Il NO del popolo al governo come gabinetto del premier rilanciato da PD e Sel

 

IMG_3633+logoMOWA.jpg foto MOWA

da Angelo Ruggeri

Il significato del referendum costituzionale del 2006 che respinse il presidenzialistico “premierato” con un NO di massa del popolo italiano al GOVERNO DI GABINETTO COME GOVERNO DEL “PREMIER”

Eh, sì, è proprio vero e chiaro. Ci vuole la sinistra al potere perchè la politica sia di destra in modo efficace e cioè comandi la “destraCosì gli operai filano..Siamo tutti occidentalisti… specie dopo che papa Giovanni XXIII aveva posto fine all’Occidentalismo della Chiesa. Sempre in anticipo…sempre inutilmente”. Padre Giuseppe PriolaSubject: La destra sé desta a sinistra, in CGIL e nei DS. Classismo reazionario e “occidentalismo”.

Uniformemente distribuito in tutto il Paese il NO del referendum costituzionale del 2006 risulta vibrante, esprime con la carica dell’imprevisto e la incisività del suo radicamento, il NO suona come diffida popolare al ceto dei giuristi e ad occhiuti vertici di stato, partiti, sindacati che tramano per allineare l’Italia ai Paesi già conformi al conclamato “deficit democratico” della “costruzione” europea” Un “deficit” che Napolitano sollecita anche per l’Italia col suo semi-presidenzialismo, da quando (come un Chirac) l’indomani stesso del NO del popolo italiano al revisionismo costituzionale, per rilanciarlo bipartizan convocò al Quirinale il governo e il suo capo (come mai nella storia della Repubblica e Cossiga aveva solo tentato di fare) per il da farsi dopo tale bocciatura ed interferire quotidianamente negli affari di governo” (scrivemmo l’indomani di quel voto del 2006).

 

Agli antifascisti di ieri non interessavano i baccanali organizzati dal Gran Consiglio e dai fascisti (tutti giovani – i più vecchi avevano 30 anni – ed esaltatori del giovanilismo) che coinvolgevano base e massa fasciste e le squadracce a sostegno sopratutto dei Farinacci, o di Grandi, Mussolini, Bottai (certo più colto e più colti di Bersani, Renzi, Vendola e di tutti i PD).

Agli antifascisti di oggi non interessano i baccanali orchestrati dai PD-Sel-ecc. tra il giovanilismo dell’apostata cattolico della Firenze allagata per mancata manutenzione dei tombini, e il mutante Bersani, ennesimo demo-proletario – ne parlavamo ieri con Mario Agostinelli a far leva contro la costituzione e per il presidenzialismo ( passato al PCI -pero, quello emiliano!!! -, ministro dell’industria di fiducia delle imprese e delle Coop, grande liberalizzatore ringraziato dal confindustriale Sole 24 Ore) proprio come i demo-proletari insediatisi a comandare in RC con Bertinotti ed ora con Ferrero dei valdesi cospiratori pro-seconda-republica, che assieme a neofascisti, UDC, PD, cossuttiani del Pdci e a tutta la “a sinistra”, promossero e votarono alla Camera il Ddl per rovesciare il sistema costituzionale antipresidenzialista, parlamentare, bicamerale, per “un senato non elettivo e il “premierato” – o anche un “cancellierato” – del “capo” o “dux” del “governo”, decaduto solo per fine legislatura: e anche per questo nella successiva le “a sinistre” non sono più rientrate, decapitate dagli elettori e cancellate dal Parlamento

Agli antifascisti ieri ed oggi interessa BLOCCARE IL REVISIONISMO E RILANCIARE LA DEMOCRAZIA DI MASSA CONTRO “LE ISTITUZIONI AUTORITARIE” (titolo di Alberto Cuevas sottotitolato Politica e società nella Costituzione presidenzialista di Pinochet)

