Chi si ricorda della “qualità totale” Fiat anni 90?

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di Angelo Ruggeri


Il predominio di maggioranza è l’opposto della democrazia

Dalla “demos-kratos” al “dictator” per trasferire la “qualità totale” della Fiat alle istituzioni col predominio del potere degli esecutivi (di stato ed enti locali, d’impresa, di partiti e sindacati) e di sindaci, “governatori” e premier, sulle assemblee e sulla democrazia di base organizzata

DALL’AZIENDALISMO AL LEGHISMO AL POTERE OLIGARCHICO DALL’ALTO. La parola “democrazia” significa “autogoverno del popolo“, dal greco “demos” che significa “popolo” e “kratos” che vuol dire potere. Si contrappone da sempre all’altra parola di derivazione latina “dictator”, figura che si eleggeva a Roma in caso di guerra indicante appunto il “dittatore”. Nonostante lo stato di necessità determinato dalla guerra, i romani erano però tanto diffidenti verso il potere personale, che la legge prescriveva che il “dittatore” non poteva restare in carica per più di sei mesi e comunque ne metteva due per un reciproco controllo. In ogni caso, comunque, il termine “dittatura” ha sempre valso a designare il potere esercitato dal singolo

I greci addirittura, proprio perché la presenza di un “presidente del consiglio”, costringeva l’assemblea dei 500 rappresentanti del popolo al massimo a parlare ma non a collaborare sostanzialmente al governo dello stato, come invece la “demoskratia” vuole, abolirono ogni forma di potere personale e, con esso, la figura stessa del presidente (del consiglio o dello stato) ed anche l’esecutivo di governo.

 

un presidente del consiglio al giorno un governo diverso ogni mese per abolire il potere personale e degli esecutivi

 

Divisero l’assemblea rappresentativa in 10 gruppi di 50 membri e ognuno di essi, per 36 giorni a rotazione nell’arco dell’anno, fungeva da “esecutivo”. Ogni giorno il comitato esecutivo in carica nei suoi 36 giorni eleggeva il presidente del consiglio che durava in carica solo per quel giorno, annullando cosi ogni possibilità di primato sia degli esecutivi che del singolo sull’assemblea dei rappresentanti del popolo.

Si aggiunga, inoltre, che nessun provvedimento del governo e dell’assemblea poteva essere attuato, se prima non veniva approvato dall’assemblea generale di tutto il popolo. Insomma un intreccio tra democrazia rappresentativa (l’assemblea parlamentare) ed esercizio di un potere dal basso organizzato (l’Assemblea del popolo), che aveva, coerentemente con il significato della parola “democrazia”, lo scopo di impedire il governo dall’alto, di uno su tutti o di pochi su molti, affermando un potere e attuando il principio secondo cui, in quanto “esecutivo”, il governo non deve comandare ma deve “ubbidire” al popolo e da esso dipendere, sempre e non solo nel giorno delle elezioni.

 

un confronto storico

 

Da allora, la storia dell’umanità ha visto un continuo confronto per realizzare, mutatis mutandis, forme di potere che si avvicinassero quanto più possibile, o al modello della “demoskratia” o a quello del “dictator”, al governo del popolo e di tutti o al governo di uno e di pochi. A seconda che una “forma di governo” si avvicini di più o di meno ad uno di questi due poli, si può valutare se essa è “tanto più” o “tanto meno” democratica di altre. Parimenti, da ciò nasce la distinzione tra “riforme” e “controriforme” dove invece, nella confusione mistificatoria oggi in uso, il primo termine é usato indistintamente anche per indicare modifiche che si connaturano con il secondo.

La nostra Costituzione nata dalla Resistenza è forse quella che, in forme moderne, più si avvicina ai principi della democrazia dell’antica Grecia, con cui il proletariato (altra parola di origine antica) ha allora potuto governare democraticamente, per oltre 150 anni. Tanto che la Costituzione italiana è sempre stata considerata la più democratica e avanzata fra tutte.

