Ratzinger o fra Dolcino? 4 parte ed ultima

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L’esperienza storica complessiva di questi ultimi centomila anni, dalla grotta di Qafezh in poi, dimostra che le modalità e le forme concrete di espressione della sfera e pratica religiosa fanno sicuramente parte della sovrastruttura culturale-ideologica, dato che esse si trasformano con il suo divenire storico: il culto della Dea dominante nel paleolitico-neolitico è sparito ad esempio nella sua matrice fondamentale, la religione cattolica è via via mutata in gran parte rispetto a quella invece professata non solo ai tempi di Gesù/Paolo, ma nel 313 e dopo il riconoscimento ufficiale di Costantino, ecc.

Ma il contenuto principale dell’esperienza religiosa risponde invece ad un bisogno collettivo del genere umano, certo sorto storicamente e non esistente da sempre, che si è conservato nella sua linea fondamentale e matrice originaria (= dare risposte al rapporto uomo/morte) dal 100.000 a.C. fino al nostro terzo millennio. Un bisogno ormai radicato e quasi generalizzato che:

–          coinvolge ancora oggi almeno tre quarti del genere umano, ancora credente nelle diverse forme di espressione religiosa

–          ha posto alcuni problemi ed interrogativi esistenziali, certo superati e/o rimossi con modalità e forme diverse, a quasi tutti gli atei/agnostici del passato e del presente

–          continuerà, in forme e con gradi di intensità diverse, a “farsi sentire” a livelli di massa anche nel futuro prossimo e remoto, anche nel possibile socialismo/comunismo sviluppato  dei prossimi secoli, almeno fino a quando (e se …) il genere umano non riuscirà a vincere la morte ed a conquistarsi un’esistenza potenzialmente infinita.

In estrema sintesi, l’esperienza storica mostra come il bisogno religioso si riveli sia una sovrastruttura che, parte costitutiva della natura “artificiale”, autoprodotta e autotrasformata, dal genere umano almeno a partire da centomila anni or sono. E tra l’altro un bisogno importante,  dell’uomo, perché parzialmente connesso all’istinto di autoconservazione dei singoli rappresentanti della nostra specie, trasformato da un lungo sviluppo di intelligenza e conoscenze che ci ha reso capaci (a differenza di tutti gli altri animali, compresi scimpanzé e bonobo) di prevedere la nostra sicura morte individuale, in un futuro più o meno lontano nel tempo.

Parafrasando Marx la religione (inteso in senso ampio) costituisce principalmente il “sospiro della creatura umana oppressa dalla morte”, anche se la coscienza ed il modo di prevedere/concepire l’evento traumatico per eccellenza durante il periodo del medio-paleolitico ha assunto forme assai diverse da quelle invece concepite dalla massa degli esseri umani contemporanei. In ogni caso ha ragione Enzo Mazzi a sottolineare come non sia “affatto un caso che la prima espressione letteraria epica della civiltà, fra quelle finora emerse, sia centrata sulla elaborazione dell’angoscia per la morte”, sotto forma di una “serie di confronti/scontri tra uomini e divinità, semidei (Gilgames) e uomini (Enkidu) che spesso vertono sul tema della morte e dell’eterna giovinezza, della ricerca dell’immortalità o dell’accettazione della mortalità, come nel caso del saggio Adopa.” [39]

Secondo punto di rielaborazione: la genesi ed il processo di sviluppo della pratica/teorica religiosa non è assolutamente legata e connessa organicamente alla riproduzione sincronica di società classista, ma è avvenuta invece inizialmente e per molti millenni proprio all’interno di formazioni economico-sociali collettivistiche e cooperative quali quelle del medio paleolitico e del paleolitico superiore, risultando perfettamente compatibile con la riproduzione di rapporti di produzione comunistico-primitivi per ben centomila anni.

