B. Spinelli: il Berlinguer dimenticato dei lobotomizzati delle primarie e codisti votanti decerebrati di PD e Vendola

da Angelo Ruggeri

I decerebrati del PD e di Vendola. I “pover fieò” (poveri ragazzi) in longobardo.

Del tutto eclissati, nella più sorprendente delle maniere, sono d’un colpo gli uomini che della sinistra sono i veri padri fondatori, i veri aghi della bussola:somiglia molto a una decerebrazione” (B. Spinelli) Già! Perché noi cosa andiamo dicendo da almeno 5 lustri? :

I centri nervosi del cervello vengono separati dai centri posti inferiormente, scrivono i bollettini medici: il lobotomizzato perde la capacità di movimenti volontari anche se riesce a mantenere la posizione eretta… Magari i candidati dicono perfino qualcosa di “sinistra”, ma questo qualcosa è piatto, non ha radici, fluttua come foglia sulle acque, si fa volutamente piccolo e insignificante… inedito, se lo paragoniamo alla coscienza di sé che le sinistre hanno… anche quando tradiscono. Soprattutto quando tradiscono” (B. Spinelli)

Speriamo che tra Papa e Cardinali del PD e di Vendola spunti quanto meno un Vescovo per Berlinguer o per Gramsci. A parte Tabacci che ha rivendicato i padri DC ma non Tina Anselmi, la migliore (altro che Nilde Jotti) di tutta la sinistra, “cancellata perché fece piena luce sulle trame della P2” (scrive giustamente la Spinelli).

 

IL Berlinguer dimenticato della “banda dei quattro” lobotomizzati delle primarie presidenzialiste e dei codistielettoridecerebrati del PD e di Vendola

Ogni tanto ci capita di citare la Spinelli perché capace di intelligerea differenza di altri liberali-europeisti come lei, anche se non condividiamo tutto e come in questo caso condividiamo il richiamo a Berlinguer ma non alla interpretazione scalfariana di Berlinguer, e non condividiamo, ovviamente e tra gli altri, i suoi riferimenti al Calamandrei che fu nemico della Repubblica parlamentare e sostenitore del presidenzialismo alla Costituente dalla quale, per questo, Lui uscì sconfitto e il suo Partito d’Azione fu rottamato. E la citiamo con ancor più piacere dopo le ire – per tale articolo sotto allegato – dei radicali e di Massimo Bordini a Radio Radicale che sembra ritenere che le sinistre che tradiscono in Germania possono citare Willy Brandt ma quelle che tradiscono in Italia non possono citare Berlinguer : e in questo ha ragione perché PD e Vendola tradiscono Berlinguer che non ha mai tradito

Considerazioni, in longobardo (approssimativo), per “i polli di Rienzi” e Landini, che a quanto pare non capisce l’italiano, a proposito dei “diritti” tanto amati sia da Landini che dal “pollo Rienzi” che cita Mandela:

El pover fieò chel sa minga chel pusè vecc di fascisti chan fai ul regim al gaveva 30 anni el rutamava tuc e chel cita ul Mandela cumel so papà al sa minga che in Sudafrica fusilan i lavuradur perché ai lavuradur gandai duma i dirit civili dula persona ma poden minga fai valè perché gan minga ul puder chelga dumà ul padrun che inscì al fa valè dumà i so dirit dula persona padrun cuntra quei dula persona di lavuradur.

Traduzione per i non Rienzi e i non Landini: “il povero ragazzo che non sa che il più vecchio dei fascisti che hanno fatto il regime aveva 30 anni e rottamavano tutti i “vecchi”, cita il Mandela come un suo papà ma non sa mica che in Sudafrica fucilano i lavoratori perché gli hanno dato solo i diritti civili della persona che però non possono farli valere perché non hanno mica il potere, il potere sociale che ha solo il padrone che, per ciò – inscì -, fa valere solo – dumà – i suoi dirittidellapersona padronecontro quelli della persona lavoratore.

 

Il Pantheon individuale e collettivo del PD privo di ogni tipo di bussola (neretto e incisi sono nostri)

Speriamo che tra papa e cardinali del PD e di Vendola spunti almeno un vescovo per Berlinguer o per Gramsci quanto meno (n.d.r.)

