La QUESTIONE SOCIALE. Negletta ed aggravatasi in Italia e nel Mondo

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di Angelo Ruggeri

 

(Aspettando Catone)  Per la “sinistra” di vario genere che da decenni non conosce e non parla più di fabbrica, sistema produttivo, organizzazione del  lavoro, potere-diritto di informazione e che si conforma, al suo interno e nello Stato, alle forme delle due grandi istituzioni del potere dall’alto che sono l’impresa e la pubblica amministrazione, da “innovare” come da Costituzione, non già nel senso della privatizzazione ma della democratizzazione, della “democrazia organizzativa” e del potere al basso anche e in primis nei partiti.  

L’orizzonte mondiale della questione sociale. Questione negletta da tellettual-in, semi-marxisti, politici, sindacati  della “sinistra” di varie speci (dediti ai diritti individuali) e rilanciata dalle Encicliche papali. Il grande raddoppio, il lavoro spezzato, il ritorno al fordismo, il potere e i diritti di informazione in fabbrica obliati e abbandonati da sindacati e “sinistra”, e la crescita della povertà assoluta e della povertà relativa nel  Mondo.           

 

La produttività non aumenta  tanto agendo sul capitale mobile (il lavoro) ma come tutti sanno, se aumenta il capitale fisso e in proporzione agli investimenti che in Italia e in Fiat non si fanno dai tempi in cui, per effetto delle lotte operaie che col potere sociale rivendicato ed acquisito  strapparono alle imprese i famosi ma oggi del tutto dimenticati diritti di informazione – su scelte, strategie, investimenti produttivi, organizzazione del lavoro – obbligarono la Fiat ad incremenare il capitale fisso e gli investimenti.

La Fiat con la fabbrica modello wcm (World Class Manufacturing), è tornata a far parte della galassia fordista

 

Il leghismo non è un’escrescenza, ma l’effetto del disarmo ideologico nei partiti di massa ispiratori del primato della democrazia sul mercato nel rapporto tra territorio e fabbrica. E’ il collante di un blocco sociale che trascina egemonicamente anche spezzoni di una classe operaia che la cultura post-marxista della “sinistra” di ogni specie e dei suoi tellettual-in che, oggi troviamo anche nella

Federazione della sinistra, hanno addirittura considerato estinta.

 

Gli operai votano le leghe e le destre perchè i loro antagonisti sociali in fabbrica più che i capitalisti spuri come e di Berlusconi, sono quelli che sono in lotta con questi e vengono rappresentati e anche candidati dalle “sinistre” e nelle sue liste e programmi: dal “capitano coraggioso”  che grazie a Prodi-D’Alema senza mettere un soldo ha fatto i soldi per acquisire la Piaggio ed oggi il figlio è un capo PD, ai vari De Benedetti, Tanzi o lo stesso Marchionni (per non dire dei banchieri alla Barzini, Passera e quelli messi in lista, ecc.) 

 

Gli ultimi vent’anni, anziché dar luogo alla “fine della storia”, hanno – tra l’altro – dilatato la “questione sociale”, aggravatasi negli Stati e in Europa, fino ad assumere “l’orizzonte mondiale della questione sociale”, come l’ha definita la “Caritas in veritate” (che approfondiremo poi). Viceversa, dopo vent’anni di analisi tutte sbagliate, di cui nulla si è avverato di tutto quello che è stato detto, anche sul “muro di Berlino” e il cambio della storia, riflettendo su alcuni articoli “prealpini”, sembra doversi convenire che da parte dei “cattolici democratici” non si ha ancora piena coscienza di tale questione e di com’è realmente il mondo. Donde che ha ragione Gian Marco Martignoni di obbiettare alla superficialità con cui si addita l’ineluttabilità di quella che noi abbiamo definito un “appiattirsi” su “il mondo è cambiato” e su una abbacinante “società di ceti medi” (soltantoo). Da parte di chi declina la “globalizzazione” in un postmodernismo che sembra una versione della fine della storia, e ritiene che non ci sia più posto per la questione sociale, per il conflitto capitale lavoro, per la classe operaia e il gramsciano “blocco sociale” (ecc.).

