Per un territorio del sociale o del capitale? Quale Regione in qual Europa

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da Angelo Ruggeri

Dalla opposizione del territorio-sociale contro le centrali nucleari

alla imposizione governativa della tassa federalista dell’IMUsulle comunità sociali-territoriali

segno del passaggio

DAL POTERE DEL TERRITORIO SOCIALE

DELLA “REPUBBLICA DELLE AUTONOMIE”

ALLA ANTITESI FEDERALISTA AL POTERE DAL BASSO

La “sinistra” di varie specie, incapace di intelligere sulla “vexata questio” delle istituzioni, oggi si trova di fronte a provvedimenti dell’attuale governo che, contrariamente a quanto crede il leghismo maroniano o di Pisapia e taluni dei tutti “padani” sindaci emiliani e toscani, sono coerentemente federalisti. Solo che la c.d. “sinistra”, (specialmente i toscani ed emiliani tutti molto più federalisti e padani dei leghisti) in realtà non ha mai capito cosa sia il “federalismo”.

Inseguendo la Lega, da un lato, e l’Europa, dall’altro, la “sinistra” ha incrociato il federalismo senza sapere veramente che cosa sia: nella sua duplice forma – collegata e infine unica – di “FEDERALISMO DELLE TASSE” E “FEDERALISMO DELL’ECONOMIA DI MERCATO” e del processo di produzione capitalistico, quale oggi viene abbondantemente dimostrato; e sia dalla vera e propria TASSA FEDERALISTA DELL’IMU da tutte le decisioni inmateria economica, fiscale, delle infrastrutture (come la TAV) ecc..

Quindi di che si lamentano?

Basti vedere il carattere fondante dei rapporti economici che sono stati messi in luce durante la costruzione dello “Stato federale” americano e della sua Costituzione, ma anche dalle tappe di costruzione del “federalismo europeo” e della sua costituzione economica, che hanno come nucleo di fondo la garanzia del mercato e della libera concorrenza e solo come “contorno” le norme istituzionali che riguardano i “diritti” individuali dei cittadini ( con obliterazione di quelli sociali e dei lavoratori), che in tal modo sanciscono come le istituzioni e il diritto comunitario, che si contrappone a quelli costituzionali degli stati, sono di carattere derivato dal sistema determinante e, persino, determinante dei rapporti di produzione capitalistici “costituzionalizzati”. 

L’ANTITESI FEDERALISTA AL POTERE DAL BASSO” (titolo del nostro libro dedicato a “L’IDEOLOGIA, LA POLITICA E L’ECONOMIA DEI “FORTI” del leghismo federalista; pubblicato dal Centro “Il Lavoratore”)E’ ENTRATA IN VIGORE.

E il centrosinistra l’ha avviata con la modifica del Titolo V della Costituzione.

Baget Bozzo sapeva bene di cosa si trattava e poco dopo scrisse:

E’ stata una fortuna per la Casa della Libertà e per il federalismo il fatto che anche la sinistra l’abbia accettato, subendo su questo piano l’egemonia culturale del centrodestra“. 

Il federalismo è policentrismo di una forma di potere che va dall’alto al basso, calando dal Centro nazionale le decisioni, come in questo caso quelle assunte dal governo centrale di “Mr Bilderberg” MONTI consulente finanziario di CIRINO POMICINO, quando questi era il grande protagonista del “SACCO D’ITALIA” per conto della DC e del CAF, per cui ha almeno qualche responsabilità per la crisi del debito e di bilancio originati da allora, lo stesso Mr Monti, ora chiamato a risanare i guasti, che allora non seppe “suggerire” come “evitarli”.

Rispetto alla lotta contro le centrali nucleari, oggi non si può più far valere la volontà del territorio sociale delle comunità e degli Enti locali, come allora si è potuto fare con successo contro “l’articolo 8” del Piano energetico nazionale che pretendeva e definiva le centrali “questione nazionale” di pertinenza esclusiva del governo centrale come in Francia dove la Costituzione ha permesso una rapidissima e diffusa installazione delle centrali nucleari senza che il sociale-territoriale e gli Enti locali potessero opporsi .

