TRE DOMANDE per capire portata e pericolosità del leghismo federalismo

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di Angelo Ruggeri

 

Il mondo e i fenomeni che vi si manifestano ed in primis quelli che si presentano come “nuovi”, non vengono spiegati già con lo spiegarli?

NO

La maggior parte delle spiegazioni costituiscono delle giustificazioni

Dominio popolare significa dominio degli argomenti. Il pensiero è qualcosa che viene dopo le dificoltà e precede l’azione.

Bertolt Brecht, Me-ti Libro delle svolte

La non comprensione della portata e pericolosità del fenomeno leghista può essere esemplificata ricordando che nell’anno (1997), quando uscì la nostra monografia – “Leghe e leghismo. L’IDEOLOGIA, LA POLITICA, L’ECONOMIA DEI “FORTI” E L’ANTITESI FEDERALISTA AL POTERE DAL BASSO”, Quaderno 2 del Centro IL LAVORATORE – Ilvo Diamanti scrisse su La Repubblica: tanto ormaila Lega è destinata ad una inevitabile parabola di declino; e che un nostro amico, meritorio studioso e pubblicista marxista che stimiamo ci disse: Interessante, ma adesso a cosa serve ora che la Lega è ormai completamente finita e superata da Forza Italia ?”

Per corrispondere alla richiesta che ci è stata fatta al fine di stimolare nel corso di incontri di base autonomamente programmati da alcuni circoli di RC, oltre ad articoli, analisi, monografia e materiali che già abbiamo trasmesso, alleghiamo qui sotto tre domande da cui partire per interrogarsi e rispondere cercando di mettere a fuoco la vera natura delle Leghe e capire  la pericolosità del leghismo/federalismo. Ancor più oggi oggi che con la prosecuzione della crisi e previsioni di una piu Grande crisi e la possibilità di una differenziazione monetaria, a due velocità, tra un Euro forte ed un Euro debole, un’economia duale come quella italiana potrebbe favorire e rendere attuale una “secessione” tra una parte – per entrare nell’Euro forte – e l’altra dell’Italia.

Non è una novità che persino dopo le ultime elezioni politiche e le ultime “amministrative” (sic-  non esistono elezioni amministrative ma sono tutte e sempre, solo ed unicamente elezioni politiche perchè in democrazia e per Costituzione non esiste separazione tra locale e nazionale, tra politica e amministrazione derivata dalla separazione tra tecnica e politica che storicamente appartiene alla  cultura reazionaria dellla tradizione borghese), quando e proprio mentre la Lega ha accentuato il suo peso politico nazionale e non solo “padano”, gli analisti di varia cultura si sono limitano e continuano ancora a cogliere nel fenomeno leghista solo gli aspetti esteriori di comportamento sia dei vertici sia del popolo che lo sorregge elettoralmente.

Analisti spesso accreditati e copiati o “subiti” da una sinistra” egemonizzata dalla cultura d’impresa della destra e incapace di rispondere,  che si rivelano – come subito dopo le “amministrative”, anche Angelo Panebianco sul Corsera del 30-3-010 – tuttora incapaci di cogliere da quale crisi crescente della democrazia, tra gli anni 80 e 90 e dopo la morte di Berlinguer, ha potuto trarre spunto l’iniziativa di Bossi in tutto il Nord e Nord-Est, per ragioni strettamente connesse al rapporto tra sistema produttivo, democrazia e territorio.

In tal modo si rifugge dal considerare la reale natura, pericolosità e portata del fenomeno leghista, nel momento in cui in massima parte ci si dimostra colpiti solo dalla sua dimensione e dalle sue tattiche, che disturbano i calcoli elettoralistici dei suoi avversari, mentre almeno a partire da ora, si dovrebbe comprendere quale è la sostanziale natura sociale e politica e la portata del fenomeno di cui si è evitato di analizzare le motivazioni e quindi le connessioni con una base sociale che per ciò tende sempre più ad espandersi anche oltre la “linea gotica”.

