Marco Revelli uno degli sdoganatori dei nazi-fascisti in Europa


Marco Revelli?

di Angelo Ruggeri

Sono almeno trent’anni che il grande capitale finanziario ha messo in atto una pressante operazione culturale con lo scopo di smantellare il pensiero e la critica marxista: si è servito della sua ragnatela massonica e dei filosofi pensiero-debolisti, dei maître à penser soggettivisti operaisti; il tentativo è stato sostenuto dai loro organi di stampa, dalle loro riviste, dal pseudo-riformismo. Il sistema mediatico dei poteri forti ha teso a introdurre nelle classi più deboli filosofie e modelli di pensiero conservatori e reazionari come quelli di Nietzsche, Heidegger, Schmitt, Junger, Ernst von Salomon.

Questo pensiero della destra radicale nazional-rivoluzionaria, che bene si estrinseca in numerose riviste dove i vari Revelli, hanno lo scopo di eliminare ogni analisi di tipo economico e identità di classe e diffondere concetti indistinti come moltitudine, folla, comunità di destino per portare larghi strati di popolazione a comportamenti nichilisti-individualisti funzionali allo sviluppo di un progetto che vede l’utilizzo dell’irrazionalità nella politica come elemento portante delle nuove dinamiche consenso/dissenso, tutte interne alle varie ipotesi che il sistema capitalistico è in grado di offrire.

E queste ipotesi sono molteplici: dall’anarchia alle varie ipotesi fasciste, al nazismo, al leghismo, al riformismo senza riforme. Ma lo scopo sul lungo periodo è quello di costruire, in sintonia con l’acuirsi delle contraddizioni tra Europa, Usa e Asia, le condizioni culturali e psicologiche per l’accettazione da parte degli strati sociali subalterni della necessità della guerra. Il capitalismo sta ridefinendo le proprie gerarchie e la crisi/guerra accentuerà questo processo, ma il suo potere distruttivo creerà le basi della ricostruzione che allontanerà momentanemente la crisi del sistema.

Al capitalismo imperialista per realizzare i suoi scopi serve un tipo di umanità infantile, privata di unità interiore, di volontà e fermezza, incapace di progettare un vero cambiamento in quanto preoccupata al soddisfacimento dei suoi bisogni primari.

In ogni realtà nascono movimenti che non pongono la questione di fondo: è riformabile il sistema capitalistico? Il modello sociale esistente che mercifica gli uomini è sostituibile? E con cosa? Oggi più si vede che il sistema capitalistico fa schifo e meno si parla di comunismo, non vi sembra strano? Addirittura non si trovano più case editrici che parlano di questi argomenti, Marx è bandito, mentre fioriscono e vengono rimessi in circolazione pensatori della destra radicale con lo scopo di costruire quell’humus culturale e quel senso comune nazionalistico, funzionale ai bisogni dei vari imperialismi.

Per fare la guerra ci vuole una cultura adeguata.

Un esempio concreto di come il pensiero reazionario possa penetrare, ben mimetizzato dalle tecniche linguistiche della moderna propaganda, nelle menti di persone che mai avrebbero aderito a tali idee, è significativo come Jack Kerouac presentò, ad un incontro, una specie di programma politico culturale della Beat Generation. In esso si parlava della “volontà che unisce i nostri gruppi e che ci fa comprendere che gli uomini e le donne devono apprendere il sentimento comunitario al fine di difendersi contro lo spirito di classe, la lotta delle classi, l’odio di classe! E si concludeva con l’auspicio “Noi andiamo a vivere presto in comune la nostra vita e la nostra rivoluzione! Una vita comunitaria per la pace, per la prosperità spirituale, per il socialismo”.

Il pubblico composto da “alternativi” di sinistra ne fu entusiasta ma si raggelò subito apprendendo di aver applaudito un discorso pronunciato da Adolf Hitler al Reichstag nel 1937. 

