No all’autoritarismo sociale e politico

 

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da Angelo Ruggeri

L’orgia del potere dei vecchi e nuovi “colonnelli” greci e “taliani”del capitalismo finanziario

SIAMO TUTTI GRECI. Oltre che per le misure di “povertà programmata” anche perché, similmente all’antica democrazia,quando in Grecia si “strappò” la democrazia passando dall’Assemblea dei 5000all”Assemblea dei 500, per non ridurre i “costi della politica” e non tagliare i finanziamenti ai “partiti” e la spesa per i parlamentari in carica,qui ed oggi si vuole ridurre la rappresentanza popolare (dimezzarla) riducendo il numero dei Parlamentari .Dell’approccio “tecnico”del governo Monti e raccomandato dal gruppo Bilderberg si sono appropriati anche gruppi e personalità della “sinistra”, per approcciare, mascherandolo come “progetto tecnico” (sic!), una “revisione autoritaria” della Costituzione.

E’ urgente capire il nesso irrefutabile tra l’attacco all’art. 18, le misure di “povertà” del governo Monti e tale progetto di “revisione costituzionale” (annunciato dal “capo” berlusconiano Alfano, da “Casini figlio del Forlani travolto da Tangentopoli e da Bersani”) destinato a sconvolgere, in senso autoritario di tipo anglosassone, l’intero sistema sociale e politico della Costituzione democratica:che in quanto autoritariopuò sempre degenerare in totalitario, come la storia ha dimostrato anche e proprio in Italia e in Germania degenerate dall’autoritarismo liberale nel totalitarismo fascista, stante il nesso dimostrato (in ogni latitudine) tra Stato autoritario liberale ed il suo “mono” del potere monocratico del Premierato che facilita e apre la strada verso lo Stato totalitario fascista retto sul “mono” di potere del Premierato che fu introdotto nel 1925 dall’arrembante mussolinismo.

GENERALIZZARE LO SCIOPERO DEL 9 MARZO SUPERANDO IL MAGGIORITARIO SINDACALE E L’UNITA’ DEI SINDACATI MAGGIORMENTE RAPPRESENTATIVI (che divide dalle altre organizzazioni sindacali e rappresentanze di base) PER REALIZZARE L’UNITA’ DI CLASSE, DEI CETI POPOLARI, STUDENTI E LAVORATORI TUTTI.

Contro l’attacco al potere sociale dei lavoratori e contro la “ristrutturazione” in senso autoritario del sistema sociale e di quello politico della Resistenza e della Costituzione che aveva avviato un processo di democratizzazione della società, dello Stato e delle imprese, processo subito contrastato dalle forze del capitalismo internazionale interessate ad equiparare l’ostracismo al comunismo la lotta al nazi-fascismo e poi progressivamente ad equipararlo all’ostracismo della democrazia.

SIAMO TUTTI GRECI. La proposta avanzata col bipartisan accordo extraparlamentare è del tutto simile a quello della Baita valtellinese tra Calderoli, l’ex carabiniere di AN Gasparri e Tremonti, che portò al progetto di “revisione costituzionale” in senso autoritario di Berlusconi, respinto dal popolo nel referendum del giugno 2006 e contenente le stesse proposte, ora concordate nella riunione privata e segreta, dal “berlusconiano” Alfano, dall'”antiberlusconiano” (sic!) Bersani e dal Casini “figlio” politico del Forlani di Tangentopoli”. Accordo che propone anche la famigerata cosiddetta “sfiducia costruttiva” (derivata dal Führer-prinzipgermanico) per la cui definizione hanno dato mandato extraparlamentare al nomen omen VIOLANTE che non è parlamentare; ed arrivare anche alla eliminazione del “bicameralismo eguale” con un “bicameralismo diseguale” ovvero una Assemblea dei notabili, con il pretesto di fare la rappresentanza regionale (ovvero il Senato c.d. non elettivo ma dei nominati) tipico dei PARLAMENTI BORGHESI COME QUELLO AMERICANO E INGLESE e quale c’era nell’800 e nel pre-fascismo con un Parlamento diviso in Camera alta e Camera bassa.

C’è unmotivo fondamentale per la democrazia per cui i Costituenti decisero che i Senatori fossero 315 e i deputati 630 scelti in numero proporzionale alla densità delle zone circoscrizionali: ovvero dare alla sovranità popolare un’ampia rappresentanza, affinché potessero essere rappresentate tutte le forze e tutte le minoranze sociali e politiche e di ogni tipo (proporzionalmente rappresentate affinché tutta la società sia rappresentata e tutti possano contare e partecipare per quello che proporzionalmente rappresentano) .

E sono le minoranze e le forze politiche e sociali e soprattutto di classe che vogliono ulteriormente escludere dal Parlamento riducendo il numero dei parlamentari (Mussolini li voleva ridurre a 400) non bastandogli ancora di riuscire già ad escluderle, tagliando alla base, le rappresentanze sociali e di classe tramite le soglie di sbarramentoelettorale (per decidere quale sarà dal 4 al 10 % hanno concordato di farlo dopo le prossime elezioni amministrative)o/e con il maggioritario.

