IL DEPISTAGGIO DI SATTA VLADIMIRO, DOCUMENTARISTA

Non bastava la lettura delle 500 pagine di Persichetti Paolo, assassino e brigatista tardivo, che scrive una storia delle BR, e soprattutto della strage di via Fani, piena di depistaggi, reticenze e menzogne (http://www.iskrae.eu/?p=66999). In quell’opera Persichetti, associando nell’impresa Clementi Marco e Santalena Elisa, trova maldestramente il modo di convalidare la Verità Ufficiale, quella, per intenderci, scritta da Cavedon Remigio e controfirmata da Morucci Valerio, sotto il controllo di Cossiga Francesco, anche se quella storia fa talmente acqua da ogni parte da sembrare un colabrodo: tanto è vero che perfino l’attuale Commissione Moro, il cui compito non è quello di scoprire la verità, ne prende giustamente le distanze, per non sprofondare nel ridicolo e rischiare così di perdere quel poco di autorevolezza che le resta.

Alla nostra pazienza, messa a dura prova dalle 500 pagine del Persichetti, si offre anche quest’altra storia, un tomo di 900 pagine del documentarista Satta Vladimiro, che si inserisce a buon diritto nel vasto panorama dei Depistatori di razza. Il tomo è del tutto inutile ai fini della ricerca della verità, ma si presta ad utili riflessioni. Rizzoli l’ha editato da poco, intitolandolo “I nemici della Repubblica. Storia degli anni di piombo”. Evidentemente Satta, dall’alto della sua posizione privilegiata di documentarista presso la biblioteca del Senato, si identifica con la Repubblica, e spiega senza pudore il senso del suo lavoro: “Dai primi episodi violenti nel ’68 alle bombe e alla lotta armata, la storia di come l’Italia democratica è riuscita a sconfiggere il terrorismo rosso e nero” (così recita il richiamo in rosso che campeggia in ultima di copertina) (vedi Figura 1). La redazione della casa editrice, erede di una lunga tradizione Piduista, aggiunge: “Carte alla mano, Satta smentisce molti luoghi comuni di destra e di sinistra, puntando l’attenzione non soltanto sui nemici della Repubblica, ma anche sui poteri pubblici e su come sono riusciti a difendere Stato e cittadini”. Più che “carte alla mano” forse sarebbe il caso di parlare di “verità à la carte”, nel senso di menù tipo nouvelle cuisine: un po’ di nero di seppia e un po’ di peperoncini rossi, mari e monti, pesci e funghi, pista americana e pista israeliana, pista bulgara e Che Ghe Be, la Raf e i palestinesi. Non possono mancare infatti la pista cecoslovacca e i palestinesi, sono come il prezzemolo e la spruzzatina di aceto balsamico per colorire il piatto. L’operazione, che solleva vecchi e nuovi polveroni, si presta a essere utilizzata dalla Commissione Moro per la narrazione di una nuova Versione Ufficiale, che non si discosta affatto nella sostanza dalla vecchia versione, ma viene venduta come Un Passo Avanti Nella Ricerca Della Verità. In realtà è un passo indietro.

Satta Vladimiro. Chi era costui? chiederebbe forse don Abbondio. Trattasi, potrebbe rispondere Wikipedia, di noto documentarista del Senato. E cosa è un documentarista? Uno storico? No, sarebbe una specie di archivista che tiene in ordine i documenti: un ricercatore engagé, non nel senso di “impegnato”, ma nel senso di “ingaggiato”. Viene pagato dal Senato con soldi pubblici, ed è in grado di maneggiare documenti che a noi sono interdetti, perché secretati. Se Satta fosse un giornalista in zona di guerra sarebbe “embedded”, cioè integrato, arruolato, incorporato in una unità combattente: al soldo, cioè, di chi scrive la storia. Ma Satta è un documentarista, uno cioè, pagato per documentare. È quando vuole scrivere la storia che dimostra di non avere il physique du rôle. Infatti sa tenere in mano la biro, ma non ci vede molto bene.