In Germania, durante la Repubblica di Weimar giravano per Berlino degli individui che potremmo definire indiani metropolitani, il viso dipinto e il capo coperto di piume, sembravano dei pellerossa, progenitori dei moderni hippies e dei punk. Si chiamavano Wandervögel (Uccelli Migratori): cultori della natura, sodomiti, violenti e crudeli come moderni pirati. Questi colorati personaggi, toltosi l’orecchino, le penne e i colori sulla faccia, riapparvero inquadrati con lucidi stivali e camicia bruna nei battaglioni delle SA, le famigerate Sturmabteilung. E quando gli chiedevano come mai avessero aderito al movimento politico guidato da Hitler, rispondevano: “Ma è uno di noi”.

Ma uno dei moderni teorici di queste ideologie reazionarie che gravitano all’interno e attorno al mondo di Aldo Bonomi è l’antropologo americano Peter Lamborn Wilson che usa lo pseudonimo di Hakim Bey, autore del libro edito dalla Shake T.A.Z., Temporary Autonomous Zone (Zone temporaneamente Autonome), costui è il padre spirituale dei Black Bloc, cultore della pirateria e del protofascista Gabriele D’Annunzio, tanto da considerare nei suoi scritti l’impresa di Fiume, come la prima “okkupazione” punk e rap di una città.

Questa cultura oggi contamina sia i Centri sociali legati a personaggi che avevano come punto di riferimento l’Autonomia, sia il Manifesto, che la rivista Derive e approdi che si definiscono di sinistra, sino ad ambienti politici di destra legati all’ambito culturale della rivista Orion, infine trovandosi in sintonia con le posizioni enunciate da Marco Tarchi di Diorama Letterario.

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Esistono autori in cui azione, autobiografia e narrazione si confondono fino a divenire indistinguibili: dalle loro pagine spesso emerge, carico di vitalità, un fascino simile a quello degli antichi poemi epici. Ernst von Salomon appartiene fuori di dubbio a questa composita schiera, in cui si potrebbero a buon diritto annoverare anche Pierre Drieu La Rochelle e Robert Brasillach, Ernst e Friedrich Georg Jünger, Yukio Mishima e persino Gabriele d’Annunzio. È immediatamente consequenziale e comprensibile, quindi, che questo autore tanto abbia appassionato intere generazioni di giovani. “La biografia stessa di von Salomon – scrive Marco Revelli nella sua ampia postfazione all’ultima edizione italiana de I Proscritti, il romanzo più famoso di von Salomon – ne fa un rappresentante emblematico di quell’”esistenzialismo guerriero” che animò in entrambi i dopoguerra ogni esperienza nazional-rivoluzionaria”.

Quest’edizione, pubblicata per i tipi della casa editrice Baldini & Castoldi, ha visto la luce in questi giorni, ed è corredata anche da una cronologia del periodo 1918-1923 in Germania (il luogo temporale e spaziale in cui si svolge la maggior parte dell’azione narrata nel romanzo). La vicenda si apre nella Germania guglielmina ancora impegnata nella Grande Guerra: la rivolta interna dei marinai e l’inefficacia strategica della grande avanzata sul fronte dell’Ovest preludono al definitivo tracollo militare, morale e materiale della nazione. Si assiste all’improvvisa, epidemica diffusione del bolscevismo e alla parallela nascita dei Freikorps (i corpi franchi): corpi militari volontari in rapporto di indiretta dipendenza dallo Stato e assai simili alle compagnia di ventura rinascimentali.

Nel corpo di uno Stato morente, infezione e anticorpi si accingono a combattersi in quella che si profila come l’ultima e decisiva battaglia. Ben presto però, tra gli uomini dei Freikorps (tanto quelli impegnati in patria quanto quelli che combattono sul fronte del Baltico) subentra la convinzione di non appartenere sotto alcun aspetto al nuovo Stato sorto dallo sfacelo: la Repubblica di Weimar. Con ogni evidenza, essa appare come un governo-fantoccio asservito in tutto e per tutto ai voleri stranieri degli ex-nemici. Insurrezioni e pronunciamenti si moltiplicano, fino a culminare, nel 1920, nel fallito colpo di stato del generale von Lüttwitz. Il clima generale si arroventa e la lotta politica assomiglia sempre più alla guerra civile.

