SCHEDE, MATERIALI PER IL SEMINARIO DEL COMITATO NO DEBITO 21-22 SETTEMBRE 2012

SCHEDA N° 4 – LA NECESSARIA CHIAREZZA SULL’OBIETTIVO POLITICO 

Apparentemente una posizione articolata sulla risoluzione del debito sembrerebbe più “realistica” del semplice rifiuto del suo pagamento così come lo propone il comitato NO DEBITO; in realtà lo è meno perché parte da una visione determinata dagli altri nei modi già spiegati, non esprime perciò indipendenza, e soprattutto non esplicita un giudizio e una valutazione sul carattere della lotta di classe (peraltro attuata dall’alto) in questo frangente storico. 

Sostanzialmente ripone nella propria capacità propositiva la possibilità di sviluppare mobilitazione in quanto vengono fatte proposte credibili e sensate, più comprensibili ai settori di massa. Un primo “appunto” a questa visione può certamente venire dal fatto che non si capisce come tali proposte possano essere comprese quando l’informazione, le forze politiche e l’ideologia egemone esprimono in modo omogeneo un punto di vista chiaro, netto ed opposto a quello di sinistra.

L’elemento che va esplicitato subito dopo l’affermazione del rifiuto del pagamento del debito è l’obiettivo, politico e pratico allo stesso tempo, che il comitato si deve dare. L’alterità netta di una tale posizione non può non porsi il problema del come praticare una simile prospettiva e dunque di come modificare i rapporti di forza nella società a partire dalle contraddizioni concrete che si manifestano.

La costruzione di un polo della alternativa al neoliberismo, strutturato, politico e sociale, indipendente, è l’obiettivo che va esplicitato chiaramente e senza ambiguità tatticistiche partendo dalle forze concretamente disponibili, altrimenti il rifiuto del debito diviene un semplice slogan giusto ma del tutto teorico. Le forze disponibili soggettivamente sono quelle del lavoro dipendente sindacalmente organizzato, delle forze politiche antagoniste, dei movimenti sociali e giovanili, delle strutture e individualità disponibili ad una battaglia democratica contro il processo autoritario promosso dalla UE.

Ma i caratteri della crisi allargano le interlocuzioni sociali a quei soggetti pressati dalla finanziarizzazione ed, anch’essi come il lavoro dipendente, senza rappresentanza. Non sfugge infatti che siamo di fronte alla necessità di praticare un nuovo «spirito di scissione», e dunque, di ridefinizione della classe. E di fronte al problema di una classe in sé tragicamente sempre più sterminata, a fronte di una classe per sé di cui è sempre più difficile costruire soggettività politica. Il processo di ristrutturazione capitalistico in atto ha determinato una gigantesca massa di esclusi e di escluse. La precarizzazione del lavoro, l’estensione senza precedenti di forme di lavoro parasubordinato, la messa a valore (lo sfruttamento) del tempo di lavoro e tempo di vita, hanno fatto sì che ormai diverse generazioni siano cresciute e stiano crescendo come generazioni escluse dalla piena cittadinanza (è la generazione perduta di cui parla Monti), escluse anche da un sistema di welfare lavoristico e familistico. Si tratta allora di pensare a nuovi diritti del lavoro e nuovi diritti di cittadinanza (come, ad esempio, prova a fare l’ICE sul reddito a livello europeo). 

Si va, dunque,  oltre quelli che sono i referenti di classe, politici e sociali tradizionali della sinistra; la crisi dei ceti medi offre alleanze che vanno valutate con attenzione. Questa funzione più generale va tenuta ben presente perché questi settori, assieme anche a pezzi della società con caratteristiche più tradizionalmente di classe, sono anche oggetto di attenzione delle forze più reazionarie del paese ed anche di organizzazioni fasciste oggi in aperta competizione con noi negli stessi ambiti sociali. Non possiamo ripetere gli allarmi del pericolo fascista troppe volte evocato a copertura di politiche antipopolari praticate dai diversi governi di centrosinistra ma dobbiamo sapere che ad un approfondimento ulteriore della crisi il rischio di movimenti di massa reazionari aumenta.

Si pone perciò nella realtà conflittuale e confusa che vive il paese la questione non solo del lavoro dipendente sfruttato ma anche la questione del blocco sociale penalizzato dalla dimensione finanziaria del capitale. La presa di coscienza di una tale necessità non è una “innovazione” o la creazione “a tavolino” di un immaginario politico ma è in continuità con la migliore tradizione del movimento operaio nel nostro paese. Questo è infatti riuscito a modificare la società quando ha rappresentato una istanza di emancipazione complessiva, sociale, economica, culturale, sentita anche dalle altre classi subalterne.

In condizioni modificate va percorsa la stessa strada. Certamente le percezioni soggettive dei vari settori sociali, ovvero della coscienza di sé , sono diverse. L’ideologia prevalente favorisce le rappresentazioni reazionarie e di destra, ma la crisi attuale, sistemica e non congiunturale, può far ritrovare quel ruolo di emancipazione che  i settori di classe possono esprimere in modo radicale e antagonista nella dinamica sociale attuale.

SCHEDE, MATERIALI PER IL SEMINARIO DEL COMITATO NO DEBITO 21-22 SETTEMBRE 2012ultima modifica: 2012-09-22T12:30:00+02:00da iskra2010
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