Dens dŏlens 104 – “Sarà difficile ricomporre i comunisti se…”

di MOWA

Leggendo (e rileggendo) le tesi congressuali dei Comunisti Sinistra Popolare (CSP) sono rimasto molto colpito da diversi errori attribuiti a dirigenti dell’ex Partito Comunista Italiano (PCI) che reputo un po’ grossolani, ma, soprattutto, per la superficiale non contestualizzazione delle analisi fatte.

Andiamo sinteticamente su alcuni punti e, possibilmente, ad esporre con ordine.

Il documento congressuale si proietta, giustamente, sulla critica al discorso, fatto a Napoli nel 1944, da Togliatti, in cui afferma di essere sodale ai rappresentanti del Risorgimento italiano, come i massoni: Carlo Cattaneo (padre del federalismo leghista); Giuseppe Garibaldi (che fece, insieme a Nino Bixio, massacrare i contadini di Bronte e molti altri abitanti del Sud Italia); e Giuseppe Mazzini (cacciato/espulso insieme al Gran Maestro della Massoneria Bakunin dall’Internazionale da Karl Marx).

E difatti, quanto accaduto a Napoli sdoganò (in barba al discorso di Gramsci fatto alla Camera, il 16/5/1925, contro l’ipotesi di legge Rocco-Mussolini) [1] la componente massonica interpretata, principalmente,  dall’allora Partito d’Azione che, attraverso Calamandrei, tentò d’impedire che venisse scritto l’articolo 18 nella nostra Costituzione [2] col tentativo di far adottare un sistema elettorale sul modello anglosassone.

Non si contano più, dopo quel discorso a Napoli, gli azionisti che fecero dell’entrismo nei partiti politici sui generis del trasversalismo del Partito Radicale. Alcuni nomi e partiti.

Nel PCI entrarono Bruno Trentin (il sindacalista che nel 1980 tradì gli operai della Fiat che picchettavano sostenuti, invece, da Enrico Berlinguer) e Alatri.

Nella DC entrò D’Angelo.

Nel PSI entrarono Bobbio, Tristano Codignola, De Martino e Lombardi.

Nel Movimento Federalista Europeo Altiero Spinelli.

Nel Partito Radicale Bruno Zevi.

Nel PRI La Malfa, Cifarelli, Valiani, Reale e Visentini.

Nel PSDI Fenoaltea e Garosci.

Nel PSIUP Vittorio Foa.

Se fate caso ai nomi vi accorgerete quanti si siano “riciclati” o “hanno dato vita” alla parcellizzazione di molti partiti, anche, della sinistra extraparlamentare o pseudo-istituzionale come, ad esempio, Vittorio Foa in Democrazia Proletaria. [3]

Spieghiamo, però prima, cos’era (o cos’è) il Partito d’Azione utilizzando le parole di uno dei suoi massimi teorici, Augusto Monti, e tratte dal suo libro “Realtà del Partito d’Azione” (1944/45): “Partito d’Azione o Partito Fascista? E il Partito Fascista non fu appunto, purtroppo, nient’altro che un partito d’azione? E il Partito d’Azione non sarà poi un partito fascista di nuova edizione? E per tornare a quegli uomini – agli uomini del P.d’A. di avanti lettera – che cosa c’era, in nome di Dio, che li distinguesse dai fascisti? Mettiamoci noi chiara la domanda prima che altri ce la formuli in pubblico come già da un pezzo la va rimuginando in privato. E rispondiamo: fino a un certo punto, e precisamente fino alla fine del 1918, niente”. Più avanti nel libro, evocando un titolo della sinistra trotskista, “Rivoluzione permanente” scrive: “«…Spieghiamoci dunque meglio: il P.d’A. non è un partito comunista, perché è un partito liberale. Anzi è il partito liberale. E l’idea liberale, come precedette – e storicamente preparò – il comunismo, così seguirà il comunismo e lo concluderà; la dottrina liberale comprende l’episodio comunista e gli assegna nella storia il posto che gli spetta”.

Togliatti, per assurdo, rispetto all’attentato subito, commise lo stesso errore di sottovalutazione che fece Lenin con Trotsky [4] quando, invece, di allontanare la componente borghese dal partito gli concedette spazio. Togliatti, infatti, lasciò spazio alla componente amendoliana che si unì a quella borghese facendo, così, allontanare i quadri provenienti dalle fabbriche o dalla Resistenza partigiana.

