Rapporti sociali e istituzionali contro la democrazia

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di Angelo Ruggeri

Il fascismo non è stato una parentesi nella storia d’Italia, ma è qualcosa che risponde allo spessore reazionario della società italianache riemerge sempre (come oggi), figlio delle profonde contraddizioni, squilibri e arretratezze mai superate della società e del modo con cui si è formata l’Unità d’Italia.


Egregio …

in questi giorni ci stiamo rivolgendo, anche personalmente, a tutti coloro che stimiamo e che hanno dimostrato attenzione per l’impegno rivolto in difesa di istituti, principi e cultura che si usa definire con la parola “democrazia” (e che, invece, viene spesso usata per coprire l’opposto di quel che significa) e che hanno dimostrato, anche nel recente passato, “preoccupazione” rispetto ad una progressiva deriva “pre-fascista”, ed anche per il “rovesciamento” o la “dissoluzione” di tali istituti, principi e valori della Costituzione, affinché facciano tutto quanto è nelle loro facoltà e possibilità per sostenere a livello nazionale, internazionale ed anche con il loro prestigio, un impegno e una sensibilizzazione il più ampia possibile e di massa, volta a rilanciare una consapevolezza generalizzata e ad una “resistenza” di Rilancio della Costituzione, della democrazia e di tutte quelle che, con ragione, sono considerate conquiste storiche irrinunciabili per le quali, in difesa della democrazia, Lei stesso ha avuto modo e ha voluto esprimere apprezzamento e considerazioni particolarmente elogiative per coloro che in tal senso si sono impegnati . Ed è, quindi, anche a Lei che trasmettiamo valutazioni e considerazioni di contenuto (e su cui spesso si tace ed è stato calato il silenzio) che vanno ben al di là delle forme e del taglio, spesso condizionati e finalizzati alle esigenze immediate di denuncia e anche di stimolo e di sollecitazione ad una “mobilitazione”, appunto, per ampliare “consapevolezza” sia sull’irrefutabile nesso tra questione sociale e questione istituzionale quindi della Costituzione e della democrazia italiana (che tra “forme di governo” e “forme di stato“, sia tra il sociale, l’economico e lo Stato che tra “sovranità popolare” e forme di rappresentanza e quindi centralità o meno delle assemblee elettive rispetto allo stato-governo) e quindi apparato e burocrazia e sistema elettorale proporzionale puro e alle manipolazioni tecniche del voto popolare mediante le più svariate variabili tecniche elettorali antiproporzionali. In tale senso le uniamo all’appello per il proporzionale integrale a cui, se lo vorrà, ci farebbe piacere una sua eventuale adesione, ed anche un sintetico riassunto del vero significato dell’art.18 in vero affatto riducibile a quello su cui si appuntano sia le lamentele sindacali che gli strali ideologici degli esponenti del capitalismo finanziario internazionale e nazionale.

Con stima. Cordiali saluti. A. Ruggeri

 

Egregio…

in passato ci siamo “parlati” e “scambiati” la preoccupazione anche su quella che, allora, era ancora solo una “grave deriva” della democrazia non solo in Italia (che riguarda non solo chi è “italiano”) ed ora si palesa come “consolidamento” di lunga durata del rovesciamento nella suddivisione dei poteri ai vertici dei paesi occidentali che contano (non solo dell’Italia, quindi) in atto da quando, negli anni ’90, si pervenne all’abdicazione dei poteri decisionali fondamentalioperata dagli stati e dalla politica a favore (e quindi all’autorità decisionale) degli “esperti monetari” e cioè ai grandi istituti di credito privi di legittimazione elettorale (e noi abbiamo colto i contributi critici nelle analisi ed articoli come ad esempio la critica, a suo tempo svolta, da un economista come Halevi – e da noi ulteriormente argomentata – alla Tobin Tax e alle politiche economiche che si attuano in Europa, ecc.) politiche economiche che procedono di pari passo, e unitamente, al rovesciamento della“forma di stato” di democrazia sociale della Costituzione con la “forma di governo” di natura autoritaria – che storicamente può sempre degenerare nella forma totalitaria per il nesso tra AUTORITARISMO E TOTALITARISMO rappresentato dal “mono” di potere del “capo” o “premier” di governo e di cui con lei abbiamo parlato. Per tutto questo speriamo che tutti possano dare almeno uno sguardo a quanto avviene e abbiamo scritto e produrre reazioni e risposte o, almeno, qualche considerazione in merito che possa aiutare a rompere il SILENZIO con cui si sta procedendo non più solo nel rovesciamento di valori e principi su cui si è fondata la democrazia per la prima volta in Italia, anche in considerazione della stima che abbiamo e che abbiamo espresso anche in occasione del dibattito sul tema della ricostruzione post-bellica, ed anche dell’attenzione e della stima che Ella ha mostrato di avere verso di noi quando ha voluto indicarci come“il più determinato ed impegnato nella difesa ed il rilancio di quel che si riassume sotto il termine ‘democrazia’, il suo è un impegno – ha voluto scriverci – e argomentato che è senza pari e non trova eguali in Italia”.

