I contenuti del progetto di Berlusconi che le primarie rilanciano – D’Albergo-Ruggeri

 

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IL SIGNIFICATO E I CONTENUTI DEL PROGETTO DI “REVISIONE COSITUZIONALE” RESPINTI DAL VOTO POPOLARE e CHE PD-SEL E “A SINISTRE”(non senza il concorso anche del Manifesto) RILANCIANO CON LE c.d. PRIMARIE.

di A. Ruggeri e S. D’Albergo costituzionalista

(Centro Il Lavoratore e Movimento difesa e Rilancio della Costituzione

Democrazia alla sbarra tra elezioni, cretini cognitivie“primarie” presidenzialiste: di cui i nuovi analfabeti o acculturati analfabeti, ovvero i cretini cognitividelle primarie presidenzialiste e codine, non sanno cosa veramente significhino. Come se oggi il problema sia il chi vince: vincere le elezioni per avere un posto in evidenza o di comando sulla barca della democrazia che affonda, anziché salvare la barca.

Disabituati alle letture complesse e a “collegare” le cose tra loro e l’ieri con l’oggi,

i CRETINI COGNITIVIdi PD, Sel e delle c.d. “primarie”, come le salmerie seguono sempre un “capo” o un altro – anche quando questi muovono in direzioni opposte e se li portano nel baratro come col federalismo e il revisionismo – sì che con codinismo convinto ora seguono e rilanciano quel che era il cuore del progetto di revisione costituzionale di Berlusconi, a cui il popolo e loro stessero dissero NO nel 2006.

Progetto di Berlusconi di cui da cretini cognitivi incapaci ci collegare le cose tra loro (ad es. la crisi della democrazia e della economia reale ai loro comportamenti di governi ed elettori di “a sinistra” e centro) e l’oggi col passato anche più recente con le primarie stesse si mira artatamente a nascondere ad una base elettorale in stato confusionale per il trentennio di progressivo avvelenamento dei cervelli da parte di DS-PD, CGIL e “a sinistra”, ed irretita nella irresponsabilità della logica bipolare, si mira a nascondere l’aberrante impulso verso la deriva della democrazia imputabile in modo irrefutabile a quelli che dagli anni ’90 hanno puntato a spezzare ‘organica continuità e interdipendenza tra la Prima e la Seconda Parte della costituzione: ovvero gli stessi di quel “centrosinistra” e delle “a sinistra” che or a con le “primarie” rilanciano tale deriva che il popolo ha bloccato nel 2006.

 

Democrazia alla sbarra tra elezioni e referendum costituzionale 

di A. Ruggeri e S. D’Albergo, costituzionalista (Centro Il Lavoratore e Movimento difesa e Rilancio della Costituzione, pubblicato (in tre parti) su La Prealpina

del 16 maggio 2006 col titolo

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COME DIFENDERE LA COSTITUZIONE (cioè RILANCIADOLA )

del 24-5-06 col titolo

Referendum e Legge- truffa

La Prealpina del 24 giugno 2006 nella pagina speciale alla vigilia del referendum

titolata Referendum tra il si’ e il no in maiuscoletto

di ANGELO RUGGERI e SALVATORE D’’ALBERGO (giurista)

 

Pubblicato in forma più ampia anche su L’Occhio di Spartaco   –   OSSERVA, REGISTRA, MEMORIZZA. E NON DIMENTICA– Rassegna e-mail   di “DEMOCRAZIA PER IL SOCIALISMO”                                     

