Quale finanziamento per quali partiti e quale democrazia – 1^ parte

 

IMG_3625+logoMOWA.jpg foto MOWA

di Angelo Ruggeri

Centro “Il Lavoratore” Attualità estrema

Dal “ventennio” fascista ad oggi, la storia italiana sembra procedere per “ventenni” che per molti aspetti sono assimilabili tra loro.

Quale finanziamento pubblico per quali partiti e per quale democrazia

 

Rimediare alla corruzione morale e ideale prima ancora che finanziaria, “rompendo” col finanziamento pubblico centralizzato strumento sia protettivo dei vertici tra loro collegati di Stato e partiti e sia di corruzione del ruolo dei partiti e della politica, rilanciando la democrazia di base e di massa come nuovo riferimento per fornire il “sostegno pubblico” (di mezzi e servizi, strumenti televisivi, ecc.) per l’attività politica oltre che elettorale, e, soprattutto, per “riformulare” il finanziamento in senso opposto a quello attuale” – che oltre tutto finanzia “eletti” già ricchi del loro – a favore di chi appartiene a ceti sociali emarginati e titolari dei bisogni più impellenti, ma impossibilitati ad intervenire nella lotta politica-sociale e di indirizzo economico e generale, nonché di assumere cariche “politiche” per mancanza di mezzi di “sostentamento” della democrazia di base organizzata.

 

Democratizzare i partiti per superare la “lontananza” tra politica e gente e l’antitesi al potere dal basso.

Posizione conservatrice e posizione democratica- I Consigli cancellati dall’elezione diretta e a “doppio turno” – Servizi locali e dei falsamente detti “beni comuni” totalmente dipendenti dal potere del governo centrale- Democrazia di base e partiti spazzati via dal maggioritario – Sindaci eletti da un’infima minoranza del corpo elettorale – Lobbies criminogene sostitutive dei partiti e finanziate dal pubblico – Avvicinare e integrere sfera politica e sfera sociale con altro tipo di finanziamento, rompendo quello vigente – Il tradizionale e conservatore “governo dei competenti” del neo-sindaco “grillino” – Competenza in democrazia e politica, non di “tecnici” non eletti e selezionati” dal “darwinismo sociale” delle corporazioni professionali della c.d. “società civile”- Valorizzare l’intervento dei gruppi sociali emarginati- Rilanciare la democrazia sociale per connettere valori e diritti sociali- Il finanziamento pubblico nei progetti per una “nuova Costituzione”- un finanziamento non più antitetico al potere dal basso della democrazia- Da “mani pulite” a “mani libere” per imprese e corruzione – PER UNA “GRANDE RIFORMA” MA DEI PARTITI – 

1) Sul tema del finanziamento pubblico e dei “partiti” sembrano riflettersi i limiti della “separatezza” di forme della realtà e tra scienze e conoscenze emersi ancor più in questo “ventennio” la storia italiana sembra procedere per “ventenni” che per molti aspetti sono assimilabili tra loro), incapaci di superare i limiti del sociologismo che a sua volta la politologia aggrava e attrae nelle orbite dei vertici omologhi di forze politiche (e di istituzioni, sindacati e imprese) che impediscono di cogliere la dinamica dei processi in corso nella loro prospettiva più “lunga”.

Così che le questioni che si pongono nel tempo presente e nella attualità “quotidiana” vengono affrontate in modo “settoriale” aggravando i limiti della “politica” nell’attuale congiuntura segnata da una “defaillance” delle forze di c.d. “sinistre” di varie specie e dei gruppi di potere di vertice che anche grazie al finanziamento statale – che li ha alimentati e tenuti in vita – hanno sostituito i partiti “veri”.

Donde che, indotti dalle “oligarchie” politiche ed intellettuali, economiche e giornalistiche, anche su questo tema si riscontra una mancanza generale anche nella forze di base e della “società civile”, nel tenere in considerazione e nel valutare opportunamente la questione del finanziamento nel suo nesso implicito ed esplicito, col tema del diritto e della “forma partito” e di quale tipo di potere interno ad esso, che è anche “cinghia di trasmissione” e forma collegata alla questione di quale diritto (“nuovo” o “tradizionale”) e quale potere dello Stato (gerarchico o antigerarchico).