Detto in altri termini, la religione nasce e si sviluppa per il 95% della sua storia come “rossa” e “protofemminista”, in qualità di quel culto gilanico ed egualitario della Dea che – non certo a caso… – verrà adottato anche dalla cultura e civiltà facente parte della “linea rossa” durante la lunga fase neolitica-calcolitica (9000/9900 a.C., in Eurasia), dotata di un egemonia contrastata sulla “linea nera” socio produttiva nel corso dei sei millenni presi in esame.

Terzo elemento di innovazione: l’affermazione della “linea nera” socioproduttiva su scala planetaria, dopo il 3700 a.C., con la correlata comparsa ed egemonia raggiunta dalle nuove religioni filo classiste e patriarcali, dimostra paradossalmente ampio grado di elasticità e plasmabilità della pratica religiosa, disponibile ad usi alternativi e diversi in campo socioproduttivo e rispetto alla “scelta di campo” sui rapporti sociali di produzione/distribuzione.

Scelta di campo sempre filocollettivistica nel paleolitico, ed ancora prevalente nel neolitico/calcolitico.

Scelta di campo prevalentemente (ma non sempre…) filo classista nel periodo successivo al 3700 a.C., ed all’affermazione della società teocratica tra i Sumeri, fino ad arrivare ai nostri giorni.

Parallelamente all’emergere dell’effetto di sdoppiamento, (9000 a.C. in Eurasia), anche il fenomeno religioso pertanto si è “sdoppiato”, dato che al suo interno si esprime la coesistenza/lotta tra tendenze classiste ed anticlassiste/collettivistiche, sempre di natura ed impronta religiosa.

Quarto punto di innovazione: anche nei testi sacri delle religioni ebraiche e cristiane, Vecchio e Nuovo Testamento, si rivela e si manifesta un processo di sdoppiamento e di coesistenza/lotta tra due tendenze alternative rispetto ai rapporti di produzione.

Il Mosè liberatore degli schiavi ebrei in Egitto, contrapposto al Mosè che invece schiavizza/stermina le popolazioni non ebree…

Amos e Aronne…

Isaia e la  casta sacerdotale scritta nel Levitico, ecc.

Il discorso della montagna di Gesù e la lettera attribuita a Paolo sullo schiavo Filemone…

La lista degli “sdoppiamenti”, come si è già visto in precedenza, può essere allungata a dismisura…

Quinto e  decisivo snodo teorico: passando dalla Bibbia alla pratica complessiva degli ebrei credenti e dei cristiani, l’esperienza storica occidentale mostra come siano via via emerse due forme alternative di intendere la religione, nel suo rapporto dialettico con la sfera socioproduttiva. Basta pensare a:

Esseni e sadducei/farisei.

Ebioniti ed il Paolo di Tarso del “schiavi, siate sottomessi…”.

Donatisti e Agostino di Ippona.

Marcioniti/montanisti e la chiesa “neocristiana”, strutturatasi dopo Costantino e il 311/313.

Ratzinger, ma anche Dolcino, Muntzer, ecc.

Anche in questo campo della sfera religiosa, come si è già visto in precedenza, la lista degli “sdoppiati” può essere estesa a piacere…

Pertanto la  celebre frase di Marx sulla religione come “oppio dei popoli” deve essere profondamente modificata ed integrata. La religione è stata sicuramente utilizzata dalle alte gerarchie religiose come “oppio dei popoli”, con una matrice filoclassista che è risultata nettamente prevalente all’interno dell’esperienza sacrale del mondo occidentale negli ultimi tre millenni di storia, ma allo stesso tempo essa è servita (in forma subordinata e purtroppo secondaria, per peso e rilevanza storica), come fonte di ribellione politico-sociale ed “anfetamina dei popoli” sia ai  profeti/rivoluzionari di ispirazione religiosa che ai loro numerosi (e perseguitati) seguaci, agli “eretici” sovversivi e alle forze sociali antagoniste in lotta contro i rapporti  di produzione/potere classisti.