Se pensare ed agire significa ricavare le conseguenze logiche dalle premesse e se quindi le parole hanno e debbono avere un senso e, fuori da ogni subalternità di senso comune si deve correttamente aver chiaro che, tutte quelle proposte che mirando all’abolizione della proporzionale e alla elezione diretta dei sindaci, o del presidente della regione o del Consiglio o dello stato, non sono “riforme” ma bensì “controriforme” che realizzano forme di potere verticistici e istituzionali dall’alto, di uno o di pochi sui molti.

Anche per questo, rispetto alla Costituzione vigente, sono anticostituzionali tutte le proposte che muovono in questa direzione presidenzialistica del rafforzamento degli esecutivi, come la elezione diretta del sindaco e il ricorso a meccanismi maggioritari e/o uninominali. E tali sono tutte le proposte che si collocano in questo solco indipendentemente dal fatto che taluno accentui e talaltro meno questi aspetti. E indipendentemente dalla varietà delle forme “tecniche” su cui ci si può sbizzarrire ma che mantengono il segno direzionale di un potere di pochi che muove dall’alto al basso, e che storicamente si chiama oligarchia, rovesciando quello di un potere della sovranità popolare e di tutti dal basso verso l’alto e che si chiama democrazia.

Sono anticostituzionali non tanto o non solo da un punto di vista formalistico-giuridico a cui ci si appella, solo perché si tratta di leggi che non vengono introdotte con delle procedure di modifica costituzionale: “formalismo” infondato, oltretutto, perché già la Corte Costituzionale ha respinto una volta i referendum contro la proporzionale e non è detto che debbano per forza passare adesso.

Sono anticostituzionali soprattutto da un punto di vista non della “tecnica” giuridica, ma della materia costituzionale, come è il caso dei progetti di legge già approvati dal Senato – con la complicità di “pidiessini” e “retini” – che determinano una “rottura costituzionale”, cambiando la “regola delle regole”, cioè quella prevista dall’art. 138 per le modifiche costituzionali, senza seguire le procedure in esso previste.

esecutivi trasformati in direttivi delle Assemblee affossano la Costituzione nata dalla Resistenza

Se dovessimo accettare come costituzionale tutto quello che una maggioranza parlamentare delibera, solo perché una “ammucchiata” di partiti così vuole, non ci sarebbe bisogno di regole costituzionali: basterebbe stabilire che il Parlamento decide a maggioranza tutto ciò che vuole. Mentre, oltretutto, tutti sanno che il “principio di maggioranza” non coincide di per sé con la “demos-kratia“. Se questa fosse la logica “formalista” a cui richiamarsi, dovrebbero considerarsi “costituzionali persino progetti di legge come quelli sui “pieni poteri” richiesti da Amato. Mentre tutti sanno che i pieni poteri al governo stravolgerebbero completamente l’impianto costituzionale e, quindi, non possono essere oggetto di legge ordinaria. Il punto è che in un regime di governo-parlamentare, la forma della legge elettorale non può che essere “proporzionale”. Perché ci sono “due” concezioni dell’organizzazione politica: una “maggioritaria” in base alla quale chi vince prende tutto, governa e la minoranza va a caso fino a quando, e se, diventerà mai “maggioranza”; l’altra è quella della “democrazia consensuale” e parlamentare, secondo cui occorre il riconoscimento del pluralismo e il pluralismo proporzionale nella composizione dell’assemblea parlamentare per poter attuare il governo di tutto il popolo della “demoskratia”. Per questo la commissione costituente nel ’48 ha deliberato la legge elettorale proporzionale per tutte le elezioni dell’epoca, senza contare poi che la regola della proporzionalità è esplicitamente indicata in diversi punti dalla Carta.