Sembra quindi preliminarmente utile ricordare e rammentare, che, fin dalle sue origini e successivamente, all’interno dei due schieramenti favorevoli al finanziamento pubblico dei partiti, cioè delle forze della maggioranza di governo di centro-sinistra e di destra, e di quelle della “sinistra estrema” di opposizione, sono state sempre presenti, e lo sono tuttora, due posizioni opposte che è bene tenere in attenta considerazione, per porre in una giusta prospettiva “critica” e storica la questione dei “partiti” e del loro finanziamento, specialmente oggi in una fase di crisi generale e universale delle classi dirigenti che hanno portato alla attuale crisi della democrazia e della “politica”.

Ed è proprio riaprendo una valutazione del ruolo svolto dal finanziamento pubblico – specie nel regime di questo “ventennio” particolarmente controverso della storia sociale e politica del nostro paese; della portata di un intervento che rafforzando “organizzativamente” i vertici dei partiti beneficiari, ha poi coonestato le “scelte politiche” adottate e perseguite ancora oggi, sia in materia di “riforme” elettorali antiproporzionali che istituzionali e di “revisione costituzionale”, tutte adottate senza la reale partecipazione dei cittadini a una funzione che la Costituzione all’art. 49 voleva stimolare e consegnare a loro – che si può e si deve dare risposta ad un interrogativo che oggi si pone più alla “sinistra” di varie specie che alla destra sociale e politica.

Un interrogativo che nei decenni di finanziamento non si è saputo sollevare ma che ora, a fronte dell’ uso ideologico e politico che si fa dei “non partiti” attuali per screditare in generale l’istituto dei partiti e quindi della democrazia stessa, deve essere posto senza tema di confondersi con gli interessi storici di una destra che è contro la c.d. “partitocrazia” per la semplice ragione che è favorevole a consegnare ancor più il potere ad un “regime” a controllo dall’alto da parte dei c.d.” partiti”, imperniato sull’alternanza di due schieramenti omologhi, e cioè sulla ”identità” degli interessi di una sola classe, sul “mono-partitismo” imperfetto o “monolitismo” di fatto che sostanzia la “concordia discors”, “concordia discordante”, di formazioni politiche tra loro “omogenee”.

2) Le opposte “posizioni” una conservatrice l’altra “democratica” e il “progetto Vizzini” di revisione in senso dispotico della Costituzione

Nella “concordia discordante” che vede una “unanimità” delle forze di centrodestra-centrosinistra e “sinistra” a favore di un finanziamento di “tipo ” uguale a quello che è stato ed è in auge, si riflette una emersione delle due opposte posizioni interne ai due opposti versanti, seppur una oggi risulti dominate e l’altra quasi “emarginata”, che hanno accompagnato tutta la storia del finanziamento pubblico fin dal suo inizio.

Una posizione “conservatrice” e pericolosa, su cui ora convergono forze da entrambi i campi che erano tra loro avversi, che ha sempre ritenuto di opporsi a che i partiti esercitino un ruolo di “progresso” democratico e sociale dello Stato e della Società , su cui ora convergono sia le forze che coerentemente vogliono la pura e semplice abolizione totale dei partiti, sia quelle che incoerentemente rifiutano di tornare a partiti “veri” e vogliono mantenere l’attuale predominio dei vertici degli attuali gruppi di potere sulla base e sulla società.

Una posizione di forze di entrambi i versanti favorevoli al finanziamento, “preoccupate”, però, che il finanziamento potesse rafforzare i “partiti” nel senso – dimostratosi infondato – della Costituzione di “democrazia sociale” fondata “sul lavoro” e sull’organizzazione delle masse in Partiti di massa, sindacati e movimenti, forze che non hanno mai considerato legittimo l’ordinamento nato dalla Resistenza.

