Dens dŏlens 156 – “… per amor di verità e contro ogni revisionismo”

di MOWA

La ricorrenza del 70° della Liberazione dal nazi-fascismo in Italia è appena trascorsa ma, il “chi centri e non centri” con quella data (25 aprile 1945) lascia spazio a equivoci che paventano il tentativo di rivisitare la storia di quel periodo.

Non si tratta di includere o escludere qualcuno dalla storia ma solo di mettere dei paletti e chiarire ciò che è accaduto veramente, onde evitare che qualcuno ci aggiunga dei “pezzi” che non sono da inserire…

Tutto lì.

In un altro articolo, tempo addietro, avevamo anticipato i pericoli che, ora, si propongono più subdoli che mai.

Il motivo per cui pubblichiamo alcune osservazioni di storici come Angelo d’Orsi e Piero Bevilacqua, unitamente alla precisazione di International Solidarity Movement Italia è il desiderio di fare chiarezza storica.

Lo facciamo perché ci sentiamo, prima di tutto, in dovere verso coloro che sono morti ingiustamente a causa delle mire espansionistiche dettate da altri (“i soliti noti”) e verso coloro che subirono e subiscono le angherie e le prevaricazioni dei potenti.

A questo punto facciamo nostre le preoccupazioni dello storico d’Orsi quando sostiene: “E allora — visto l’articolo 2 dello Sta­tuto dell’Anpi che riven­dica un pro­fondo legame con i movi­menti di libe­ra­zione nel mondo — come non dare spa­zio a chi oggi lotta per libe­rarsi da un regime oppres­sivo, discri­mi­na­to­rio come quello israe­liano, rap­pre­sen­tato ora dal governo di destra di Neta­nyahu? Chi più dei pale­sti­nesi ha diritto oggi a recla­mare la «libe­ra­zione»? E invece temo si vada verso que­sto (addi­rit­tura in que­ste ore in forse a Roma) e i pros­simi 25 Aprile inges­sati e reistituzionalizzati”.

La testimonianza di questo storico è una corretta obiezione tanto che, perfino, l’ONU ha dovuto sottolineare e condannare l’ennesimo genocidio etnico perpetrato per mano israeliana a Gaza.

 

La-Brigata-sionista-e-il-25-aprile
Le Comunità ebraiche, con polemiche sempre più virulente, continuano a sostenere un loro diritto di partecipare alle celebrazioni del 25 aprile come Brigata ebraica, sventolando bandiere israeliane e a cercare di impedire la presenza dei sostenitori della causa palestinese.
Su queste inaccettabili pretese hanno già scritto Angelo d’Orsi e Piero Bevilacqua.
È quindi necessario fare chiarezza sulla Brigata sionista, e non ebraica come si suole dire, mai tanto celebrata in Italia come in questi ultimi anni.
Cenni storici sulla Brigata sionista… (continua)

La rimozione nascosta della memoria

Ad Ausch­witz, uno dei monu­menti più note­voli tra quelli dedi­cati alle varie comu­nità degli inter­nati è il cosid­detto «Memo­riale Ita­liano». Un paio di anni or sono le auto­rità polac­che deci­sero di chiu­derlo al pub­blico, nel silen­zio del governo ita­liano, e dell’Aned, in teo­ria pro­prie­ta­ria dell’opera. Pochi mesi fa la sovrin­ten­denza del campo, ormai museo, ha deciso di pro­ce­dere alla rimo­zione del Memo­riale. La sua colpa? Quella di ricor­dare che nei lager non furono sol­tanto depor­tati e ster­mi­nati gli ebrei, ma gli slavi, i sinti, i rom, i comu­ni­sti insieme a social­de­mo­cra­tici e cat­to­lici, gli omo­ses­suali, i disa­bili. Quel Memo­riale opera egre­gia, alla cui idea­zione, su pro­getto dello stu­dio BBPR (Banfi Bel­gio­joso Perus­sutti Rogers, il pre­sti­gioso col­let­tivo mila­nese di cui faceva parte Ludo­vico Bel­gio­joso, già inter­nato a Buche­n­wald) col­la­bo­ra­rono Primo Levi, Nelo Risi, Pupino Samonà, Luigi Nono…, ha dei «torti» aggiun­tivi, come l’accogliere fra le sue tante deco­ra­zioni e sim­bo­lo­gie anche una falce e mar­tello, e una imma­gine di Anto­nio Gram­sci, icona di tutte le vit­time del fasci­smo.