La pratica e la teoria religiosa possono diventare “oppio” o “anfetamina” a seconda di chi le utilizza, a seconda delle scelte di campo socioproduttive dei credenti. Le alternative tra “francescani spirituali” o alta gerarchia cattolica ai tempi di Bonifacio VII, papa Woityla/Ratzinger o seguaci della teologia della liberazione del 1963/2012, ecc. sono possibili e si sono realmente materializzati nel processo storico degli ultimi tre millenni, come del resto si sono formate sia “religioni degli sfruttatori” che “religioni degli sfruttati”.

Rispondendo nel 1985 all’utile provocazione di Frei Betto sull’attualità/inattualità della frase di Marx sull’“oppio dei popoli”, facendo tra l’altro esplicito riferimento al sovracitato documento sandinista del 1980, Fidel Castro aveva notato correttamente e con la solita lucidità che “se la Chiesa rimanesse associata all’imperialismo, al neocoloniasmo, allo sfruttamento e alla repressione, non dovremmo spaventarci se qualcuno ripete che la religione è l’oppio del popolo. D’altronde si capisce perfettamente che i nicaraguegni, basandosi sulla loro esperienza e sulla presa di posizione dei credenti, sono arrivati alla conclusione, secondo me molto giusta, che i cristiani possono fare una scelta rivoluzionaria motivati proprio dalla loro fede, senza che ci sia contraddizione tra l’essere cristiani e l’essere rivoluzionari. La frase di Marx non è quindi un dogma o una verità assoluta.

A nostro parere, la religione, dal punto di vista politico, non è in sé né oppio né rimedio miracolistico: può essere oppio o rimedio meraviglioso a secondo che serva a difendere gli oppressori e gli sfruttatori o gli oppressi e gli sfruttati. Dipende da come affronta i problemi politici, sociali e materiali della persona che nasce e deve poter vivere in questo mondo, indipendentemente dalle teologie e dalle diverse fedi religiose”. [40] Non era corretta la tesi espressa dai “Comunisti Cristiani” nel 1942, per cui “la religione si identifica sul terreno sociale, via via, storicamente con l’interesse delle classi oppresse”, vista ad esempio la iperclassista egemonia esercitata dal Vaticano tra i credenti italiani (e non solo). Invece la religione “può essere oppio o rimedio meraviglioso”, a secondo di come “affronta i problemi politici, sociali e materiali”: la tesi del compagno Fidel è corretta anche se rimanda ovviamente ad uno schema teorico nel quale sia prevista la possibilità (e la realtà…) della riproduzione simultanea di “religioni degli oppressori” e di “religioni degli oppressi”, a volte all’interno della stessa struttura organizzativa di riferimento (= la chiesa cattolica in Sudamerica, ad esempio), ad un quadro di riferimento che a sua volta si collega direttamente alla teoria generale dell’effetto di sdoppiamento.

Sempre dal processo di analisi dell’esperienza religiosa globale all’interno del mondo occidentale,  emerge un dato di fatto quasi provocatorio: non solo il socialismo non risulta collegato in modo inevitabile con posizioni e concezioni del mondo  atee, ma almeno fino al 1794 il comunismo (inteso come scelta di campo socioproduttiva, anelito ideale, pratica diretta socioproduttiva) è stato prevalentemente di matrice religiosa, è stato fatto proprio e difeso – nella teoria e nella pratica – principalmente da leader (e loro seguaci) religiosi, da comunità socioeconomiche e da forze politiche-sociali animate da profonde convinzioni religiose ed estranee a qualunque forma di pensiero ateo/agnostico.

Dal lato del collettivismo ateo, fino al 1794, solo le utopie di Evemero,  Mably e Deschamps; per il comunismo religioso, invece, i “punti” segnati da Amos, Isaia e Gesù, la pratica socioproduttiva di esseni, benedettini (fino al 750),  comunità morave e guarani, la lunga dinamica/resistenza organizzativa e politica-sociale di marcioniti e montanisti, dei bogomili e dei catari, di una parte consistente degli anabattisti, oltre alle esperienze rivoluzionarie ed alla “critica delle armi” via via espressa dalla comunità di Qumran, dei donatisti/agonisti e dei pauliciani, da Dolcino e dai taboriti, da T. Muntzer e dalla Comune di Munster, dalla “conquista degli Eguali” calabrese di Campanella.