Il grave pregiudizio di cui soffre – la convinzione che la democrazia abbia vinto contro l’eversione rossa e nera, e che le istituzioni abbiano difeso lo Stato e i cittadini – lo porta a non vedere nei suoi scaffali la vergognosa storia della strage di Piazza Fontana: la pista anarchica, secondo lui, fu solo un errore non intenzionale (1969), preceduta e seguita da altre stragi, che le istituzioni hanno nascosto e secretato (ma solo per errore), proteggendo gli assassini e i loro mandanti; lo porta a sottovalutare le migliaia di documenti della Casa della Memoria, l’archivio dei giudici che indagarono sulla strage di Brescia (1974); lo porta a tralasciare quelle pagine di Moro prigioniero delle BR (1978) in cui si parla di Gladio, del FMI, di Sindona, della controguerriglia, della gestione americana e tedesca delle trattative fra Stato e BR; lo porta a non prendere in considerazione, se non in minima parte, i documenti desecretati degli archivi americani (NARA); lo porta a ignorare le conclusioni delle commissioni d’inchiesta del Congresso americano che parlano delle continue intromissioni nella politica interna italiana da parte della Cia e dell’FBI; lo porta a fingere di non conoscere le importantissime testimonianze che emergono nel processo palermitano, tuttora in corso, sulle trattative Stato-mafia, che chiamano in causa i Servizi, Gladio, la Rosa dei Venti, il Ftase, lo Shape, la Nato.

Sembra che sfuggano, al documentarista, sia la continuità della strategia della tensione che la continuità dell’omertà delle istituzioni, sia l’importanza della strage di via Fani nell’ambito di quella strategia, che il ruolo fondamentale della P2, centrale eversiva internazionale che occupa ancora le istituzioni e lo Stato, ha in mano faccendieri e ministri, e controlla quasi tutta l’informazione (compresa quella casa editrice per cui scrive Satta Vladimiro).

Sarà forse a causa della sua forte miopia che il nostro documentarista non trova i documenti, né, verrebbe da dire, gli scaffali, e forse nemmeno le stanze, gli armadi e tutto l’ambaradan che si è accumulato in questi ultimi cinquant’anni di testimonianze e di ricerche. Le amare riflessioni di Tina Anselmi nei suoi diari e nelle sue ultime dichiarazioni (“La P2 ha vinto”) non lo scalfiscono. Il fatto che i Piduisti abbiano occupato Rai e Parlamento, istituzioni e governi, non gli risulta. Si guarda bene dal disseppellire dalla polvere ciò che è bene rimanga nascosto, ma non si trattiene dal sollevare nuovi polveroni. Peccato, perché in questo modo la sua monumentale storia dell’Italia democratica corre il rischio di apparire niente più che l’operazione diligente di uno spacciatore di veline. Uno che conosce il congiuntivo e i misteri del gerundio, ma, ahimé, ci vede poco – e si vede.

Per quanto riguarda il caso Moro, l’abilità di Satta Vladimiro è notevole. Deve aver fatto una bella fatica in 900 pagine a dribblare astutamente i nomi di Tullio Moscardi, Maria Iannaccone, Tullio Olivetti, Maurizio Abbatino, Fernando Pastore Stocchi, a glissare sulla presenza di Bruno Barbaro, a sostenere – come nella sua desolante audizione davanti alla Commissione (1/7/2015) – che la presenza della Loggia P2 “è stata ingigantita da chi ha imperniato su di essa teorie cospirative”; a ribadire che la prigione di Aldo Moro è sempre stata solo e soltanto via Montalcini, e via di questo passo, un due tre!

Inutilmente il lettore onesto cercherà nella sua “ricerca” i nessi fra caso Moro e P2, P2 e USA, P2 e Nato. Ogni possibile implicazione è cancellata, censurata, derubricata, banalizzata, attenuata, celata in mezzo al polverone e scopata sotto i tappeti.

Il fiduciario dei servizi Patrizio Bonanni, quello che mette la Austin Morris all’incrocio fra via Fani e via Stresa, al posto del furgone del fioraio Spiriticchio, al quale vengono squarciate le gomme, viene assolto da Satta, e così il colonnello Camillo Guglielmi, quello che alle 9 di mattina si trova in via Stresa perché, dice, era stato invitato a pranzo. Le altre auto che favoriscono, con la loro studiata collocazione, l’agguato e l’esecuzione della strage, per Satta non esistono, come la 127 color bordeaux che viene cassata dai verbali ma non dalle immagini. Eppure, se la sua vista fosse buona, potrebbe vederne la foto e leggerne anche la targa nei documenti che da documentarista ha avuto modo di sfogliare.