Esistono solo due forme dì potere: quella che va dall’alto in basso, e che si chiama “oligarchia” e che spesso ricorre al principio di maggioranza come forma di decisione (anche la Chiesa e il fascismo decidevano a maggioranza al loro interno) e quella che va dal basso in alto, e che si chiama “democrazia”. Non è quindi accettabile che si diano per “legittime” tutte le proposte, come se fosse solo un problema “tecnico” rispetto a cui ciò che conta è stabilire se funziona meglio l’una o l’altra. Occorre vedere a quali “valori” si riferiscono le varie soluzioni cosiddette “tecniche”. E’ importante vedere in quale direzione vanno e sotto quale “segno” si muovono. E la proposta del sindaco elettivo non si muove certo sotto il segno della riforma “demos-kratia”, ma sotto quello della controriforma del “dictator”, cioè di un potere esercitato dal singolo, in cui uno comanda e tutti gli altri ubbidiscono.

Il comune come luogo sociale per definizione

Il “sindaco elettivo” non è altro che “la qualità totale” trasferita dalla Fiat al comune. E’ un “padrone elettivo”, in cui la natura padronale, cioè esclusiva, personale e assoluta, non è minimamente scalfita dalla “eleggibilità”, in quanto è un potere che non è giuridicamente responsabile verso nessuno.

E in verità, il modello dell’impresa è stato esplicitamente evocato da chi, sostenendo le proposte della “Rete” si è lasciato scappare che, in fondo, il problema è quello di avere un “governo” che “governi” (il contrario dei fondatori della demos-kratia) e un comune che sia una “azienda”.

Invece, secondo la Costituzione, il governo non deve “governare”, ma deve fare quello che non ha mai fatto: il capo della pubblica amministrazione per dare attuazione ed eseguire quanto deliberato del Parlamento. Spetta al Parlamento “governare” insieme al governo che è il suo esecutore-esecutivo. Proprio da qui nasce la degenerazione, da esecutivi che si sono trasformati in direttivi delle Assemblee.

 

Ma, se è possibile, è ancor più grave pensare al comune come ad una “azienda”. Perché se c’è un luogo dove tutto è sociale, è proprio il territorio comunale. Dove lavora, vive, mangia, agisce, studia, il lavoratore e il cittadino se non sul territorio? Il comune o è sociale o non è. Ed è proprio per socializzare lo stato che la Costituzione ha definito il comune come “comunità”, luogo della società e della socialità, in una “Repubblica delle autonomie” in cui il comune è stato esso stesso.

 

Perché lo stato non è inteso come “persona giuridica”, ma come “ordinamento”, formato appunto da tutti i livelli del potere istituzionale (regione, province, comune), di cui il comune e la più importante cellula, proprio perché espressione degli interessi sociali della comunità, ai cui valori – e non a quelli antisociali dell’impresa – si ispira la nostra Costituzione, che è per ciò quanto di più “antileghista” si possa immaginare. Di più: come dicono i francesi : “il comune deve stare alla democrazia come la scuola di base sta all’istruzione“.

 

Non è certo l’azienda il “modello” di socialità e democrazia. Lo sanno bene tutti coloro che sul territorio comunale, ogni giorno, vedono calpestati i loro diritti sociali costituzionalmente garantiti, come l’istruzione, la sanità e la salute, l’assistenza e l’occupazione e il lavoro, proprio in nome della logica aziendalistica che pervade la gestione dello stato, delle regioni e dei comuni con cui, secondo la logica economicistica e privatistica dei costi e dei ricavi, si giustificano tagli alle spese e agli investimenti sociali.

 

Basterebbe ricordarsi di questo per battersi contro l’assimilazione del comune ad una azienda e, dunque, contro l’introduzione di un “padrone” nel luogo della socialità istituzionale, proprio quando ideologicamente si teorizza che il “padrone” non esisterebbe più nemmeno là dove la Costituzione e la democrazia non sono mai entrate: nelle aziende e nelle imprese.

Chi si ricorda della “qualità totale” Fiat anni 90?ultima modifica: 2011-02-14T01:10:00+01:00da iskra2010
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Un pensiero su “Chi si ricorda della “qualità totale” Fiat anni 90?