Ora, ai gover­nanti polac­chi, desi­de­rosi di rimuo­vere il pas­sato, distur­bano quei richiami, agli ebrei il fatto che il monu­mento metta in crisi «l’esclusiva» ebraica rela­tiva ad Ausch­witz. Ed è grave che una città ita­liana, Firenze, si sia detta pronta ad acco­glierlo. Con­tro que­sta scel­le­rata ini­zia­tiva si sta ten­tando da tempo una mobi­li­ta­zione cul­tu­rale, che si spera possa avere un riscon­tro poli­tico forte e oggi su que­sto si svol­gerà nel Senato ita­liano una ini­zia­tiva di denun­cia pro­mossa da Ghe­rush 92-Committee for Human Right e dall’Accademia di Belle Arti di Brera. Spo­stare quel monu­mento dalla sua sede natu­rale, equi­vale a tra­sfor­marlo in mero oggetto deco­ra­tivo, men­tre esso deve stare dove è nato, per il sito per il quale fu pen­sato, a ricor­dare, pro­prio là, die­tro i can­celli del campo di ster­mi­nio, cosa fu il nazi­smo e il suo lucido pro­getto di annien­ta­mento, che, appunto, non con­cer­neva solo gli ebrei, col­lo­cati in fondo alla gerar­chia umana, ma anche tutti gli altri popoli, giu­di­cati essere «razze infe­riori» come gli slavi, o i nemici del Reich, comu­ni­sti in testa, o ancora gli «scarti» di uma­nità, secondo le oscene teo­rie degli «scien­ziati» di Hitler.

Insomma, la rimo­zione del Memo­riale, è una rimo­zione della memo­ria e un’offesa alla sto­ria. Ebbene, l’atteggiamento dell’Aned e delle Comu­nità israe­li­ti­che ita­liane, che o hanno taciuto, o hanno appro­vato la rimo­zione del Memo­riale (in attesa della sua sosti­tu­zione con un bel manu­fatto poli­ti­ca­mente adat­tato ai tempi nuovi), appare grave.

E in qual­che modo richiama le pole­mi­che di que­sti giorni rela­tive alla mani­fe­sta­zione romana del 25 aprile.

Pre­messo che la cosa «si svol­gerà di sabato», e dun­que, come ha pre­te­stuo­sa­mente pre­ci­sato il pre­si­dente della Comu­nità israe­li­tica romana, gli ebrei non avreb­bero comun­que par­te­ci­pato, la denun­cia che «non si vogliono gli ebrei», è un rove­scia­mento della verità: non si vogliono i pale­sti­nesi. Ed è grave l’assenza annun­ciata dell’ANED, per la prima volta, anche se la bagarre si è sca­te­nata sull’assenza della «Bri­gata Ebraica». La quale ha le sue ori­gini remote niente meno in Vla­di­mir Jabo­tin­sky, sio­ni­sta estre­mi­sta di destra con legami negli anni ’30 mai smen­titi con Mus­so­lini, che con­vinse le auto­rità bri­tan­ni­che, nella I guerra mon­diale, a dar vita a una Legione ebraica.

Nel II con­flitto mon­diale, fu Chur­chill a lasciarsi con­vin­cere a orga­niz­zare un Jewish Bri­gade Group, inqua­drato nell’esercito bri­tan­nico: 5000 uomini che ope­ra­rono in par­ti­co­lare nell’Italia cen­trale, con­tri­buendo alla libe­ra­zione di Ravenna e di altri bor­ghi. Ebbe i suoi morti, e le sue glo­rie. Bene dun­que cele­brarla. Ma non fu né avrebbe potuto avere un ruolo emi­nente, come sem­bre­rebbe a leg­gere certe dichia­ra­zioni. Ma il fuoco media­tico supera il fuoco delle armi. E che dire di ciò che avvenne dopo? Come sto­rico ho il dovere di ricor­darlo. Quei sol­dati diven­nero il nucleo ini­ziale delle mili­zie dell’Irgun e del Haga­nah — quelle che cac­cia­rono i pale­sti­nesi nella Nakba — e poi dell’esercito del neo­nato Stato di Israele, al quale offri­rono anche la ban­diera.