 

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Un Pantheon senza bussola

di BARBARA SPINELLI

MOLTO presto si è capito, guardando il dibattito tra i candidati alle primarie del centrosinistra 1, che qualcosa di essenziale mancava. Che il palcoscenico occupato dagli attori era simile a una sfera, di cui potevi ammirare o non ammirare la superficie, ma privata di centro (cioè il perno della storia anche propria e la base d’appoggio e la linfa di radici, n.d.r). Non abbiamo contemplato il vuoto. Non era assente la voglia di fare politica: anche se voglia parecchio neghittosa, perché restituire alla politica l’importanza perduta implicherebbe riconoscere peccati di omissione non indifferenti, passati e presenti. La bussola c’era, nella sua sferica forma: quel che l’occhio non percepiva era il perno che fissa l’ago magnetico, e che gli dà la sua linea di forza.

Cosa dovrebbe esserci, al centro di uno schieramento che dice di battersi per una sinistra progressista? Per forza una tradizione, una storia, un tempio, meglio ancora un Pantheon che contiene le tombe dei propri uomini illustri. L’ago magnetico non può che partire da lì, altrimenti si muove impazzito in ogni sorta di direzione, senza mai segnalare con chiarezza il Nord. Quando il “centro” è ovunque e da nessuna parte, sostituito dalle persone che parlano agli elettori (la persona Bersani, o Vendola, o Renzi, o Tabacci, o Puppato) vuol dire che dietro la loro divina genialità – la loro maschera – non esistono genealogie né memoria storica di sé.

Il momento rivelatore di questa perdita del centro è stato quello in cui i cinque candidati hanno elencato i loro monumenti ideali, gli uomini illustri del loro Pantheon, individuale o collettivo. Alcuni erano grandiosi: Papa Giovanni ad esempio, indicato da Luigi Bersani come un uomo che seppe operare “cambiamenti profondi, ma sempre rassicurando”, mai seminando spavento. O il cardinale Martini, nominato come stella polare da Nichi Vendola. Due uomini di chiesa, cui si sono aggiunte personalità care a Renzi come Nelson Mandela e Lina, la famosa blogger tunisina.

Del tutto eclissati, nella più sorprendente delle maniere, sono d’un colpo gli uomini che della sinistra sono i veri padri fondatori, i veri aghi della bussola: compresi i padri che si sono aggiunti man mano che il progressismo italiano, senza dirlo ma nei fatti, ha cominciato una sua nuova strada, non più rivoluzionaria ma socialdemocratica. Due ecclesiastici, un eroe della lotta anti-apartheid, un blogger: è bello, ma somiglia molto a una decerebrazione. I centri nervosi del cervello vengono separati dai centri posti inferiormente, scrivono i bollettini medici: il lobotomizzato perde la capacità di movimenti volontari anche se riesce a mantenere la posizione eretta.È come se ci si vergognasse di dichiararsi eredi.Di avere alle spalle un testamento, dunque un’alleanza. Magari i candidati dicono perfino qualcosa di sinistra (sic, n.d.r), ma questo qualcosa è piatto, non ha radici, fluttua come foglia sulle acque, si fa volutamente piccolo e insignificante. Come Bersani quando ha ammesso, qualche settimana fa: “Abbiamo qualche difettuccio, ma di meglio in giro non c’è”.

Tutto questo è strano e inedito, se lo paragoniamo alla coscienza di sé che le sinistre hanno generalmente in Europa. Anche quando tradiscono. Soprattutto quando tradiscono. In Germania il pensiero della sinistra, e anche dei Verdi, va automaticamente a lanterne come Willy Brandt, o a resistenti come Kurt Schumacher. In Francia ci si divide su Mitterrand, ma tanto più vivo è l’attaccamento a Léon Blum e al suo Fronte popolare, o a Jean Jaurès, o al fondatore della scuola laica che fu Jules Ferry. Non così in Italia, anche se di figure memorabili ne abbiamo anche noi.