  1. Seppur sulla sconfitta alla Fiat – su cui concordiamo e di cui, del resto, Spartaco stesso aveva ampiamente e ripetutamente denunciato già per la prima vicenda Pomigliano (e se non sbaglio pubblicato anche su iskra) – si può pure dire, in sintesi, che “per Spartaco essa deriva dall’abbandono della teoria marxista da parte di molti soggetti collettivi” , va precisato che Spartaco è andato altresi oltre, specificando da molto tempo e tante volte che le conseguenze di tale abbandono – da parte di CGIL-DS-PD-Sinistra e Libertà ecologista(sic)-Pdci-RC e quanti altri -, andavano e vanno stratificandosi sempre più e, – come già scrivemmo nel 2003 -, “senza prospettive di recupero”, per il motivo che anche in questi 7 anni e ancora oggi parlando della sconfitta alla Fiat, non sono stati e non si specificano le conseguenze di tale “abbandono della teoria marxista” che Spartaco ha specificato essere “senza prosepttive di recupero” perché le posizioni oggi rubricate come “di sinistra” sono assimilabili a quelle della “sinistra borghese” della fase precedente il passaggio alla società di massa. O addirittura assimilabili a quelle premarxiste – quelle si utopie – del capitalista buono e di buona cultura “borghese”, che possiamo anche apprezzare e rispettare in certi casi ( Alice ha richiamato Oluvetti e diciamo anche Pirelli che però non ha impedito che i suoi consaguinei, negli anni 70, venissero identificati come “Agnelli e Pirelli ladri gemelli”). Con essi si può anche interloquire e persino allearsi, come in certe fasi e con la Resistenza dove questo avvenne: per la prima volta le elites borghesi di svariata matrice ideologica vennero a trovarsi fianco a fianco con le avanguardie popolari e quindi impararono a conoscere e a stringere legami in una condizione in cui però, per la prima volta, le avanguardie popolari ed operaie non subivano l’egemonia delle elites borghesi intellettuali e professionali, nemmeno di quelle più illuminate, grazie prevalentemente – possiamo dirlo?- alla teoria della prassi comunista del PCI vero epicentro dell’epos della Resistenza che non ha ri-fondato ma ha fondato per la prima volta in Italia la democrazia: e che democrazia! democrazia sociale e avanzata più di ogni altra. Una condizione durata per altri 20-30 dopo la Resistenza in cui il proletariato e le sue forze organizzate non subivano l’egemonia della cultura borghese nemmeno di quella più illuminata che per quanto lo fosse e lo sia rimane la cultura di chi guarda magari anche onestamente alla realtà, ma la guarda dal suo punto di vista, dall’alto verso il basso. Cosa che spesso ha portato e porta al paternalismo (di cui abbiamo esempi ambrosiani-leghisti dall’800 del manchsterismo lombardo fino agli anni 1970-ed ora torna pure di moda), per cui certo anche lui deve essere liberato (tutti gli uomini in quanto tale: è l’obbiettivo del movimento storico e di una coscienza marxista che va oltre le prossime scadenze elettorali o l’obbiettivo del governo) ma anche Lui, ci pare che può essere liberato, se coloro che guardano alla realtà e alla società col punto di vista dal basso, cioè plebeo, cioè veramente marxista di chi vede l’erba dalla parte delle radici, non subisce l’egemonia illuminata o meno della cultura borghese di chi sta e guarda dall’alto in basso la società. Ora invece è proprio questo che è avvenuto. Per cui Spartaco non soltanto dice che la sconfitta deriva dall’abbandono della teoria marxista da parte di molti soggetti collettivi, ma a partire da cio ha analizzato e quindi precisa che “si resta senza prospettive di recupero” fino a quando non si capirà e non si denuncerà che le posizioni rubricate come “di sinistra” sono del tutto