Fino alla caduta di Robespierre ed al 1794, non vi è stata praticamente “partita” tra il comunismo religioso e quello ateo, con un’enorme asimmetria di peso e rilevanza storica sbilanciata quasi completamente  a favore del primo e della “linea rossa” religiosa.

Dall’analisi e dai punti di elaborazione teorica sopra descritti, emergono a nostro avviso alcune rilevanti conseguenze pratiche, con una valenza direttamente politica, per il presente ed il futuro del marxismo, per il divenire futuro della sua attività concreta di “trasformazione del mondo”.

Prima ricaduta, in termini di autocoscienza collettiva: il marxismo rappresenta ormai solo una parte, seppur ancora maggioritaria, del campo collettivistico ed anticapitalistico nel mondo occidentale, non certo la sua totalità. Infatti una lunga sequenza di fatti testardi dimostra che, da almeno alcuni decenni, la “linea rossa” religiosa è tornata ad agire ed essere presente con notevole forza nell’arena politica internazionale, dopo un semi- letargo secolare.

Fenomeno rilevante e già notato con la solita preveggenza da Fidel Castro ancora nel 1985, quando affermò che “definirei la Chiesa o la Teologia della Liberazione un ritorno del cristianesimo alle sue origini, alla sua storia più bella, più eroica e più gloriosa; un ritorno così consistente da obbligare tutta la sinistra latino-americana a riconoscervi uno degli avvenimenti più importante di questa nostra epoca. Soprattutto perché priva gli sfruttatori, i conquistatori, gli oppressori, gli interventisti e i saccheggiatori dei nostri popoli, coloro che ci tengono nell’ignoranza, nella malattia e nella miseria, dello sfruttamento certamente più efficace usato per confondere le masse, per ingannarle, per alienarle e mantenerle nello sfruttamento”. [41]

La pratica concreta (Chavez, Morales, ecc) che è seguita al 1985 mostra la validità dell’analisi del grande leader cubano rispetto ad “uno degli avvenimenti più importanti di questa nostra epoca”, almeno dal 1975/79 e fino ai nostri giorni.

Seconda conseguenza pratica: è possibile e realizzabile, oltre che indispensabile, un’alleanza strategica nel mondo occidentale tra marxisti e cristianesimo anticapitalista, tra comunismo ateo e comunismo di matrice religiosa, senza assolutamente nascondersi le inevitabili differenze sulle rispettive concezioni generali del mondo.

Sempre Fidel, nel suo dialogo/confronto con Frei Betto, aveva ricordato che “in occasione di una visita in Giamaica, ebbi un incontro anche con i religiosi, rappresentanti di diverse comunità del paese. fu nell’ottobre del 1977. Esposi loro alcune delle mie tesi sull’alleanza tra cristiani e marxisti. Mi chiesero: un’alleanza tattica? Risposi: No, un’alleanza strategica per realizzare i cambiamenti sociali dei quali hanno bisogno i nostri popoli. Anche in Cile” (nel 1972 e durante il governo Allende) “avevo parlato di questo”.[42]

Terza ricaduta, la necessità urgente dell’elaborazione di un’autocritica motivata e sincera di posizioni precedentemente tenute sul tema religione: un’alleanza strategica si costruisce e si consolida solo sulla base di una teoria generale corretta, che apprenda realmente dagli errori del passato.

A nostro avviso se come marxisti (e rimanendo marxisti) non possiamo e non dobbiamo abbandonare il lato positivo della nostra concezione atea, invece diventa ormai indispensabile riconoscere che abbiamo sbagliato in modo grossolano a sottovalutare e quasi disconoscere la “linea rossa” religiosa che si è via via riprodotta nel mondo occidentale, a partire da un segmento rilevante del messaggio contenuto nella stessa Bibbia, sia nell’Antico che (soprattutto) nel Nuovo Testamento.