Inevitabile, a questo punto, la falla verso le posizioni demo-liberali.

Gli storici riconoscono che Togliatti ammise, nel memoriale di Yalta, dopo l’errore di valutazione sulla de-stalinizzazione kruscioviana, di averla sottovalutata e che tentò di rimediare. Ricordo, ai più distratti, che Togliatti morì a Yalta mentre stava ultimando il memoriale.

Non si può essere ingenui, superficiali e credere, rimuovendo il dato oggettivo, che gli attentati, riusciti e/o sventati – solo – per pura casualità, ai dirigenti comunisti (Lenin, Togliatti, Berlinguer) non fossero realizzati senza una consapevole e correa presenza all’interno del partito. Ci sono stati, quindi, all’interno dirigenti che hanno lavorato per rafforzare il partito e altri per distruggerlo. E su questi ultimi nelle tesi dei CSP c’è poca traccia.

Possiamo criticare Enrico Berlinguer sulla questione dell’eurocomunismo nelle tesi congressuali dei CSP ma, non possiamo dimenticare che siamo in un paese con forte connotazione clerico-reazionaria e che trovare potenziali alleati non sia solo, prima ancora che un obbligo, un dovere se vogliamo tenere valida la critica marxiana della società capitalista ovverosia lavorare sulle contraddizioni del sistema borghese…

Non si può arrivare a criticare senza tener conto della delicatezza di quei momenti storico-politici, senza contestualizzarli, per concludere con un “qui non est mecum, contra me est” (“chi non è con me, è contro di me”), perché equivarrebbe a relegarsi in cantina, tra i tanti ricordi, e non, invece, voler lavorare per un partito che sia capace di sviluppare conoscenza nella popolazione e cambiare un paese intero. Non dobbiamo dimenticare mai che le migliori conquiste sociali, culturali, ecc. le abbiamo ottenute con un Partito Comunista che si inseriva in un quadro politico sia internazionale che interno molto controverso (e, in alcuni casi, golpista) e non sarebbe dignitoso attribuire ad alcuni dirigenti di quel partito colpe che avevano altri.

Scrivevo, qualche giorno fa, a un compagno sulle tesi dei CSP, che: “non è vantaggioso per nessuno, tanto più per i comunisti, reputare che solo noi abbiamo la verità in tasca perché ci farebbe ripiombare negli errori passati di schematismo e revisionismo su quanto di realmente accaduto nelle nostre fila.

 O siamo, forse, folli nel pensare che un domani che si realizzerà il comunismo saremo tutti socialisti?!

O, forse, immaginiamo di avere, un domani, un partito comunista che non si interfacci con la complessità della società e/o sia l’unico soggetto rappresentativo presente?!

Il revisionismo è poliedrico e non sempre si riconosce, meno che mai, quando agisce per scorporare gli accadimenti dalla sua collocazione storica…

Il revisionismo è un difetto (più o meno, volontario) per molti politici… invece, è un dato di rilevanza per gli storici … e dato che Marx era (anche) sia l’uno che l’altro non aveva, quasi mai, sbagliato nell’analizzare la realtà delle cose…

L’aspetto più deleterio del revisionismo, oggi, dal mio punto di vista, è quello di voler far emergere una tesi anziché un’altra e che, sinceramente non serve a nessuno degli oppressi se non, invece, a porre un balzello in più… il che non vuol dire essere rinunciatari delle proprie convinzioni ma, tutt’altro, porle semplicemente in secondo piano rispetto al quadro generale… stando, però, nei limiti del rispetto reciproco… E questa è la parte più difficile!

Aggiungerei che le tesi devono rispettare i fatti così come si sono realmente manifestati. Non possiamo, quindi, sostenere nelle tesi dei CSP (pag. 37-38) che nel XIV congresso del PCI (1975) venne tolto dallo Statuto su richiesta di quel dirigente (Berlinguer) il riferimento all’ideologia marxista-leninista quando ciò avvenne in tutt’altre occasioni.  Perché è un falso storico e, quindi, revisionista.