Lo stupore di molti, ancora solo qualche mesa fà, a proposito delle Banche del Nord, non ha fatto che confermare la necessità di ripetere quel che ha scritto S. d’Albergo: “si continua a non comprendere la gravità e la sostanziale portata del leghismo, del cui fenomeno gli analisti di varia cultura non sanno cogliere la vera natura, economico-sociale e politico-istituzionale che non è reperibile in nessuna delle numerose analisi che pullularono negli anni 90 e fino ad oggi, natura che invece è stata colta soltanto nell’indagine di tipo organico che, con metodo di analisi marxiana, ha saputo anticipare le cause, la qualità, le radici, la vera natura e la fortuna duratura del leghismo nel libro “Leghe e leghismo. L’ideologia, la politica, l’economia dei forti e l’antitesi federalista al potere dal basso” (edito dal Centro Il Lavoratore e Cgil Lombardia e ripubblicato dalla Durito Edizioni nel 2008), monografia che il significato dell’esito delle ultime elezioni conferma e rende ancora più attuale”.

Nel pieno di un conflitto intercapitalistico tra RENDITA  e PROFITTO a svantaggio dell’economia reale e a vantaggio della Prima, perchè 1) assieme alla Distruzione continua di capitale, 2) la società capitalistica realizza il suo consenso sempre più distribuendo Rendite (che come abbiamo ricordato sono 2  punti di crisi e della tradizionali della critica comunista e marxiana all’economia capitalistica), la prossima grande crisi che non pochi prevedono come ed ancor più grave seconda fase di quella del 2008 (ovvero una terza fase di quella che dura dagli anni 60-70 da cui non si mai usciti ed alla quale si è risposto oppiandola, drogandola con le risposte liberiste-privatiste degli anni 80 e specialmente dopo l’89, che l’hanno aggravata e portata ad espledere nel 2008) renderebbe ancor piu grave e pericolosa la Lega e la sua prospettiva “separatista”, sospinta da forze palesi ed occulte dei centri del potere d’impresa e del capitale nazionale e internazionale. Centri e cultura d’impresa di cui la Lega è l’ala marciante, punta di lancia e forza di combattimento, l’unica che ha alle spalle ideologia e progetto globale quali e quanto sono e vengono resi possibile dai poteri d’impresa del grande capitale in cui la lega – tramite le prossime nomine di governo -già rivendica posti in quello industriale non meno di quanto abbia fatto e faccia con quello bancario e finanziario.

Il prolungarsi ed aggravarsi della crisi incentiverebbe le spinte già in atto verso una differenziazione monetaria tra un Euro forte e un Euro debole che in una economia duale come quella italiana potrebbe rendere forte e attuale una scissione dell’Italia tra una parte che vuole entrare nell’Euro forte e la parte che andrebbe in quella dell’Euro debole.

Anche per ciò, al contrario dell’enfasi retorica sul Risorgimento, per difendere davvero l’unità d’Italia occorre non solo difendere ma rilanciare i principi e i valori fondanti della Resistenza e della Costituzione di democrazia sociale della Repubblica fondata sul lavoro e sulle autonomie (l’opposto del federalismo).