Dobbiamo riconoscere che abbiamo sbagliato, a partire da Marx, ad assolutizzare l’equazione religione=oppio dei popoli e ad attribuirle un significato generale ed onnicomprensivo, dimenticando invece “fatti testardi” come il messaggio comunitario e collettivistico di Amos, Isaia e Gesù, la teoria e pratica comunista e rivoluzionaria dei taboriti e di Muntzer, e via obliterando.

Bisogna pertanto effettuare una seria autocritica sulla nostra incapacità di comprendere, fin dagli albori della nostra storia come corrente politica e teorica, che in determinate condizioni (non sempre e neanche come regola generale, certo) “l’aspirazione ad una società socialista, ma che tale aspirazione può trovare uno stimolo nella coscienza religiosa stessa, posta di fronte ai drammatici problemi del mondo contemporaneo”.[43]

La frase in oggetto è stata pronunciata da Togliatti alla conferenza del partito comunista italiano, tenutosi a Bergamo nella primavera del lontano 1963. Anche se il leader del PCI non aveva compreso che la “coscienza religiosa” cristiana risulta storicamente “sdoppiata” a partire dai suoi testi sacri, al cui interno è ben presente la “linea nera” filoclassista sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, rimane pur vero il nucleo fondamentale dell’analisi di Togliatti, e cioè che una parte importante del messaggio religioso ebraico-cristiano è stato in passato, ed è tuttora capace di stimolare e vivificare “l’aspirazione ad una società socialista” nelle menti e cuori di milioni di credenti, da Amos fino ad arrivare a Chavez, trasformandosi in una potente “anfetamina” dei popoli.

Un processo autocritico serio e strategico richiede inoltre anche la comprensione della radice più profonda degli errori commessi in precedenza, e a questo punto sorge subito la domanda sulle cause che avevano portato Marx ed Engels a non cogliere questo aspetto significativo e liberatorio dell’esperienza religiosa all’interno del mondo occidentale, pur conoscendo la Bibbia, i profeti ebraici e T. Muntzer (si pensi all’opera di Engels sulla Guerra dei contadini, datata 1851).

Il contesto storico ha sicuramente pesato molto, come ha notato giustamente Fidel Castro nel 1985 rispondendo a Frei Betto proprio su questa materia.

“Si metta nei panni di un rivoluzionario” (Marx ed Engels, verso la metà e la seconda parte dell’Ottocento) “che si rende conto di trovarsi davanti istituzioni civili, latifondisti, nobili, borghesi, ricchi, grandi commercianti e la stessa Chiesa, tutti praticamente coalizzati per impedire i cambiamenti sociali: è logico che, soprattutto di fronte a una religione utilizzata come strumento di potere, i rivoluzionari avessero forti sentimenti anticlericali e addirittura antireligiosi. Credo che tutto questo spieghi le circostanze nelle quali fu scritta quella frase” alias la religione come oppio dei popoli.”[44]

Come secondo fattore, inoltre, ha pesato e contato moltissimo l’assenza a quel tempo di movimenti politici antagonisti e di massa con una matrice ed ispirazione religiosa. Tra il 1840 ed il 1890 la “linea rossa” religiosa si trovava in uno dei suoi punti storici più arretrati, tanto che il movimento bolivarista di Chavez e la teologia della liberazione erano ancora molto lontani nel tempo e risultavano assolutamente imprevedibili anche per la mente geniale di Marx, rendendo quasi obbligata l’adesione ad un ateismo militante, duro ed intransigente: anche se già nell’AntiDuhring Engels espresse un rifiuto categorico per qualsiasi forma di divieto rispetto alla pratica religiosa, da parte del futuro stato rivoluzionario ed operaio. [45]

In terzo luogo pesò sicuramente l’ateismo adottato da Marx prima ancora della scelta comunista, concezione del mondo che lo portò almeno in parte a svalorizzare a priori fenomeni quali il comunismo religioso,  di un Weitling, di Cabet e via risalendo indietro nel tempo.[46]

Ma i tempi sono cambiati, permettendo tra l’altro di far luce ed evidenziare la tendenza collettivistica di matrice religiosa, nella sua continuità e forza propulsiva sia nel passato, anche remoto, che nel presente e nel futuro a medio termine.