Viceversa, allora, in Italia si vinse perché in base alla Costituzione della “Repubblica delle autonomie locali e sociali”,gli Enti Locali sono “stato essi stessi”,soggetti della programmazione economica nazionale”, per cui il Piano energetico nazionalenon poteva essere una competenza “esclusiva” dello stato centrale ma bensì della Repubblica che è articolata in istituzioni e autonomie sociali.

Mentre ora tale “REPUBBLICA” è STATA SUBALTERNATA AL “FEDERALISMO” e alla “sussidiarietà federalista”, in cui il sociale viene assunto come “dipendente” rispetto ad ogni livello “politico-istituzionale” che diventa il luogo di simbiosi tra il “capo ”(governatore) dell’esecutivo istituzionale e i “capi” di imprese private: che, come si è ben visto negli SCANDALI FEDERALISTI delle Regioni (di destra e sinistra), si accordano tra di loro, in gruppi di interesse comune, per fare “AFFARI FEDERALISTI” con vantaggi reciproci per entrambi, specie nei campi più lucrosi come la sanità, l’alta velocità, le speculazioni edilizie, la cementificazione del territorio.

Sì che (ad es.) la TAV incontra il favore delle istituzioni di ogni livello, di destra e sinistra, in alto e in basso, proprio perché tra “capi” rappresentanti degli interessi d’impresa e “capi” delle istituzioni rappresentativi della società, si crea una simbiosi nei luoghi “politico-istituzionale” del sistema di potere verticistico e centralistico del “governatorato” federalista.

Il territorio, le comunità locali e gli enti Locali contano meno o niente, perché la “Repubblica delle autonomie locali” è stata federalisticamente modificata col nuovo articolo V della Costituzionee collegati, e non possono più appellarsi alla Costituzione, come invece si è potuto fare con successo contro le centrali nucleari, per far valere il ruolo e la volontà del territorio sociale e delle sue rappresentative istituzioni locali.

Alla sbarra vanno messi sia coloro che credevano sia chi mistificava che il “Federalismo” fosse “autonomia “di Regioni Comuni e delle popolazioni locali: si può dire che tutti i “sinistri” politici e sindacali, dissero questo (compreso Bertinotti), senza sapere veramente cosa fosse il “federalismo”. Come ad es. ha dimostrato, uno per tutti, l’ex segretario della Federazione PCI di Milano Riccardo Terzi – a cui rispondemmo dimostrandogli che il federalismo era l’opposto di quel che lui sosteneva – il quale, passato alla CGIL, occupò l’intera seconda pagina dell’Unità e dimostrando di non sapere, sostenne che il federalismo altro non fosse che l’attuazione delle “autonomie locali” (SIC!) della Carta del ’48 scritta dai Costituenti (senza perciò sapere che i Costituenti non solo non lo iscrissero nella Costituzione ma, anzi, lo respinsero esplicitamente, sì che il “federalismo” è del tutto “anticostituzionale”).

Tutto quel che oggi si vede meglio, lo abbiamo anticipato (il giorno della modifica del Titolo V della Costituzione, fu facile scrivere: “pagheremo caro pagheremo tutti (da “Federalismo e sussidiarietà”, La Prealpina) non per preveggenza ma grazie all’analisi organica e comparata sia del leghismo sia del federalismo e delle forme di stato, che in Italia si è scientemente voluto confondere con le forme di governo, facendo prevalere la forma di governoliberale del federalismo inseparabile dal presidenzialismo, sulla forma di stato di “democrazia sociale” della nostra Costituzione.

E mistificando il “federalismo”, come superamento del centralismo dello “stato nazionale”, in consonanza con l’infatuazione retorica della “globalizzazione”, nel mentre stesso che in nome di questa si aprivano scenari nuovi e di dominio reale di dimensione mondiale da parte degli “stati nazionali” che andavano dispiegando tutta la loro forza, anche con il dilagare di una provocatoria e sconvolgente “violenza istituzionalizzata” (da cui discende la crisi odierna della crisi della cultura dominante) e, in particolare, proprio da parte del NAZIONALE E CENTRALISTICO “STATO FEDERALE” americano.