 Con titolo e sottotitolo: “Giù le mani dalla Costituzione” – Democrazia alla sbarra tra elezioni e referendum costituzionale e un P.S.: sul governo (di Padoa Schioppa e Mario Monti ) detto governo Prodi e il “pattismo” della minoranza Cgil , e che recitava così: a cagione di quanto avevamo scritto, dobbiamo qualche precisazione autocritica in relazione al travagliato insediamento del governo che con 99 vice-ministri ha praticamente raggiunto – ma subito dopo ha ampiamente superato – il famoso record e del 7° governo Andreotti (101 di quelli che però almeno si chiamavano solo sottosegretari). L’autocritica è questa: avevamo ben scritto che “un sindacato non può mai andare al governo, ma purtroppo i suoi dirigenti sì: questo è il punto”  (Capitale e baccanali, 14-3-06). Ma per quanto si possa pensare male la realtà ci supera sempre. E infatti è accaduto veramente che dirigenti CGIL e della sua minoranza anche se solo come sgabellini di Padoa Schippa e “Mariuccio” Monti, sono andati davvero nel governo Prodi. Noi ingenui, lo dicevamo in senso generale, come ipotesi per chi pensa a questo per il futuro, nel tentativo di trovare anche in questo una spiegazione al “pattismo” della minoranza Cgil  o c.d. “sinistra CGIL di Patta” che per i favori fatti nell’unità di vertice con Epifani nella Cgil nono partito del centrosinistra – conquistando in diversi uno sgabello di sottosegretari si presta non già a rilanciare le lotte ma “patti” (fiscali)” subordinando “la questione dei contenuti” ad “una mera difesa del proprio ruolo”, esaltando la funzione dirigente verticistica sulla funzione e autonomia dei lavoratori” e lasciando la “base sociale priva di una reale rappresentanza”

 

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“COME DIFENDERE LA COSTITUZIONE”

di A. Ruggeri e S. D’Albergo, costituzionalista (Centro Il Lavoratore e Movimento difesa e rilancio della Costituzione)

Di tutti gli appuntamenti politici e istituzionali, il più importante e decisivo è il referendum del 25 giugno sul modello di revisione “autoritaria” della Costituzione imposto dal Polo e che si insiste a chiamare “devolution” (anche da un segretario CGIL di Varese, Prealpina del 6-4-06), per nascondere che invece è una riforma del sistema di governo. Un rafforzamento dell’esecutivo – a danno di Parlamento ed enti locali -, imperniato sul presidenzialismo del premier. Obiettivi perseguiti anche da “sinistra” col maggioritario e le “riforme costituzionali”: messe a punto negli anni ’90 dalla Bicamerale D’Alema (sollecitata da Scalfaro nel ’92, nel messaggio d’insediamento a capo dello stato), ma avviate dal PSI Craxi e dalla destra PCI di Napolitano artefice della Commissione Bozzi dell’83 e che si oppose a Berlinguer sulla scala mobile e la questione morale ma di cui fu antagonista già dal ’69 (quando sotto la spinta del ’68 fu come segretario dal PCI di Longo) diventando protagonista della divaricazione interna che porterà alla nascita del Pds.

Non sarebbe facile cambiare posizione e smobilitarsi rispetto alle proprie radici, se non si cancellasse la storia e la memoria e si leggessero retrospettivamente le cose. Ricordando ad es. che il 25 Aprile non era una data ormai usata come unica occasione annuale per mistificatori “embrasson nous” della ex sinistra antifascista, che nel segno antiberlusconiano ma non anticapitalistico e come nel recente congresso CGIL, esalta la funzione dirigente sulla funzione della base sociale, oggi priva di una reale rappresentanza come quella, memore che dell’antifascismo fu protagonista la classe operaia e che dal 1945 in poi faceva del 25 aprile – e 1 maggio – “una” occasione per rilanciare la lotta dei lavoratori per attuare la democrazia sociale e la Costituzione; non già per dire come Prodi quest’anno: “dobbiamo insieme cambiare la Costituzione”.

Teoria dell'”insieme” (con cui si rischia un accordo Polo-Unioni per cambiare la Costituzione) mostra che il “giù le mani dalla Costituzione“, lanciato il 25 aprile dello scorso anno, nel mentre demonizza la revisione costituzionale del Polo, mira artatamente a nascondere che l’impulso verso la deriva che oggi si dice di voler frenare è imputabile in modo irrefutabile proprio al centrosinistra che per oltre 10 anni ha puntato a spezzare l’organica continuità/interdipendenza tra la Prima e la Seconda Parte della Costituzione. E che intende continuare a “spezzare”, ” in campagna elettorale dicendo: “faremo noi la vera riforma della Costituzione, e poco dopo, con Fassino sul Foglio, proponendo di cambiare la Costituzione, limitare il potere dei magistrati, recepire norme di revisione del Polo, costituzionali per eleggere il capo dello stato con un “programma presidenziale” di “riforme” costituzionali, quindi non più un “garante della Costituzione così com’è” ma della sua “controriforma”.

