Mercato del lavoro. Dagli anni 90 variabile dipendente dal saggio di profitto. La riforma tra arroganza e insolenze è cruciale per il capitalismo

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di Angelo Ruggeri

 

“Mercato del lavoro”? Dalla separazione tra sociale ed economico (alimentata oggi anche dal mistificante slogan dei “beni comuni”) con separazione delle politiche economiche dalle politiche di occupazione e del “mercato del lavoro”, lavoro ed occupazione sono state rese (dal PD e da CGIL e “sinistre” di varie specie) “variabili dipendenti” dal saggio di profitto delle imprese e dal sistema di accumulazione capitalistico ed ancor più un “mezzo” per la specificazione e la redistribuzione del reddito, facendo man bassa su salari e pensioni in una fase in cui si torna a parlare di scarsità del Capitale e di insufficienza dell’accumulazione, questione cruciale del capitalismo di cui non si occupano e neanche mai parlano la politica e i sindacati.

Con l’occasione dell’allegato che ho ricevuto e trasmetto, sottolineo e ricordo – dato che pochi o nessun altro lo fa – la necessità di andare alla radice della questione del cosiddetto “mercato del lavoro”, che permette a borghesi e banchieri di governo di essere arroganti ed insolenti, ma sapendo che tali comportamenti sono necessitati da quella che è la questione più cruciale del capitalismo, ovvero la questione del sistema di accumulazione capitalistica e dell’insufficienza dell’accumulazione: a fronte della crisi e della distruzione continua di capitale che nelle Borse “brucia” ilplusvalore sottratto ai lavoratori nella fabbrica nel processo produttivo.

Plusvalore delle imprese e delle risorse prodotte dalle industrie che si è voluto lasciare del tutto sottratto al controllo sociale e politico: sì che viene liberamente e “liberisticamente” usato dal capitalismo burocratico, industriale-finanziario, per la speculazione borsistica che incrementa in modo esponenziale la criminalità economica.

Andare alla radice significa denunciare anzitutto il fatto stesso di parlare di “mercato del lavoro”, avendo voluto rompere il nesso tra lavoro ed economia, con una separazione introdotta e accettata dagli stessi sindacati già dalla fine degli anni fine ’80. Sicché, separando il sociale e quindi il lavoro e l’occupazione dall’economico, si è mistificato che fosse possibile affrontare le questioni dell’occupazione,e del c.d. “mercato del lavoro”, dalla politica economica ed industriale, dalle politiche degli investimenti e dello sviluppo.

Quale politica del lavoro e dell’occupazione è mai possibile senza collegare alle politiche economiche e industriali?

E questo che porta alla rinuncia del controllo sociale dell’impresa per cui l’impresa è “delegata” alla gestione delle risorse prodotte dal lavoro nel modo che più le piace essendo stata resa del tutto incontrollata, “autonoma” e del tutto “irresponsabile” rispetto alle politiche per l’occupazione, di cui sono chiamati a gestire, in modo residuale e “assistenziale”, le conseguenze e le ricadute sul mercato del lavoro provocate dalle imprese liberate, liberisticamente, da ogni tipo di controllo sociale e politico. Per cui ora, “giustamente”, le imprese capitalistiche industriali e finanziarie si rifanno ricattando lavoratori e sindacati trasformati in “riparatori” dei danni del capitalismo, se non anche in cani da guardia della concorrenza e accumulazione di impresa.

Andare alla radice, quindi, assieme alla valutazione e considerazione sull’attuale azione di governo volta alla deformazione e ristrutturare, in senso autoritario, tutti i rapporti sociali e – non dimentichiamolo- i rapporti istituzionali e politici tramite pseudo riforme del sistema elettorale che manterrebbero il carattere anti-proporzionale, nonché tramite le “proposte” di “riforma costituzionale” avanzate dalGroup “Cirielli” per la prescrizione dei reati di corruzione (Casini, Berlusconi, Fini, Alfano) a cui si uniscono PD e IDV per sostenere il governo delle politiche e delle idee fallite, negli ultimi vent’anni, di incremento anche della corruzione, e di cui è stato sempre, per tutti gli ultimi 20 e 30 anni, tra i principali responsabili e protagonisti il Monti delle idee fallitee della esplosione della crisi.