Ignorando l’insegnamento dei “padri Costituenti” e la diffida popolare al ceto dei giuristi e ad occhiuti vertici di stato, partiti, sindacati espresso col NO di massa nel referendum costituzionale del 2006, tra baccanali e guerre personali, contro la Carta del 1948 i mutanti del PD ne hanno fatto un organico Partito presidenzialista americano a “doppio turno” francese. Unendo il peggio dei due sistemi. Tradendo il significato e “l’esito del “referendum costituzionale” che ha sorpreso per l’insospettabile dimensione della partecipazione al voto da cui è derivata la qualificazione politica del prevalere netto del “no” alla revisione “organica” della Seconda parte della Costituzione, accentua la responsabilità delle valutazioni che sul significato del raccordo società-stato, società-partiti-istituzioni, nonché del nesso referendum-leggi “ordinarie” e leggi “costituzionali” incombe – per certi versi, soprattutto – alle forze politiche di c.d. “a sinistra” che a fronte di tale NO devono rifiutare di riprendere il ruolo di “sinistra parlamentarista” proprio del costituzionalismo liberale, in funzione del “rilancio” dei Principi fondamentali della costituzione democratica e antifascista nata sulle onde della Resistenza, per affermare il primato della “eguaglianza” in nome del “lavoro”, contro il primato del “capitale” e delle oligarchie istituzionali installatesi nella “cabina di regia” del ‘neo-federalismo/presidenzialismo’ nazionale e internazionale”. Cosi scrivemmo l’indomani di quel voto del 2006 in: La COSTITUZIONE E’ SALVA! PER QUANTO? INTANTO, IL GOVERNO (E LA UE ) PROSEGUE CON LO SPREGIO ALL’ARTICOLO 11 DELLA NOSTRA CARTA CONFERMANDO L’ITALIA COME PAESE IMPERIALISTA

Un voto, quello del 2006, per certi aspetti clamoroso in quanto il popolo era stato abbandonato dai partiti e ha saputo “da solo” cogliere – e respingere – la pericolosità della semplificazione antidemocratica perchè antisociale del GOVERNO DI GABINETTO COME GOVERNO DEL “PREMIER”, del prototipo della forma di governo tatcheriana e classicamente “britannica”. 

TRAMITE CIOè UNA TECNICA ORMAI COLLAUDATA CHE CONSENTE IL BIPOLARISMO ANCHE A COSTO CHE IL PARTITO CHE CONQUISTA LA MAGGIORANZA ASSOLUTA DEI SEGGI ABBIA AVUTO IL SOSTEGNO DELLA MINORANZA DELL’ELETTORATO A DANNO DELLA MAGIORANZA VITTIMA DELLA CANCELLAZIONE AUTOMATICA DEGLI “SCARTI” DEI VOTI A CARICO DeL PARTITO SOCCOMBENTE.

Tale prototipo a cui è assimilabile agli effetti della governabilità solo il sistema presidenziale-statunitense, è stato assunto da tutte le destra e “a sinistre” come parametro ideologico nelle interpretazione giuridiche di tutti i modelli, diversi da quello italiano del 1948, formalizzati nelle forme di governo dall’alto dell’Europa continentale.

Assunto, cioè, come interpretazione ideologica di tutti gli opposti modelli a quello italiano del 1946, formalizzati nelle forme di governo dell’Europa continentale (derivando da essi il da tutti conclamato deficit democratico dell’Europa UE), che – non essendo mai stato possibile, per ragioni discendenti dalla storia sociale dei singoli paesi, copiare il modello britannico (e nemmeno quello nordamericano) – sono stati costretti a dare un pur simbolico spazio ai rispettivi parlamenti. Sì che vengono classificati come “parlamentari” anche se attraverso meccanismi astrusi come l’elezione “diretta” del presidente del consiglio, o il ricorso alla cosiddetta “sfiducia costruttiva” (volte a comprimere o ad alterare il libero svolgersi della dialettica sociale e politica), mirano a conseguire gli stessi effetti di svilimento della rappresentatività popolare propri del sistema inglese: all’interno della ambigua e contorta rete di rapporti verticistici tra capo dello Stato, governo e parlamento, per coprire dietro la cosiddetta “razionalizzazione” delle forme di governo la stabilità dei rapporti di classe.