Si dovrebbe cioè poter dire: LA COSTITUZIONE NON SI TOCCA. Invece, non può dirlo nessuno dell’attuale “sinistra”, ne Pdci o RC,  Vendola o i giuristi c.d. democratici, né il FERRARA sostenitore del sistema tedesco che capeggia le questioni isituzionali per la “Federazione di Sinistra“, né le femministe o gli ambientalisti o i giornalisti di Liberazione o del Manifesto, ecc. ecc.. Dopo la Bicamerale d’Alema, dopo lo stravolgimento del Titolo V della Costituzione, dopo il revisionismo storiogragico, teorico, elettorale e politico-sociale, istituzionale e costituzionale alla tedesca, alla francese, all’americana, inglese o israeliana, di premierato, senato federale, federalismo. Oggi, anche di fronte al progetto di sovvertimento della Costituzione e dell’ordinamento  che ha previsto per la giustizia, a parte alcuni e noi stessi,  NESSUNO DELLA”SINISTRA” DI OGNI SPECIE, PUO DIRE A QUESTO O ALTRO GOVERNO, A BERLUSCONI O A CHIUNQUE: LA COSTITUZIONE NON SI TOCCA. Perchè tutta e ogni c.d. “sinistra” E’ STATA LA PRIMA HA “TOCCARLA” e ha continuato a brigare e a manovrare per manomettere il testo della Costituzione PERSINO DOPO CHE NEL REFERENDUM DEL 2006, SUPERANDO PERSINO IL QUORUM  NON RICHIESTO DEL 50%, IL POPOLO HA DETTO NO RESPINGENDO IN BLOCCO TUTTE LE SMANIE NEO AUTORITARIE DEL CENTRO DESTRA E DEL CENTROSINISTRA che, invece, ha continuato a spianare la strada a chiunque volesse “toccare” la Costituzione, quindi anche alla LEGA come a BERLUSCONI sulla GIUSTIZIA.

Sicché l’autocelebrata “sinistra” può essere zittita ricordandogli il testo persino peggiore di quello di Berlusconi elaborato alla Bicamerale da BOATO, uno dei “capetti” del gruppo antiparlamentare e anticomunista di Lotta Continua.

In tale deriva è risaltata la carenza di analisi che ha permesso e favorisce persino la disinvoltura con cui molti sono passati e passano, magari da ex PCI,  alla Lega o ad un “leghismo di sinistra”(sic), magari nel nome del mistificante e c.d. “federalismo di sinistra”(sic), veicolata da ciabattini del diritto come Bassanini che tratta la Costituzione come Hitler trattò la Polonia ed inventore del “porcellum” elettorale toscano che Calderoli ha elevato a “porcellum” nazionale; o da ciabattini della politica come d’Alema, Bertinotti, Di Liberto,  Vendola, o da  ciabattini della CGIL quali Epifani , Camusso e il Patta che con Bassanini, appunto, che essendo che il federalismo è anticostituzionale cosa fecero i due ciabattini?

Lo chiamarono “Federalismo a Costituzione invariata“(sic), quello che abbattè il Titolo V della C..

Nello stato confusionale di massa diffuso da tale e presunta sinistra” e di carenza di analisi, nell’allegare “

La lega nella prospettiva della politica italiana”, per incentivare una discussione inviammo 3 domande a Catone, che però né ha risposto né ha dato seguito – con esse o con altre o già con degli interventi -, ad un dibattito su l’Ernesto, dopo che aveva pubblicato il nostro intervento sul rapporto organico ta il leghismo, la crisi della democrazia dopo e l’arrtramente dei partiti della “sinistra” dalla democrazia.

 

Tre domande sempre valide e necessarie – per chi lo vuole – da cui partire per fare analisi organiche sul leghismo e Lega, che ormai è il partito e il simbolo più vecchio tra tutti quelli degli attuali gruppi politici più recenti o trasformisticamente trasformatisi in altro rispetto a ciò che erano.

 

1. Perché gli intellettuali “post-moderni” e “post-marxisti”

 

2. del c.d. centrosinistra e della pseudo sinistre c.d. alternative, solo dopo le ultime elezioni politiche hanno cominciato accorgersi (ma hanno continuato a rifarsi alle manifestazioni più esteriori e simboliche del leghismo – localismo, razzismo, antimeridionalismo – non sapendo cogliere anche dopo le ultime regionali, la sua ideologia e vera natura politico-sociale-istituzionale ) che il leghismo non è un’escrescenza, ma l’effetto del disarmo ideologico nei partiti di massa ispiratori del primato della democrazia sul mercato nel rapporto tra territorio e fabbrica?

