Lettera di due metalmeccanici FIOM al PRC e alla FdS

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Cari compagni vi ho inviato una lettera molto importante che evidenzia delle giuste preoccupazioni a cui si devono dare delle risposte. Verifichiamo insieme come i nostri attuali dirigenti hanno dato seguito a queste esigenze e se Liberazione ha dato spazio a questa lettera.
Oggi più che mai occorre la massima trasparenza e la massima circolazione delle idee. Guai a chi si sottrae.
Come compagni del Circolo “A. Tognetti” condividiamo lo spirito e il contenuto della lettera tranne nella parte dove si parla dell’odio di classe.
Noi pensiamo che i comunisti debbano rivendicare, a ragione, di essere portatori di valori e di un modello di civiltà
superiore in cui l’odio è un sentimento sconosciuto, a differenza dei padroni, portatori della cultura dell’odio.
Dove c’è l’odio non c’è giustizia, non c’è eguaglianza e non c’è la pace. Una ragione in più per essere essere diversi dai capitalisti, che propugnano la competizione e la guerra tra gli uomini.
Noi proletari siamo costretti a lottare contro queste brutture, per legittima difesa. I comunisti sono coloro che, da Lenin in poi, hanno dimostrato che lavorano per la pace e per ottenerla hanno trasformato, se necessario, le guerre in Rivoluzioni sociali, per giungere ad un mondo migliore.
Saluti comunisti
Andrea


Lettera di due metalmeccanici FIOM al PRC e alla FdS


Cari Ferrero, Grassi, Diliberto,

vi scriviamo nel tentativo di aprire un ragionamento che ad oggi resta tra i “non detti” della FdS e che, ci rendiamo conto, rischia di essere un terreno di scontro tra le forze in campo ma riteniamo non più rimandabile e che possa servire a riempire di contenuti un congresso della FdS che altrimenti risulterebbe essere vuoto, senza idee, frutto di un’operazione di vertice. Ci riferiamo al rapporto dei comunisti con il sindacato e poniamo la questione oggi, nei giorni in cui si evidenzia sempre con maggiore chiarezza che il sindacato dei meccanici è la punta avanzata di una lotta di classe a cui i comunisti, hanno abdicato ;

Il PRC, “Liberazione” e la FdS, si stanno giustamente “spendendo” parecchio in vista della prossima manifestazione del 16 ottobre, questo è sicuramente un buon segno rispetto al passato, anche in funzione di quel ritorno alla classe e al lavoro di massa tanto chiacchierato da tutti dopo le sconfitte elettorali, purtroppo però non possiamo esimerci dallo scrivervi.

Due sono  – da iscritti al PRC e quindi interni alla FdS –  le questioni che ci stanno profondamente a cuore.

Troppo spesso le lodevoli e pregiate parole a sostegno della FIOM non sono sostanziate dai “fatti”, riteniamo infatti che al “teorico” matrimonio ideale con le istanze sindacali  non ci sia una conseguente “prassi” all’interno del PRC prima e della FdS poi.

Crediamo che sia il momento di cambiare rotta!

Scriviamo questo perché, innanzitutto teniamo a ricordarvi che all’ultimo comitato centrale  – che lanciava la manifestazione del 16 ottobre –  , la Fiom è dovuta tornare a fronteggiare il dissenso della minoranza interna, di cui fa parte a pieno titolo l’area “riformista” della Cgil Lavoro Società che  ha proposto un documento alternativo, carico di aperture a Cisl e Uil per “un nuovo contratto nazionale” che tenesse conto “delle necessità della competizione e della produttività”. Fortunatamente tale proposta, immediatamente percepita dal Comitato centrale come una capitolazione della Fiom, è stata bocciata – 92 a 26 – dal voto finale. Ad  intervenire a sostegno del documento alternativo è stato il rappresentante dell’area di Lavoro Società nella Fiom tale Augustin Breda , quindi il paradosso ci sembra evidente o no?

A questo punto ci domandiamo e vi domandiamo. Come la mettiamo?

Come è possibile per noi del PRC e della FIOM costruire un percorso politico con Lavoro Società che contribuisce e cerca ogni volta di mettere all’angolo e isolare la Fiom?

Dopo la non bellissima figura che il PRC ha fatto all’ultimo congresso della CGIL evitando accuratamente di schierarsi a  sostegno della battaglia dei compagni della FIOM sostenitori della mozione “La CGIL che vogliamo”,  sostenendo di fatto, a parole, una posizione superpartes ma che, in realtà, celava, anche maldestramente, una simpatia e condivisione della posizioni di Lavoro Società, il che sarebbe anche legittimo se frutto di una elaborazione del Partito, ma diviene assolutamente miope se all’orizzonte c’è l’accordo elettoralistico con una formazione “politica” da far sedere al tavolo della FdS.