In una mancanza di concezione dello stato, a cui fa eco chi appena eletto Presidente della Camera, ha citato come “padre” della Costituzione Calamandrei: il grande sconfitto della Costituente che respinse il presidenzialismo e il federalismo da lui solo proposti (oltre al MSI che però non era in Costituente), tanto che sciolse il partito d’azione. E una CGIL, in cui pure chi si dice “sinistra CGIL”, in Congresso a Varese, ha detto che è “giuridico formale” difendere cosa “sostanziale” quale e un principio democratico, proprio mentre con una unità di vertice d’apparato si sostiene l’Unione subalterna alla “ideologia giuridica” dei c.d. “giuristi democratici”, che chiamano “democrazia costituzionale” invece che “sociale” quella della Costituzione, per obliarne la diversità (come dal ’48 fa la Confindustria).

Dunque, non è solo da Berlusconi che va difesa la Costituzione, visto che si mostra di non sapere che con essa le forze antifasciste concorsero a rompere col modello monarchico/liberale dello Statuto Albertino, su cui poté innestarsi il regime fascista, per aprire una nuova fase storica, politica, sociale e istituzionale mediante un inedito modello di “democrazia politica, economica e sociale” repubblicana e autonomista. Una “democrazia antifascista”, appunto, idonea a superare la separazione tra “sociale”, “economico” e “politico” che la borghesia, con l’ausilio decisivo dell’ideologia giuridica (così bene e variamente analizzata da Gramsci), ha costantemente mirato a far valere entro le tensioni della lotta di classe legittimata dalle teorie antifasciste della “sovranità popolare”, impostasi tra gli anni – ’60-’70 in termini rivelatisi insopportabili per le forze dominanti, tanto da mettere a punto “piani” di “riforma istituzionale” per “ridurre la complessità della democrazia” che se è reale gli è insopportabile.

 

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Referendum e Legge- truffa

di A. Ruggeri e S. D’Albergo, (costituzionalista) * 

Nonostante che si tratti di un appuntamento per certi versi più drammatico di quello della Legge Truffa del 1953, si tenta di ridurre il prossimo “referendum costituzionale” al “derby” di una sola domenica (come si fece col “referendum sociale” sul taglio alla scala mobile salariale), per cercare il successo elettorale – mancato nel voto d’aprile – da usare in chiave di rafforzamento del governo “Prodi-Paolo Schioppa” e non di rilancio e intangibilità della Costituzione e della organica inseparabilità tra la sua Prima e Seconda Parte.

Donde che occorre richiamare per tempo l’attenzione sul grave rischio incombente di una vera e propria “rottura” del sistema democratico, storditamente posto sul piano inclinato di una “transizione” di cui, in-vece della destra, si sono accaparrati gli epigoni del PCI (fin da quando erano “In mezzo al guado” – titolo di un libro di Napolitano – del passaggio dalla “sponda” sinistra della democrazia sociale, proporzionalista e socialista, sono alla “sponda” destra liberal-liberista, maggioritaria e capitalista) e quelli della DC, con le Bicamerali Jotti-De Mita (’93) e di D’Alema (’97). Negli anni di Maastricht in cui, dal ’92, con “I progetti autoritari di Amato e le incostituzionalità del presidente costituzionalista” inizia “Un golpe strisciante, che smantella la sovranità popolare” (2 titoli de Il Lavoratore/oltre di Giulio Rossini, 3 e 17 luglio ’92) con la famosa “stangata ai salari e alla democrazia, data con autoritari decreti-governativi che anticipano la messa fuori gioco del Parlamento che si vuole attuare con le riforme istituzionali e il maggioritario”.