 

In tal guisa si dimentica “uno dei più fondamentali elementi dello sviluppo economico di questa era di c.d. globalizzazione”, “la cosa che “realmente affligge l’Europa e l’America” (F. Richard e C. Harvard, economisti di The Globalist, Sole 24 Ore, 15/8/05). E cioè che la “globalizzazione” (in realtà “glocalizzazione”), non solo non ha superato la questione sociale e quanto sopra ricordato, ma l’ha aggravata negli Stati, in Europa e nel mondo intero. Triplicando i vari proletariati nel mentre stesso che i tellettual-in, come li definiva Brecht anche quelli marxisti chiamandoli “semi-marxisti”, davano per scomparsa la classe lavoratrice che, viceversa, era di 960 milioni negli anni ’80 e poi negli anni 90, da 1 milardo e 450 milioni è passata a 2 miliardi 930 milioni, ovvero e più che raddoppiata in un solo decennio.

 

Quindi, di fatto e comprendendo i familiari, proletarizzando l’intero universo umano in soli 10 anni. Raddoppiando sia la forza lavoro disponbile per le economie e le imprese capitalistiche, sia la povertà assoluta che la povertà relativa. In un Mondo di  povertà crescente che l’Encicliche papali (diversamente dai tellettual-in e politici della c.d. “sinistre” di vario tipo ormai dediti solo alle questioni individuali), hanno rilevato, denunciato e definito e come “l’orizzonte mondiale della questione sociale”.

 

“IL GRANDE RADDOPPIO” è appunto il titolo del libro che lo dimostra, scritto da Freeman, esperto del lavoro frll’università di Harvard, lo stesso che nel 60 scrisse “LAVORO in frantumi”, cioè  ripetitivo, spezzettato in mansioni insignificanti, caratteristico della organizzazione Ford-tayloristica, e che se fosse vivo potrebbe scriverne un nuovo libro con lo stesso titolo dopo che la Fiat di Marchionni, con l’organizzazione del lavoro della fabbrica modello wcm (World Class Manufacturing), è tornata a far parte della galassia fordista, anzi al fordismo più truce del Taylor 1917: “l’operaio bestia è l’operaio idale”. Anzi, ancora peggio. Perchè con il Valletta-Marchionni alla Fiat non servirà un reparto confine “stella rossa” come negli anni 50. Perchè con la ridefinizione dei carichi ergonomici di lavoro derivanti dai nuovi assetti delle postazioni di lavoro e su un sistema di studio dei tempi che grazie all’informatica permette di plasmare completamente il ciclo produttivo e i gesti degli operai fino al millesimo di secondo, al fine di ottenre teoricamente la produttività massima agendo esclusivamente sul capitale mobile (l’operaio) senza interventi (cioè investimenti) sul capitale fisso (macchinari e innovazione di processo, oltre che di prodotto), tutte le fabbriche della galassia Fiat saranno un “reparto confine”, dove il modo migliore di lavorare sarà quello che Taylor chiamava One Best Way, che andava inculcato in ciascun operaio.

In nome di una fanfaluca detta concorrenza che si pensa di reggere (come la qualità totale della Fiat degli anni 90 che ha portato alla crisi la Fiat) aumentando la competitività e la produttività che come tutti sanno, invece, aumenta se aumenta il capitale fisso, cioè in proporzione agli investimenti che in Italia e in Fiat non si fanno dai tempi in cui per effetto delle lotte operai (e dei famosi ma oggi del tutto dimenticati diritti di informazione strappati con le lotte e  di cui non si parla più, su scelte, strategie, investimenti sia produttivi e di organizzazione del lavoro sia di prodotto della Fiat)  che obbligavano la Fiat ad agire sugli investimenti.

 

Mentre ora  si mistifica di aumentare la produttività incidendo – come si fece già con la dimenticata “qualità totale” della Fiat degli anni 90 –  sul fattore che meno incide: cioè sul rapporto tra salario (bassissimo) e produttività (bassissima a causa dei bassisimmi investimenti), sul costo del lavoro  di cui il salario e solo una  parte –  che incide solo del 7% sul costo totale di produzione di un’auto.

