I PM di Palermo identificano la corruzione istituzionale del presidenzialismo monarchico anticostituzionale

 

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da Angelo Ruggeri

Mattinale. C’e corruzione e corruzione. Corruzione penalmente perseguibile o corruzione ideale e programmatica o del ruolo di partiti e politica o anche corruzione del proprio ruolo istituzionale, sanciti dalla Costituzione.

Dal “fuhrer-prinzipal “kanzerlerprinzip” al “colleprinzip”.

Il Presidente della “Repubblica degli affari e dei padroni” contro la “Repubblica delle autonomie”  istituzionali,  sociali e di religioni e magistratura.

La monarchia presidenziale da Carlo Alberto “Ciampi” al “Re Umberto” del PCI a “Re Giorgio” della Repubblica “monarchica

Dalla magistratura, ultimo vero presidio della democrazia, e da magistrati, ormai unici veri competenti della Costituzione, i PM di Palermo hanno precisamente fotografato la natura reazionaria e “monarchica” dell’attuale magistero del capo dello stato che già nel PCI veniva chiamato “re Umberto”, non solo per la somiglianza del suo lògos”(“discorso”)ma dei modi e della natura sia del suo pensiero che della sua gnòsis” (“conoscenza”) savoiarda.

Nella diffusa inconsapevolezza organizzata dalla “sinistra”, sembra anche necessario ricordare che COSA E’ IL POTERE DI INDIRIZZO, e CHE secondo la Costituzione APPARTIENE AL PARLAMENTO E AL GOVERNO E NON AL “CAPO DEI CAPI” assiso sul Colle.

La monarchia presidenziale o il suo presidenzialismo monarchico esplicitato con l’ultimo dei suoi anticostituzionali e abusivi interventi, sempre improntati ad esercitare un vero e proprio “potere di indirizzo” di politico e di governo (potere di indirizzo che il costituzionalismo borghese e liberale, dal ‘700 ad oggi, ritiene che sia tutta la politica , che comprenda, riassume, circoscrive ed esaurisce in esso tutta la politica) ora persino sui criteri formativi di schieramenti elettorali. E precisando, si badi bene”, che essi debbano essere esclusivamente funzionali e finalizzati alla “governabilità”:ovvero improntati al principio monarchico del potere dall’alto e quindi autoritario, forma di potere immutata in ogni regime – con la sola eccezione della Costituzione italiana – corrispondente al“fuhrer-prinzipcostitutivo di tutte le Costituzioni europee, che in forma esattamente opposta alla Costituzione, afferma in tutti i Paesi d’Europa (con una superfetazione, poi, nel potere della UE delle Banche e del capitale finanziario) il potere discendente dall’alto verso il basso: che, come nelle monarchie costituzionali, discende dal sovrano al sottoposto governo, dal governo al sottoposto Parlamento, dal Parlamento alle sottoposte altre istituzioni e infine ai sottoposti SUDDITI.

Monarchia costituzionale reincarnata nella forma di potere presidenzialista, appunto detta monarchia repubblicana: effigiato, ancora negli anni 2000, da Blair, capo del governo costretto, da fedele Primo suddito, ogni giorno che si recava a rendergli conto, ad inginocchiarsi davanti alla regina e ad allontanarsi inchinandosi e senza mai voltarle le spalle. Stato di diritto (sic!) nelle forme dello stato liberale autoritario ovvero del “mono” di potere, del presidenzialismo di stato, di premierato e di “kanzerlerprinzip” discendente diretto del“fuhrer-prinzip“, a cui si è appellato “Umberto” Napolitano non solo contro i PM di Palermo ma contro L’ACCERTAMENTO DELLA VERITà SUL RAPPORTO E TRATTATIVA TRA MAFIA e VERTICI ISTITUZIONALI DI GOVERNO, accertata e sancita già dai Tribunali della Repubblica democratica e anti- presidenzialista. Ovvero appellandosi ad una insindacabilità assoluta che hanno reso famose le feroci monarchie: da quelledegli Enrico VIII a quelle dei Savoia, considerata una delle più feroci, che é la CASA REALE PIU VECCHIA D’EUROPA, che, da e con “Carlo Alberto Ciampi” a “Umberto Napolitano”, vuole continuare ad esserlo:nelle forme anticostituzionali di un “repubblicano” potere “monarchico” o anche di quel che si usa definire il vero fascismo, vale a dire le sue forme del potere e di “regime delcapo”: come era  appunto detto il fascismo ma quale sono anche tutte le forme di presidenzialismo, o  “del capo”.