 

 

A quali cause occorre risalire per spiegare perché il leghismo è il collante di un blocco sociale che trascina egemonicamente anche spezzono di una classe operaia che la cultura post-marxista della “sinistra” di ogni specie e dei suoi tellettual-in ha addirittura considerato estinta?

 

(N.B.: ltenere presente la crisi ideologica e la contraddizione nel PCI espressa dalle Regioni “rosse” e dal presidente dell’Emilia Fanti che per primo parlo di “Padania” e che le leghe rappresentano il capitalismo e la piccola impresa da quando si è abbandonata la programmazione economica democratica che rappresentava anche la piccola impresa e la coinvolgeva in un sociale e movimento democratico di massa che dopo Berlinguer sono stati abbandonati aprendo una crisi della democrazia che ha spinto anche la piccola impresa verso un movimento reazionario di massa).

 

Fin qui si tratta di rispondere su come ci si è comportati e perché. Poi si tratta di interrogarsi e rispondere su quali prospettive, gravi e irreversibili si sono determinate a partire dal vulnus – della democrazia e del sistema sociale oltre che politico sancito dalla Costituzione – introdotto dal Pds-Ds con l’abbandono del partito di massa e di identità sociale e ideale e in materia istituzionale, sia con l’abbandono del sistema elettorale proporzionale (che fu scelto dai partiti della Costituente e della Costituzione del 1948), introducendo il presidenzialismo nei Comuni, Provincie e Regioni con l’elezione diretta di sindaci, e presidenti e il cesarismo del premier – introdotto senza alcuna deliberazione parlamentare ma in tipografia, facendo stampare il nome del premier sulle schede; sia con la modifica federalista del Titolo V della Costituzione con una devolution che in realtà è stato un golpe contro la Costituzione tramato e attuato con la SUSSIDIARIETA dello stato rispetto alle imprese private come già fece il fascismo limitandolo però solo alle funzioni economiche mentre ancor peggio del fascismo la sussidiarietà del centrosinistra è stata estesa a tutte le funzioni che per Costituzione sono esclusivamente dello pubbliche e statali (sanità, istruzione, giustizia, informazione, ecc.)

 

Su cosa si fonda la forza del leghismo nell’incalzare Berlusconi per la costruzione di un federalismo né “competitivo” né “solidale” (chi l’aggettiva così svela di non sapere cos’è veramente il federalismo) ma “funzionale” agli interessi delle diverse frazioni del capitalismo privato, in ciò favorito dalla subalternità del partito democratico (ultra federalista in Toscana e in Emilia) e dalla “passività” delle cosiddette “sinistre” sconfitte nelle varie elezioni? Elezioni che hanno consacrato l’autodecapitazione anzitutto ideologica già riassunta nel simbolo della “sinistra arcobaleno”, oltre che nel “soggettivismo animalesco” di tellettual-in, dirigenze e Ras locali e nazionali emblematizzata dai Bassolino (indicato – ricordate? – come l’uomo del futuro della nuova politica e dei “governatorati” regionali protagonisti dei diffusi scandali federalisti che anticipano quelli del futuro federalismo) dai Vendola, dai D’Alema ai Veltroni, i quali in nome della c.d. “autonomia del politico” hanno assunto la forma di potere del maggioritario anglosassone del “governo per agenzie” e del “governo ombra” finendo nel cono d’ombra del governo Berlusconi in quanto la regola del maggioritario è INFLESSIBILE: CHI COMANDA NON HA LIMITI ALL’ESERCIZIO DEL POTERE.

 

Note.

Nella nostra monografia sopra citata, si parlava di “lunga durata della lega e del leghismo” e quello che rileva S. d’Albergo non è per  caso, essendo Lui uno dei pochi che negli anni ha davvero approfondito e pubblicato gli studi di tutte le forme sociali e politiche, giuridiche e istituzionali del fascismo, le cui vicende (dal movimentismo diciannovista  sull’esaltazione del ruolo dei ceti medi e piccole-medie imprese, a quelle degli anni 20 e specialmente anni 30, molto dimenticate), hanno quella che si definisce “complessità” che solo di recente è stata assunta come categoria concettuale.

