PATTO DI CARTELLO. La CGIL si piega all’asse euroatlantico BCE-FMI

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di Angelo Ruggeri

Chiunque conosca la Camusso, sa che il fatto che sia donna o uomo non conta nulla, conta che è una mezza calzetta la cui sola presenza costituisce un’offesa per la CGIL che ha avuto uomini come di Di Vittorio e Scheda e donne, come ad es. la Nella Marcellino, che avevano coscienza di che cosa è un sindacato dei lavoratori e alle/sulle spalle avevano storia e cultura di lotte e di classe e non “L’Umanitaria” massonica di Milano e il corporativismo di donne che devono essere ben in basso, se quella che emerge è una Camusso.

Basta a farsi prendere in giro da marionette mezze calzette come l’attuale troika della triplice Cgil-Cisl-Uil, in cui la Cgil è tornata ad occupare il ruolo occupato negli almeno ultimi 20 anni di tradimento e di accordi di favore ai governi e ai poteri d’impresa. 
Dopo venti anni di rinuncia all’esercizio del potere sociale dei lavoratori, che hanno avuto in cambio il peggioramento delle proprie condizioni di vita e di lavoro, nella società e nelle fabbriche, con il supersfruttamento, l’umiliazione, la soggezione, i salari più bassi d’Europa e i prezzi di merci e servizi che prima delle privatizzazioni erano i più bassi d’Europa ed ora, con le liberalizzazioni-stataliste, cioè lo statalismo-liberista (solo i gonzi non sanno che il liberismo è storicamente e sempre statalista, che è solo una forma di statalismo, il liberal-statalismo, appunto), sono i più alti di tutta Europa.

Non è un accordo sindacale ma è un antioperaio “patto di cartello” tra i tre capi bastone di Cgil-Cisl-Uil e “cosa nostra” padronale, la corporation del potere d’impresa, contro il pluralismo sindacale e politico e l’autonomia sociale dei lavoratori, rispetto al quale anche il Landini segretario della Fiom mostra di non capire il punto (come del resto non lo aveva capito nelle vicende Fiat di Pomigliano, Melfi e Mirafiori).

Perché anche se Landini ha detto di non aver letto mai Marx -quasi vantandosi e quasi per far vedere a giornali, Fiat e sinistra d’impresa, ecc, che lui non è un trinariciuto nel momento stesso in cui, dicendo così, mostrava di esserlo- ed anche se non aver mai letto Marx comporterebbe il licenziamento di un dirigente confindustriale in qualsiasi Paese Occidentale, dove una delle prime cose che i padroni gli fanno studiare è proprio Marx; tralasciando per ora questo, non significa che Landini non deve mai riuscire a cogliere il punto. Che deve continuare a vedere e a parlare come un Cofferati qualsiasi, per il quale il problema del lavoro e dei lavoratori, che vivono la specificità dei rapporti di produzione dell’organizzazione capitalistica del lavoro, sarebbe solo una questione di “diritti della persona”: cioè dei diritti civili individuali, come fosse un cittadino che vive nella società civile e dove comunque i diritti individuali sono propri degli albori dello stato di diritto borghese che, in nome di tali diritti, non garantiva nemmeno i più elementari diritti politici e sociali dei cittadini non borghesi.

Perché, per l’appunto, il problema non è di avere riconosciuti dei diritti cartacei, ma è di avere e di poter esercitare un potere sociale: è una questione di potere sociale dei lavoratori, esercitando il quale si ottengono e si rendono effettivi, e non cartacei, i diritti stessi.

E il punto grave del patto di cartello mafioso è proprio l’eliminazione dell’autonomia sociale dei lavoratori e quindi del loro potere sociale, loro confiscato dai vertici della burocrazia sindacale con un patto di cartello che diventa luogo di simbiosi con i capi di “cosa nostra” padronale.
Anche e non solo con la confisca del diritto di sciopero che permette l’esercizio del potere sociale dei lavoratori e che è il motivo per cui è stato costituzionalizzato, e che si pensa di poterlo ridurre -con un semplice patto- ad un diritto dei vertici delle organizzazioni sindacali. 
Potrebbe, Landini, capire che tale patto è: per vanificare la costituzione e la democrazia sociale; per tagliar fuori ed escludere dal circuito sociale e sindacale i lavoratori e tutte le altre sigle sindacali cancellando ogni autonomia sociale residua della classe operaia, ogni residuo di democrazia di base organizzata, di dialettica e pluralismo sociale e persino ogni residuale e semplice espressione di dissenso.
E, con tale accordo, preparandosi a che cosa? A reprimere ogni possibile rivolta come quella in atto in Grecia e che coinvolge tutti i ceti della popolazione, ad eccezione solo della grande borghesia: l’unica classe non toccata dalle misure oppressive e di classe che si vogliono imporre appunto alla Grecia: il paese in cui vige il maggior sistema di esenzione fiscale per i ricchi possidenti e redditieri di tutta l’Europa.
Dove il problema che si palesa non è la Grecia, ma il fallimento delle politiche economiche sociali imposte in passato alla Grecia, come ad altri paesi d’Europa, che ha portato al fallimento e allo scoppio della crisi con conseguenze più o meno grandi in ciascun paese. Ed è per nascondere tale fallimento delle politiche dell’Europa dei liberisti e dei riformisti -mistificatoriamente distinti in destra e sinistra e in euroscettici ed eurottimisti- che si punta una pistola alla tempia di un paese per imporgli di proseguire ancora più in avanti, nella direzione delle fallite linee di politica economica-sociale, di privatizzazioni, liberalizzazioni, speculazioni e rendite imposte dalla UE. 

E’ democrazia quella che usa puntare una pistola alla tempia per costringere qualcuno a fare ciò che lui vuole, come in questo caso l’Unione Europea? Ed è democrazia quella che così facendo -con tali politiche imposte e che aggraveranno la crisi- punta ad una nuova terza grande guerra per rilanciare, con la guerra, il Kombinat-industriale-militare, il volano del sistema di accumulazione capitalistico che non funziona più, se non appunto ogni volta “provocando crisi sempre più gravi” e sempre nuove guerre con oltre 30 conflitti in atto che già dominano lo scenario mondiale?

In tale quadro e prospettiva si inscrive il “patto di cartello” tra i capi bastone della Triplice Cgil-Cisl-Uil e la corporazione padronale. Patto per di più fatto sottobanco e su cui la firmataria Camusso porrà il voto di fiducia al direttivo Cgil, che può pronunciarsi solo ora nella fase di sepoltura di ogni residuo di democrazia e pluralismo sociale e sindacale di quel poco che è sopravvissuto agli anni di piombo del terrorismo antioperaio padronale-confindustriale e della triplice Cgil-Cisl-Uil degli anni Novanta.

Ora la triplice punta a fare da cane da guardia dei lavoratori tenendo buoni i propri iscritti ed anzi usandoli per far valere la loro assommata maggioranza numerica di iscritti, per escludere e cancellare tutti gli altri lavoratori, o iscritti ad altre sigle, dal circuito della democrazia sociale e sindacale che è tutt’uno con la democrazia sociale e politica del paese.

PATTO DI CARTELLO. La CGIL si piega all’asse euroatlantico BCE-FMIultima modifica: 2011-07-10T00:10:00+02:00da iskra2010
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