Rispetto al tema bruciante della strage di via Fani – una strage di Stato – la preoccupazione maggiore di Satta è quella di demolire l’attendibilità del teste Alessandro Marini, reo di aver visto una moto sulla scena del crimine, con uno dei due motociclisti che sembrava Eduardo De Filippo (vedi figure 2, 3, 4), reo di aver visto al di là dei quattro brigatisti travestiti da avieri due killer non in divisa sparare contro l’Alfetta della scorta, reo di aver riconosciuto anche Corrado Alunni fra i brigatisti presenti in via Fani.

Per demolire la pericolosa testimonianza di Alessandro Marini (pericolosa perché contraddice la Verità Ufficiale) Satta Vladimiro, che è stato parte attiva, insieme a Persichetti, Armeni, Morucci ed altri amici, nella costante operazione di attacco al teste, portata avanti all’unisono da siti di ex brigatisti, siti di giornalisti embedded e articolesse sui quotidiani nazionali, Satta, dicevamo, si esibisce in una disinvolta apparente presa di distanza da se stesso: finge ipocritamente di essere al di sopra delle parti, si cita parlando di sé in terza persona, e usa lo stile mellifluo e anestetizzante del miglior Andreotti e dei dorotei di una volta.

La cosa importante, nascondendosi dietro altri o citando chi lo cita, come in un gioco di scatolette cinesi o una matrioska al cui centro c’è il vuoto, è ribadire la purezza assoluta delle BR. Lo scrive anche Andrea Colombo in una goffa nota che il manifesto (22 marzo 2017) pubblica in risposta alle contestazioni di Carlo D’Adamo, un ricercatore indipendente: “Mi sono imbattuto in centinaia, pardon migliaia, di scoperte, rivelazioni, coincidenze eloquenti, presunte manovre, sospette intromissioni da parte dei servizi segreti di mezzo mondo nonché nel gotha della criminalità organizzata. Si sono dimostrate sempre e solo clamorose bufale” sostiene Colombo. “Sono convinto, come del resto tutti gli inquirenti che si sono occupati del caso, che Aldo Moro sia stato rapito e poi ucciso da un’organizzazione rivoluzionaria comunista denominata Brigate rosse. Il solo mistero, per me inspiegabile, è perché per tante persone sia così difficile accettare questa semplice verità”. Bravo Colombo, 7+.

La cosa assurda è che nel racconto del sequestro Moro si sono oggettivamente schierati dalla stessa parte i brigatisti e i giustificazionisti – quelli che difendono la purezza delle Br e quelli che difendono la purezza dello Stato. Alleati da anni nella difesa a oltranza del pateracchio del Memoriale Morucci, concordano nel ribadire che le BR in via Fani agirono da sole: i primi, “duri e puri” perché ammettere di essere stati usati li inchioda nella parte degli utili idioti, e i secondi, quelli della “democrazia che ha vinto”, perché riconoscere che ha vinto la P2 li fa passare da imbecilli o da prezzolati. Il lettore paziente consulti i siti filobrigatisti e gli articoli di Satta e di Armeni che intervengono a commentare i rendering tridimensionali della Scientifica presentati alla Commissione Moro: troverà non solo le stesse argomentazioni e le stesse falsità, ma addirittura le stesse frasi, parola per parola. Chi ha copiato chi? Se è Satta che imbecca Persichetti, o se è Persichetti che dà il la a Satta, la cosa non è elegante. Sembra che ci sia un’intesa fra gli assassini e i difensori delle istituzioni. E tutti e due si inalberano se qualcuno gli mette sotto il naso fotografie e prove, e subito lo definiscono dietrologo, diffusore di bufale, complottista.

Se vogliamo essere sinceri, qui bisognerebbe parlare, più che di complotto, di autocomplotto: persone capaci e intelligenti, che conoscono il congiuntivo e sanno tenere in mano una biro, fingono addirittura di essere stupide, pur di non vedere quello che è sotto gli occhi di tutti, ma NON SI DEVE DIRE.