A  proposito del “non schieramento” vogliamo sottoporre alla vostra attenzione ed ai vostri ricordi un estratto della  tesi n.37 di Antonio Gramsci del Congresso di Lione  – III congresso del PCdI –  nel 1926  – sembra così lontano ma non lo è –

“Il rapporto tra sindacati e partito è uno speciale rapporto di direzione che si realizza mediante la attività che i comunisti esplicano in seno ai sindacati. I comunisti si organizzano nei sindacati e in tutte le formazioni di massa e partecipano in prima fila alla vita di queste formazioni e alle lotte che esse conducono, sostenendovi il programma e le parole d’ordine del loro partito. Ogni tendenza a estraniarsi dalla vita delle organizzazioni, qualunque esse siano, in cui è possibile prendere contatto con le masse lavoratrici, è da combattere come pericolosa deviazione, indizi di pessimismo e sorgente di passività”.

E della tesi n.38

“Il partito che rinuncia alla lotta per esercitare la sua influenza nei sindacati e per conquistarne la direzione, rinuncia di fatto alla conquista della massa operaia e alla lotta rivoluzionaria per il potere.”

Ora anche se a quasi 100 anni di distanza e con tutte le differenze del caso ci verrebbe da chiederci: qual è oggi il rapporto tra il Prc ed il sindacato, qualunque sindacato?  Come può oggi un Partito Comunista abdicare all’elaborazione  teorica sulle questioni del lavoro, derubricando il lavoro stesso dalla propria agenda, togliendone centralità a favore di altre questioni, certamente importanti ma che, pensiamo, sono spesso slegate dalla vita quotidiana di ognuno. Pensiamo, insomma, che rimettere al centro delle pratiche dei comunisti il Lavoro e il relativo conflitto Capitale vs Lavoro, sia anche mettere al centro tutto il resto; il lavoro è il collante di una società ed è da questo collante che bisogna partire o ripartire. Come si può contraddire le tesi che vi abbiamo sottoposto senza una riflessione critica e quindi come si può sostenere la FIOM se poi nei fatti si appoggia  una posizione diversa ed alternativa alla linea di maggioranza della FIOM o peggio non si sostiene alcuna posizione?

La Seconda questione strettamente alla prima la poniamo in quanto iscritti entrambi ad un partito il PRC che ancora  – fortunatamente, anche se non sappiamo ancora per quanto – , si richiama al comunismo.

Proviamo a spiegarci: ritenete – a nostro avviso, ma non solo nostro –  erroneamente che tutto quello che i comunisti debbono fare in una realtà conflittuale di fabbrica è portare la loro solidarietà, e sostenere la lotta spontanea dei lavoratori. Va bene, ma non è sufficiente. Oggi purtroppo siamo di fronte ad una contraddizione di proporzioni enormi che non solo coinvolge un numero elevatissimo di realtà produttive e di lavoratori,  – come ben sapete – ma è il risultato di una crisi generalizzata del capitale e, dunque, non si tratta di affrontare e vincere tantissime singole battaglie parcellizzate e diverse, ma di una lotta della classe contro la classe sua antagonista.

Quest’ultimo punto è fondamentale.
Se per i lavoratori di ogni fabbrica, ufficio, ecc   – come noi che vi scriviamo –  è giusto e sufficiente non far chiudere l’impianto e conservare il posto di lavoro sia pure cambiando chi estorcerà – a noi – il plusvalore prodotto,  – battaglia che svolgiamo come sindacato e con il sindacato –  per un partito che si chiama comunista quest’obbiettivo minimo – economico – non è assolutamente sufficiente.

Diventa necessario per il partito dei comunisti, mentre sostiene con tutte le energie ogni singola lotta e tutte queste lotte insieme, svolgere un ruolo molto diverso da quello di ciascun singolo lavoratore e, anche, del sindacato: deve sviluppare una strategia, una linea politica, proposte praticabili seppure difficili, suggerendo percorsi e metodi di lotta che leghino tutte le situazioni e trasformino le tantissime “vertenze” in un’unica lotta, politica, di classe, con una precisa prospettiva che non soddisfi solo la giusta e primaria necessità della salvaguardia del posto di lavoro e degli impianti, ma faccia della vittoria un caposaldo di ripartenza di altre e più avanzate lotte consapevoli della classe nel suo complesso.

Insomma un partito se vuole essere comunista non può comportarsi da sindacato – magari rileggere le tesi riportate sopra può essere sufficiente a comprendere quanto diciamo .