Si capi­sce l’imbarazzo dell’Anpi di Roma, tra l’incudine e il mar­tello. Ma quando leggo che il suo pre­si­dente afferma che «i pale­sti­nesi non c’entrano con lo spi­rito della mani­fe­sta­zione», mi vien voglia di chie­der­gli se gli amici di Neta­nyahu c’entrino di più. Altri hanno dichia­rato in que­sti giorni che biso­gna lasciar par­lare solo chi ha fatto la guerra di libe­ra­zione; ma se così intanto andreb­bero cac­ciati dai pal­chi tanti trom­boni in cerca di applausi; e soprat­tutto se si adotta que­sta logica è evi­dente che tra poco non ci sarà più modo di festeg­giare il 25 aprile, per­ché, ahimè, i par­ti­giani saranno tutti scom­parsi.

E allora — visto l’articolo 2 dello Sta­tuto dell’Anpi che riven­dica un pro­fondo legame con i movi­menti di libe­ra­zione nel mondo — come non dare spa­zio a chi oggi lotta per libe­rarsi da un regime oppres­sivo, discri­mi­na­to­rio come quello israe­liano, rap­pre­sen­tato ora dal governo di destra di Neta­nyahu? Chi più dei pale­sti­nesi ha diritto oggi a recla­mare la «libe­ra­zione»? E invece temo si vada verso que­sto (addi­rit­tura in que­ste ore in forse a Roma) e i pros­simi 25 Aprile inges­sati e reistituzionalizzati.

Angelo d’Orsi

(10 aprile 2015)

 

Il 25 aprile con i palestinesi

La polemica. Sbagliata la scelta della Brigata ebraica e dell’Aned di non andare al corteo del 25 aprile

Piero Bevilacqua, 13.4.2015

Il 25 aprile è cer­ta­mente la data sim­bo­li­ca­mente più signi­fi­ca­tiva e fon­dante dell’Italia repub­bli­cana. Il giorno della libe­ra­zione del paese dall’occupazione nazi­fa­sci­sta segna un frat­tura netta non solo con la dit­ta­tura mus­so­li­niana, ma anche con il con­ser­va­to­ri­smo monar­chico, ponendo le basi dell’Italia democratica.

Un evento che non è una delle tante “rivo­lu­zioni pas­sive” della nostra sto­ria, ma il frutto della lunga lotta par­ti­giana, di una resi­stenza popo­lare che ha pochi pre­ce­denti nel nostro pas­sato nazionale.

Per circa un ven­ten­nio la sua cele­bra­zione è entrata nell’immaginario degli ita­liani come un anni­ver­sa­rio con­di­viso, una festa di tutti che rati­fi­cava l’accettazione uni­ver­sale dei valori della Costi­tu­zione e della demo­cra­zia. Ricordo che sul finire degli anni ’60 e nel decen­nio suc­ces­sivo, la replica di quella com­me­mo­ra­zione comin­ciò ad appa­rire, ai gio­vani di sini­stra della mia gene­ra­zione, come uno stanco rituale in una società di sta­bile demo­cra­zia, che aveva ormai biso­gno di idea­lità più avan­zate cui ispirarsi.

Ma dagli anni ’80, com’è noto, le cose cambiarono.

Il 25 aprile insieme alla Resi­stenza e alla prima parte della Costi­tu­zione, subi­rono attac­chi mol­te­plici, sia in sede sto­rio­gra­fica che poli­tica e gior­na­li­stica. Revi­sioni che con­tri­bui­rono non poco a “spor­care” un mito fon­da­tivo della Repub­blica. Da allora quella data è ter­reno, in vari modi, di con­tesa e di lotta poli­tica, dal momento che tutte le forze in campo hanno com­preso il valore sim­bo­lico della memo­ria, il suo essere ter­reno di egemonia.

