Grida dal Suk e specchietti per le allodole

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Nota di Alice
1 settembre 2011

Giulio Tremonti nasce come Reviglio-boy, come ragazzo di bottega di Franco Reviglio, presidente dell’ENI dal 1983 al 1989 e ministro socialista alle finanze e al bilancio degli anni ‘80 e ’90.


Franco Reviglio nell’ottobre 1994  diede alle stampe un corposo volume intitolato Meno Stato più mercato [Mercato, con la maiuscola in copertina]. Come ridurre lo Stato per risanare il paese, una specie di Bibbia che additava, anche per l’Italia, la terra promessa sulla scia degli Usa di Ronald Reagan e del Regno Unito di Margaret Tatcher.    

A oltre 16 anni di distanza il programma enunciato da Reviglio ed eseguito dal suo boy politicamente più fortunato merita una verifica.

E’ sotto gli occhi di tutti che lo Stato, in quanto entità economicamente significativa, è scomparso, è stato svenduto alle peggiori condizioni: di esso, non resta che un mucchio di debiti.

E’ servito a qualcosa ridurre lo Stato? Il mercato tira? Il paese è stato risanato? La gente sta meglio? Assolutamente no.

Dunque, l’assunto programmatico di Reviglio  e dei suoi boys si è mostrato per quel che era: uno specchietto per le allodole.

Gli attuali manovratori dello specchietto sono ora occupati a costruire l’ennesima manovra finanziaria: zig-zagano per non offrire bersagli fissi ai molti critici e perché subiscono spinte e controspinte da cittadini danarosi e non solidali, da Comuni taglieggiati, da sindacati enragés,  da industriali perplessi e da ragionieri ai quali non tornano i conti finali. 

Un suk, insomma; del quale è parte anche la difesa del capitalismo fatta da Giuseppe Bedeschi [La congiura inesistente del capitalismo, “Corriere della sera”, 30 agosto 2011] con alcune confortanti assicurazioni.

Il capitale, per Bedeschi, “non è un  soggetto malefico” e “non controrivoluziona”. 

Non esiste traccia, per il Nostro, di attività controrivoluzionaria del capitalismo “al punto che per tanti aspetti” chi vive in Italia “ha spesso la sensazione di vivere in un Paese del defunto socialismo reale”.  

Il capitale “non congiura ai danni delle istituzioni democratiche e della povera gente. La quale, povera gente, e i giovani, sono le prime vittime della mancanza di sviluppo economico, determinata da uno stato pletorico, onnivoro, costosissimo, inefficiente, protettore di clientele, garante di corporazioni le più varie, e di posizioni di rendita di ogni tipo”.

In breve: il capitalismo, per Bedeschi, non solo non opera malefici né sortilegi  ma produce, dove opera, anche qualche beneficio.
“Venghino, Signori, venghino!…”

Grida dal Suk e specchietti per le allodoleultima modifica: 2011-09-16T02:00:00+02:00da iskra2010
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