3 domande per capire di leghismo

 

IMG_5076a +logo.jpgfoto MOWA

 

di Angelo Ruggeri

 

Lo stupore a proposito delle Banche del Nord, non fa che confermare la necessità di ripetere che si continua a non comprendere la gravità e la sostanziale portata del leghismo, del cui fenomeno gli analisti di varia cultura “non sanno cogliere la vera natura, economico-sociale e politico-istituzionale che non è reperibile in nessuna delle numerose analisi che pullularono negli anni 90 e fino ad oggi, natura che è stata colta solo nell’indagine di tipo organico, che ha anticipato le cause, la qualità, le radici, la vera natura e la fortuna duratura del leghismo – ha scritto S. d’Albergo invitando a prenderne visione –  nel libro “Leghe e leghismo. L’ideologia, la politica, l’economia dei forti e l’antitesi federalista al potere dal basso” (edito dal Centro Il Lavoratore e Cgil Lombardia e ripubblicato dalla Durito Edizioni nel 2008), monografia che il significato dell’esito delle ultime elezioni conferma e rende ancora più attuale”.

La non comprensione della gravità e portata del fenomeno Lega si notava già nell’ anno (1997) in cui uscì tale monografia. Infatti Ilvo Diamanti aveva scritto: “la Lega è destinata ad una inevitabile parabola di declino”, e un amico e studioso marxista, che per altro stimo, mi disse: “Interessante, ma adesso a cosa serve ora che con Forza Italia la Lega è ormai completamente finita e superata?”

Nella nostra monografia si parlava di “lunga durata della lega e del leghismo” e quello che rileva S. d’Albergo non è per  caso, essendo Lui uno dei pochi che negli anni ha davvero approfondito e pubblicato gli studi di tutte le forme sociali e politiche, giuridiche e istituzionali del fascismo, le cui vicende (dal movimentismo diciannovista  sull’esaltazione del ruolo dei ceti medi e piccole-medie imprese, a quelle degli anni 20 e specialmente anni 30, molto dimenticate), hanno una complessità che solo di recente è stata assunta come categoria concettuale. Vicende volte ad inserire i valori dell’individuo e le forme di governo, andando oltre la cultura liberale, in una versione del sociale che non si limita a negare il sociale stesso, come nello stato liberale, ma arriva a rovesciare e a riconoscere il peso del sociale con una risposta classista e reazionaria volta ad egemonizzare, e non semplicemente a contenere, le spinte popolari. Come, mutatis mutandis, fanno la lega e il leghismo di ogni tipo.

Decisivi furono la creazione di IMI, IRI (per collettivizzare le perdite), legge bancaria  (ancora in vigore come del resto il codice civile – derivato dalla Carta del lavoro del 1927-) a cui viene sottoposto tutto ciò che viene privatizzato, non rispondendo così più alla Costituzione, e la privatizzazione nel 1928 delle banche d’interesse nazionale, PER COLLEGARE STRUTTURE ECONOMICHE E SOVRASTRUTTURE ISTITUZIONALI – onde assicurare all’economia un equilibrio “autosufficiente” – finalità a cui mira anche la Lega per collegare la struttura economica con la sovrastruttura istituzionale del federalismo, come da tempo ha affermato ed ora rilanciato con ” le Banche del Nord”. “Privatizzare? Certo, siamo disposti a privatizzare tutto. Meglio trattare con uno stato debole se bisogna cambiarlo. Mussolini nel 1928 aveva privatizzato le banche d’interessi. Per lui è stata una carta forte contro lo Stato. Lo sarà acnhe per noi” (BOSSI, su L’EUROPEO – 14-9-90): “ma dobbiamo realizzare i tre stati” (Rinascita, 30-12-90). Ancora: “La privatizzazione attraverso la Borsa è uno strumento adatto per lo sviluppo del capitalismo…da privatizzare sono IRI, ENI, IFIM, Banche publiche, ferovie, ENEL, Poste, Sanità…il tutto per stimolare un capitalismo diffuso di marca thatcheriana”(La Repubblica. 30-1-91

Oltre che “non capito”, il “leghismo” è stato inseguito e legittimato dalla pseudo “sinistra” post-PCI e dai pseudo progressisti “intellettuali post-moderno e post-marxisti, ma è stato anche esaudito nelle sue rivendicazioni, sia sul suo terreno politico-istituzionale (federalismo, riforme istituzionali, ecc.) sia nelle sue rivendicazioni economico-sociali quali – sono solo esempi – “la privatizzazione di tutto il privatizzabile e dei servizi da gestire con le regole del mercato e della democrazia del denaro fondata sul nuovo ruolo della Borsa dei valori“; “il padrone non è un nemico” quindi “occorre una contrattazione non conflittuale“; “il ripudio dello sciopero come forma di lotta“; un “patto tra produttori” e “azionariato popolare” “la cogestione delle imprese“; le “gabbie salariali“; la “libertà di licenziamento“; “agenzie private invece degli uffici di collocamento“; “assicurazioni integrative private“, ecc. Cose volte a trasferire tutto sull’interesse regionale: la lotta sociale, l’antagonismo di classe e quello tra etnie nazionali e regionali: mutatis mutandis, il fascismo, che “trasferiva” e teorizzava tutto sul’interesse nazionale“, “conciliando capitale e lavoro” in nome della “efficienza e produttività” ed esaltando i ceti medi, come sua base di massa, e “i valori” e “i diritti dell’individuo” contro “lo stato economico” da “smobilitare”, a favore degli “interessi della borghesia produttiva” (Mussolini, 1921).