In fabbrica si torna a “capi” e “capeti”, al potere di comando pur essendo dimostrato e provato praticamente che il rapporto tra comando e responsabilità è inversamente proporzionale: l’aumento del comando diminuisce la responsabilità e viceversa; dall’altro lato: E nel Mondo la crisi colpisce proletariati e ceti medi proletarizzati, milioni di operai in Italia e miliardi nel mondo.

Sicchè nell’un caso e nell’altro e specialmente la crisi mette a nudo le mistificazioni teorico politiche di tutte le lobby di c.d. centrosinistra. E anche le mistificazioni dei “cattolici democratici” che, per altro, dopo le primarie populiste e “codiste” del PD, non possono più criticare il populismo altrui prima del proprio. Per la stessa ragione per cui un partito non può criticare un sistema elettorale se lo imita al suo interno”, come ha scritto l’amico Camillo Fiori (3/11/09).                                                                                                                        La “globalizzazione” è stata anticipata e analizzata, da Marx ed Engels nel Manifesto di Marx ed Engels (nel 1848!!!). Da Lenin, analizzando l’imperialismo, oggi celato nelle forme di dominio intrinsecamente espressive di un imperialismo sia politico che economico, di una “globalizzazione” svelata dagli scenari mondiali di “violenza”, coperta dall’ideologia messianica del liberismo e della guerra. Già Gramsci coglieva il carattere organicamente internazionalista o cosmopolita della vita economica; il natura classista della rivendicazione della stabilità della moneta (come oggi dei mercati finanziari). E la “rapidità di circolazione” dei flussi finanziari come forma normale di rapporto tra il commercio internazionale e “le monete nazionali” (Q 15§ 5), viceversa presa a pretesto con “l’avvento dell’informatica e delle tecnologie leggere” (Fiori, 17-11-09), per dare l’idea falsa di una “cesura” totale tra il capitalismo del secolo XX e quello del XXI, anziché un passaggio di fase.

 

Sennonché, ecco la crisi che impedisce di configurare una soluzione di continuità tra modernità e “post-modernità”; che nel 2000 riconferma esemplarmente i dati organici di crisi già emersi 1929 e il “circolo virtuoso della distruzione, reso ulteriormente devastante proprio dalla stessa globalizzazione” (2-12-09). A dispetto degli apologeti della “globalizzazione” e di coloro che si sono battuti per la “liberalizzazione” e le “privatizzazioni”, la crisi mette in luce la palese continuità tra il liberismo e il c.d. “interventismo ” statale a sostegno di Banche e industrie, che controprova la continuità delle contraddizioni storiche del capitalismo. Nell’ambito dei rapporti tra capitalismo internazionale e nazionale e del suo sviluppo che è stato una “continua crisi” [Gramsci Q.15, §5]: un’altalena non di “cesure” ma di passaggi epocali che confermano i nessi che dal XX al XXI secolo corrono tra moneta creditizia e produzione di merci, capitale finanziario e capitale industriale.

Etica, questione sociale ed encicliche papali.

 

Nei vent’anni che non ci hanno cambiati in una “società di ceti medi”, come già negli anni ’30, è stata rilanciata la continuità e la contiguità tra liberismo e interventismo statale, in un mondo dove proprio “il problema del bene comune rilancia la questione sociale”, “che sta al primo posto assieme alla democrazia e alla gratuità” e “che non è una virtù etica ma dell’agire umano”. Così nella illustrazione della Caritas in veritate (a cui abbiamo assistito), il Cardinale Bertone ha zittito anche i “cattolici democratici” li presenti, adusi a far l’opposto. “Le pezze della solidarietà, della carità e dell’etica, vanno superate”, ha detto, “per superare la causa delle cause della crisi che sono il principio di libertà inteso come libertà di mercato e libertà individualista e l’epos dell’efficienza e del guadagno”. Non un etica ma una pragmatica, una prassi. L’etica non può dedursi come “preesistenti allo stato” (Fiori, 17-11-09) e alla storia, utile per appelli retorici all’uomo che deve essere in nome dell’uomo che non c’è. Una pia esortazione scissa dalla politica e dagli oneri di trasformazione della società, o, dice l’enciclica, di rimuovere alla radice ciò che causa la sofferenza. Ricorrendo al diritto inteso come valori dello stato-comunità e liberazione dell’uomo. L’etica non è un DNA dell’uomo. Per Ratzingher, come è per Marx e Bloch, è un risultato da conseguire nella storia, per “diventare uomini” come regola etica del processo storico. Il dilagante “dominio reale” economico politico e sociale di classe, dei pochissimi in cui si concentra la ricchezza, rende arbitrario il contrapporre alla questione sociale, il problema dell’identità culturale, in quanto concezione del mondo non estranea il conflitto d’interesse e di classe. Ed è arbitrario che appiattendo la filosofia e la storia sulle scienze naturali antropologiche si contrapponga, da parte di Fiori (17-11-09), l’antropologico, l’etica e “il bene comune” alla “questione sociale”.