Un accaparramento irresponsabile, misurabile con l’incerto esito sia del 9-10 aprile, sia del prossimo “referendum costituzionale” di cui, nonostante manchi solo un mese, l’elettorato ignora i contenuti e l’importanza “procedimentale” del suo voto, stante che la “revisione costituzionale” del Polo – come quella dell’Ulivo sul Titolo V, sulla quale poi nel referendum si ebbe un misero 35% di votanti – è stata approvata non dai due terzi delle Camere ma a maggioranza. E solo grazie al maggioritario che altera l’art.138 di revisione della Costituzione che i Costituenti concepirono contestualmente e per un sistema proporzionale “puro”, in cui era difficile ottenere quel che ora è facile col maggioritario-bipolare, cioè la maggioranza assoluta col premio di maggioranza che rende possibile che una sola coalizione stravolga la Costituzione.

I costituenti pensavano non si sarebbe mai giunti a tanto, altrimenti, avendo messo un quorum del 50% per i referendum sulle leggi, ne avrebbero messo uno dei 2/3 per quelli costituzionali. Non immaginavano che degli eredi dei partiti antifascisti, restaurassero – come aveva fatto Mussolini – il maggioritario, cancellato l’indomani della Liberazione col proporzionale che, per 40 anni e per tutti i tipi di elezione, divenne la regola che cambiò il volto di ogni assemblea elettiva. Proprio per rompere col modello liberale autoritario, di cui abbiamo parlato in “Come difendere la Costituzione” (Prealpina, 16-5-06), costituzionalizzando lo sciopero, escludendo il presidenziale, il federalismo, ecc., ed introducendo il proporzionale per rompere quel sistema per cui, ancora dopo la fine della prima guerra mondiale, si partecipava alla politica solo al momento del voto (vedi “Capitale e baccanali”, Prealpina, 14-3-06), privi di strumenti per controllare ciò che facevano i potentati economici e politici di destra o di sinistra che fossero.

Facendo così risaltare, allora come oggi, l’abisso che separa l’elettorato dal luogo e dai modi con cui si fronteggiano i gruppi di potere che, nel nome del bipolarismo “destra-sinistra”, hanno occultato la reciproca continuità controriformatrice avviata – insieme – sia negli “indirizzi politici” di governo sia negli “indirizzi costituzionali”, nel segno della c.d. “riforme istituzionali”. In modi striscianti dal ’78 al ’93 e poi verbosi, mediatici e rissosi che, come ha detto Prodi questo 25 aprile, si vorrebbero superare “cambiando insieme” la Costituzione, che non si può interpretare solo come “non avere il dittatore”, cancellando tutta la sua valenza sociale, come fa anche Scalfaro, un galantuomo, ma conservatore e di quella destra DC che non fu certo protagonista della Costituente e della Costituzione che non si difende difendendola, ma rilanciandola nei suoi valori sociali che la rendono “diversa” e invisa alle forze liberali e conservatrici.

 

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Referendum tra il si’ e il no

di ANGELO RUGGERI e SALVATORE D’’ALBERGO (giurista) * 

A ’60 anni dalla sua elaborazione, per quelle differenze mai sufficientemente valorizzata (specie dalla sinistra “rivoluzionaria”) rispetto quelle liberal-democratiche (compresa quella socialdemocratica di “Weimer”), soprattutto oggi la Costituzione democratico-sociale attesta una originalità che è in procinto di essere spazzata via definitivamente. Investita dalla modifica di Berlusconi di una cinquantina di articoli della “seconda parte”, teorizzata dalla sinistra come separabile dalla Prima e formalizzata dalla Bicamerale D’Alema con l’idea di “sostituire” la “seconda parte” modificando ottantina di articoli.

A compimento di una delegittimazione che ha sempre perseguitato la Costituzione: dell’esterno col c.d. “doppio stato” (poteri occulti, servizi segreti, terrorismo); poi anche dall’interno dei gruppi politici che, combattuto Craxi-persona, hanno raccolto l’eredità del craxismo, contendendosi con un magnate del duopolio televisivo – avversato come persona – e già sodale di Craxi, sia il governo che la legittimazione ad imporre riforme costituzionali che cancellino ogni prospettiva di democratizzazione della società e dello stato, aperta dalla Costituzione nata dalla Resistenza.

