rampante degli anni 20 e il corporativismo e la Carta del lavoro fascista del 1927, dove parlare del LAVORO serve al sistema di accumulazione e agli specifici rapporti di dominio del capitale e vigenti all’interno della  produzione e non già ad attaccare i rapporti sociali e di produzione capitalistici.

Ecco perché IL FASCISMO parlava e PROPONEVA DI FONDARE UN “PARTITO DEL LAVORO” NELLA FASE DEL MUSSOLINISMO DELLA REPUBBLICA SOCIALE DI SALO’, in forza di frammenti dei cosiddetti “diritti sociali” (conculcati dai liberisti); il LAVORO nella formula classificatoria della “terza via” fascista – una delle tante terze vie succedutesi fino a quelle attuali del centro sinistra e dei post ed ex comunisti – che diventava la base di una visione di cosiddetta “sinistra fascista” CHE SULLE PREMESSE DELLA POSSIBILE SCONFITTA MILITARE, POLITICA E QUINDI STRATEGICA DEL FASCISMO STORICO, SI INCARNO’ NELLA PROPOSTA DI UN “PARTITO DEL LAVORO” E DELLA SOCIALIZZAZIONE DELLA IMPRESE – DI CUI LA PROMULGAZIONE DEL DECRETO DA PARTE DELLA “RSI” e che già abbiamo trasmesso più di una volta per via e-mail – avendo il fascismo per primo fatto del corporativismo e del LAVORO una propria bandiera al servizio dei supremi interessi della nazione (qui citiamo noi stessi a proposito di quella nazionalizzazione della classe operaia, in Germania da Bismark all’attuale sistema presidenziale del cancellierato e in Italia “il siamo tutti sulla stessa barca” e gli operai che stanno ai remi devono vogare sotto il ferreo comando di chi vigila sull’interesse nazionale, fa capolino nel Patto di cartello della triplice.

Ma da chi invoca di “non pagare il debito” – senza sapere che l’unica che non lo pagò, fu la Russia della Rivoluzione d’Ottobre -, riceverebbe una sollecitazione e una potente spinta verso il nazionalismo con cui oggi si invita ai sacrifici, facendo passare l’errato concetto che siamo tutti sulla stessa barca. In questo modo i proletari e i lavoratori verrebbero assemblati in un FASCIO di un blocco nazionale più o meno militarizzato, da opporre a un nemico economico “esterno”, la finanza internazionale e il “GOVERNO DELLE BANCHE”, creando quella cultura della guerra utile a far uscire il capitalismo – che è fatto non solo da banche e finanza – ma anche da industrie, dalle secche in cui si trovano e a impedire nel contempo la diffusione dell’unica alternativa, la lotta per l’applicazione integrale della Costituzione nata dalla Resistenza. Costituzione che sposta il baricentro dei poteri, partendo dai posti di lavoro, verso il proletariato e le classi subalterne. Facendo della programmazione politica dell’economia uno dei pilastri della sua azione in quanto studiata proprio per far fronte ai momenti di crisi di un sistema capitalistico ormai giunto da tempo nella sua fase imperialistica.

Ecco la ragione per cui nasce la farsa DI UN PARTITO DEL LAVORO, che non per caso vede tra i promotori di tal partito anche coloro che hanno sostenuto la Camusso e sottoscritto il PATTO DI CARTELLO della TRIPLICE SINDACALE (come appunto veniva chiamata durante il ventennio).

Il Partito del Lavoro dalla “sinistra fascista” alla pseudo radicale “sinistra centrista”ultima modifica: 2011-09-29T00:30:00+02:00da iskra2010
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