Quale finanziamento per quali partiti e quale democrazia – 4^ parte

 

IMG_3625c+logoMOWA.jpg foto MOWA

di Angelo Ruggeri

7) Valorizzare l’intervento dei gruppi sociali emarginati con un “tipo” di finanziamento coerente con la sovranità popolare

Nel contesto di tale confusione della concezione democratica della cultura politica, ASSUME PIU’ RILIEVO l’esigenza di valorizzare il diritto di intervento (e di intervenire) nella lotta sociale e politica soprattutto dei gruppi sociali emarginati e titolari dei bisogni più impellenti, che rimangono isolati dalle questioni di indirizzo generale per mancanza di mezzi e sostentamento da parte di un “pubblico” che, appunto, finanzia il prevalere nei partiti di oligarchie allontanatesi dalla società e protese solo al loro potere personale, come accade attualmente ai “vecchi” e “nuovi” c.d. “partiti” di destra e di “sinistra” della borghesia, favorevoli alle oligarchie economiche del capitalismo finanziario industriale e bancario.

La discussione sul finanziamento pubblico, dunque, deve saper considerare e riguardare la questione dei “partiti” e della loro “radicale” riforma e democratizzazione, quindi di un “tipo “ di finanziamento pubblico che sia coerente con la sovranità popolare e volto a ricondurre nel loro vero” solco i partiti, e che deve per ciò comprendere il sostentamento, nei più svariati modi, dell’attività politica oltre che elettorale dei gruppi sociali della democrazia dal basso organizzata, sancita dalla Costituzione, ma che, per mancanza di mezzi adeguati, sono impossibilitati sin qui ad intervenire sulle scelte di indirizzo economico, politico e sociale, pur essendo i depositari e i titolari della sovranità popolare e “portatori” dei bisogni.

Questo anche per dare più netta credibilità a una battaglia da riprendere contro questo “tipo” di finanziamento, perché in un campo delicato come quello di un finanziamento destinato a partiti grandi e piccoli, occorre dare smalto ad un orientamento che per i problemi “organizzativi” dei partiti e la loro democratizzazione interna, può far leva sul diritto a disporre di beni e servizi pubblici per l’attività politica oltre che elettorale; mentre per i problemi “politici” della vita politica deve far leva sullo spostamento istituzionale dell’asse del potere per il quale il primo passo necessario resta la rivendicazione e l’iniziativa di massa e territoriale per una legge elettorale di proporzionale integrale, da parte dei vari movimenti e forze organizzate nel territorio e anche di partito e sindacato, che agiscono nella società e dal basso dove è ancora possibile dare corpo alla “democrazia diffusa”.

8) Rilanciare la democrazia sociale per connettere valori e diritti sociali

E’ importante sottolineare, infatti, che già la prima legge sul finanziamento pubblico – emanata sull’onda delle suggestioni scatenate dagli scandali già da allora incipienti, per l’indebita commistione tra potere politico e potere finanziario – sanciva il divieto di finanziamento da parte di soggetti del potere pubblico ai partiti, ma che si è rivelato così astratto e inadeguato, da comportare progressivamente sempre nuovi interventi legislativi (tra cui ad es. la legge 22 del 1982) rivolti espressamente contro i contributi erogati non solo agli eletti nazionali ed europei, ma persino ai candidati, alle correnti interne di partito, “nonché a coloro che rivestono cariche di presidenza, di segreteria e direzione politica e amministrativa nazionale, regionale, provinciale e comunale nei partiti”.

La verità è che anche quando non si è arrivati all’individuazione di una vera e propria dipendenza dei dirigenti di partito da soggetti finanziatori palesi od occulti, i guasti prodotti dalla contaminazione finanziaria tra stato e partiti ulteriormente accentuata dagli anni ‘90 in poi, riguardano l’abbandono di quella lotta per il risanamento e il rinnovamento, che, si disse, solo “indirettamente” poteva derivare dalla legge, in generale, e dalle leggi sul finanziamento dei partiti, in particolare, dovendosi andare ben oltre, ad un avvio cioè del processo di moralizzazione e “riforme” nell’attività economica.