Crisi che si vuole approfondire con le politiche e le idee fallite al fine di realizzare un sistema di poteri non elettivi e autoritari nazionale ed internazionale del capitalismo finanziario che ha IL BISOGNO VITALE DI SOSTENERE ED ALIMENTARE IL SISTEMA DI ACCUMULAZIONE – QUESTIONE CRUCIALE DEL CAPITALISMO E SOTTACIUTA DA TUTTI – FACENDO MAN BASSA SUI SALARI, SULLE PENSIONI, SUI RISPARMI COLLETTIVI ED INDIVIDUALI, SULLE RISORSE E LE PROPRIETA’ DEMANIALI E PUBBLICHE.

Tra queste la possibilità di licenziare quand’anche l’impresa non fosse in crisi ma abbia soltanto un saggio di profitto meno alto quanto essa vorrebbe: questo dice la “riforma” del “mercato del lavoro” (sic!) introdotta in Spagna ed elogiata come modello da Monti sponsorizzato da Napolitano che non si perita di andare a Melfi ad accompagnare in fabbrica i lavoratori reintegrati né di andare a Pomigliano a verificare, Lui, che è custode della Costituzione, la discriminazione nelle assunzioni operata nei confronti dei lavoratori Fiat.

 

Da Angelo Ruggeri

di Franco Pinerolo

LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO CARATTERIZZATA DA UN METODO ARROGANTE E DICHIARAZIONI INSOLENTI.

Come si concluderanno gli incontri tra governo e sindacati sul mercato del lavoro, se verrà cancellato in parte l’articolo 18 o se verranno ridotti gli ammortizzatori sociali come ad esempio la cassa integrazione speciale, è presto per dirlo. Quello che è certo, è che il metodo arrogante con cui il governo ha condotto fin qui i colloqui, e anche le dichiarazioni provocatorie e offensive che li hanno preceduti e accompagnati, hanno dimostrato che Monti e la sua compagine governativa sono una variante colta e rozza della destra europea, sprezzante e lontana mille miglia dalla gente umile che cerca lavoro. Non ci resta che auspicare che il sindacato confederale seduto al tavolo faccia più come San Tommaso che non come Santa Lucia, la quale, poverina, non vedendoci, accettava al buio tutto quanto la vita le offriva.

IL GOVERNO DELLE INSOLENZE.

Una sequela di beceri luoghi comuni e di battute grezze e ineleganti da parte del governo Monti, ha accompagnato l’andamento dei colloqui.

1) Ha iniziato lo stesso Presidente del Consiglio, parlando della “monotonia del posto fisso”, proprio quando un terzo dei giovani italiani non ha un posto di lavoro e, probabilmente, non potrà mai accedere ad un mutuo per la casa, farsi una famiglia e magari avere dei figli. Sono parole che suonano come provocazioni di fronte al dramma dei cinquantenni dell’Eutelia, delle quarantenni dell’Omsa, dei sessantenni dell’Iribus che hanno perso il lavoro, e di tutti i cassintegrati senza speranza di reintegro e i licenziati che il posto di lavoro lo sognano di notte! Il suo attacco al posto fisso, in un momento in cui la gente ha paura del domani, e’ tipico di un accademico straricco e arrogante che non sa davvero come vivono le persone nella vita reale.

2) Monti ha poi sostenuto la tesi ignobile delle troppe tutele di cui beneficerebbero i padri, da ridurre per estenderle ai figli. Un bieco espediente propagandistico per ottenere, come avvenuto anche in passato, una riduzione generalizzate dei diritti per tutte e per tutti.

