SCANDALI FINANZIARI: ALLA RICERCA DEI “TESORI” SCOMPARSI

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mercoledì 8 luglio 2009

di Solange Manfredi

Lo stretto rapporto che lega l’Italia al Nicaragua è di lunga data, continuo e imbarazzante, eppure se ne parla solo come terra d’esilio dorato per ex (presunti) brigatisti. Invece, il rapporto che lega la nostra penisola al Nicaragua è molto più “ricco”, un rapporto che dura da decenni, fatto di traffici illeciti, riciclaggio, banche, tesori scomparsi ed immunità diplomatiche.

Era il 1977 quando Roberto Calvi, iniziati i problemi del Banco Ambrosiano in Italia, decise di aprire a Managua, terra del fratello massone Somoza, il Banco Commercial, sicuro di poter trovare, nel paese centroamericano, amici fidati pronti a dargli una mano nei suoi traffici. Amici che, poi, hanno probabilmente continuato nella loro attività di mutuo soccorso, come testimonierebbero alcuni fax trovati durante una perquisizione eseguita a Villa Altachiara, la residenza di Portofino della contessa Francesca Vacca Augusta e il suo convivente Maurizio Raggio, nell’ambito dell’inchiesta “Portofino connection” (alla ricerca del “tesoro” di Craxi), in cui si parlava del vecchio Banco Ambrosiano e si suggeriva di rivolgersi ad alcuni uomini d’affari del Nicaragua: gente fidata che aveva già aiutato Roberto Calvi nelle situazioni più difficili.

Quali fossero questi “amici” non si sa, quello che è certo è che “fratello” di Roberto Calvi nella temibile loggia Andorra era Alvaro Robelo. Avvocato con doppia nazionalità italo-nicaraguense, Robelo è stato Gran Maestro della Loggia autonoma di Nicaragua, Ambasciatore del Nicaragua in Vaticano, vicepresidente dell’istituto di credito nicaraguense BECA (presidente l’ex craxiano, oggi senatore di Forza Italia, Gianfranco Saraca), socio di Paolo Pillitteri nella Bielonica (si occupa dei traghetti che navigano sui laghi del Nicaragua) e fondatore del partito “Arriba Nicaragua (fotocopia, in tutto e per tutto, del partito Forza Italia).

Molto attivo anche in tutta la penisola italiana, Robelo venne segnalato a Giovanni Falcone sin dal 1987, quando gli investigatori americani, estensori di due rapporti su Michele Sindona, gli inviarono una relazione sull’OSJ (Sovereign Hospitallers Order of Saint John of Jerusalem), una sorta di Cavalieri di Malta deviati che venivano impiegati per riciclare denaro grazie al tipo di organizzazione (ambasciatori, sedi diplomatiche, passaporti, indennità di valigetta).

Insieme a Robelo nell’OSJ vi erano, oltre al faccendiere Francesco Pazienza, anche Pietro Calacione, maestro venerabile della loggia coperta Diaz di Palermo (cui risulterebbero iscritti boss mafiosi del calibro di Salvatore Greco, fratello di Michele e Giacomo Vitale, cognato di Stefano Bontade).

In Sicilia Robelo risulta collegato anche con Victor Busà (presidente del Parlamento mondiale per la sicurezza e la pace), Salvatore Bellassai (capogruppo siciliano della loggia P2), Carmelo Cortese (iscritto alla P2, elemento di collegamento tra la mafia calabrese e quella siciliana) e Giuseppe Mandalari, commercialista di Riina.

Per una strana coincidenza, ai tempi della latitanza di Riina, correva voce che il boss di Corleone usasse, per i suoi spostamenti, un’auto con targa diplomatica nicaraguense. Ma, se queste sono “voci”, i fatti invece raccontano che il 25 agosto 1992, a poco più di un mese dalla strage di via D’Amelio, durante una perquisizione presso gli uffici dell’imprenditore Salvatore Sbeglia (proprietario di una villa in via Bernini n. 38, via e numero civico dell’ultima residenza di Totò Riina) vennero ritrovati, dietro una parete mobile, computer, floppy e documenti in cui erano riportate operazioni immobiliari in tutto il mondo.

