L’ultima guerra

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Nota di Alice

6 agosto 2011

L’estate del 1921 fu difficilissima per l’economia mondiale e, particolarmente, per quella italiana.

“Politica”, la rivista “teorica” dei nazionalisti, così ne dava conto [I fatti politici del luglio-agosto 1921, anno III, n. XXVI-XXVII, pp. 317-319]:

Intanto [nel luglio 1921] la vita nazionale risente ogni giorno maggiormente le peggiorate condizioni dell’economia mondiale. I cambi si inaspriscono e in numerosissimi stabilimenti avvengono licenziamenti in massa”.

In agosto, secondo la stessa rivista, “la crisi industriale e la conseguente disoccupazione si aggravano. […] In previsione di accordi con la FIOM si riunisce a Milano la giunta esecutiva della Confederazione Generale dell’Industria per studiare provvedimenti atti a fronteggiare la crisi. Si propone lo studio di perfezionamenti di congegni amministrativi e tecnici, la smobilitazione delle industrie e la riduzione delle retribuzioni agli impiegati e salariati. Su queste basi (riduzione del 20 per cento) avvengono colloqui preliminari (8 agosto) e poi l’accordo (12 agosto) accettato da quasi tutta la Federazione operai tessili. Accordi avvengono anche tra la FIOM e la federazione delle industrie metallurgiche, nelle quali la crisi è più grave. La Fiat delibera nuovi licenziamenti  e la chiusura degli stabilimenti per 15 giorni (16 agosto). Impressionata dal movimento generale della riduzione delle paghe la massa operaia reagisce con scioperi diffusi. I tessili, rotte le trattative, deliberano lo sciopero generale”.

In questo contesto – siamo nell’agosto del 1921 –  “produce profonda impressione in tutta Italia la pubblicazione di un rapporto dell’addetto all’Ambasciata germanica a Roma, in cui è esposto il piano di asservimento dell’industria italiana da parte della finanza tedesca, profittando delle gravi difficoltà del momento”.

I nazionalisti italiani di allora non volevano o non potevano capire – erano finanziati, fra l’altro, da industriali metallurgici – che la dinamica di cui era espressione il rapporto dell’Ambasciata tedesca era interna alla logica del capitalismo di cui essi erano fieri banditori e servitori.

Ciò non toglie, però, che la notizia abbia ancora oggi una sua utilità…

In questo senso: si dice che i generali  combattano ogni guerra con gli insegnamenti tratti dalla guerra immediatamente precedente. Ecco, non vorrei che il capitalismo tedesco, in questa fase di tempeste finanziarie, voglia essere attivo secondo la logica suggerita dall’addetto all’ambasciata di Roma e amplificata dai nazionalisti italiani nel 1921 e, tradizionalmente, dai generali in battaglia.

Il capitalismo tedesco potrà avere una funzione progressiva e inclusiva se riuscirà a pensare in europeo. Se continuerà a pensare in tedesco, finirà per combattere la sua guerra come la combattono tradizionalmente i generali.

Questa raccomandazione vale anche per il capitalismo francese e per tutti i capitalismi attivi in Europa.

L’insieme delle tragedie e delle cose buone e ben fatte incorporate nella storia dell’Europa possono fungere da anticorpi alle aberrazioni dalle quali i capitalismi di più recente formazione storica e il capitalismo europeo stesso possano, per la loro natura, essere tentati.

L’ultima guerraultima modifica: 2011-08-21T01:00:00+02:00da iskra2010
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