L’elenco sarebbe infinito ma non possiamo riscrivere tutto, e tutto il nostro “Leghe e leghismo” e nemmeno le diverse fasi del leghismo che si è evoluto da movimento, a partito, a governo e a stato, fasi che nella diversità di situazioni ricordano similarmente – mutatis mutandis – le obliate 3 fasi del fascismo: movimento prima, partito poi e regime o partito-stato infine.

Per quelli che non sanno di Lega e leghismo, e che magari da ex PCI sono passati alla Lega, oppure ad una “leghismo di sinistra”, tramite il c.d. “federalsimo di sinistra” dei vari Bassanini o d’Alema, Bertinotti o Vendola o Epifani e Patta nella CGIL, ci limitiamo ad allegare un capitolo di Leghe e leghismo La lega nella prospettiva della politica italiana e a porre 3 domande necessarie (a cui abbiamo in parte risposto sul numero in uscita ne l’Ernesto, ma da porre all’attenzione di tutti per continuare il discorso), da cui partire per fare analisi organiche sul leghismo e Lega, che ormai è il partito e il simbolo più vecchio tra tutti quelli degli attuali gruppi politici più recenti o trasformisticamente trasformatisi in altro rispetto a ciò che erano. (an.rugg..)

  1. Perché gli intellettuali “post-moderni” e “post-marxisti” del c.d. centrosinistra e della pseudo sinistre c.d. alternative, solo dopo le ultime elezioni politiche hanno cominciato accorgersi (ma hanno continuato a rifarsi alle manifestazioni più esteriori e simboliche del leghismo – localismo, razzismo, antimeridionalismo – non sapendo cogliere anche dopo le ultime regionali, la sua ideologia e vera natura politico-sociale-istituzionale ) che il leghismo non è un’escrescenza, ma l’effetto del disarmo ideologico nei partiti di massa ispiratori del primato della democrazia sul mercato nel rapporto tra territorio e fabbrica?
  2. A quali cause occorre risalire per spiegare perché il leghismo è il collante di un blocco sociale che trascina egemonicamente anche spezzono di una classe operaia che la cultura post-marxista della “sinistra” di ogni specie e dei suoi tellettual-in ha addirittura considerato estinta?

(N.B.: tenere presente la crisi ideologica e la contraddizione nel PCI espressa dalle Regioni “rosse” e dal presidente dell’Emilia Fanti che per primo parlo di “Padania” e che le leghe rappresentano il capitalismo e la piccola impresa da quando si è abbandonata la programmazione economica democratica che rappresentava anche la piccola impresa e la coinvolgeva in un sociale e movimento democratico di massa che dopo Berlinguer sono stati abbandonati aprendo una crisi della democrazia che ha spinto anche la piccola impresa verso un movimento reazionario di massa).                                                                                                                                            Fin qui si tratta di rispondere su come ci si è comportati e perché. Poi si tratta di interrogarsi e rispondere su quali prospettive, gravi e irreversibili si sono determinate a partire dal vulnus – della democrazia e del sistema sociale oltre che politico sancito dalla Costituzione – introdotto dal Pds-Ds con l’abbandono del partito di massa e di identità sociale e ideale e in materia istituzionale, sia con l’abbandono del sistema elettorale proporzionale (che fu scelto dai partiti della Costituente e della Costituzione del 1948), introducendo il presidenzialismo nei Comuni, Provincie e Regioni con l’elezione diretta di sindaci, e presidenti e il cesarismo del premier – introdotto senza alcuna deliberazione parlamentare ma in tipografia, facendo stampare il nome del premier sulle schede; sia con la modifica federalista del Titolo V della Costituzione con una devolution che in realtà è stato un golpe contro la Costituzione tramato e attuato con la SUSSIDIARIETA dello stato rispetto alle imprese private come già fece il fascismo limitandolo però solo alle funzioni economiche mentre ancor peggio del fascismo la sussidiarietà del centrosinistra è stata estesa a tutte le funzioni che per Costituzione sono esclusivamente dello pubbliche e statali (sanità, istruzione, giustizia, informazione, ecc.)

  1. Su cosa si fonda la forza del leghismo nell’incalzare Berlusconi per la costruzione di un federalismo né “competitivo” né “solidale” (chi l’aggettiva così svela di non sapere cos’è veramente il federalismo) ma “funzionale” agli interessi delle diverse frazioni del capitalismo privato, in ciò favorito dalla subalternità del partito democratico (ultra federalista in Toscana e in Emilia) e dalla “passività” delle cosiddette “sinistre” sconfitte nelle varie elezioni? Elezioni che hanno consacrato l’autodecapitazione anzitutto ideologica già riassunta nel simbolo della “sinistra arcobaleno”, oltre che nel “soggettivismo animalesco” di tellettual-in, dirigenze e Ras locali e nazionali emblematizzata dai Bassolino (indicato – ricordate? – come l’uomo del futuro della nuova politica e dei “governatorati” regionali protagonisti dei diffusi scandali federalisti che anticipano quelli del futuro federalismo) dai Vendola, dai D’Alema ai Veltroni, i quali in nome della c.d. “autonomia del politico” hanno assunto la forma di potere del maggioritario anglosassone del “governo per agenzie” e del “governo ombra” finendo nel cono d’ombra del governo Berlusconi in quanto la regola del maggioritario è INFLESSIBILE: CHI COMANDA NON HA LIMITI ALL’ESERCIZIO DEL POTERE.

 

3 domande per capire di leghismoultima modifica: 2011-03-24T01:00:00+01:00da iskra2010
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