3) Monti ha poi affermato la tesi che l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori va eliminato perché, secondo lui, costituirebbe un ostacolo per gli investimenti stranieri e la crescita economica in Italia. Una tesi falsa che fa rimpiangere lo zio di Bonanni e che perfino uno studente del primo anno di Economia saprebbe facilmente smentire. L’incapacità di attrarre e creare investimenti dipende infatti dalla palude kafkiana della burocrazia, dalla corruzione che pesa su ogni passaggio dei processi autorizzativi, dall’arretratezza di infrastrutture nel nostro Paese che rallenta, in misura spesso proibitiva, la circolazione delle merci e delle persone, dalla piaga della criminalità organizzata, dalla lentezza del nostro sistema giudiziario che rende difficile recuperare un credito in tempi brevi, dal ritardo da parte dello Stato nel pagamento delle forniture; dal mancato accesso al credito per le imprese, dovuto all’utilizzo speculativo dei fondi da parte degli istituti bancari, vero motivo del calo dello spread, attribuito invece, erroneamente, a Monti; da un sistema fiscale esagerato che andrebbe diminuito come fece a suo tempo Prodi col il cuneo fiscale, facendo costare meno il lavoro a tempo indeterminato, e di più il lavoro precario.

Se dopo aver detto tutte queste cose Monti è ancora al suo posto a governare l’Italia, vuol dire proprio che il berlusconismo in Italia è ancora tristemente vivo e molto diffuso!

4) la catena di insolenti luoghi comuni e di battute stolte è proseguita con la dichiarazione del Ministro Cancellieri la quale ha sostenuto che i giovani vogliono il “posto fisso nella stessa città di fianco a mamma e papà”. Forse il Ministro non sa che i giovani italiani sono per lo più disoccupati o precari nonostante si diano da fare per rendersi autonomi, e che i dati ufficiali ne smentiscono il presunto immobilismo. Secondo lo Svimez, infatti, a un anno dalla laurea il giovane meridionale si trova distante da casa 214 chilometri e nel 2010 250 mila giovani si sono spostati dalle regioni meridionali ad altre aree del Paese. Almalaurea certifica poi che la media italiana di giovani laureati che si spostano è alta e la distanza media è di circa 88 Km. Ma probabilmente i nostri professoroni sono troppo ricchi e benestanti per sapere cosa significhi per una persona cambiare casa, quanto costa andare in affitto magari dove capita, lasciando forse la casa ereditata dai genitori, spostando i figli da una scuola all’altra, abbandonando il coniuge che non può trasferirsi. Lor signori sicuramente non hanno mai avuto problemi di questo tipo!

5) A tutto ciò si aggiungono le sparate del rampante Martone sui giovani laureati oltre i 28 anni, definiti rozzamente “sfigati”; le deliranti dichiarazioni dello stesso Monti su un presunto”apartheid tra chi per caso e per età è già dentro e chi fa fatica ad entrare” nel mondo del lavoro, lasciando intendere che i lavoratori con contratto a tempo indeterminato e le sacrosante tutele sindacali e di legge di cui godono sarebbero i responsabili dell’emarginazione dei giovani nel precariato; oppure la recente inaccettabile provocazione del Presidente di Confindustria Marcegaglia sui sindacati che difenderebbero assenteisti cronici e ladri, una dichiarazione assurda e insensata, quando invece Confindustria farebbe meglio a guardare in casa propria il mancato rispetto delle misure di sicurezza sul lavoro, i capitali che spariscono illegalmente all’estero e gli imprenditori che intrallazzano con le cricche di ogni tipo, come la P3, la P4 ecc.

I RAPPORTI CON I SINDACATI

1) COLLOQUI PURAMENTE FORMALI. Monti ha sempre autoritariamente respinto l’idea del negoziato con il sindacato, fin dalla prima manovra su Ici, benzina e pensioni, ritenendo, evidentemente, la trattativa con le parti sociali una cosa superflua e pressoché inutile .