Angelo Ruggeri December 05, 2005 Non è “devolution”

Il basso è il solo e unico reale vero ed esistente, che si vuole schiacciare sottoil KOMBINAT di interessi dei vertici affaristici della politica e dell’impresa, dove, fin da quando i socialisti – e poi anche la destra PCI – tradirono le ragioni per cui nacquero e quelle della “Repubblica antifascista”, la politica entrando in combutta con le SPA si corrompe mettendosi al servizio del business. Per poi, assieme,calare come falchisul territorio: parola chiavedegli anni ’60 e ’70, dimentica a causa dell’antiscientifica definizione di “ambiente” a cui vergognosamente lo riducono i gruppuscoli monotematici(ambientalisti bianchi, rossi e verdi, animalisti, femministi, lesbiche e gay radicali, ecc.).

Il Presidente della “Repubblica degli affari e dei padroni” contro la “Repubblica delle autonomie”

I memoria della Repubblica delle autonomie, nonostante gli attacchi federalistici alle autonomie sociali e territoriali, sul “buco” della Val di Susa e come all’epoca del “caso italiano” rispetto alla installazione delle centrali nucleari, si continua a generare una differenza tra Italia e Francia dove, scelta la tecnologia da parte del governo e del Presidente, senza alcuna discussione, la si impose saltando sistematicamente le autonomie territoriali e locali – perché in Francia non hanno mai avuto poteri sostanziali – come non si potette fare nella “Italia delle autonomie” ma si cerca di fare oggi nell’anticostituzionale “Italia federalista”. Nell’ignavia di una “sinistra” intellettuale e politica che non sa più mettere in rapporto tra loro scienze tecniche e scienze sociali – dal nucleare al Ponte sullo Stretto, al TAV – con istituzioni e potere, perché ormai tengono le cose separate secondo una logica che ha il vizio analogo di quello della storica contrapposizione tra “tecnica” e “politica” propria, per tradizione, dei ceti conservatori, dalla cui cultura la sinistra è ora egemonizzata.

Il quadro è quello del dominantelobbysmo e individualismo economico e quindi anche nella società – da cui traggono profitto lega e Casa della Libertà – non antagonisticamente contrastato dalla “sinistra”. La quale, anzi, negli anni ’90, dominanti – ricordiamocelo – da Maastricht e dal “golpismo strisciante” del governo Amato (titolo del settimanale “Il Lavoratore” all’intervista di un costituzionalista) e poi dai “golpe in senso tecnico” dei governi Ciampi prima e Dini poi (vedi rivista “La Contraddizione”) ha varato “le istituzioni di una economia di mercato che l’Italia non aveva mai avuto…sotto le pressioni del mondo finanziario anglosassone…e del capitalismo incivilito della Common Law” (Sapelli, storico del capitalismo, Sole 24 Ore). Peccato che proprio un Luttwak ci abbia spiegato che anziché “incivilito”, il capitalismo è tornato alle sue “selvagge” origini, ancor più esercitando una libertà “di” impresa che più di allora, esercitandola per sé, toglie quella altrui come “mai si era visto nella precedente storia umana” (LuttwaK, “La dittatura del capitalismo”, Mondadori).