assimilabili a quelle della “sinistra borghese” della fase precedente il passaggio alla società di massa. Da denunciare commentando qualsiasi argomento e qualsiasi sconfitta con un tipo analisi organica (superando la frantumazione delle scienze e delle conoscenze che ha “ucciso” l’unità del sapere troppo pericolosa per le classi borghesi per cui temendo la rinascita della cultura marxista-comunista ha distrutto (specie nelle Università) l’unità del pensiero e quindi ha distrutto la cultura e in prims il nesso inconfutabile e inscindibile tra storia-filosofia-scienze umane-scienze tecniche e quindi anche diritto e politica e politica economica, ecc.) propria del marxismo, non sbricciolabile in settori e aspetti separati tra loro in ogni tipo di analisi su ogni argomento, Se non si denuncerà e agirà di conseguenza e all’unisono, come era possibile fare con il piu grande partito del pianeta, capace di agire e interagire su quanto deciso e all’unisono dalle Alpi alla Sicilia: una volta deciso su cosa e per cosa mobilitarsi sul piano sociale e di lotto – usando le due braccia della tenaglia: il partito e il sindacato – come sul piano culturale e della autonomia culturale, dell’autonoma elabarazione, e senza per questo essere un partito brezneviano o simili. Esempio: Spartaco fu invitato ad inaugurare una sezione del PCI nel quartiere Corvetto di Milano, in quel solo quartire c’erano ben 5 sezioni del PCI, ognuna all’incirca con 200 iscritti, e mentre inagura quella sezione fuori era in corso una manifestazione di un’altra sezione con realtivo discorso e dibattito porta a porta con gli abitanti dle quartiere: e questo avveniva tutti i giorni della settimana, organizzata un giorno da una di queste sezioni e un giorno da un’altra.Il partito gramsciano-togliattiano, il più “grande” partito del mondo non perchè più “grosso” ma perché era il partito piu radicato socialmente e il più armato di coerenza tra teoria e prassi, di teoria-prassi applicata e capace di unificare il proletariato per la prima e unica volta in Italia. Capace di unificare il proletariato perché capace di un rapporto tra teoria e prassi applicata coerentemente. Di unificarlo anzitutto teoricamente e culturalmente, prima ancora che organizzativamente, unificando di fatto anche le diverse forze del movimento operaio e della “sinistra” al di la delle diversità di organizzazione. Realizzando una tla vera unità, fece tremare la borghesia almeno fino alla metà degli anni 70, cioè facendo per il proletariato quello che la borghesia fa per la sua classe borghese la cui vera unità è unità ideologica che unisce prima e al di sopra della diverse forze organizzate superando e unificandole ideologicamante anche al di la e al di sopra degli schieramenti di destra e sinistra: tanto che ad es. unifica i borghesi pro-Marchionni ( e non solo) di destra e di sinistra.Torniamo alle molteplici implicazioni di tale snaturamento provocato dall’abbandono della metodi di analisi e della teoria della prassi marxista, tra le quali – quella che si sta palesando come più eclatante sul terreno teorico, oltre che dei comportamenti e dei loro esiti contrari agli interessi dei lavoratori dipendenti della Fiat e di ogni impresa, è insita nella scelta di svuotare completamente – contro la realtà dei rapporti sociali e quindi per identificarsi con gli interessi dell’ideologia dominante – il carattere di classe della posizione e funzione del “lavoro” nel sistema dei rapporti tra società e stato.Con una operazione – che certo piacerebbe e ha sempre favorito la borghesia o i capitalisti più illuminati a cui Bertinotti si rifaceva tanto che nel momento stesso in cui eleggeva Volponi presidente di RC, rispondendo a chi