E’ purtroppo vero – come dice e scrive più di qualcuno –  che il sindacato di classe non c’è più da molto tempo, ma questo non autorizza il partito ad assumerne la supplenza.

Bisognerebbe a nostro avviso – riallacciandoci al primo quesito ­-, cogliere l’occasione, mantenendo il proprio ruolo di partito e la propria pro-positività,  chiamare a svolgere il loro ruolo i comunisti presenti nelle organizzazioni sindacali per metterne alle strette,  finalmente in modo concreto e sulle lotte operaie, le direzioni opportuniste, portando essi quelle proposte e iniziative di impostazione sindacale.

Sostenere la necessità di lotta delle masse cari Dirigenti, non può risolversi in “codismo” nelle manifestazioni.

Insomma in parole povere, sarebbe, il tempo che chi si dice comunista e vuole dirigere il processo di liberazione del lavoro salariato dallo sfruttamento del capitale, la smettesse con reticenze e mezze proposte, che si spingesse oltre l’orizzonte dell’esistente, desse effettiva fiducia alla classe e operasse come i comunisti debbono cercare sempre di operare, senza dare patente di “serietà” e affidabilità a questo o quell’imprenditore privato che perseguirà sempre e soltanto il proprio profitto. Cosi come sarebbe ora di smetterla di riporre eccessiva fiducia in istituzioni, autorità e strutture di uno Stato che – forse lo abbiamo definitivamente dimenticato – resta di classe e a difesa esclusiva degli interessi della classe dominante, chiunque lo gestisca, dal Berlusconi al Bersani di turno.

Per essere credibile, una piattaforma e un programma anticapitalistica coerente dovrebbe innanzitutto essere stabilmente alternativo e antagonista sia al modello neoliberista temperato del PD che a quello reazionario e “di comando” del PdL.

Battere le destre va bene, comprendiamo bene tutti, quali pericoli corra l’attuale sistema democratico e la sua carta costituzionale, ma questo non giustifica la subalternità al centrosinistra; dal battere le destre a diventare subalterni al centrosinistra, ”ce ne passa“ cari compagni.

Per non ripetere gli errori del passato quindi bisognerebbe invece approfittare della difficoltosa e contraddittoria ripresa di un minimo di opposizione e di lotta sociale contro le politiche reazionarie di Berlusconi e di Confindustria per provare a costruire una piattaforma anticapitalista che sappia rappresentare in maniera sufficientemente stabile, in questa fase difficile e non breve, gli interessi delle classi lavoratrici, riconnettendo finalmente il ruolo di “utilità” dei comunisti alla difesa di quegli stessi interessi.

Riaggregare quindi i comunisti la sinistra anticapitalista attorno alla difesa degli interessi di classe,  – e la FdS poteva e doveva servire a questo scopo –  promuovendo un vasto movimento anticapitalista, aprendo anche alla propria sinistra  – diaspora comunista, movimenti, sindacalismo conflittuale e di classe – , trovando l’unità d’azione nelle battaglie politiche e sociali, più che costruire attraverso operazioni di vertice ed autoreferenziali, nuovi poli elettorali di sinistra

Cari compagni,  senza alcuna svolta di prospettiva, senza una svolta radicale di posizioni, programmi, e perche no, gruppi dirigenti, siamo di fronte all’ennesima riproposizione di una cultura neoriformista che ha attraversato negli ultimi decenni filoni molto diversi della sinistra italiana, uno spazio oggi che si appresta ad occupare in maniera molto intelligente Nichi Vendola insieme a SeL, uno spazio stretto, uno spazio che sembrerebbe tenere a battesimo, purtroppo, nell’eterno nome del “nuovo” anche la Federazione della Sinistra.

Non abbiamo bisogno di questo, abbiamo bisogno di altro,  – abbiamo bisogno di un partito comunista e di una sinistra anticapitalista che incarni in se le parole di Sanguineti quando ci ricordava:

<< I potenti odiano i proletari e l’odio deve essere ricambiato. Restaurare l’odio di classe per contrastare l’oblìo di sé in cui la classe operaia, inibita da una cultura dominata dalla tv, è immersa>>

Fraternamente vostri

Christian Di Nicola Comitato direttivo FIOM-CGIL Roma Nord    

Iscritto al circolo PRC “Laurentino Che Guevara” di Roma.

Ciro Risolo Comitato direttivo FIOM-CGIL Roma Sud     

Iscritto al circolo PRC “Laurentino Che Guevara” di Roma.

Lettera di due metalmeccanici FIOM al PRC e alla FdSultima modifica: 2010-10-14T19:20:00+02:00da iskra2010
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