È in questa temperie che operano i proscritti del romanzo: giovani tedeschi, per lo più reduci del fronte e deiFreikorps, che agiscono per difendere quella Germania, o meglio quell’idea di Germania, che non ha alcuna rappresentanza nello stato-fantoccio di Weimar. Difendono la Ruhr e l’Alta Slesia, prendono Monaco, colpiscono gli avversari politici. Il culmine delle vicende di quegli anni si ha il 24 giugno 1922, quando un commando di cui fa parte lo stesso von Salomon uccide il ministro degli esteri Walther Rathenau, simbolo vivente di quella Germania “cooperante” con i nemici di un tempo. La terza e ultima parte de I Proscritti si intitola “I delinquenti” (e segue a “I dispersi” e “I congiurati”): è il racconto di cinque lunghi anni di carcerazione del protagonista.

Per la sua carica emotiva, oltre che per l’indubbio valore letterario, questo straordinario affresco di un periodo storico che è I proscritti è divenuto il romanzo emblematico della Destra europea, poiché, per usare ancora le parole di Revelli, “in von Salomon e nei suoi “proscritti” questa destra, più che un progetto ideale o un sistema di valori, vedeva un nuovo “tipo umano”: un modello di personalità capace di resistere allo sradicamento, di contrapporsi attraverso l’azione estrema, assoluta, fine a se stessa, al corso avverso della storia, e per questa via di sopravvivere in quel “panorama di rovine” che per i “vinti del ’45″ […] era divenuta l’Europa”.

Ernst von Salomon

Figlio di un investigatore di polizia, dal 1913 fu cadetto della Reale Accademia Prussiana a Karlsruhe ed a Berlino-Lichterfelde. A partire dal 1919 si unì ai Corpi Franchi (Freikorps) partecipando prima alla repressione dei moti operai a Berlino, poi combattendo contro i bolscevichi nella regione del Baltico e più tardi anche contro i ribelli Polacchi nell’Alta Slesia. L’esperienza dell’epopea dei Freikorps è narrata da Von Salomon nel romanzo I Proscritti.

Fu condannato a 5 anni di carcere nel 1922 per aver preso parte all’assassinio del ministro degli esteri della Repubblica di Weimar Walther Rathenau. Nel 1927 ricevette un’altra condanna per un caso di tentato omicidio: scontò solo pochi mesi di carcere in quanto non uccise la vittima, pur gravemente ferita.

Dopo il 1933 non aderì al nazionalsocialismo, cominciando a guadagnarsi da vivere scrivendo sceneggiature. La moglie, Ille Gotthelft, era ebrea ma le fu garantita protezione grazie all’impegno del marito. Nella sua autobiografia racconta di come, arrestati al finire del conflitto come prigionieri di guerra, entrambi furono maltrattati dai soldati americani, accusati di essere “porci nazisti”.

Nell’immediato dopoguerra le autorità britanniche d’occupazione vietarono la diffusione del film Carl Peters, di cui Von Salomon aveva redatto la sceneggiatura, con il pretesto che fosse una produzione di propaganda anti-inglese. Nel 1951 pubblicò il libro Io resto Prussiano nel quale dà risposte ironiche a 131 domande relative alla sua attività durante il periodo nazista. Il libro è salito agli onori delle cronache per una recensione tenuta in pubblico alla stazione di Colonia, organizzata dal librario Gerhard Ludwig.

Ernst von Salomon morì nel 1972 a Stoeckte, vicino a Winsen.

Marco Revelli uno degli sdoganatori dei nazi-fascisti in Europaultima modifica: 2012-06-15T08:15:00+02:00da iskra2010
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