Vicende attraverso le quali il movimentismo fascista tese ad inserire i valori dell’individuo e le forme di governo, andando oltre la cultura liberale, in una versione del sociale che non si limita a negare il sociale stesso, come nello stato liberale, ma arriva a rovesciare e a riconoscere il peso del sociale con una risposta classista e reazionaria volta ad egemonizzare, e non semplicemente a contenere, le spinte popolari. Come, mutatis mutandis, fanno la lega e il leghismo di ogni tipo.

Decisivi per il fascismo furono la creazione di IMI, IRI (per collettivizzare le perdite), la legge bancaria (ancora in vigore come del resto il codice civile – derivato dalla Carta del lavoro del 1927– a cui oggi viene sottoposto tutto ciò che viene privatizzato, non rispondendo così più alla Costituzione), e la privatizzazione nel 1928 delle banche d’interesse nazionale: PER COLLEGARE STRUTTURE ECONOMICHE E SOVRASTRUTTURE ISTITUZIONALI – onde assicurare all’economia un equilibrio “autosufficiente” – stessa finalità a cui mira anche la Lega per collegare la struttura economica con la sovrastruttura istituzionale del federalismo, come da tempo ha affermato ed ora rilanciato con ” le Banche del Nord”.

Leggere per credere: “Privatizzare? Certo, siamo disposti a privatizzare tutto. Meglio trattare con uno stato debole se bisogna cambiarlo.     Mussolini nel 1928 aveva privatizzato le banche d’interessi. Per lui è stata una carta forte contro lo Stato. Lo sarà         anche per noi” (BOSSI, su L’EUROPEO – 14-9-90): “ma dobbiamo realizzare i tre stati” (Rinascita, 30-12-90).     Ancora: “La privatizzazione attraverso la Borsa è uno strumento adatto per lo sviluppo del capitalismo…da privatizzare sono IRI, ENI, IFIM, Banche publiche, ferovie, ENEL, Poste, Sanità…il tutto per stimolare un capitalismo diffuso di marca thatcheriana”(La Repubblica. 30-1-91

Oltre che “non capito”, il “leghismo” è stato inseguito e legittimato dalla pseudo “sinistra” post-PCI e dai pseudo progressisti “intellettuali post-moderno e post-marxisti, ed è stato anche esaudito nelle sue rivendicazioni: sia sul suo terreno politico-istituzionale (federalismo, riforme istituzionali, ecc.) sia nelle sue rivendicazioni economico-sociali quali – sono solo esempi – “la privatizzazione di tutto il privatizzabile e dei servizi da gestire con le regole del mercato e della democrazia del denaro fondata sul nuovo ruolo della Borsa dei valori“; “il padrone non è un nemico” quindi “occorre una contrattazione non conflittuale“; “il ripudio dello sciopero come forma di lotta“; un “patto tra produttori” e “azionariato popolare” “la cogestione delle imprese“; le “gabbie salariali“; la “libertà di licenziamento“; “agenzie private invece degli uffici di collocamento“; “assicurazioni integrative private“, ecc. Cose volte a trasferire tutto sull’interesse regionale: la lotta sociale, l’antagonismo di classe e quello tra etnie nazionali e regionali: mutatis mutandis, il fascismo, che “trasferiva” e teorizzava tutto sul’interesse nazionale“, “conciliando capitale e lavoro” in nome della “efficienza e produttività” ed esaltando i ceti medi, come sua base di massa, e “i valori” e “i diritti dell’individuo” contro “lo stato economico” da “smobilitare”, a favore degli “interessi della borghesia produttiva” (Mussolini, 1921).

 

TRE DOMANDE per capire portata e pericolosità del leghismo federalismoultima modifica: 2011-03-23T00:24:00+01:00da iskra2010
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