Cosa di cui la ringraziamo e che ci stimola ad affermare che, in ogni caso, ogni suo eventuale contributo critico nel presente o nel futuro sarà da noi sempre apprezzato sia in merito a ciò di cui Lei si occupa più direttamente, sia in materia di quel che riguarda il diritto, la QUESTIONE DEMOCRATICA E COSTITUZIONALE, perché la democrazia non è materia né dei giuristi né dei politici in quanto tali, e può essere tale se a discuterne e ad appropriarsene non saranno appunto tali soggetti ma bensì in primis, i chimici, gli economisti, i fisici o a qualsiasi altra scienza appartengono così come le forze sociali e della democrazia di base organizzata, e i cittadini comuni, insomma degli uomini in quanto uomini.

Perché così è nata la democrazia e la nostra Costituzione e non certo per merito ed opera dei giuristi o “tecnici” del diritto che sono stati completamente esclusi ed estraniati dalla Costituente, proprio per escludere quella “ingegneria istituzionale” dei “tecnici” del diritto che per loro natura ed ideologia non avrebbero mai potuto immaginare e, tanto meno, costruire con un “nuovo diritto” del moderno costituzionalismo democratico e un sistema di “democrazia avanzata” (non più solo formale ma protesa a quella sostanziale) comunque diversa ed opposta a quello delle forme di governo occidentali dove vige l’anglosassone “governar decretando del capitalismo finanziario e che ora caratterizza i 100 giorni di Monti e non solo e il “governo per agenzie”,il tutto anche perché, mentre tutti gli altri “tecnici” delle altre scienze, nella separazione specialistica delle scienze e quindi nella frantumazione delle scienze delle conoscenze e delle coscienze, e quindi dell’unità del pensiero senza cui non esiste alcuna vera cultura, si tacciono e lasciano che il tutto venga delegato proprio a quegli stessi “tecnici” del diritto e giuristi ideologicamente omologhi alla cultura dello stato autoritario liberale e del pre-fascismo, che sono stati esclusi e volutamente ignorati dai padri costituenti e che ora, mettendo a disposizione la loro tale ingegneria (che nulla ha a che vedere con la democrazia), sono impegnati, come “tecnici”, al servizio degli stessi poteri finanziari capitalistici che Lei stesso sul versante delle politiche economiche, ha contribuito a criticare per la sudditanza palesata dagli Stati nei loro confronti.

Distinti e cordiali saluti. a.r.

 

Repetita juvant Attacco alla Costituzione

Oltre che per le misure di “povertà programmata” anche perché (similmente all’antica democrazia, quando in Grecia si “strappò” la democrazia passando dall’Assemblea dei 5000all”Assemblea dei 500), per non ridurre i “costi della politica” e non tagliare i finanziamenti ai “partiti” e la spesa per i parlamentari in carica, qui ed oggi si vuole ridurre la rappresentanza popolare (dimezzarla) riducendo il numero dei Parlamentari. Dell’approccio “tecnico” del governo Monti (raccomandato dal gruppo Bilderberg), si sono appropriati anche gruppi e personalità della “sinistra”, per approcciare, mascherandolo come “progetto tecnico” (sic!), una “revisione autoritaria” della Costituzione.

