Quell’Africa tutta regolo e compasso

 

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La Stampa

19 aprile 2008

 

Quell’Africa tutta regolo e compasso

Domenico Quirico

 

Nel centro di Brazzaville, proprio di fronte al municipio, il monumento fa restare di sasso, in una città in cui ancora buona parte degli edifici portano a distanza di anni i marchi di una feroce mischia civile. E’ un trionfo planimetrico di acciaio e di vetro per cui sono state necessarie 500 tonnellate di marmo bianco fatto arrivare da Carrara.

 

Custodisce, da poco tempo, le ceneri dell’esploratore e colonialista Pierre Savorgnan de Brazza, di sua moglie Thérèse e due suoi quattro figli. Nobile romano, Brazza aggiunse immensi capitoli all’impero coloniale della République. Il costo del mausoleo, otto milioni di euro, ha sollevato aspre polemiche nel Paese; ma il superpresidente Denis Sassou-Nguesso è andato fino in fondo con ostinazione piccosa.

 

Delirio satrapesco? Revisionismo post-terzomondista? No, semplicemente fedeltà massonica. Perché l’audace esploratore che risalì il fiume Congo e il presidente che è anche e soprattutto Gran maestro, sono legati nei secoli dalla fedeltà alla Loggia. Torniamo indietro a scrutare il mausoleo: ma certo, è un esplicito simbolo massonico!

 

L’Africa, pingue, della massoneria: esiste, eccome, reticolato che interseca l’intero continente nell’ondeggiamento continuo delle sue maglie, antica profonda potente affigliante i vertici, spesso iniquissimi, del Potere in paesi dove il capo quando si sposta si porta dietro lo stato al completo e all’infuori di lui non esiste nulla. Esplicita, officiante in piena luce ma anche sorniona opaca, torbida di cui è difficile cogliere i confini e seguire le evidenti orme affaristiche e politiche senza cadere in romanzeschi dietrismi.

 

Ricalcata, questo è chiaro, sui confini della Françafrique: Congo Brazzaville, Ciad, Repubblica centrafricana, Gabon, Benin, Senegal, Camerun, Niger, Mali, Burkina Faso. E se il filo di questo daffario di affarismo geopolitica legami personali storia fosse intrecciato e rinsaldato proprio di buona lana massonica? «Frères des lumières» sono i presidenti, ma anche i «messieurs Afrique» della Quinta Repubblica: il gollista Jacques Godfrain e il mitterrandiano Jacques Foccart e lo chirachiano Fernand Wibauz.

 

Sarkozy aveva annunciato che l’avrebbe smantellata. Ebbene il ministro incaricato di questa storica liquidazione Jean Marie Bockel è stato appena retrocesso ad accudire gli ex combattenti. Vittima del diktat del masson-presidente gabonese Omar Bongo. E soprattutto di non essere uno zelota di regolo e compasso.

 

La massoneria è sbarcata con i primi francesi: 1781, ovvero Anno della Vera Luce 5781, St-Louis du Sénégal, un forte in pietra e poche capanne dove si soffrivano sudori da Getsemani e già la «Loggia delle tre virtù» era aperta e riferiva a Versailles che anche lì, nel cuore di terre selvatiche, si viveva e si operava da buoni fratelli. Sono infurentite guerre massonicamente fratricide in Africa. A Brazzaville il generale Nguesso, sempre lui, illuminato della «Grande Loge nationale française» contro l’allora presidente in carica, Pascal Lissouba, adepto del Grande Oriente: centomila morti e ferite che sono ancora aperte.

 

In nome della fratellanza al Grande Architetto dell’universo si è cercato come in Benin di scongiurare massacri civili. La massoneria è stata perseguitata, accusata di trescare in congiure come in Zaire e in Liberia; ma prospera anche in paesi largamente musulmani come il Senegal e fa argine contro l’integrismo islamico. Per possedere il cuore e la mente di un presidente si lotta senza esclusione di colpi, come in Camerun dove un altro eterno padrone, Paul Biya, si dice sia stato a lungo incerto tra i massoni e i Rosa-croce.

 

Prospera perché le società segrete sono familiari in un continente collettivista per necessità, dove l’individualisno è sinonimo di disgrazie e di maledizione; perché già in epoca coloniale essere ammesso a una loggia era l’unico modo, almeno lì, di strappare una temporanea eguaglianza con i bianchi, perché forse dà risposte a questioni metafisiche ma soprattutto spalanca le porte degli ambienti politici ed economici, specie a Parigi.

 

Le logge si sono nazionalizzate, africanizzate, sono diventate strumenti di lotta politica e di potere. Sullo sfondo resta la rivalità il Grande Oriente di Francia, un po’ sommariamente definito di sinistra e radicalmente laico; e la Grande loggia nazionale di Francia, considerata di destra e fedele al culto di un grande architetto dell’universo. Quest’ultima, la sola riconosciuta dalla Grande loggia unita d’Inghilterra e dalle logge americane, è sospettata di aprire la strada alla perfida «influenza anglosassone».

 

Quell’Africa tutta regolo e compassoultima modifica: 2011-03-03T00:35:00+01:00da iskra2010
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