Questo va ricordato anche a chi prospetta un “relativismo democratico” e una anodina “convivenza mite” col potere capitalistico e d’impresa, in nome di un c.d. “diritto mite” (Zagrebelsky), come tale contrastante col pluralismo dialettico dei Principi Fondamentali della Costituzione. Con ciò, facendo un’operazione ideologica di sovrapposizione  arbitraria dei principi propri del processo di “europeizzazione” fondato sul primato del mercato, sui principi di una costituzione democratica nazionale, secondo la quale l’uso degli istituti di controllo sociale dovrebbe artatamente svilirsi in una logica di mera “coesistenza e compromesso”, garantendo quindi la tradizionale immunità dei poteri economici: in nome di una anodina “convivenza mite” che contrasta con la atavica pretesa della formazione sociale del capitalismo a imporsi avvalendosi di istituzioni politiche “strumentali” alle sue aspirazioni al dominio permanente e incontrollato.  Come in La dittatura del capitalismo il Luttawk ha confermato dimostrando che gli uomini del capitalismo – come in qualche altro caso della storia – sanno dire in modo più oggettivo di quelli c.d. di sinistra, quel che ben sanno grazie anche a Marx che, all’opposto della “sinistra” di oggi, hanno riconosciuto essere il più grande studioso del capitalismo, ad es. sul New Yorker che lo ha pure proclamato “il prossimo grande pensatore” del millennio che “ci insegna di mercati globali, tendenze monopolistiche, alienazione e corruzione politica”.

Invece è in nome di tale capitalismo che la “sinistra”, composta non più da partiti di massa e di identità sociale ma da gruppi lobbystici e da vari movimenti egoistici e consumisti, dopo aver creato le istituzioni del mercato di cui sopra, annullando il diritto pubblico a favore di quello privato anche nell’organizzazione delle funzioni pubbliche, con Prodi ha istituito la Bicamerale D’Alema.

Consumando uno strisciante attentato alla Costituzione intesa come sintesi di principi, bensì articolati in una Prima e Seconda Parte, ma riaccorpati organicamente in quei Principi Fondamentali che li rendeva inseparabili: tanto che mai nessuna iniziativa revisionista era mai prima venuta dalla sinistra: proprio perché questa, semmai, aveva dal 1948 il compito di attuarli con le lotte e le “riforme sociali” e di struttura, ponendo in essere i nuovi istituti di democrazia politica-economica-sociale previsti dalla C. e volte a superare ivecchi istituti della democrazia liberale eretti a difendere solo i diritti civili (la tanto enfatizzata privacy) e in modo contradditorio aspetti dei diritti politici: basti pensare all’uso antiparlamentare del referendum.

Per di più facendo passare per “democrazia diretta” tale strumento pseudo-democratico, i cui contenuti e la sua stessa promozione, infatti, vengono decisi e poi gestiti dall’alto, da vertici di gruppi ristretti della politica o dell’economia e delle professioni, rispetto a cui la volontà popolare è comunque sempre passiva, dipendente e trascinata dai centri di potere e di vertice. Strumento storicamente sempre incline al bonapartismo e plebiscitarismo ed a cui sono indifferentemente ricorsi dittatori e autoritari di vario tipo, da Mussolini a Franco, a De Gaulle, a Jarulzeski, ecc. sia per affossare costituzioni democratiche come nel ’46 in Francia, sia per far dare un “consenso (che non è mai democrazia, come dice Gramsci) al proprio regime.

Orbene, in tale quadro, quel che nell’ambito di una comune e omologante strategia di tipo “federalista” o psuedo “federalista” dei due Poli è andato sempre più materializzandosi e concretizzandosi, è il sovversivismo della classi dirigenti  (Gramsci). Ben più e peggio dei bagliori di un “sovversivismo” sociale – affatto etnico o religioso – e di un ribellismo che si vorrebbero criminalizzare sia al di qua che al di là delle Alpi, ma che sono le “spie” di un profondo disagio della società e di un sempre più possibile scontrotra chi difende un potere e chi non ce l’ha ma che non ha più né una teoria (perché gli è stata tolta) né i canali di democrazia e di lotta del partito sociale e del sindacato di classe.