 

La questione sociale, resta il vettore portatore di tutte le questioni (identitarie, ambientali, “femminismo”, immigrazione, integrazione “razzista”, libertà, giustizia, ecc.). Tanto che il gramsciano blocco storico e sociale, da aggregare attorno alla classe operaia, viene proposto e assunto per gli stati nazionali e per il mondo globale. Come chiave interpretativa dei processi, anche sovranazionali e di integrazione dei poteri, dei mercati, delle imprese multinazionali. Tra cui la UE, ad es., definita “blocco storico trasnazionale”; “forma di dominazione subordinata al potere della proprietà e del capitale…dove contano solo i diritti individuali e non quelli collettivi”; e “sottoposta all’egida liberista del blocco storico atlantico dominato dagli USA”( A.W. Cafruny). Per citare solo uno dei saggi del volume di uno dei vari gruppi protagonisti della significativa “scoperta gramsciana” in atto negli Stati Uniti.

 

Verso Marx, poi, non si contano più i riconoscimenti. Dal Times al “New Yorker” della Wall Street che l’ha proclamato il “prossimo grande pensatore” del secolo; all’arcivescovo Reinahard Marx di Monaco nominato da Ratzingher che scrive: “Caro omonimo…avevi ragione tu” (“Il Capitale una critica cristiana al mercato”, Rizzoli). 

 

Papa Ratzingher nella Spe Salvi si dialetizza con Marx che ha a cuore “le sorti storiche dell’uomo per cui lavorare con chiunque” (Caritas in veritate). All’Antoniana di Padova Pirola ha organizzato un dibattito dove si discute e ci si interroga sulla crisi e il ritorno di Marx.

 

“La civiltà cattolica” fa revisione critica seppur tardiva del giudizio passato su Marx, riconoscendo la plusvalorvalidità sui punti più essenziali, del plusvalore “che nulla ha perduto della sua validità” e del “principio che i problemi economici devono essere collegati con quelli antropologici e sociali”.

 

Viceversa, coinvolti nel “cesarismo regressivo” del “centrosinistra”, i politici “cattolici democratici” hanno veicolato anch’essi – non meno della pseudo sinistra – tutti i fantasmi ideologici del liberismo: “fine dello stato”, “fine del lavoro”, ecc. Ed ora dietro la “fine della storia” della “questione sociale” e dello “scontro tra capitale e lavoro”, dietro la “società di ceti medi”, la “scomparsa della società fordista” e “l’eclisse del marxismo”, occultano che l’eclisse, in verità, riguarda proprio quelli che non fanno più uso politico della teoria marxista. Occultando, anche, l’esclisse di tutti quelli che hanno abbandonato il cristianesimo sociale e il dossetismo dell’antifascismo anticapitalista della Costituzione (Pirola), “nata dall’incontro tra culture diverse, tutte informate al primato dell’uomo nelle relazioni sociali ed economiche” (Gianni Mentasti,4-12-09).

 

Accodandosi a “Bersani e alle esigenze del PD” (3/11/09) temiamo che anche i “cattolici democratici” così come il PD non abbiano nulla da dire di più avanzato rispetto alle ultime Encicliche papali verso le quali tali “cattolici” mostrano un singolare “relativismo” filosofico e culturale.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  

 

La QUESTIONE SOCIALE. Negletta ed aggravatasi in Italia e nel Mondoultima modifica: 2011-03-05T01:00:00+01:00da iskra2010
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