Come ultima ricaduta, va sottolineato come anche l’ateismo marxista debba a nostro avviso prendere atto di questa “rivelazione” storica e cambiare necessariamente forme e modalità d’espressione. Se i cristiani di ispirazione socialista ed anticapitalista sono degli splendidi alleati strategici, l’ateismo militante del passato deve lasciare il posto all’ateismo della fraternità nei confronti della “linea rossa” religiosa, pur nell’onesto e chiaro riconoscimento degli inconciliabili punti di dissenso sulle rispettive concezioni del mondo, mantenendo invece una linea di scontro (ma solo su basi politico-sociali, e non filosofiche) frontale e senza compromessi con la “linea nera” religiosa, fedele alleata delle classi sociali dominanti.

Serve pertanto un neo-ateismo di matrice marxista, diverso da quello del passato.

L’ateismo della fraternità (a volte criticate) con i bisogni religiosi dei credenti ed il loro desiderio collettivo di una vita eterna e felice per sé stessi, i loro familiari/amici/conoscenti e l’intero genere umano.

L’ateismo della fraternità con il “Gesù socialista” e gli altri esponenti della linea rossa religiosa all’interno del mondo occidentale.

L’ateismo della fraternità (se necessario critica)  con i nostri compagni di lotta contro il sistema capitalistico, sinceri credenti nel “Dio degli oppressi e dei poveri” ed ostili al “dio del capitale” (Frei Betto): da Amos ed Isaia fino a Chavez/Morales.

Il processo di autocritica e di autoriforma su alcune posizioni tradizionali del marxismo rispetto alla dinamica religiosa presenta ovviamente sia dei rischi che dei lati negativi.

Innanzitutto sussiste il pericolo (minimale) di perdere, in tutto o in parte, la propria autonoma matrice ideologico-culturale e la propria concezione del mondo materialistico ed ateo; più incombente sarà invece il pericolo di dimenticare (dopo aver compiuto un analogo “capolavoro” rispetto alla linea rossa religiosa) la continua, fortissima ed ingombrante presenza della “linea nera” all’interno del fenomeno religioso occidentale, di dimenticare l’egemonia che essa esercita tuttora sulla maggioranza dei credenti in Europa ed America, con qualche eccezione nella regione latino-americana.

Egemonia esercitata tra l’altro da apparati e gerarchie ecclesiastiche assolutamente non riformabili, strutturalmente legate alla borghesia ed alle classi dominanti: non solo per il loro tradizionale antisocialismo e la loro scelta di campo filoclassista, ma anche per concrete ragioni materiali ed economiche che riguardano le chiese fondamentaliste protestanti e quella anglicana, ma soprattutto il Vaticano.

Come aveva ben dimostrato lo storico inglese David Yallop, a partire dall’inizio del Novecento l’alta gerarchia cattolica era riuscita ad avviare un lungo e progressivo processo di ristrutturazione del suo assetto proprietario, in precedenza basato in massima parte sui beni immobiliari. Proprio attraverso la consulenza e l’efficace azione di un abile manager quale B. Nogara, l’azienda-Vaticano si trasformò sotto il fascismo in una moderna holding capitalistica verso il 1929/45, acquisendo crescenti compartecipazioni azionarie nelle multinazionali italiane ed estere e creando nel 1942 una propria banca d’affari, lo IOR (Istituto per le Opere Religiose); in tal modo essa riuscì nei decenni successivi ad alimentare un notevole processo di accumulazione di aziende (Snia Viscosa, ecc.) e di pacchetti azionari, intrecciando simultaneamente lucrosi giri d’affari (legali o meno) con tutta una rete di società e capitalisti europei e statunitensi.[47]

