BENI COMUNISTI O BENI CAPITALISTI

 

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di Angelo Ruggeri

A proposito del documento dei “benecomunisti” ragionando rispetto al fatto che in tale documento si riscontra la “grave rimozione della necessità del proporzionale”, va rilevata che, a questo, si arriva tramite LA NOZIONE EQUIVOCA E MISTIFICATORIA DEI “BENI COMUNI”, nel cui solco si porrebbe anche il governo Monti sfruttando la vecchia idea di Cassese di mettere in UN FONDO DI GESTIONE PATRIMONIALE IMMOBILI E AZIONI DI SOCIETA’ PUBBLICHE cedendo le quote ai cittadini italiani chiamati ad investire forzosamente in tali BENI COMUNI.

Questo è solo UN TENTATIVO DI FUGA sia DALLA NOZIONE DI PROPRIETA’ ( e quindi di fare in conti con il sistema economico e di proprietà dell’impresa capitalistico privata) SIA DALLA NOZIONE DI SOGGETTO SOCIALE, ovvero, quindi, dalla nozione di soggetto di classe e quindi di lotta di classe. Ed è quindi in questo senso per così dire “logico” e conseguenziale che dai “beni comuni” si arrivi alla “rimozione in quegli ambienti del riferimento alla necessità democratica del proporzionale integrale. Si parla di democrazia diretta e si ignorano le forme della democrazia delegata”.

Altresì osservando che la nozione di democrazia diretta a cui ormai si fa riferimento anche negli ambienti sindacali e della stessa Fiom (con Rinaldini e Landini), in verità non é democrazia diretta, ma E’ LA DEMOCRAZIA DIRETTA LIBERALE, cioè quella referendaria di Pannella, dei referendum strumento di potere dall’alto autoritario dei gruppi di potere e delle lobby, che li organizzano dall’alto e dall’alto calano quesiti sul popolo che, da “sovrano” qual è in democrazia, diventa oggetto subalterno di “consultazione” da parte dei vertici di potere che gli chiedono quel che loro vogliono e hanno deciso. Qquindi il “popolo” può semplicemente dire un Si o un No a quanto da loro già deciso e per dare forza ad una parte piuttosto che all’altra interna a tali vertici di potere (anche sindacale) che poi se la giocheranno tra loro “usando” il sì o il no passivo dato nella consultazione referendaria.

Ovvero tale c.d. “democrazia diretta” è una mistificazione e falsificazione tipica del formalismo democratico (cioè della democrazia formale separata e contrapposta alla democrazia sostanziale), propria dello stato autoritario liberale e del liberalismo. Una mistificazione che si propone di contrapporsi e di obliare la democrazia diretta della concezione sociale, socialista e comunista, del movimento operaio: cioè della DEMOCRAZIA DIRETTA, COME DEMOCRAZIA DI BASE ORGANIZZATA E PERMANENTE, quale appunto la rete di democrazia diretta costituita negli anni 60-70 con Assemblee e Consigli di fabbrica, di zona, di quartiere in rapporto con le istituzioni locali dello stato ovvero della Repubblica delle autonomie. Cioè, ancora, dei Consigli comunali e sù, sù dei consigli provinciali e regionali per arrivare all ‘assemblea parlamentare con, appunto, la democrazia dal basso dell’art. 49, al fine di partecipare alla programmazione economica e alle scelte economiche-politiche-sociali (senza la separazione tra sociale ed economico che si fa con i c.d. “beni comuni”) partendo dal territorio-sociale locale.

MENTRE, ALL’OPPOSTO, CON I “BENI COMUNI” COSIDDETTI, TALI MOVIMENTI, CHE NON STUDIANO E NON SANNO MA SI ATTACCANO AD UNA BATTUTA, ELUDONO LA TEORIA DEL POTERE PARLANDO DI “BENI COMUNI” PER NON DIRE E NON PARLARE DEL POTERE-PUBBLICO-SOCIALE, PER NON DIRE E NON PARLARE DI PROPRIETA’ PUBBLICA-SOCIALE, DI PROPRIETA’ SOCIALE E SOPRATTUTTO DI PROPRIETA’ COLLETTIVA;eludendo, appunto, la nozione di proprietà e quindi anche di proprietà privata dei mezzi di produzione.