Berlinguer non abbandonò la teoria marxista tanto che nel 1982 affermava, sulle pagine de l’Unità, in riferimento a quel congresso: «Noi siamo persuasi anche che il movimento operaio avanzato dell’Occidente europeo, nel quale è nato il pensiero marxista, abbia oggi una particolare responsabilità, e possa fare degnamente fronte al compito a cui sono oggi chiamate tutte le forze, così vaste e varie, che in ogni parte del mondo si richiamano alle idee e al metodo del marxismo: il compito di restaurare nella sua pienezza e ricchezza la sostanza autentica del marxismo e di svilupparlo creativamente… «Questo sviluppo comporta il superamento, attraverso la ricerca e l’aperto confronto, sia di antiche e nuove concezioni e pratiche di tipo opportunistico — nate anche nel movimento operaio occidentale e che ancora ne influenzano una parte cospicua — sia di schematizzazioni dogmatiche e scolastiche delle cui conseguenze ha sofferto e tuttora soffre il movimento operaio e comunista nel suo insieme» [5]

Non si possono commettere gli errori degli anni passati quando piccoli gruppi politici venivano a teorizzare e pontificavano sugli errori del PCI quando, nei fatti, avevano solo poche centinaia di persone (e, in molti casi, sono rimasti tali) che li seguiva mentre, dall’altra, c’era la forza dirompente nei cambiamenti della società ottenuta con la tattica delle “case matte” adottata dal PCI.

Se CSP non comprende che il periodo degli anni ‘60/’70, grazie alla complicità di soggetti infiltrati che facevano il lavoro sporco per la reazione, fosse stato il tentativo della disfatta della componente comunista anche all’interno della formazione politica “istituzionale” (PCI) e che la borghesia, nel contempo, aveva sgretolato l’humus culturale nella società su cui si erano basate le teorie delle “case matte” gramsciane allora non c’è speranza o futuro.

Per non equivocare sul ruolo “istituzionale” del PCI bisogna dire che la componente ampia e sana (marxista) del partito ha saputo cogliere l’importanza (mezzo e non fine) della diffusione del proprio operato, concessa nelle regole borghesi, sia sul territorio che nelle proprie sedi, circoli ecc.

D’altronde nelle tesi congressuali dei CSP non c’è scritto l’ipotesi di andare in Parlamento?

Spero, sempre, come mezzo e non come fine?!

Quelle “case matte” erano (e sono tuttora), il presupposto di un consenso più ampio di quello che il solo Partito Comunista avrebbe potuto raggiungere… O qualcuno pensa, forse, di fare come i situazionisti che finirono per incontrare e valutare positivamente, le analisi compiute da settori vicini al KAPD (Partito Comunista Operaio), movimento contro il quale Lenin scrisse “Estremismo, malattia infantile del comunismo“. [6]

Risponderei a coloro che hanno travisato gli accadimenti politici nelle tesi dei CSP nello stesso e identico modo di quanto sostenne Berlinguer, sul problema della scala mobile, ad Andreotti: «Forse qualcuno ha scambiato il nostro senso di responsabilità per arrendevolezza».

 

Note:

[1]

«La massoneria, dato il modo con cui si è costituita l’Italia in unità, data la debolezza iniziale della borghesia capitalistica italiana, la massoneria è stata l’unico partito reale ed efficiente che la classe borghese ha avuto per lungo tempo. […] Poiché la massoneria passerà in massa al Partito fascista e ne costituirà una tendenza».

[2]

I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.

Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

[3]

http://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Foa

[4]

Trotsky, avrebbe dovuto essere allontanato dal Partito Bolscevico dopo l’attentato subito da Lenin. Attentato orchestrato dall’agente britannico, George Sidney Reilly e dal diplomatico inglese Sir Robert Hamilton Bruce Lockhart, che armarono la socialrivoluzionaria Fanny Yefimovna Kaplan. L’agente britannico Reilly faceva parte della cerchia di persone frequentate, nei suoi viaggi negli USA e in Canada, da Trotsky.

[5]

l’Unità 27 febbraio 1982 http://archiviostorico.unita.it/cgi-bin/highlightPdf.cgi?t=ebook&file=/archivio/uni_1982_02/19820227_0003.pdf&query=XIV%20congresso%20del%20PCI

[6]

http://www.marxismo.net/estremismo/introduzione.html

Dens dŏlens 104 – “Sarà difficile ricomporre i comunisti se…”ultima modifica: 2014-01-07T09:08:58+01:00da iskra2010
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