Forse è per questo che la Commissione Moro, oltre a trattare con i guanti un assassino come Morucci, nella chiamata degli “esperti” ha deciso, all’unanimità, di ascoltare proprio un gruppetto di “studiosi” che soffrono tutti, come il Persichetti delle 500 pagine e il Satta di queste inutili 900, di una fortissima miopia. Costoro non vedrebbero un F35 nemmeno se atterrasse nel loro piatto.

Ma allora, se le 900 pagine del nostro documentarista sono inutili ai fini della ricerca della verità, a cosa servono? Servono a Giuseppe Fioroni, regista intelligente e capace della Commissione Moro, uomo della Nato, ex vicepresidente della Fondazione Italia – Usa, ultra-atlantico, per sostenere che la CM ha fatto passi in avanti anche rispetto a Persichetti e a Satta, che difendono la vecchia verità di Morucci, indifendibile. La nuova Commissione Moro, invece (arrivando con un ritardo di almeno venticinque anni) ammette che il Memoriale Morucci, su cui si fonda la Verità Ufficiale, è inattendibile, e tira fuori, adesso che sono morti, Camillo Guglielmi e Tullio Moscardi, Tullio Olivetti e Vito Miceli, Licio Gelli e Francesco Cossiga, Flaminio Piccoli e Giulio Andreotti, Remigio Cavedon e Giorgio Manes… , anche quelli che Persichetti e Satta nascondono. Questi nomi oggi si possono fare: tanto sono morti. Per interrogare quelli ancora vivi c’è tempo. Aspettiamo, così magari nel frattempo muoiono.

Ecco a cosa serve Satta: a permettere a Fioroni di dire che Morucci mente, che c’erano alcuni servizi deviati – ora non più – che c’era anche l’intervento di Gladio – ora sciolta – e che la Nato è innocente. Non è la verità, ma è qualcosa in più rispetto a quello che scrivono Persichetti e Satta, fermi ancora alla difesa del Memoriale Morucci come due giapponesi a difendere l’isola trent’anni dopo la fine della guerra. Ma la Commissione Moro ha deciso di abbandonare il Memoriale Morucci e la vecchia versione ufficiale; il suo compito è quello di concordare una nuova storia nella quale ci sono anche Olivetti e Guglielmi, Moscardi e un po’ di malavita. La Commissione potrà sostenere di aver fatto qualche passo in avanti – magari ci diranno che numero di scarpe aveva Moretti, o che Bruno Barbaro aveva alterato la scena del crimine – ma la Nato non si tocca. Su questo non ci piove.

L’importante è NON DIRE che la strage di via Fani è una cover action della Nato e dell’alleanza atlantica, e che i nostri Servizi, dipendenti gerarchicamente dagli USA, hanno obbedito fedelmente agli ordini. Questo NON SI PUO’ DIRE neanche oggi, perché la nuova guerra fredda, con la NATO che bombarda Afghanistan e Iraq, schiera nuove testate nucleari e minaccia il mondo intero, ha bisogno di complicità e di obbedienza. Il governo italiano si distingue, oggi come ieri, per obbedire agli USA, abdicando alla propria dignità e alla Sovranità Nazionale.

DIRE OGGI LA VERITA’ sulla strage di via Fani significherebbe mettere in discussione il ruolo della Nato, la politica da Stato carogna degli Usa, gli interventi da criminali di guerra dei militari americani, con le loro operazioni sporche in ogni parte del mondo. Ma l’Italia è una colonia, e deve stare al suo posto. Il compito della sua classe dirigente è obbedire e tacere. A questo serve Satta.

Le fonti dello staff di iskrae

Figura 1. Il retro del tomo di Satta

Foto segnaletica della Banda della Magliana diramata dalla polizia. Maurizio Abbatino, pentito, è soprannominato Crispino, per i capelli folti e ricci

Foto segnaletica di Maurizio Crispino. La sua somiglianza con Eduardo De Filippo è indubitabile

Eduardo De Filippo

IL DEPISTAGGIO DI SATTA VLADIMIRO, DOCUMENTARISTAultima modifica: 2017-04-27T19:16:22+02:00da iskra2010
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