ANCHE e SOPRATUTTO PERCHE’, SPOSANDO TEORIE COME QUELLA FAMIGERATA DI VIALE – e di chi ogni giorno scrive sui giornali di “sinistra” e di pseudo comunisti come Manifesto, ecc.- GUARDANO E SI FERMANO SOLO AL LOCALE FACENDO DEL LOCALISMO (paraleghista) e GUARDANO E SI FERMANO SOLO AI SERVIZIIGNORANDO L’ECONOMIA. OVVERO guardando alla gestione dei servizi invece che al potere economico – separando gli uni dagli altri – SEPARANO IL SOCIALE E I SERVIZI DALL’ECONOMICO E RINUNCIANDO QUINDI ALLA PARTECIPAZIONE DAL BASSO E DAL TERRITORIO (cioè dal sociale) ALLE SCELTE nazionali centrali IN MATERIA ECONOMICA (paradossale specie nel pieno di crisi economiche continue). Scelte che, ovviamente, attraversano ma non si fermano nè si possono decidere nel locale (dal quale invece occorre partire) e che SONO e NON POSSONO CHE ESSERE operate A LIVELLO NAZIONALE E PERSINO SOVRANAZIONALE (di cui si riempiono la bocca e poi cadono nel localismo, rinunciando ad occuparsi dell’economia, separando sociale da economico e locale da nazionale e mondiale).

Livelli nazionale e sovranazionale A CUI INVECE SI DEVE ARRIVARE DAL BASSO E DAL TERITTORIO SOCIALE ATTRAVERSO IL CIRCUITO GIURIDICO, POLITICO E ISTITUZIONALE DELLA DEMOCRAZIA SOCIALE E COSTITUZIONALEMETTENDO IN RAPPORTO LA DEMOCRAZIA DIRETTADELLA DEMOCRAZIA DI BASE ORGANIZZATA CON LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA O DELEGATA DELLE ASSEMBLEE COMUNALI, PROVINCIALI, REGIONALI E PARLAMENTARI.

Da un lato, quindi, rappresenta l’abbandono di tutto questo, ossia RAPPRESENTA LA RINUNCIA A BATTERSI, LA RINUNCIA :

-ALLA SOCIALIZZAZIONE E DEMOCRATIZZAZIONE DELLO STATO E DELL’IMPRESA;

– ALLA LA LOTTA DI CLASSE CONTRO IL POTERE D’IMPRESA E I CRITERI DELL’ECONOMICITA’ PRIVATA;

– AL RISTABILIMENTO CON LA LOTTA DEI CRITERI DI ECONOMICITA’ PUBBLICA SIA NEI SERVIZI ECONOMICI OLTRE CHE NEI SERVIZI SOCIALI E NELLE FUNZIONI PUBBLICHE; – AL RILANCIO DELLE PARTECIPAZIONI STATALI – COME MEZZO DI INTERVENTO PUBBLICO-SOCIALE-COLLETTIVO NELL’ECONOMIA (con le opportune democratizzazioni dei poteri rispetto alle vecchie PPPS) E AL CONTROLLO SOCIALE E STATALE SULL’IMPRESA PRIVATA.

Ma se non studiano niente neanche quelli che studiano figuriamoci gli altri e i movimenti che di “studiare” per capire analizzando e identificando i processi in corso CON ANALISI ORGANICHE e quindi anche con la storia e le questioni delle forme del potere, delle istituzioni, del sistema elettorale e del proporzionale, (analisi organica appunto) neanche ci pensano: succubi delle culture trasversali alla cultura di destra-sinistra dei Toni negrini e dei Casarini dei Viale e Revelli, ecc. che assieme agli “intellettuali” della destra europea o italiana come Aldo Bonomi o Marco Tarchi (ad es.), veicolano paradigmi concettuali mistificanti ed equivoci come quelli di cui sopra, dopo aver diffuso quelli di “globalizzazione”, di “glocale”, di “moltitudini”, di “biopolitica” di decrescita, per non dire di quelli della “fine della storia”, “fine del lavoro”, “fine dello stato”, di “post-fordimo”, di post-moderno, di “delocalizzazione” (come se le imprese non fossero più e come sempre in qualche locale ma fossero nello spazioceleste), di post-industriale, ecc. ecc.

BENI COMUNISTI O BENI CAPITALISTIultima modifica: 2012-02-23T08:30:00+01:00da iskra2010
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