di MOWA
1969: ho vissuto quegli anni e, pur essendo molto giovane, ne sono stato protagonista, dunque non solo uno spettatore ma attore di quanto avveniva. Ho visto sia manifestazioni che hanno dato la morte ad Annarumma sia manifestazioni che condannavano, giustamente, gli assassini di Aldo Moro che consideravamo terroristi e nemici della classe operaia. Ho, allora, lottato perché si facesse luce su molti episodi che sono stati poco chiari e su cui, faticosamente, le indagini della magistratura hanno aiutato a fare chiarezza. Ho litigato, perso amici e compagni, proprio perché ritenevo importante vedere le cose con “i propri occhi” e non con le lenti di altri… ed in alcuni momenti della mia vita, per tutto questo, ho pagato pesantemente, ma non tornerei indietro di un millimetro perché in casa mia si respirava la voglia di verità che era sinonimo di progresso e civiltà.
Ora, avendo, con l’età, raggiunto una pacata consapevolezza, posso dire di essere contento per non aver intrapreso altre strade che mi avrebbero portato, come molti che ho conosciuto, a fare compromessi nelle scelte quotidiane, ma, soprattutto, con me stesso.
In questi giorni ho avuto occasione di vedere il film “Romanzo di una strage” del regista Marco Tullio Giordana (che ringrazio di cuore) che parla delle montature di quello “Stato deviato” (imbevuto di massoni, gladiatori, prezzolati e fascisti) e, mentre sullo schermo, scorrevano le immagini io rivivevo molti di quei momenti, percepivo, persino, l’odore dei lacrimogeni e risentivo lo stato d’animo delle persone che frequentavo. Mi sono, allora, tornate alla mente le parole d’ordine che, senza convinzione né “parte”, durante le manifestazioni, passavano di bocca in bocca ripetute, come le litanie di un rosario recitato in chiesa.
Dicevo che, a quei tempi, ho litigato molto e con molti compagni perché non gradivo la ritualizzazione che vedevo lontana da quel marxismo che avevo percepito come una liberazione da queste cose e che, invece, ritornava indietro come un boomerang … (chissà?) forse per la dominante cattolica presente nei movimenti che riaffiorava sempre ed in forme diverse. Identificavo quella “ritualizzazione” come una liturgia di azioni terroristiche grette, acritiche ed avventuriste che sono tipiche di chi persegue un credo a cui deve tutto aprioristicamente (ed è forse, per questa analogia ideologico-comportamentale che gli integralisti cattolici di CL, Compagnie delle opere ecc. hanno “abbracciato cristianamente” diversi assassini/terroristi nelle loro file come, ad esempio: Marco Barbone – omicida del giornalista Walter Tobagi?).
Mentre guardavo il film risentivo nelle orecchie le urla di chi voleva la “testa di Calabresi” ritenuto responsabile della morte dell’anarchico Pinelli… ma, nel frattempo, risentivo, anche, la mia rabbiosa insistenza nel chiedere ai miei compagni di valutare con più attenzione prima di urlare tali scemenze. Però, ahimè!, la propaganda del giornale “Lotta Continua” era veramente capillare… troppo capillare! “Stranamente” capillare!? Tanto che ho potuto constatare, anni dopo, che la Cia aveva già un suo uomo nella redazione del quotidiano: Robert Hugh Cunningham jr. e, “coincidenza” vuole, che allo stesso, identico, indirizzo di Lotta Continua (via Dandolo 10 – Roma) avesse sede anche la Dapco, casa editrice del “Daily American” il giornale finanziato da Robert Hugh Cunningham sr. (padre) collaboratore di Richard Helms capo della CIA. (vedi libro di Victor Marchetti Culto e mistica del servizio segreto ed. Garzanti) (1)
Ma allora tanto fece breccia nelle menti di ognuno di noi quella propaganda da mettere in discussione, anche ad indagine conclusa, la responsabilità degli assassini e mandanti (Sofri, Marino, Pietrostefani e Bompressi) del commissario Calabresi… come se, anche a distanza di tempo, lo Stato avesse un conto da far pagare a “qualcuno” per quella morte rimasta a lungo come in sospeso, nel vuoto.
Ma perché lo Stato avrebbe dovuto?
La morte di una persona è la privazione di tutto, anche per i famigliari e questo è quello che ha, sicuramente, contato per lo Stato italiano al di là di ogni altra considerazione. Perché pensare che Sofri e gli altri che sono stati incolpati dell’omicidio Calabresi fossero stati vittima di una macchinazione, come erroneamente alcuni hanno fatto negli anni ’70, è come dargli il patentino di “partigiani” rispetto ad uno “Stato tiranno”, non di quello nato dalla Resistenza al nazi-fascismo.
Stato perfettibile ma non, ancora e fortunatamente, dittatoriale.
Devo, sinceramente, ringraziare molti magistrati ed investigatori dello Stato che hanno saputo dare voce alle riserve che avevo allora e tradurre quell’“inquinamento politico” di cui siamo ancora, purtroppo, pervasi… accertando (ed il film ci aiuta moltissimo a ricostruire quella verità storica più che giudiziaria) quelle che furono le responsabilità sia di persone come il miliardario Feltrinelli che usava i soldi per aiutare dubbie figure, sia di persone come l’onorevole Aldo Moro che ha pagato per le sue perplessità riguardo le azione di uomini infedeli allo Stato con il sequestro della propria persona e con la vita stessa per mano di alcuni terroristi che, oggi, lavorano in società amministrate da ciellini. (Sic!)
Viene data ospitalità ai “Caino” e si compiangono, invece, gli “Abele”?
Tante sono le domande che vorrei porre a coloro che furono i protagonisti, a sinistra, di quegli anni ed in particolare:
“Perché, dunque, non ammettere quanto poco corretti ed onesti intellettualmente siano stati molti che reputavamo compagni e che facevano, invece, (o fanno) il doppio gioco?”
“Perché costoro non vogliono liberarsi dalle paure, del sentirsi tirati in ballo?”
Forse, se raccontassero, pubblicamente, quello che hanno vissuto in prima persona si farebbe, finalmente, un po’ di chiarezza.
Vedere questo film, farebbe, terapeuticamente, bene perché è, decisamente, molto fedele ai fatti e, quindi, alla ricostruzione storica che i detrattori (come Sofri) vogliono rimestare.
Parlando di quegli anni, poi, ci sono domande che non hanno, ancora, risposta.
“Perché nei 2 libri di Saverio Ferrari non viene mai citato il nome di Aldo Bonomi che ebbe a che fare con gli anarchici del Ponte della Ghisolfa e diede il passaporto, per scappare, a Gianfranco Bertoli (il finto anarchico che lavorava per diversi servizi segreti e Gladio) che mise la bomba alla Questura di Milano. Quel Bonomi che ebbe, anche, rapporti sia con il MAR del golpista Carlo Fumagalli che con le BR, tanto da essere condannato in 1° grado a quattro anni?” (2)
“Perché molte persone di sinistra continuano ad invitare Aldo Bonomi a convegni, ed altro, e non gli pongono domande su quali relazioni abbia avuto con tutto questo?”
“E vista l’estrazione politica di molti “padani” che avevano, in passato, aderito, a movimenti dell’estrema destra, come Ordine Nuovo, può essere considerato pura coincidenza il fatto che uno dei protagonisti della strategia della tensione, coinvolto per la bomba di piazza Fontana, abiti da anni a meno di 100 metri dalla sede leghista di via Bellerio?”