Il principio maggioritario, infatti, con il ritorno ad una tipologia di rapporti politico-istituzionali, sotto il segno di “destra/sinistra” si limita a rappresentare la natura dicotomica dei rapporti tutti interni alla classe dirigente della borghesia vecchia e nuova da quando è nato lo stato di diritto. Sì che, dietro alla cifra elettorale che segna il limite tra maggioranza e minoranza, seleziona la rappresentanza solo all’interno della classe borghese e cela il dato più essenziale che è rinvenibile nella rimessione del conflitto di classe alle sole forze che si suddividono l’arena parlamentare (dalla quale vengono escluse le forze che collidono con il sistema capitalistico), tagliando fuori la classe operaia con il ritorno alle forme politiche di una rappresentanza non più anche sociale e di classe ma solo di “ceto politico”, che si divide solo per la gestione delle “spoglie del potere”, avendo preventivamente tutti optato – come quotidianamente tutti ribadiscono – per i valori del mercato, in sintonia con i potentati economico-finanziari.

Nel caso del passaggio dal metodo proporzionale al metodo maggioritario il popolo ha subìto l’influenza che nel 1993, in contraddizione con lo spirito prevalente negli anni 1967-’75, ha espresso la convergenza tra i gruppi di potere della borghesia schieratisi nei “comitati promotori” del referendum, d’intesa con i gruppi dirigenti del PDS e del PPI in stridente contrasto con la storia degli anni 1944-’48 e di tutto il periodo che va sino al 1992, ponendo le basi dell'”entrata in campo” di Berlusconi.

Nel caso del referendum sulla revisione della seconda parte della Costituzione, si è verificata una partecipazione spontanea quanto imprevista di cittadini lasciati alla quasi esclusiva loro sensibilità in favore del tipo di democrazia nata con i caratteri della fase costituente, rivelando una insospettata capacità di autonomia dal “tecnicismo costituzionalistico”, usato contro le culture sociali su cui è fondata l’intera Costituzione per coprire il senso dell’operazione in corso sì da legittimare ora il blocco delle spinte eversive del centrodestra, indotte dall’insipienza del centrosinistra, specialmente con la “bicamerale D’Alema”.

Sta ora alle forze più genuinamente democratiche di assumere come propria una battaglia culturale e politica di “rilancio” della Costituzione, che non può farsi quindi inserendosi acriticamente nella scelta di uno dei “figurini” istituzionali assunti “in prestito” da visioni estranee alla storia del movimento operaio, ma sottolineando quali sono le precise irrinunciabili implicazioni, sul nesso tra la forma di governo “parlamentare” e le autonomie sociali e politiche, della lotta per la “forma di Stato” imperniata sulla trasformazione dei rapporti sociali: assumendo quindi come punti di non ritorno, da un lato la legge elettorale proporzionale “pura” senza “abbattimenti alla base” come in Germania, e dall’altro il ripudio del federalismo quale forma di neo-accentramento funzionale al capitalismo nazionale e internazionale che esalta l’accorpamento delle classi dirigenti dello “Stato federale” e degli stati (o regioni) “membri”, nella collusione istituzionalizzata per il comando, dall’alto, degli interessi che qualificano i rapporti di produzione e una politica ridistributiva dominata, in duplice combinata forma, dal centro e dalle regioni “satelliti”, nelle mani di “governatori” istituiti per meglio contenere le spinte di massa sul territorio.

Si rende necessario aprire un dibattito di massa che demistifichi l’ingegneria istituzionale di cui si sono appropriati anche gruppi e personalità di sinistra per rilanciare il nesso tra questione sociale e questione istituzionale, come si fece nella fase costituente quando l’egemonia era della cultura politica marxista e cattolico-democratica, e non dei “giuristi accademici”, come “ceto” che sostituisce l’ideologia giuridica all’ideologia democratica della Repubblica fondata sul lavoro che, contro la cosiddetta “sfiducia costruttiva” cita la tempestiva denuncia, pubblicata sulla rivista “Valori, del progetto bipartisan da AN a Rifondazione, con cui nella penultima legislatura, anche le “sinistre” ed RC proponevano che “se il Presidente del Consiglio indicato nella mozione di sfiducia non la ottiene, “il Presidente della Repubblica scioglie le Camere e indice nuove elezioni”: soluzione che, viceversa, nella Costituzione di Bonn è prevista solo come un’alternativa al diniego della fiducia chiesta dal cancelliere nell’esercizio delle sue funzioni.

Così, soprattutto, “sinistre ed RC richiamavano il progetto Berlusconi, vituperato proprio per aver ipotizzato lo scioglimento della Camera imposto al Presidente della Repubblica nel caso di approvazione di una mozione di sfiducia del “premier”.

Per evitare la sordina e il silenzio calato su tali modifiche reazionarie alla Costituzione serve un dibattito di massa iniziando col GENERALIZZARE LO SCIOPERO DEL 9 MARZO SUPERANDO IL MAGGIORITARIO SINDACALE E L’UNITA’ DEI SINDACATI MAGGIORMENTE RAPPRESENTATIVI (che divide dalle altre organizzazioni sindacali e rappresentanze di base) PER REALIZZARE L’UNITA’ DI CLASSE, DEI CETI POPOLARI, STUDENTI E LAVORATORI TUTTI.

No all’autoritarismo sociale e politicoultima modifica: 2012-03-08T12:10:00+01:00da iskra2010
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