E’ urgente capire il nesso irrefutabile tra l’attacco all’art.18 e le misure di “povertà” del governo Monti e tale progetto di “revisione costituzionale” (annunciato dal “capo” berlusconiano Alfano, da Casini figlio del Forlani travolto da Tangentopoli e da Bersani) destinato a sconvolgere, in senso autoritario di tipo anglosassone, l’intero sistema sociale e politico della Costituzione democratica e che, in quanto autoritario,può sempre degenerare in totalitario, come la storia ha dimostrato anche, e proprio, in Italia e in Germania, degenerate dall’autoritarismo liberale nel totalitarismo fascista, stante il nesso dimostrato (in ogni latitudine) tra Stato autoritario liberale ed il suo “mono” del potere monocratico del Premierato che facilita e apre la strada verso lo Stato totalitario fascista retto sul “mono” di potere del Premierato che fu introdotto nel 1925 dall’arrembante mussolinismo.

È stato importante GENERALIZZARE LO SCIOPERO DEL 9 MARZO SUPERANDO IL MAGGIORITARIO SINDACALE E L’UNITA’ DEI SINDACATI MAGGIORMENTE RAPPRESENTATIVI (che divide dalle altre organizzazioni sindacali e rappresentanze di base) PER REALIZZARE L’UNITA’ DI CLASSE, DEI CETI POPOLARI, STUDENTI E LAVORATORI TUTTI.

Contro l’attacco al potere sociale dei lavoratori e contro la “ristrutturazione” in senso autoritario del sistema sociale e di quello politico nato dalla Resistenza e dalla Costituzione che aveva avviato un processo di democratizzazione della società, dello Stato e delle imprese, un processo che è stato, e non a caso, subito contrastato dalle forze del capitalismo internazionale interessate ad equiparare l’ostracismo al comunismo la lotta al nazi-fascismo e poi progressivamente ad equiparalo all’ostracismo delle democrazia.

La proposta avanzata col bipartisan accordo extraparlamentare è del tutto simile a quello della Baita valtellinese tra Calderoli, l’ex carabiniere di AN Gasparri e Tremonti, che portò al progetto di “revisione costituzionale” in senso autoritario di Berlusconi, respinto dal popolo nel referendum del giugno 2006 e contenente le stesse proposte ora concordate nella riunione privata e segreta, dal “berlusconiano” Alfano, dall'”antiberlusconiano” (sic!) Bersani e dal Casini “figlio” politico del Forlani di Tangentopoli. Accordo che propone anche la famigerata cosiddetta “sfiducia costruttiva” (derivata dal Führer-prinzipgermanico per la cui definizione hanno dato mandato extraparlamentare al “nomen omen” VIOLANTE che non è parlamentare; ed arrivare anche alla eliminazione del “bicameralismo eguale” con un “bicameralismo diseguale” ovvero un’Assemblea dei notabili, con il pretesto di fare la rappresentanza regionale (ovvero il Senato c.d. non elettivo ma dei nominati) tipico dei PARLAMENTI BORGHESI COME QUELLO AMERICANO E INGLESE e quale c’era nell’800 e nel pre-fascismo con un Parlamento diviso in Camera alta e Camera bassa.

C’è un motivo fondamentale per la democrazia per cui i Costituenti decisero che i Senatori fossero 315 e i deputati 630 scelti in numero proporzionale alla densità delle zone circoscrizionali: ovvero dare alla sovranità popolare un’ampia rappresentanza, affinché potessero essere rappresentate tutte le forze e tutte le minoranze sociali e politiche e di ogni tipo (proporzionalmente rappresentate affinché tutta la società sia rappresentata e tutti possano contare e partecipare per quello che proporzionalmente rappresentano) .

E sono le minoranze e le forze politiche e sociali e soprattutto di classe che vogliono ulteriormente escludere dal Parlamento riducendo il numero dei parlamentari (Mussolini li voleva ridurre a 400) non bastandogli ancora di riuscire già ad escluderle tagliando alla base le rappresentanze sociali e di classe tramite le soglie di sbarramentoelettorale (per decidere quale sarà dal 4 al 10 % hanno concordato di farlo dopo le prossime elezioni amministrative) o-e con il maggioritario.

Il principio maggioritario, infatti, con il ritorno ad una tipologia di rapporti politico-istituzionali, sotto il segno di “destra/sinistra” si limita a rappresentare la natura dicotomica dei rapporti tutti interni alla classe dirigente della borghesia vecchia e nuova da quando è nato lo Stato di diritto. Sì che, dietro alla cifra elettorale che segna il limite tra maggioranza e minoranza, seleziona la rappresentanza solo all’interno della classe borghese e cela il dato più essenziale che è rinvenibile nella rimessione del conflitto di classe alle sole forze che si suddividono l’arena parlamentare (dalla quale vengono escluse le forze che collidono con il sistema capitalistico), tagliando fuori la classe operaia con il ritorno alle forme politiche di una rappresentanza non più anche sociale e di classe ma solo di “ceto politico”, che si divide solo per la gestione delle “spoglie del potere”, avendo preventivamente tutti optato – come quotidianamente tutti ribadiscono – per i valori del mercato, in sintonia con i potentati economico-finanziari.