Tanto che già nel 1947, con la strage di Portella della Ginestra, iniziò la stagione dello stragismo terroristico “nero” e, dal ’74 in poi, con quello etichettato come “ rosso”, delle forze eversive da ultimo operanti sotto i simboli della Loggia massonica P2, che, sia sul piano degli extraparlamentari che sul piano parlamentare con la destra DC e il PSI di Craxi e di Amato, lanciarono la sovversiva strategia della “grande riforma” di ”riforme istituzionali”: in quel 900, che “da sinistra” si vorrebbe cancellare anche dalla sola memoria, di cui oggi assistiamo alla esclation di tale strategia, volta a restaurare le forme di comando dall’alto anche col sostegno e l’intervento diretto e “sollecitatore” del “Capo dello Stato” (già di per sè stesso anticostituzionale, tramite le “riforme” sovversive della Costituzione, ad opera del governo di un “tecnico” non eletto ma solo nominato, sovversive quanto l’anticostituzione modifica dell’art. 81 già attuata e il c.d. “progetto Vizzini”, già all’attenzione del parlamento, in un iter che ha visto il sostegno e il concorso della c.d. Bozza Violante e dei vertici ABC (Alfano-Bersani e Casini già forlaniano) di PD-PDL-UDC eredi del CAF “Craxi-Andreotti-Forlani”, e ancor prima della Bozza Amato e della Bicamerale D’Alema.

Viceversa, una posizione di tipo “democratico” (nel quale ci riconoscevamo anche noi al plurale) era (ed è), invece, preoccupata che il finanziamento potesse favorire uno snaturamento dei partiti, del ruolo loro e della politica, secondo logiche di rafforzamento della omologazione verticistica tra i poteri gerarchici di tutte dirigenze partitiche, tra di loro e i poteri esecutivi pubblici, centrali e decentrati.

La preoccupata posizione di tipo “democratico” si è dimostrata fondata e trova ogni giorno conferma – sia in materia di finanziamento che di leggi elettorali manipolatorie del voto o finanche di revisioni anticostituzionali “istituzionali e costituzionali”- da anni nel comportamento che in Parlamento vede tali dirigenze di vertice sempre unite tra loro, e all’unanimità difendere il finanziamento pubblico dei vertici politici dell’attuale regime e all’unanimità rafforzare le istituzioni di vertice dello Stato. Come da ultimo, per l’appunto, nel menzionato “progetto Vizzini” di revisione in senso dispotico della Costituzione, che ad es., mira a:

A) ridurre la rappresentanza della sovranità popolare, tagliando il numero dei parlamentari per non tagliare i costi e le spese del finanziamento della politica;

B) assoggettare il Parlamento alla “governabilitàdall’alto dell’esecutivo di governo, con la c.d. “sfiducia costruttiva”;

C) “spezzare” la continuità della sovranità popolare nelle due Camere, riducendo il Senato ad una Assemblea di notabili;

e, a suggello di tale stravolgimento del sistema istituzionale, sociale e politico nato dalla Resistenza,

D) ad attribuire e a rafforzare con una specie di “doppio presidenzialismo”, il ruolo e i poteri del “capo” di governo “eletto”, che proporrebbe i ministri al “Capo” dello Stato che li nomina e, quindi, non sarebbero più eletti col “voto di fiducia” dal Parlamento.

Un esito progressivamente “sdoganato” tanto più rapidamente quanto più la posizione critica di tipo “democratico” è stata abbandonata dalla fine degli anni ottanta, quando con lo “snaturamento” del PCI in PDS, le forze interne al PCI e alla CGIL che esprimevano tale posizione sono risultate “minoritarie”, e delle quali, dall’89 ad oggi, è stata deliberatamente ignorata la peculiarità nell’anticipare dubbi e proposte diverse in merito al finanziamento pubblico e al tema della “forma di partito” e “forma di stato: peculiarità teoriche e politiche che sono maturate con l’ausilio e la capacità di sottolineare una precisa distinzione tra l’esperienza “soviettista” dei Paesi dell’Est e il “caso italiano”.

Posizioni critiche e peculiarità teoriche e politiche che sono state occultate con il pretesto che tali forze “minoritarie” non hanno “vinto”, per costruire l’alibi dei successivi e attuali cedimento teorici e quindi strategici in tutti i campi, tra cui la “questione della democrazia” e dei “partiti” inerente al tema del finanziamento pubblico.

(segue)

Quale finanziamento per quali partiti e quale democrazia – 1^ parteultima modifica: 2012-07-22T09:00:00+02:00da iskra2010
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