Lo stesso Ministro Fornero si è presentata alla discussione coi suoi interlocutori sindacali senza uno straccio di documento ufficiale, solo con semplici accenni e leggendo qualcosa senza consegnarlo, quasi a far intendere che il governo sa già quel che vuole fare e del parere dei sindacati può fare benissimo a meno, come del resto ha affermato in premessa lo stesso Ministro. Dopo il primo incontro la Fornero ha, addirittura, proposto alle parti sociali di proseguire con una sorta di scambio telematico via web o per telefono o email al posto dei colloqui, svelando la logica puramente formale e ininfluente data agli incontri coi sindacati. Perfino il documento unitario messo a punto il 17 gennaio scorso dalle segreterie nazionali di CGIL, CISL e UIL per il confronto con il governo e la Confindustria non è stato preso in considerazione.

Questi comportamenti sono tipicamente reazionari e ci riportano a una logica più ottocentesca che moderna, facendo assomigliare, terribilmente, il governo Monti a quello mai rimpianto di Berlusconi che l’ha preceduto.

2) PROPOSTE CHE NON SI POSSONO RIFIUTARE. Monti e il Ministro Fornero hanno più volte prepotentemente dichiarato ai giornali che il governo sarebbe andato avanti nel suo progetto lo stesso, anche senza dialogo e accordo con le parti sociali, perfino avvalendosi di ‘maggioranze variabili’ in Parlamento, sfidando i partiti in disaccordo a votargli contro. E anziché ricercare con pazienza un’intesa al tavolo del confronto, la Fornero ha poi posto intimidatorie scadenze in tempi brevi ai colloqui coi sindacati, troncando così in maniera arrogante lo spazio del confronto. Comportarsi in questo modo quando è in atto lo svolgimento di colloqui appare di una scorrettezza unica, e ci si può aspettare che fra pochi giorni il Ministro si presenti al tavolo con un pacchetto di proposte intrattabili.

IN CONCLUSIONE

L’insolenza e l’arroganza dimostrata da Monti e dai suoi Ministri non lascia presagire nulla di buono sull’articolo 18 e gli ammortizzatori sociali, e c’è il fondato motivo che il governo possa ripetere lo stesso schema della manovra su ICI, pensioni e benzina, ovvero il “ME NE FREGO! SI FA COSÌ E BASTA”.

MA QUESTA VOLTA NON PUÒ FINIRE COME A DICEMBRE, QUANDO C’È STATA UNA TOTALE RESA E MANCANZA DI REAZIONE DA PARTE SINDACALE, PALESANDO TUTTA L’INUTILITÀ DELLA SUA FUNZIONE!

RICORDIAMOCI DI QUANTO AVVENNE NEL MARZO 2002, QUANDO SI TENTÒ L’AFFONDO CON L’ABOLIZIONE DELL’ART.18, E L’ALLORA GOVERNO BERLUSCONI DOVETTE BATTERE IN RITIRATA DAVANTI A UNA MOBILITAZIONE VERAMENTE DEGNA DELLA CGIL CHE PORTÒ IN PIAZZA A ROMA TRE MILIONI DI LAVORATRICI E LAVORATORI.

SE IL GOVERNO MONTI VORRA’ ANDARE AVANTI DA SOLO FREGANDOSENE DEI LAVORATORI, DEI PRECARI, DEI SINDACATI E DEI PARTITI CHE NON SONO DACCORDO, STAVOLTA DOVRA’ TROVARE A SBARRARGLI LA STRADA LA PRONTA MOBILITAZIONE DELLA PIAZZA!

25 febbraio 2012

 

Mercato del lavoro. Dagli anni 90 variabile dipendente dal saggio di profitto. La riforma tra arroganza e insolenze è cruciale per il capitalismoultima modifica: 2012-03-28T08:24:00+02:00da iskra2010
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