Produttività miserabile

IMG_3378+logoMOWA.jpg foto MOWA


da Angelo Ruggeri

Produttività (1): perché negli anni 70 l’Italia delle grandi lotte operaie, l’Italia divenne prima nella classifica mondiale della produttività mentre ora è all’ultimo posto. Un’occasione per tutti, in primis per i sindacalisti (ad iniziare da Agostinelli, Cremaschi e Tiziano Rinaldini in ordine alfabetico), per un’autocritica riflessione sul perché di questo e per chiarire una delle parole più mistificate.

LA PRODUTTIVITA’ MISERABILE E FALLIMENTARE DEL “SIGNOR BILDERBERG DOPPIA ‘M’ “ ed il “direttore” che dirige RaiNews.

Non voi, ne sono convinto, ma di voi ride il compagno Charlot; signori tacete la bocca. Scienziati del futuro risvegliatemi” Vladimir Majakowskij

Il Charlot di “Tempi moderni” è l’immagine migliore per illustrare quanto, sulla produttività, il bosino “capo” del governo pensa (sempre che pensi e non gli sia suggerita dai suoi mandanti). 

  • Chiedendo ai sindacati anziché alle imprese e a se stesso di “agire su costo del lavoro e produttivi” il “capo” del governo ha ulteriormente palesato l’ignoranza del “tecnico”, competente nel suo campo e incompetente in tutti gli altri incompetente in capo economico (non riducibile a monetarismo), in economia reale e politica industriale – di cui e’ totalmente privo l’attuale governo -, scambia la produttività per stacanovismo, con crassa ignoranza mostrando di non avere i “fondamentali” della scienza economica, della politica e della teoria economica classica e neoclassica.

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  • L’aumento del capitale costante” (materie prime, ausiliarie, ecc.) e l’estensione di altro “capitale costante” (macchinario, impianti, innovazione tecnologica, ecc.) è la condizione stessa dell’aumento della produttività del lavoro.

  • Per ciò, ricordiamo che quando le lotte operaie impedirono alle imprese di agire sul lato del “capitale variabile” (lavoratori), furono costrette ad investire per aumentare il “capitale costante”, migliorando il macchinario e i metodi di produzione così che l’Italia negli anni ’70 divenne prima al mondo per incremento della produttività.

Più prosaicamente: quando il valore del prodotto aumenta di più del costo del lavoro? Quando l’organizzazione del lavoro migliora e all’operaio vengono dati dei mezzi di produzione più moderni elevando il valore aggiunto per ora lavorata e il valore d’uso del prodotto si da poter essere venduto a un prezzo migliore. Insomma, quando la produzione si sposta verso settori tecnologicamente più avanzati, in cui il valore del prodotto dipende molto di più dagli investimenti in capitale fisso (macchinari, innovazione, tecnologia ecc.) che dal costo del lavoro e non già diminuendo il salario che , ad es. nell’auto, incide solo per il 12-14% sul costo del lavoro. Siamo quell’ABC ignorato o nascosto da dirigenti confindustriali, governatore BCE e di Bankitalia, giornalisti, manager, politici della destra/sinistra (e persino da “sindacalisti”), con in testa il bosino “tecnico” capo di governo.

Sulla “produttività”, parola tra le più mistificate, non è forse inutile dibattere (meglio o ancora) per demistificare l’uso che ne viene fatto, col contributo di tutti – e dei sindacalisti (ad iniziare da Agostinelli, Cremaschi e Tiziano Rinaldini in ordine alfabetico), e per una riflessione autocritica sul rapporto tra capitale fisso e capitale oggi rovesciato rispetto agli anni ’70 quando grazie alle lotte operaie per il controllo sociale dell’impresa, l’Italia era ascesa al primo posto nel mondo per incremento della produttività, mentre oggi è ultima ed anche perché è stata ricomposta la tipica opposizione del sistema di produzione capitalistico tra valore d’uso e valore di scambio che negli anni ’70 era insanabile – e costringeva le imprese ad investire in innovazione del processo produttivo e dei prodotti – in quanto ,col controllo operaio della produzione si espressero nuovi bisogni e quelli indotti dal capitale non solo furono ritenuti insufficienti, ma in buona parte furono rifiutati: dimostrando – tra l’altro – che tra lavoro e ambiente, tra fabbrica/operai e territorio/cittadini, non c’è contraddizione se non nel solo modo di produzione capitalistico, che, liberato da ogni controllo ha recuperato il proprio potere di discriminare tra i bisogni, di decidere quali vanno valorizzati e soddisfati e quali, viceversa, vanno subordinati ai primi.