Sempre incrementando il suo già notevole patrimonio immobiliare, la Vaticano-SpA ha mantenuto un notevole potere economico e finanziario anche all’inizio del terzo millennio, e figurando tra le principali lobbies economiche (ed ovviamente anche politico-sociali) del mondo capitalistico: pensare che tale multinazionale possa credere veramente all’“opzione preferenziale per i poveri”, o addirittura effettuare spontaneamente e “dall’alto” una scelta di campo filocollettivistica, significherebbe per i marxisti concedersi il lusso di credere ai miracoli, anzi ad uno dei più grandi miracoli possibili sul piano storico. Come disse il cardinale di New York F. Spellmann, “dopo Gesù Cristo, la cosa più grande che è capitata alla Chiesa cattolica è Bernardino Nogara”: tra Dio e Mammona, il Vaticano ha scelto di… tenerseli entrambi.[48]

Inoltre è utile che i marxisti si interroghino sulla possibilità che il processo di autocritica ed autoriforma venga realmente intrapreso dal movimento comunista.

A nostro avviso c’è spazio per un ragionevole ottimismo, visto che la tesi dell’alleanza strategica tra cristiani anticapitalisti e marxisti è già stata avanzata e proposta da lungo tempo, come si è già notato in precedenza, da un leader autorevole come Fidel Castro e dal partito comunista cubano, trovando un’eco favorevole anche in gran parte della sinistra latino americana.

Anche in Asia, seppur in un ben diverso contesto storico  geopolitico e culturale, stanno emergendo alcune novità significative rispetto al passato sul nodo delicato del rapporto tra religione e socialismo. Infatti nel corso di un’importante riunione del Politburo del partito comunista cinese (PCC), il segretario generale Hu Jintao ha rilevato giustamente, nel novembre del 2006, che “noi” (il PCC) “dobbiamo unire bene i credenti e le figure religiose presenti tra le masse intorno al partito e al governo, e lottare insieme con loro per costruire tutt’intorno una società prospera, mentre si affretta il passo verso la modernizzazione del socialismo”, tirando le conclusioni di una  sessione di studio dedicata alla questione religiosa.

In un precedente documento del 2006, intitolato “Decisioni del Comitato Centrale del PCC su un numero di questioni riguardanti la costruzione di una società socialista armoniosa”, veniva riconosciuta “la realtà oggettiva dell’esistenza a lungo termine delle religioni in una società socialista”. Visto che il PCC “si basa sulle masse del popolo, si fonda anche sui credenti religiosi”, si sottolineava che il partito doveva cercare di utilizzare al meglio la “loro forza vitale per costruire un socialismo con caratteristiche cinesi”.[49]

Sono solo dei germogli, ma in pieno sviluppo e in via d’espansione, della possibile trasformazione delle relazioni tra comunismo e religione, tra marxismo e credenti con aspirazioni socialiste: un nuovo inizio è possibile, in questo campo di “incontri mancati” per quasi due secoli.

 

[39] E. Mazzi, op. cit., pag.45 e 47/51, “Cristianesimo ribelle”, pag 45 e 47/51, ed. Manifestolibri

[40] Fidel Castro, op. cit., pag. 283/284

[41] Op. cit., pag. 144

[42] Op. cit., pag. 229

[43] S. Serra, “Comunisti e cattolici: la lunga marcia di Togliatti”, 20/06/2008, in www.sintesidialettica.it

[44] F. Castro, op. cit., pag. 282

[45] F. Engels, “AntiDuhirng”, pag. 336 e 338, Editori Riuniti

[46] J. Guichard, op.cit., pag. 55/56 e 60

[47] D. Yallop, “In nome di Dio”, pag. 97/98, Ed. Pironti

[48] Yallop, op. cit., pag. 103

[49] “Religion and its role in social harmony”, 20 novembre 2006, in English.peopledaily.com.cn

Ratzinger o fra Dolcino? 4 parte ed ultimaultima modifica: 2012-03-01T11:00:00+01:00da iskra2010
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