Sì che esplodenelle forme più varie, spesso restando “ognuno per proprio conto”, isolato da altre e comuni lotte (dal Sud al Nord, dall’Ovest all’Est delle Alpi di qua e di là, dai metalmeccanici alle contestazioni campane del Presidente della Regione delle discariche e dei concorsi per “veline” – vero Bassolino? – o del “sindaco-prefetto” di Bologna e del “prefetto candidato sindaco” di Milano, etc.).

Proprio perché, trasformate le masse in moltitudini, risulta abbandonata la strategia del controllo sociale e della programmazione democratica che unificava il tutto, dal basso e non da un c.d. e astratto “interesse nazionale” che se non è tutto e di tutti allora è nulla e di nessuno. Non cioè da un alto inventato dai vertici politici e d’impresa in combutta tra loro e gerarchicamente sovrapposto al basso che è il sociale: quando il basso è il solo e unico reale vero ed esistente, che si vuole schiacciare sottoil KOMBINAT di interessi dei vertici affaristici della politica e dell’impresa, dove fin da quando i socialisti – e poi anche la destra PCI – tradirono le ragioni per cui nacquero e quelle della “Repubblica antifascista”, la politica, entrando in combutta con le SPA, si corrompe mettendosi al servizio del business. Per poi, assieme,calare come falchisul territorio: parola chiave degli anni ’60 e ’70 nonostante l’antiscientifica definizione di “ambiente” a cui vergognosamente lo riducono i gruppuscoli monotematici ambientalisti bianchi, rossi e verdi, animalisti, femministi, gay, ecc..

Mentre in realtà, il territorio non è né settoriale né individuale, altro non è che il sociale di tutti e dove c’è tutto: dalla produzione alla riproduzione, dalla fabbrica al tempo libero, dall’Ospedale all’abitazione, dal lavoro ai rapporti economici. Non ci sono solo i fiori, le piante e i giardinetti – essi stessi dipendenti dalle conseguenze della produzione e dalle risorse controllate dall’impresa e dal Centro – a cui si vuole ridurre il ruolo del locale-territoriale con la divisione federalista tra questioni locali e questioni nazionali, come nello stato dell’ottocento e contro la Costituzione. Perché il cittadino vive e produce nel territorio, non in un astratto “nazionale” d’invenzione federale. Vive nel locale per cui la “Repubblica delle autonomie” della Costituzione assumeva locale e autonomie come Stato e come “nazionale” a tutti gli effetti, mentre il federalismo cancella il socialedal nazionale riducendolo a spicchio locale per poi, se parli, accusarti di localismo.

E’ così che il territorio diventa preda esclusiva di un nazionale inteso come proprietà esclusiva di chi sta in alto, ai vertici delle imprese e delle lobby dell’individualismo economico, ma anche di chi tratta come questioni ambientali separate, quelle che sono grandi questioni economico-sociali che riguardano il potere d’impresa e il sistema di accumulazione capitalistico, i rapporti sociali e i rapporti istituzionali, la produzione e il modello di sviluppo. Su cui il popolo è stato silenziato e le decisioni sono state sequestrate dai poteri di vertice nazionali e regionali, e, naturalmente, anche dell’Europa delle elite economiche e dei loro fedeli servitori.

Come Zapatero che, come “Balir è il vero erede della Tatcher”(lo scrive il padronale La Stampa che ha assunto anche l’ex direttore del Manifesto, Barenghi che nemmeno sa, come ha detto a Prima Pagina Rai 3, che, in Francia, non c’è quel che c’è in Val di Susa e quindi figuriamoci se può sapere e spiegare la felice anomalia italiana rispetto alla Francia dal nucleare al TAV) prosegue integralmente la politica economico-sociale reazionaria dell’ex franchista Aznar, fra liberismo totale in materia economica (liberismo statalista come il fascismo e secondo la tradizione franchista a cui Aznar non ha certo rinunciato e Zapatero si è attenuto) e massimalismo laicista per nasconderlo e tenere buona la base, che ormai la sinistra considera sempre più e come i liberali, massa di manovra, da ingannare e far girare a proprio piacimento.