Sia teoricamente che storicamente, o, mancando di teoria e di conoscenza della storia, anche solo dall’esperienza americana stessa, con un briciolo di ONESTA’ INTELLETTUALE (mancata ad “intellettuali” e tellettual-in della “sinistra” anche quella c.d. “radicale”, raccolti attorno ai giornali pseudo comunisti), BEN SI SAPEVA , o si doveva sapere e dire non di “fine dello stato centrale” ma che il FEDERALISMO è LA PIU SOFISTICATA FORMA DI POTERE DALL’ALTO DELLO STATO CENTRALE, tanto che lungi dal significare una sua fine, non per caso quello americano si chiama per l’appunto: “STATO FEDERALE”.

Tutto questo poteva essere anticipato sia una organica analisi storica delle forme di stato e del potere sia con la teoria marxiana del diritto dello stato di Gramsci. Donde che con Gramsci stesso ripetiamo come un logo:

Le azioni non sorrette dalla storia e dalla teoria della prassi critica della storia, sono impulsi infruttiferi”

Oggi tra gli scandali federalisti del sistema di potere dei governatorati regionali e le imposizioni centralistiche, di infrastrutture e saccheggi dei territori urbani e non, con le TAV come con LA TASSA FEDERALISTICA dell’IMU ( di cui si lamentano Leghe e comuni che non hanno mai saputo cosa sia veramente il federalismo) si vede bene, come mai in passato, che si procede contro la forma di stato delle autonomie istituzionali e sociali (contro l’autonomia di Enti e comunità territoriali e dei lavoratori come per l’art. 18) con imposizioni governative, calate dall’alto sui lavoratori e su Comuni e regioni, trasformandoli persino in sportelli ed esattori del governo centrale.

Questo in quanto è proprio nella natura e in nome del federalismo che si è deciso che l’economia è “questione nazionale”, quindi di esclusiva competenza del vertice centrale di governo dello Stato: in base alla nota separazione federalista tra “questioni nazionali e questioni locali (come se le une e le altre non riguardassero tutti e quindi sia il nazionale che il locale).

Ovvero il locale è gerarchicamente subordinato, non può interferire sulle decisioni del centro nazionale che invece può gerarchicamente interferire sul locale sia in modo diretto che indiretto: sia decidendo quel che è megliolasciar fare agli Enti locali (ad es. il lavoro sporco dell’aumento delle tariffe, delle tasse, ecc.), e le “questioni locali”, ad es. i giardinetti, l’arredo urbano, i servizi, ecc., che comunque restano anch’essi TOTALMENTE DIPENDENTI DAL CENTRO, perché con la modifica del Titolo V della Costituzione, le “questioni nazionali” sono esclusiva del vertice centrale dello stato, e le comunità territoriali e gli enti locali sono del tutto esclusi dal “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art.49).

 

Quindi in primo luogo le comunità territoriali e i loro rappresentanti istituzionali locali, non possono più – com’era per Costituzione nella Repubblica delle autonomie – interloquire e sono del tutto esclusi dalla politica economicaproprietà esclusivadel governo centrale: comunità ed enti locali sono cioè esclusi, dalla questione fondamentale dei poteri economici e dalla politica economica dello Stato, da cui dipende tutto: perché riguarda e comprende, perl’appunto, i prezzi, il commercio, le produzioni agricole saccheggiate dalle filiera della distribuzione, le infrastrutture (come la TAV): da tutta l’economia. Quindi non possono interloquire né dire alcun che sulla produzione delle risorse (industria, finanza agricoltura, ecc.), sulla distribuzione delle risorse e sul reperimento delle risorse (chi e come tassare, tassazioni centrali, sovra tasse aggiuntive per regioni e comuni, riscossione delle stesse, ecc.), e quindi nemmeno sull’IMU, federalistico anticipo che preannuncia quella che potrà diventare UNA SORTA DI AFFITTO permanente SULLA PROPRIA CASA: perché una volta che passa il principio, come quando venne introdotto un piccolissimo ticket sulla sanità, poi può essere continuamente innalzato (come è avvenuto per i ticket).

UN AFFITTO permanente DA PAGARE PER LA PROPRIA CASA, riscossa federalisticamente e in modo diretto DALLO STATO TRAMITE I COMUNI.