aveva richiamato la neccessita di attaccare il profitto, disse parir pari in un CC “basta con questa storia del profitto, parlare del profitto significa fare solo della ideologia” (?!!!). Una operazione che abbandonando le lotte e la strategia per un potere sociale dei lavoratori in fabbrica e fuori, mira FARE ed è riuscita a fare – lo si è visto già con Cofferati sull’art.18 e ora a Pomigliano, a Melfi e a Mirafiori – dei diritti dei lavoratori una variante dei diritti della “persona” umana. Per cui negli anni 2000 (!!!) si torna ad una semplice distinzione tra diritti “civili” e diritti “politici”, quale era stata teorizzata dalla borghesia (anche la piu illuminata) agli albori e poi nel proseguo dello “stato di diritto” (?) e costituzionale nelle forme dello stato liberale e costituzionale (per altro a questo portano i giuristi e politici “sinistri” che non dicono che la nostra Costituzione e di “democrazia sociale” e “per difenderla”, affossandola, parlano di una “democrazia costituzionale”), LO STATO DI DIRITTO E LIBERALE-COSTIUZIONALE DELEGITTIMAVA LA CLASSE OPERAIA PERSINO NEI PIù ELEMENTARI DIRITTICIVILI E POLITICI, PROPRIO PERCHE’ IN MATERIA ECONOMICO-SOCIALE GARANTIVA SOLO QUEI DIRITTI DELLA PROPRIETà E QUINDI DELL’IMPRESA (come è ancora oggi nella vetero Costituzione americana) , DIRITTI DELLA PROPRIETA’ E DELL’IMPRESA CHE, IN VERITA’, IN TAL MODO SI DIMOSTRANO E SI CONFIGURANO ANCOR PIU’ COME POTERI. SICCHE’ IN QUANTO POTERI SONO ANCHE UN DIRITTO (LA PROPRIETà PRIVATA DEI MEZZI DI PRODUZIONE è UN DIRITTO PERCHè è UN POTERE, E IN SENSO CONTRARIO DOVE NON ERA UN POTERE NON ERA NEANCHE UN DIRITTO) : COME CGIL E PCI SAPEVANO NEGLI ANNI FINO a metà dei ’70 E NON SANNO PIU’ OGGI. Tanto che DA POMIGLIANO A MELFI A MIRAFIORI CI SI E’ OPPOSTI A MARCHIONNI, CHE GLIELE DAVA, DICENDOGLIENE TANTE E PIANGENDO E INVOCANDO I DIRITTI DELLA PERSONA: COME SE IL LAVORATORE E LE CONDIZIONI DI LAVORO IN FABBRICA FOSSERO UGUALI O FOSSERO EQUIPARABILI A QUELLE DI UNA QUALSIASI “PERSONA” CHE VIVE NEI RAPPORTI DI DIRITTO CIVILE DELLA SOCIETA’ CIVILE. E COME SE POSSANO ESISTERE DEI DIRITTI SENZA UN POTERE SOCIALE PER CUI NON LO SI RIVENDICA NEMMENO COME APPUNTO NON SI è FATTO ALLA FIAT E COME ALL’OPPOSTO LO SI FACEVA QUANDO SI ERA VOLTI ALLA STRATEGIA PER DECIDERE E CONTROLLARE I PIANI D’IMPRESA, GLI INVESTIMENTI, L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO, L’INNOVAZIONE E IL CICLO PRDUTTIVO, PIANI DI SETTORE, PROGRAMMAZIONE ECONOMIACA NAZIONALE, ECC.; TRAENDO DA CIò ANCHE LA FORZA E LA MOTIVAZIONE COSTITUZIONALE DI RIVENDICARE ED OTTENERE DALLE IMPRESE E PER CONTRATTO I FAMOSI DIRITTI DI INFORMAZIONE. TANTO CHE AD ES. ANCORA OGGI, ALLA WIRPOOL , EX IGNIS (di cui facemmo come PCI la conferenza di produzione-ci si ricorda delle conferenze di produzione d’impresa e di settore?) dove la CATENA E’ STATA SOSTITUITA CON IL LAVORO AD ISOLA (chi se ne ricorda?), CONSENTE UNA GRANDE INFORMAZIONE E CONOSCENZA DA PARTE DEI LAVORATORI SU TUTTO e su tutto IL CICLO DI PRODUZIONE: cosa che ha lasciato stupito un amico (è nell’indirizzario-mail) opinion-leader ( o come cavolo si chiamano in inglese) del gruppo di valutazione di qualità che si fanno nella pubblica amministrazione come nelle imprese di produzione. Torniamo al punto della sconfitta PERCHE’ NON SI RICONOSCE PIU L’ESISTENZA DI UNA RELAZIONE “DETERMINATA” COME QUELLA CHE NASCE ALL’INTERNO DELL’IMPRESA CAPITALISTICA, completamente diversa da una relazione piu generale del cittadino e “persona” con la società e, quindi, con la concezione a cui si ispira il rapporto tra società e stato tramite il diritto costituzionale e il diritto civile. Riassumo quanto detto in altre occasioni e che