Sullo stesso pianerottolo dell’ufficio di Sbeglia vi era una porta con su scritto: “Ambasciata del Nicaragua – Ufficio per le relazioni culturali ed economiche”. Peccato che, secondo la Prefettura e la Questura, a Palermo non fosse mai stata ufficialmente aperta alcuna sede diplomatica di quel Paese. Si scoprirà, poi, che si trattava di una associazione nicaraguense fondata da Pietro Calacione, nominato da Robelo rappresentante diplomatico del Nicaragua in Sicilia.

A cosa si riferissero i documenti concernenti trasferimenti immobiliari trovati nell’ufficio di Salvatore Sbeglia non è dato sapere, certo è che Robelo risultava coinvolto, in quegli anni, anche nell’inchiesta Phoney Money/nuova P2 di Aosta (inchiesta, poi, finita a Roma ed archiviata) che aveva individuato una complessa organizzazione specializzata in truffe, e riciclaggio a livello internazionale, operate dando in garanzia sia immobili già più volte ipotecati ad istituti di credito con funzionari compiacenti, sia titoli falsi emessi da banche inesistenti.

Ma veniamo ai nostri giorni. Robelo è, infatti, stato recentemente accusato di tentata truffa in Spagna, insieme all’ex Presidente della squadra di calcio Real Madrid, Lorenzo Sanz. Pare abbiano cercato di rifilare all’istituto di credito Banesto di Cordoba titoli falsi di una inesistente banca di Hong Kong per centinaia di milioni di dollari. Lorenzo Sanz è stato immediatamente arrestato, mentre Robelo è potuto rientrare nel paese centroamericano esibendo il passaporto diplomatico.

Questa volta, però, Robelo ha dovuto faticare per ottenere un incarico che gli garantisse l’immunità. Il Nicaragua, infatti, ha prima cercato di proporlo nuovamente come ambasciatore del Nicaragua in Vaticano, senza ottenere il gradimento della Santa Sede, poi ha cercato di proporlo come console onorario in Belgio, anche in questo caso ricevendo un no, alla fine il Presidente Ortega ha dovuto creare un nuovo incarico diplomatico per l’amico massone, oggi Alvaro Robelo è “ambasciatore itinerante per missioni speciali”.

Ma che c’entra il nicaraguense Robelo con lo spagnolo Sanz?
Secondo Sanz, che si dichiara estraneo alla tentata truffa, Robelo gli sarebbe stato presentato da alcuni amici italiani. Anche in questo caso non si sa chi siano questi amici. Risulta, però, strana la coincidenza che vede Sanz interessato all’acquisizione del Parma calcio nel 2005 (poi non andata in porto) e le poco chiare vicende della Parmalat Nicaragua. Per capire facciamo un passo indietro.

Tanzi sbarca in Nicaragua alla fine degli anni ’90. Presidente della Repubblica centroamericana è Arnoldo Aleman Lacayo. La Parmalat in pochi anni diventa leader della produzione del latte con un fatturato annuo di 55 milioni di dollari. A dirigere la centrale nicaraguense Aldo Camorani, fedelissimo di Tanzi fin dai tempi di Odeon Tv e del relativo buco di 90 miliardi. Le cose per la Parmalat Nicaragua vanno a gonfie vele, tanto che Tanzi tenta di acquistare il Banco Nicaraguense de Industria y Comercio (Banic). Ma nel 2003 tutto cambia. Arnoldo Aleman, definito dall’ex presidente degli Stati Uniti Carter: “Uno dei politici più corrotti dell’emisfero”, viene arrestato per corruzione e riciclaggio e condannato a 20 anni.