Berlinguer ad esempio: perché Bersani, figlio del Pci, salta un dirigente che vide con acume e sgomento, nell’81 parlando con Eugenio Scalfari, la trappola del consociativismo e del compromesso storico da lui stesso congegnata? (davvero?, n.d.r)

“I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai Tv, alcuni grandi giornali” (E. Berlinguer, n.d.r.)

Fu un grido di rivolta contro il proprio partito, un presentimento di possibili vie d’uscita. Un grido tuttora inascoltato, se solo consideriamo l’atteggiamento corrivo che i suoi eredi hanno avuto per quasi vent’anni verso Berlusconi. Il modello, sconfessato o tradito, si fa imbarazzante. Da questo punto di vista Bruno Tabacci è apparso il più libero di complessi: i suoi esempi – De Gasperi innanzitutto, su Marcora i dubbi sono leciti – hanno radici inconfutabili nella storia del cattolicesimo politico italiano.

Imbarazzo e vergogna di sé (anche Vendola ne è affetto) spiegano l’omissione di altri antenati, che assieme alla sinistra hanno lottato contro le degenerazioni economiche e le corruttele italiane: non appartenenti al Pci ma a formazioni come il Partito d’Azione o il socialismo. Sono tanti. Ma quando si perde il centro precipitano nell’oblio le vette di preveggenza e saggezza che furono Piero Calamandrei, Vittorio Foa, Federico Caffè, Sylos Labini. O, fortunatamente citata da Laura Puppato: Tina Anselmi, cancellata perché fece piena luce, troppa probabilmente, sulle trame della P2. Data addirittura per defunta dal giornalista Vittorio Feltri, recentemente davanti a una platea televisiva muta, egualmente decerebrata. In Italia evidentemente si muore anche da vivi. È la nostra specialità cinica e crudele. Leopardi la chiamava la nostra incompatibilità con gli slanci, i dolori, le speranze delle epoche romantiche vissute da altre nazioni europee.

Nel Pantheon sostitutivo ci sono due stranieri, come Mandela e la blogger Lina Ben Mhenni. Anche questo è bello e nobile, perché ci fa uscire dalla provincia. Ma la sinistra quando esce dalla provincia percorre grandi distanze, ha sogni di esotismo, e in questo Renzi è apparso più di altri vecchio. Se avesse citato Che Guevara sarebbe stato la stessa cosa. Perdere il centro vuol dire non far spazio all’Europa, e correre molto lontano restando qui, inchiodati dentro casa e nel presente. Vuol dire lasciare nel buio personaggi come Albert Camus, subito europeista dopo la guerra. O William Beveridge, ideatore di un piano del Welfare che dall’Inghilterra trasmigrò presto nel continente liberato: era un liberale profondamente influenzato dal socialismo della Fabian society, e militò con convinzione per l’unificazione dell’Europa.

Beveridge è punto di riferimento ineludibile per chiunque voglia resuscitare lo spirito di Ventotene (Vendola l’ha evocato, dunque vorrebbe forse riesumarlo) sapendo che l’idea d’Europa nacque in piena guerra fratricida dando al futuro tre obiettivi fondamentali: la federazione del continente, la democrazia, e lo Stato sociale.

Infine mancano riferimenti laici, accanto a quelli religiosi: come Ernesto Rossi, collocato oggi in un Pantheon per pochi aficionados, nonostante l’attualità delle sue battaglie europeiste e laiche. Assenti anche i martiri dell’antimafia, e tanti altri che non enumero solo perché lo spazio non basta.

Perdere il centro non significa naturalmente perdere le elezioni. Ma perdere la bussola sì, e con essa la memoria e la capacità di cercare, se non trovare, il Nord. Significa entrare nel futuro con tali e tanti complessi, tali e tante cautele, che il passo si fa claudicante. Mai spavaldo, come in chi discende da una lunga storia e pur facendo i conti con essa non si sente obbligato a dimenticarla.

(14 novembre 2012)

B. Spinelli: il Berlinguer dimenticato dei lobotomizzati delle primarie e codisti votanti decerebrati di PD e Vendolaultima modifica: 2012-12-04T08:15:00+01:00da iskra2010
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