motiva il retroterra non della sconfitta ma della vera sconfitta subita alla Fiat e della sua natura e cause, che è l’aver rinunicato a rivendicare poteri e non diritti e al potere e quindi al potere-diritto del sindacato e dei lavoratori di decidere sulle scelte e il piano dell’azienda. Dovendo dirsi che : confondere e mescolare i diritti civili e i diritti dei lavoratori in un contesto di generici principi sulla “dignità della persona” benché notoriamente tra loro profondamente diversi, in nome di una cittadinanza “sociale” che nasconde la specificità dell’organizzazione capitalistica rispetto ad ogni altra forma di relazione sociale, mira a due obbiettivi convergenti: sollecitare le spinte “irrazionali” a credere che tutte le posizioni sociali siano identificabili in nome di un “diritto naturale” acriticamente inteso e che se fondato sulla dignità anche nell’impresa, dovrebbe legittimare ben più che la garanzia dai licenziamenti, il potere di come concorrere a governare l’impresa parificando i diritti dell’imprenditore, dei dirigenti e dei lavoratori sotto l’asserito presupposto che tali figure siano tutte “persone”; e nel contempo; indurre a subire la perpetuazione dello status di soggetto “deminutus” che comunque il lavoratore ha sempre avuto a causa della inconfondibile natura dell’organizzazione d’impresa, per rinunciare a organizzare quel conflitto autonomo senza del quale sarebbe destinata a imporsi incontrastatamente la sovranità dell’impresa. Conseguenza anche dell’abbandono di una valutazione storica e di una teoria del potere dal punto di vista marxiano-comunista; della mancanza di una analisi applicata del punto di vista plebeo e cioè veramente marxista, sia rispetto al partito e allo stato e alla loro storia degli ultimi decenni, di cui il testo che gia è stato visto e messo anche su iskra in occasione dell’ass. di Livorno, motiva come diacronica e non solo sincronica la sconfitta ed i processi in corso, testo che già basta per dire che la sconfitta e conseguenza dell’abbandono della strategia costituzionale delle riforme sociali e di struttura e della strategia della programmazione economica democratica e del controllo sociale e politico dell’impresa (donde neanche si rivendica di applicare l’art. 41, per cui la destra puà facilmente cancellarlo: anzi la sinistra h asuggerito di farlo senza neanche cambiare la Costituzione!!!!!!!!)”Gaudisseria”, “baldraccheria” o “ciarpame di tellettual-in che – avvallando il detto il vero marxista è quello che non ha frequentato e non frequenta l’Università dove si distrugge l’unità delle scienze e del pensiero – tra leghe-leghismo e federalismo, hanno dimenticato la questione fondamentale delle forme di potere, del partito e dello stato, dell’analisi delle forme di produzione, dell’organizzazione del lavoro e del rapporti tra poteri e diritti, e sopratutto dimenticandosi della democratizzazione delle DUE GRANDI CENTRALI DELLE FORME DEL POTERE DALL’ALTO che sono : l’IMPRESE PRIVATA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. Sicché da mosche cocchiere dei movimenti di lotta degli anni 68-75 sono rapidamente diventati i teologi della Teologia della “scarsità di capitale”, dell’insufficienza dell’accumulazione capitalistica, facendo di questo un veicolo dell’Azione politica dei governi di sinistra e di destra ed anche una specificazione sul terreno della distribuzione del reddito, sul terreno delle politiche retributive, per cui tutte le poltiche e la stessa filosofia politica dovevano essere e sono state indirizzate a fornire risorse al capitale e a sostenere i Tassi di Formazione del Profitto (nonostante che i tassi lordi di formazione del profitto fossero prima ancora elevati