Trascinati a ciò non dalla fine delle ideologie, ma al contrario dalla medesima ideologia del primato del ‘mercato’ sulla ‘democrazia’ e per l’abbandono di sinistra e Cgil di tutti i valori dell’antifascismo e della lotta di classe, si è giunti al referendum costituzionale del 25 giugno.

Quando nell’inconsapevolezza di massa, consolidatasi in 30 anni di elaborazioni revisioniste del “governo parlamentare” imperniato sulla “centralità” del parlamento, si dovrà scegliere se confermare o respingere lo snaturamento di tutto l’ordinamento della repubblica della seconda parte della Costituzione. La cui novità rispetto quelle liberaldemocratiche (compresa quella socialdemocratica di “Weimer”) è segnata dai rapporti “istituzionali” – organizzazione dello stato e dei rapporti politici-sconomici-sociali che la seconda parte rende inscindibili – “strumentali” rispetto ai rapporti “sociali” e funzionali alla loro trasformazione, a cui puntano i Principi fondamentali, che quindi vengono incisi e vanificati se si “tocca” la “seconda parte”.

Per cui l’Unione finge di difendere la “prima parte” della Costituzione, perché è dichiaratamente disponibile ad una o l’altra delle varianti dello stato capitalistico: cioè premierato (inglese), presidenzialismo (USA), semipresidenzialismo (francese), tutte pseudo o neo parlamentari ed autoritarie. Ed avendo pure accreditato la più recente delle deviazioni dal “governo parlamentare” a cui da tempo si rifanno le socialdemocrazie: il Cancellierato di Bonn, cioè la “governabilità” della kanzerler-prinzip erede di quella della fuhrer-prinzip e della dell’autoritarismo tedesco, da Bismark alla presidenzialismo di Weimer.

Donde che il centrosinistra (salvo isolate voci di giuristi comunque inclini, come i “comitati referendari intitolati a Scalfaro, solo a difendere ma non a rilanciare nella sua integralità la prima parte della costituzione), per nascondere l’incombere di un “cesarismo” messo in campo da lui stesso, eleva alti lai contro la devolution leghista ovattando la critica del “premierato” su cui concorda il centrodestra. Nella chiara consapevolezza dei due poli, che una forma di governo di tipo “autoritario”, è la condizione operativa di una comune strategia di consolidamento del capitalismo e della classe dominante. Una strategia idonea a portare alle estreme conseguenze democratiche quella concezione di modernizzazione, che, a suo tempo, concorse ad instaurare il fascismo come regime del “capo del governo”, con un regime del “governo del capo”, imperniato sulla primazia del premier e del governo sul Parlamento, elaborato nella Bicamerale d’Alema dall’Ulivo che infatti lamenta soltanto che si “esasperino” alcune funzioni, nella riforma Berlusconi

Tacendo del vero vulnus cui mira il premierato, cioè la sopraffazione delle camere con la preminenza legislativa del governo che Berlusconi introduce rifacendosi alle “tecniche” proprie del bipartitismo: del premier nel modello monarchico accentrato inglese; del presidente in quello di repubblica federale accentrata USA, che sotto mentite spoglie di c.d. “democrazia classica”, attuano la tradizione autoritaria consacrata dalla “stabilità di legislatura” (l’antiribaltone di Berlusconi) con esecutivo a dominanza “monocratica”. Un’ultraverticalizzazione del regime politico e istituzionale, col governo dominus del Parlamento, a cui contribuisce e fa da interfaccia la concertazione nelle imprese e col governo, al di sopra del Parlamento, delle forze rappresentative di capitale e lavoro nei rapporti di classe.

*Movimento Naz. Difesa e Rilancio della Costituzione

 

I contenuti del progetto di Berlusconi che le primarie rilanciano – D’Albergo-Ruggeriultima modifica: 2012-12-26T08:20:00+01:00da iskra2010
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