Quasi contemporaneamente il più grande scandalo di bancarotta fraudolenta ed aggiotaggio perpetrato da una società privata viene scoperto: è il crac Parmalat.

Come già segnalato in precedenti articoli della Voce delle voci, pochi mesi prima del crac Tanzi fa uno strano viaggio che lo porta a Quito dove, secondo un’importante agenzia investigativa internazionale incaricata dal team del commissario straordinario Bondi, si incontra con Carlos Pellas Chamorro. Presidente del Gruppo Pellas, proprietario Banco de America Central (BAC), uno dei più grandi istituti di credito centroamericani con sportelli nei paradisi fiscali, Carlos Pellas è stato grande sostenitore, nel 1996, della candidatura di Arnoldo Aleman a Presidente della Repubblica del Nicaragua.

Il motivo dell’incontro, tra Tanzi e Pellas a Quito, è sconosciuto. Quello che è certo, però, è che il “tesoretto” di Tanzi non è mai stati ritrovato; Arnoldo Aleman è stato incredibilmente assolto, dopo che alla Presidenza del Nicaragua era stato eletto il Cavaliere dell’OSJ Daniel Ortega ; Carlos Pellas è stato nominato console onorario dell’Italia a Granada (Nicaragua) e gli è stata concessa, dal nostro Presidente della Repubblica, l’onorificenza delll’ “Ordine Della Stella Della Solidarietà Italiana”, nel suo massimo grado di Grande Ufficiale. All’atto della consegna il nostro ambasciatore in Nicaragua Alberto Boniver (fratello di Margherita Boniver, craxiana di ferro) ha affermato che il gruppo Pellas: “si è dedicato all’ambito sociale aiutando i meno fortunati. Questo aspetto è molto ammirabile perché non tutti i gruppi economici dedicano tanto tempo e denaro alle opere sociali come fa il Gruppo Pellas”. Non si sa a quali opere l’ambasciatore facesse riferimento, quello che, invece, ancora una volta è certo, è che la nomina è stata ufficializzata a pochi giorni dalla decisione del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) di condannare eticamente e moralmente il Gruppo Pellas, per essere responsabile della malattia e morte di migliaia di ex lavoratori delle piantagioni di canna da zucchero dell’Ingenio San Antonio, nonché del loro abbandono al momento di ammalarsi di Insufficienza Renale Cronica (IRC).

A completare il quadro delle nomine proposte dal Nicaragua, ed immediatamente accettate dal nostro paese, si deve segnalare quella di Maurizio Gelli, già incarcerato a Vienna nel 1999 per sospetto riciclaggio, ad aggregato economico e di finanza onorario del Nicaragua in Italia, con tanto di ufficio a Roma in via Brescia. Maurizio Gelli, inoltre, è anche console onorario del Nicaragua nello Stato di San Marino, negli ultimi anni al centro di una vera e propria guerra, senza esclusione di colpi, portata avanti dal potere per cercare di bloccare le inchieste giudiziarie che vedono coinvolti imprenditori, massoni e politici italiani nel riciclaggio di denaro che si opererebbe nel piccolo stato – nazione.

Ma si sa che il Nicaragua è un paese generoso verso i nostri connazionali, cui dispensa immunità e protezioni da decenni, tanto da disseminare la penisola italiana di consoli onorari e ad honorem: per la città Milano, per la provincia di Arezzo, per la città di Cuneo, per la città di Parma, per la città di Padova, per la città di Firenze, per la città di Palermo, e via dicendo. Tutti questi consolati, con relative immunità, sparsi per tutta la penisola non possono certo trovare giustificazione nel flusso di turismo verso il paese centro americano. E allora di quale flusso si tratta?

SCANDALI FINANZIARI: ALLA RICERCA DEI “TESORI” SCOMPARSIultima modifica: 2011-08-20T00:51:00+02:00da iskra2010
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