O come “CARLO ALBERTO detto Ciampi”, a cui danno ultra miliardariapensione annua, il quale,in verità, non è presidente della Repubblica soltanto da questo settenato, ma lo è da ben 25 anni. Da quando, in maniera turpe e con un complotto, dopo solo 2 anni di governatorato fecero fuori Baffi (il meno monetarista – cioè il meno reazionario stante che il monetarismo, per chi se lo ricorda, è teoria economica reazionaria ora fatta propria dalla sinistra e dall’Europa – di tutti i governatori, che infatti diceva che il problema non è la parità di bilancio, e che l’indebitamento è utile e può essere recuperato se è fatto per investimenti di sviluppo qualitativo, come in certa misura hanno fatto Francia e Germania sforando il 3 % del becero patto di stabilità di Maastricht), fatto fuori proprio come un altro, oltre Tevere, lo fu in modo diverso dopo 33 giorni di papato.

“Carlo Alberto”, in realtà, è Presidente da 25 anni perchégli economisti, e anche dei giuristi e anche politici, dalla estrema destra a Napolitano passando ovviamente per i “ciucialisti”, hanno sempre considerato e identificato la Repubblica con la Banca d’Italia (leggere per credere, anche in documenti della Banca d’Italia). Alla faccia della Costituzione che loro hanno sempre teso a far credere fosse “liberale come tutte le altre”, in convergenza con socialisti e c.d. “marxisti”. Fino a che, fingendola liberale per ingannare gli asini-stri senza trattino, ma tramando con tutti i mezzi leciti e illeciti, palesi ed occulti per farla diventare davvero tale, con la stessa strategia che in Grecia gli era riuscita in un solo anno col golpe dei colonnelli, hanno davvero fatto della Banca d’Italia la Repubblica. A quel punto mettendogli a capo direttamente e bipartizanamente il capo di Bankitalia, garante del mercato finanziario e della Banca centrale ora BCE e non certo della Costituzione “fondata sul lavoro” e la “democrazia sociale e antifascista”, che lui, infatti, richiama solo per le ovvietà. Per cui prima permise che la Bicamerale D’Alema fosse istituita con legge costituzionale per sostituirsi al Parlamento, derogando alle norme di revisione previste dall’art.138, poi permise che si chiamasse “politicamente” federalismo un sistema “pur sempre regionalistico” stante “l’impossibilità di rovesciare l’art.5 della C. senza una rottura costituzionale”.

Perché l’art. 5 della Costituzione non dice solo che la Repubblica è “una e indivisibile”, come Ciampi ripete quasi fosse chissà quale novità(mentre era già nello Statuto Albertino), mentretace su tutte le vere grandi novità della Costituzione, anchedell’art.5 che dice la Repubblica “promuove le autonomie locali e di cui non parla, perché, forse, teme che si capisca che il federalismo è incostituzionale come in effetti è.

Anzi, adesso, violando il proprio ruolo istituzionale, il Presidente della “Repubblica dei padroni” fondata sulle imprese e sul business,va addirittura contro le autonomie, sociali e territoriali, in nome dello “stato-padrone”: ovvero dello “stato apparato” che è l’opposto dello “stato comunità” della Costituzione di cui “Carlo Alberto detto Ciampi” dovrebbe essere il garante (sic!). Mascherando dietro ilnon possiamo restare isolati” il centralismo governativistico affaristico nazionale ed europeo che d’intesa col padronato e le COOP del capitale interessate a parteciparvi in nome dell’interesse privato e del mercato, vuol fare “il buco” della Val di Susa. Un buco che è 2 volte più costoso del poco frequentato canale Manica e 4 volte più costoso dell’altrettanto inutile e pericoloso Ponte di Messina, e che è stato lui stesso, “Carlo Alberto Ciampi”, che avrebbe voluto nel ’92.

 

I PM di Palermo identificano la corruzione istituzionale del presidenzialismo monarchico anticostituzionaleultima modifica: 2012-12-11T08:03:00+01:00da iskra2010
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