Ciò che avviene in modo particolarmente sofisticato con la forma (accreditata persino in una certa sinistra) del “cancellierato”, classificato come “neo-parlamentare” per nascondere quel che la cultura giuridica tedesca enfatizza come traduzione del “kanzler-prinzip”, sostitutivo in modo “autoritario” del “totalitario” “führer-prinzip”.

Di fronte a ciò, la cultura giuridica italiana (e a seguire quella politica) – omologatasi prevalentemente alla cultura politica dei partiti eredi di Pci e Dc – ha compiuto un’operazione che l’elettorato, in carenza di partiti e di una cultura giuridica ispirantesi al marxismo, non è in grado di cogliere pienamente: perché a partire dalla fine degli anni ’80, dietro l’invocazione della necessità di procedere ad “adeguamenti” della forma di governo imperniata sulla “centralità del parlamento” per appiattirsi sui cosiddetti “mutamenti della società”, ha occultato la ricerca di un obiettivo “istituzionale” insistentemente perseguito in forma anche provocatoria dalle forze conservatrici e persino reazionarie e fasciste, in tutto il contrastato periodo di lotte sociali e politiche che hanno contrassegnato gli anni ’50-’80.

In tal modo è stata così spalancata da sinistra la prospettiva di abbandonare il disegno strategico contenuto nei Principi Fontamentali (artt. 1-12) e nella Prima Parte della Costituzione (artt.13-54): disegno mirante non già (come si continua a ripetere oggi) a “normalizzare” la vita sociale, ma al contrario a trasformare i rapporti economico-sociali con strumenti attivabili solo potenziando il nesso partiti-sindacati-istituzioni centrali e locali, con la simbiosi tra vertici politico-istituzionali e vertici del sistema delle imprese.

Ciò comporta, allora e specialmente dopo il NO del popolo al revisionismo costituzionale di destra e di “sinistra”, che si apra una discussione di massa sulla democrazia (che, viceversa, non c’è stata, n.d.r di oggi) , contrapponendo istituti di “partecipazione” idonei a spostare l’asse dei poteri sociali e politici verso la base (come abbiamo ribadito anche in “Quale finanziamento pubblico, per quali partiti per quale democrazia) alla quale vengono proposti solo “diritti” non perseguibili se privi di un fondamento di “potere”; e rifiutando meccanismi più o meno dichiaratamente “plebiscitari”, come le “primarie”, volti ad accattivare un consenso “passivo” nell’interesse di ambizioni istituzionali di comando dall’alto.

Queste non sono meno antidemocratiche se sollecitate da “gruppi di potere” che rifiutano la “democrazia sociale” inscritta nel modello di “forma di stato” rilegittimata dal recente voto referendario del popolo, occupando gli scranni di sinistra delle aule parlamentari in un “bipolarismo” ideologicamente volto a sostenere lo “sviluppo” del capitalismo privato.

Con l’odierna e revisionista teoria della cosiddetta “democrazia costituzionale”, si è infatti presa a pretesto l’antitesi al “berlusconismo” per cancellare l’incidenza strutturale della concezione di “democrazia sociale” contenuta nel testo rilegittimato dal popolo con il referendum costituzionale ed omologare arbitrariamente il modello del 1948 a modelli estranei alla esperienza vissuta e rilanciabile oltre i limiti di una “difesa” manipolatoria della liberal-democrazia, rivelatasi impotente sempre più nell’Europa continentale.
Cosi scrivemmo in “La Costituzione è salva. Per quanto?” poche settimane dopo il referendum costituzionale del 26 giugno 2006 e il NO al “premierato” del POPOLO “tradito” senza alcun riguardo ne considerazione o spiegazione dalle c.d. “primarie” presidenzialiste e codiste di PD e SEL

 

(Articolo del 2006)

Il NO del popolo al governo come gabinetto del premier rilanciato da PD e Selultima modifica: 2012-12-09T08:11:00+01:00da iskra2010
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