Donde che, allora, il punto di riferimento più essenziale e più omogeneo di un processo di controllo democratico e sociale del cosa e come produrre, è quello che rispetto agli anni ’70 oggi è venuto meno – per l’abbandono sia sindacale che politico della lotta per il potere sociale di controllo: e cioè, quello che è venuto meno è il movimento stesso, che – come negli anni 70 – esprime tali bisogni (anche di salute e ambiente) in forma quasi automatica.

Sia all’interno della domanda, e quindi fuori dal processo produttivo, direttamente nella società, sia sul terreno dell’offerta: quindi dei bisogni che la classe operaia esprime all’interno del processo produttivo se rivendica un suo proprio potere sociale sui Piani d’Impresa, e non già se come anche il Fiom Landini, piange e si lamenta in ginocchio invocando dal padrone “diritti” umani della “persona” che, non sostenuti da un potere sociale, vengono ovviamente disconosciuti e compressi dal potere d’impresa.

Anche qui siamo allo “gnorri” dei “fondamentali”, dell’A B C disimparato da un trentennio e cui occorre riprendere il filo: 

PER TORNARE AD INCIDERE DOPO 20 ANNI PERSI E l’ACCUMULAZIONE DI CONOSCENZE INVECE DELL’ACCUMULAZIONE CAPITALISTICA

Sì che le imprese, a danno della produttività che cresce col crescere del “capitale costante” impiegato (macchinario, impianti, ecc.), non hanno più investito e quando, insieme alla produttività,la redditivitàcade nei settori produttivi il capitale emigra nei settori finanziari dove si realizzano maggiori profitti alimentando però la bolla speculativa e alla fine la crisi finanziaria. Quindi l’origine della crisi finanziaria, come sempre, si trova nella sfera produttiva, rendendo interconnesso il rapporto tra finanza e produzione, ma al tempo stesso accentuando proprio i tratti della crisi sistemica di cui l’enorme massa di capitali posti all’interno della finanza, è l’emblema del sistema capitalistico in crisi che accentua i suoi tratti parassitari nei confronti del pianeta e in tutti i suoi aspetti (compresi salute, ambiente, ecc. irrisolvibili se intesi e affrontati “ambientalisticamente” separati dalla produzione e dal controllo operaio sul “cosa” e “come” produrre).

In questi giorni pero, prima di addentrarsi nella FAVOLA DELLA PRODUTTIVITA’ che ci raccontano il Signor doppia “M” ed il “direttore” che dirige Rai News, é gioco forza ricordare che anche sulla “produttività” si manifesta un aspetto di quella “falsa coscienza” che viene ampiamente diffusa dal governo, anche sul tema della “corruzione”.

Falsa coscienza” rispetto alla politica che lo stesso “capo” del governo ha ammesso essere “pro-ciclica”,ovvero “pro-crisi”, ma viene etichettate, come “sviluppo Italia”(sic!) o “salva Italia” (sic!); e “falsa coscienza” di incompetenti della storia dell’Italia unitaria e pre-fascista e di quella occidentale, che “ragliano”invocando una Legge (sic!) contro la “corruzione”, obliando che la corruzione, storicamente, è connaturata al sistema maggioritario, al trasformismo e al notabilato (locale e nazionale del ceto politico della diade destra/sinistra selezionato all’interno della sola classe borghese), emblemi dell’antiproporzionalismo e dell’uninominale/ maggioritario; e nascondendo che “sulla” e “nella” corruzione si dibattono tutte le non-democrazie occidentali: in primis negli Stati Uniti dove, da sempre, la corruzione, fin dal tempo degli indiani e della costruzione delle ferrovie e via via, è stata istituzionalizzata tramite il sistema di potere maggioritario, di governatorato e presidenzialismo (come nelle nostre attuali regioni degli scandalidel presidenzialismo, inseparabile dal federalismo) è diventata sistema di potere: che tra forma di stato e forma di governo, assume il sociale come “ dipendente” da un politico-istituzionale che col presidenzialismo/federalismo, diventa luogo di simbiosi tra vertici: tra il “capo” dell’esecutivo nazionale come di quello regionale (dei Formigoni, Polverini, Vendola, Errani, ecc.) e il “capo” esponente degli interessi d’impresa: donde la combutta corruttiva che investele regioni già da Bassolino in poi. Una corruzione istituzionalizzato come negli USA dove si trasformano i criminali arricchiti, di cosa nostra e delle mafie, in manovratori dei voti dell’uninominalismo maggioritario e in grandi elettori di governatori e politici di ogni risma e rango, e, persino, e molto spesso, anche in senatori e presidenti degli USA.

(Produttività 1. continua) 

Produttività miserabileultima modifica: 2012-11-29T08:30:00+01:00da iskra2010
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