e poi esponenzialmente crescenti), con ogni mezzo: anche con la estensione del risparmio forzoso sia collettivo (fondi pensione, o di quiescenza aziendale, Tfr, fondi sanitari, ecc.) che individuale (polizze e assicurazioni di vario tipo) rinunciando altresì al controllo del capitale che veniva così usato nelle speculazioni finanziarie anziche negli investimenti produttivi. Nel contempo tacendo (quindi colludendo e legittimando il sistema come usano fare – sappiamo specie con Gramsci, Bordieu e Althusser – i tellettual-in soprattutto quando il sistema è in crisi e per partecipare ai dividendi sia economici che di potere) quelli che dai tempi della crisi anni-60-70 sono i due punti di crisi continua dell’economia capitalistica, due punti tradizionali proprio della Critica Comunista e marxista del capitalismo che la realtà stava ribadendo e confermando:1) che il capitale subiosce una distruzione continua, con una velocità che sembra aumentare nel tempo2) che la società capitalistica vive e realizza il suo consenso, sempre di più, con e distribuendo RenditeIn tal modo intellettuali e tellettual-in che hanno sbagliato e/o falsificato volutamente tutte le analisi dell’ultimo ventennio, si sono resi corresponsabili di quelli che non possono essere altrimenti definiti che crimini contro l’umanità, umanità letteralmente ridotta a morire di povertà e di fame, se non anche di bombe volte a salvaguardare il profittevole sistema e profitto di pochi sempre più pochi e sempre piu ricchi, mistificando il crimine dietro parole come “globalizzazione” e “competitività” o persino neologismi irrealistici come “guerre umanitarie” e “missioni militari di pace”. Tutto si tiene e si sostiene e la teoria della prassi comunista è tale solo se sa marxisticamente collegare tutto. Vedendo e osservando la società dal basso e i fatti di oggi – della Fiat, del Governo etc. – nelle loro evoluzione e storia e memoria, altrimenti non si riparte mai e non si potrà capire e riprendere da la dove è stato interrotto il filo di una politica e di una strategia che nessuno può dirci che non funzione: PERCHè NOI IN TANTI L’ABBIAMO VISTA E ABBIAMO VISTO CHE FUNZIONAVA ECCOME, al punto da aver costretto poteri capitalistici e borghesia nazionale e internazionale a mettere in campo operazioni di ogni genere, palesi e occulte, politiche e criminali, per fermarla. Quel che Spartaco intende è che la vera sconfitta subita alla Fiat era già scritta nell’abbandono della strategia della costituzione per le riforme sociali e per la programmazione (e non già per lo “stato sociale”) ricordata nell’allegato (che forse Alice non ha visto) che quanto prima amplieremo con riferimento al sistema politico e al CARATTERE OGGETTIVAMENTE EVERSIVO DEL SISTEMA DELLE IMPRESE, CHE SONO ISTITUZIONALMENTE CONTRARIE ALLA DEMOCRAZIA. Grazie. Da Spartaco (che rivendica orgoglioso di essere un plebeo) “PARTITI” I PARTITI, RIPRENDERE DALLA DEMOCRAZIA SOCIALE E DAL PCIRIPRENDERE DAL PCI, LA DOVE E’ STATO INTERROTTO IL FILO DELL’INTERNAZIONALISMO E DELLA PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO SOCIALE DELL’ECONOMIA E DELL’IMPRESA, RILANCIANDO IL SISTEMA SOCIALE E POLITICO COSTITUZIONALE NATO DALLA RESISTENZA, SUPERNADO LA “SINOISTRA” E IL SUO ROVESCIAMENTO STORICO E CULTURALE TOTALE ED IL SUO REVISIONISMO STORIOGRAFICO, TEORICO, ISTITUZIONALE E COSTITUZIONALE .Per capire come si è prodotta l’attuale deriva della democrazia italiana e degenerazione della politica, e vicende attuali come quelle del governo e della politica, della Fiat, del sindacato e dello stato dell’economia, occorre osservare i fatti nel tempo, nella loro evoluzione….

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