Nel caso del passaggio dal metodo proporzionale al metodo maggioritario il popolo ha subìto l’influenza che nel 1993, in contraddizione con lo spirito prevalente negli anni 1967-75, ha espresso la convergenza tra i gruppi di potere della borghesia schieratisi nei “comitati di promotori” del referendum, d’intesa con i gruppi dirigenti del PDS e del PPI in stridente contrasto con la storia degli anni 1944-48 e di tutto il periodo che va sino al 1992, ponendo le basi della “entrata in campo” di Berlusconi.

Nel caso del referendum sullarevisione della seconda parte della Costituzione, si è verificata una partecipazione spontanea, quanto imprevista, di cittadini lasciati alla quasi esclusiva loro sensibilità in favore del tipo di democrazia nata con i caratteri della fase costituente, rivelando un’insospettata capacità di autonomia dal “tecnicismo costituzionalistico”, usato contro le culture sociali su cui è fondata l’intera Costituzione per coprire il senso dell’operazione in corso sì da legittimare ora il blocco delle spinte eversive del centrodestra, indotte dall’insipienza del centrosinistra, specialmente con la “bicamerale D’Alema”.

Sta ora alle forze più genuinamente democratiche di assumere come propria una battaglia culturale e politica di “rilancio” della Costituzione, che non può farsi quindi inserendosi acriticamente nella scelta di uno dei “figurini” istituzionali assunti “in prestito” da visioni estranee alla storia del movimento operaio, ma sottolineando quali sono le precise irrinunciabili implicazioni, sul nesso tra la forma di governo “parlamentare” e le autonomie sociali e politiche, della lotta per la “forma di Stato” imperniata sulla trasformazione dei rapporti sociali: assumendo quindi come punti di non ritorno, da un lato la legge elettorale proporzionale “pura” senza “abbattimenti alla base” come in Germania, e dall’altro lato il ripudio del federalismo quale forma di neo-accentramento funzionale al capitalismo nazionale ed internazionale che esalta l’accorpamento delle classi dirigenti dello “stato federale” e degli stati (o regioni) “membri”, nella collusione istituzionalizzata per il comando dall’alto degli interessi che qualificano i rapporti di produzione ed una politica ridistributiva dominata, in duplice combinata forma, dal centro e dalle regioni “satelliti”, nelle mani di “governatori” istituiti per meglio contenere le spinte di massa sul territorio.

Si rende necessario aprire un dibattito di massa che demistifichi l’ingegneria istituzionale di cui si sono appropriati anche gruppi e personalità di sinistra per rilanciare il nesso tra questione sociale e questione istituzionale, come si fece nella fase costituente quando l’egemonia era della cultura politica marxista e cattolico-democratica, e non dei “giuristi accademici”, come “ceto” che sostituisce l’ideologia giuridica all’ideologia democratica della Repubblica fondata sul lavoro. Sulla rivista Valori è stata denunciata la cosiddetta “sfiducia costruttiva” del progetto bipartisan da AN a Rifondazione, con cui nella penultima legislatura, anche le “sinistre” ed RC proponevano che “se il Presidente del Consiglio indicato nella mozione di sfiducia non la ottiene, “il presidente della Repubblica scioglie le Camere e indice nuove elezioni”: soluzione che, viceversa, nella Costituzione di Bonn è prevista solo come un’alternativa al diniego della fiducia chiesta dal cancelliere nell’esercizio delle sue funzioni.

Così, soprattutto, “sinistre ed RC richiamavano il progetto Berlusconi, vituperato proprio per aver ipotizzato lo scioglimento della Camera imposto al presidente della Repubblica nel caso di approvazione di una mozione di sfiducia del premier.

Per evitare la sordina e il silenzio calato su tali modifiche reazionarie alla Costituzione serve un dibattito di massa.

Rapporti sociali e istituzionali contro la democraziaultima modifica: 2012-04-12T08:13:00+02:00da iskra2010
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