Con questo, occorre riflettere sul fatto (di cui sapevamo e dicevamo già ventenni fa) che i Comuni sarebbero diventati gli “utili idioti” federalisti del governo centrale, centralisticamente usati per far scaricare sugli enti locali anziché sul governo nazionale, le rabbie della gente, ormai impossibilitata a ricorrere alle vie del diritto costituzionale. Per cui quel che resta alle comunità locali è solo l’insorgenza ribellistica, protestataria, e spesso l’impossibilità ad incidere sulle istituzioni e a trovare sostegno in qualche rappresentanza istituzionale, e ancor di più impossibilità ad entrare in esse con una propria rappresentanza istituzionale, in assenza del proporzionale integrale che è l’unico sistema elettorale in grado di dare rappresentanza ad gruppo sociale anche minoritario, in misura per l’appunto proporzionale al suo peso: che sia l’uno o il 5 o il 20 %.

Insomma pur se da noi è ancora incompiuto, la logica del federalismo è già in atto, con gli stessi effetti che si hanno con il più compiuto ”Stato federale “ americano. Dove, notoriamente, il ribellismo è diffuso e continuo e le lotte sociali restano sempre fuori dalle istituzione dove la loro voce non riesce mai ad entrare e tanto meno possono assurgere alla dignità di “soggetto” politico e di rappresentanza istituzionale.

Per cui si producono periodiche esplosioni di rabbia sociale e insorgenze violente che però non cambiano mai la realtà, perché federalisticamente, come negli USA, il sociale e la sovranità popolare è “spezzettata” ed ingabbiata nei confini di “stato-regione”,la società è separata dalle istituzioni, per altro rappresentative di una sola classe, anzi, dei suoi soli vertici, in cui dominano potenti corporazioni e lobby e gareggiano i ricchi e i campioni sostenuti da trustdi finanziatori.

Il popolo e i gruppi sociali – se non sono mafiosi o sindacalisti prezzolati o venduti – restano lì nel loro ghetto locale, senza poter arrivare ad incidere e tanto meno a “concorrere per determinare la politica nazionale dello “STATO FEDERALE” centrale ( come invece vuole la Carta della nostra Repubblica delle autonomie”).

La società americana è ben più viva e “ricca” e capace di quanto si creda, come dimostrano anche le lotte promosse contro il potere delle “corporation”, da cui deducono bene che “non esiste affatto la democrazia” dicono, “perché coloro che comandano veramente non sono eletti dal popolo”:comandano i non eletti capidelle “corporation” che decidono per tutti sia sul piano economico che gli compete esclusivamente, sia sul piano politicoperché intervengono e sono ascoltati dal governo dello Stato federale, e incidendo sulle decisioni politiche più di qualsiasi eletto dai cittadini.

Viva la coscienza delle comunità sociali di base d’America.

Mancando il canale democratico dei partiti “cerniera” tra società e istituzioni, e con i duplici sbarramenti dei vertici centralisti e presidenziali dei governatorati di stato-regioni,il potere dello Stato Federale centrale – come anche quello della UE – oltre che lontano è irraggiungibile dalla volontà sociale delle comunità territoriali e locali. Per farsi sentire” non gli resta che incendiare, spaccare e insorgere per qualche giorno, con fiammate di ribellismo inefficace e spesso del tutto impotente e sempre costretto a rifluire.

Come storicamente capitava al ribellismo antecedente aMarx che, per superare l’abituale riflusso del vacuo ribellismo e dargli continuità e capacità di trasformare la realtà, organizzava il Partito Comunista: non certo rinunciandovi – come molti hanno fatto e fanno in nome della “globalizzazione” – di fronte a quella che già allora analizzava Marx: la “globalizzazione”, dove “all’antico isolamento locale e nazionale, per cui ogni paese bastava a se stesso, subentra un traffico universale, una universale dipendenza delle nazioni l’una dall’altra” (Marx Engels, Il manifesto del Partiti Comunista , pag.58, E.R)

Per un territorio del sociale o del capitale? Quale Regione in qual Europaultima modifica: 2012-05-20T08:20:00+02:00da iskra2010
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