A questo punto, se il finanziamento pubblico serve solo a consolidare e dare forme di potere interno ai “partiti” che ripudiano ormai la stessa ipotesi di democratizzazione della società e dello stato, per allinearsi su un medesimo terreno di discussione e di proposta di “riforme istituzionali” e di “revisioni costituzionali”, risulta indispensabile rimuovere questo strumento protettivo dei vertici tra loro collegati con la formula dallo “stato dei partiti”, che si presta alla per altro, attuale e reazionaria invettiva mussolinina contro la c.d. “partitocrazia”, per cui, in nome dell’”antipartitocrazia” con cui , allora e nell’attuale “ventennio”: 

si è passati “da una fase nella quale i partiti elaboravano indirizzi politici “nella società” e, nel Parlamento, venivano “sfrondati dai caratteri particolaristici”, si è passati ad una “fase di disgregazione parlamentare alla soluzione ‘burocratica’ del compito dei partiti che, in nome dell’antipartitocrazia, maschera’ un regime di partiti “della peggior specie in quanto operano nascostamente, senzacontrollo e sono sostituiti ‘da camarille’ e influssi ‘personali’ non confessabili” (A. Gramsci Quaderno 15, pag, 1809, edizione Einaudi)

Per cui oggi come la res-pubblica anche lo “spirito statale” si può reperire in ogni movimento serio che non sia l’espressione arbitraria di “individualismi”, contrapponendo perciò lo “spirito di partito” – quale elemento fondamentale dello spirito stataleall’individualismo di un “capo” inteso come “apoliticismoanimalesco”, che assume le forme sia del “settarismo” che è una forma di “clientela personalesia dell’ “antipartito” o della “negazione dei partiti”, quando cioè si entra in politica o si è uomini di partito ma si vorrebbe essere “capi o capi-partito per grazia di dio o dell’imbecillità di chi li segue” (Q 15, pagg. 1752-1755).

9) Il finanziamento pubblico nei progetti per una “nuova costituzione” immagine dell’immedesimazione tra partiti e stato che hanno le forze non solo di destra

Meglio quindi rimuovere un finanziamento ai vertici e “capi” del c.d. stato dei partiti”, formula che è completamente diversa da quella modellata dalla Costituzione nei rapporti tra gli articoli 1, 2, 3, e 49, riaprendo una battaglia sociale e politica in grado di riannodare i fili spezzati del rapporto tra classe operaia, nuovi movimenti sociali e istituzioni democratizzate e-o da democratizzare, rapportando anche l’istituto del finanziamento pubblico al fine e alla necessità di muovere in direzione dello spostamento del potere e della sfera politica verso la sfera sociale, fino alla tendenziale coincidenza tra le due sfere, con la dovuta carica critica nei confronti della avvenuta sottomissione dei partiti alle istituzioni di vertice anziché alla società di cui si è fatto strumento il finanziamento pubblico .

In tal senso e proposito, va parimenti avvertito che l’esito della lotta è reso più alterno nella fase che attraversiamo, in quanto le posizioni di conservazione sono composite e non necessariamente convergenti su un terreno qualunquistico di vecchia data, stante la tendenza di formazioni dei due versanti di destra di “sinistra”, che ancora oggi traggono ispirazione da gruppi ben precisi, come ad es. il famoso e c.d. “gruppo di Milano” del Prof. Miglio – consigliere di Craxi e poi della Lega – nel cui progetto di “nuova costituzione che come si vede influenza il revisionismo costituzionale di destra-centro-sinistra di oggi, l’istituto del finanziamento pubblico campeggia in primo piano: dando un segnale inequivocabile a quella immagine che le forze di destra e non solo, hanno della immedesimazione del partito con lo stato: infatti, come le attuali forze che nella “concordia discordante” su come ritoccarlo, sostengono che “comunque” si deve continuare col “tipo” di finanziamento sin qui attuato, si sostiene che se lo Stato contribuisce con i fondi “tratti dalle tasche di tutti i cittadini” al funzionamento dei partiti, è per un fondamentale “interesse pubblico”: un “interesse pubblico” che è però di segno opposto all’idea non già della statualità dei partiti, ma al contrario a quella socializzazione della politica, e quindi dell’autogoverno sociale e politico.

(segue)

Quale finanziamento per quali partiti e quale democrazia – 4^ parteultima modifica: 2012-07-25T09:00:00+02:00da iskra2010
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