Quest’anno, la cele­bra­zione di quella data sta lace­rando il fronte anti­fa­sci­sta pro­mo­tore, creando pro­blemi all’interno dell’Anpi a causa di un dis­senso esploso di recente: la Bri­gata Ebraica e l’Aned, l’ Asso­cia­zione degli ex depor­tati, non par­te­ci­pe­ranno al tra­di­zio­nale cor­teo di porta San Paolo. Ragione del vio­lento dis­senso è la pre­senza di orga­niz­za­zioni pale­sti­nesi all’interno del cor­teo, ree di aver cri­ti­cato il governo di Israele e di non volere nel cor­teo la ban­diera di quello stato.

Credo che la deci­sione di parte ebraica sia faziosa e sba­gliata per più ragioni, e non ho biso­gno di entrare nei det­ta­gli delle discus­sione per dimo­stralo. Del resto, basta leg­gere l’inter­vi­sta a Yus­suf Sal­man, quale rap­pre­sen­tante delle comu­nità pale­sti­nesi (il mani­fe­sto del 10.4.2015) per vedere quanto ragio­ne­vole sia la posi­zione di que­sta parte. E’ faziosa e sba­gliata intanto per­ché nella pre­sente fase sto­rica, men­tre infu­ria in Medio Oriente un fana­ti­smo reli­gioso di inau­dita fero­cia, l’intelligenza poli­tica con­si­glie­rebbe la ricerca dell’unità, del dia­logo, della coo­pe­ra­zione tra le forze che ambi­scono alla pace.

Non turba nes­suno il fatto che in que­sto momento l’Isis sta por­tando i suoi mas­sa­cri nel campo dei rifu­giati pale­sti­nesi di Yar­mouk, gre­miti di bam­bini e di vec­chi? O è solo Israele, solo gli ebrei che devono godere del mono­po­lio della pietà una volta per sem­pre? Ma nel gesto della Bri­gata Ebraica e dell’Aned ci sono due errori poli­tici gravi: l’identificazione con lo stato d’Israele, e il con­se­guente vul­nus alla coscienza paci­fi­sta e demo­cra­tica dell’antifascismo italiano.

Che cosa c’entrano gli ex depor­tati con l’attuale governo di Neta­nyau? Com’è pos­si­bile che ancora oggi gli ebrei demo­cra­tici non com­pren­dano un aspetto fon­da­men­tale della sto­ria recente d’Israele? Se esso ha il merito di avere dato una patria a un popolo per­se­gui­tato e disperso, rap­pre­senta tut­ta­via la coda vio­lenta e tar­diva del colo­nia­li­smo euro­peo, una impo­si­zione mili­tare, che avrebbe richie­sto ben altra stra­te­gia di ripa­ra­zione nei con­fronti del mondo arabo. E invece, insieme agli Usa, quello stato ha pro­dotto una poli­tica che ha disperso un altro popolo ed è all’origine della più grave insta­bi­lità di que­sta parte del mondo negli ultimi 60 anni.

E veniamo a noi. Forse che milioni di ita­liani non hanno ragioni di recri­mi­na­zioni, nei con­fronti dell’intera comu­nità ebraica del nostro paese, per la tie­pi­dezza – si fa per dire – con cui essa ha assi­stito al mas­sa­cro di civili pale­sti­nesi a Gaza? Ucci­sioni e distru­zioni immani, per­pe­trati per ben due volte, con bom­bar­da­menti simul­ta­nei da terra, dal cielo e dal mare, nel 2008 e nel 2014. Non è ad essa ben noto che milioni di ita­liani, forse la grande mag­gio­ranza del nostro popolo, guarda allo Stato d’Israele, come a un potere ingiu­sto e liber­ti­cida, che tiene in ser­vitù un altro popolo? O crede che i cit­ta­dini non capi­scano, non sap­piano. Eppure, per amore di unità e di dia­logo l’antifascismo ita­liano ricerca l’accordo, ten­tando di met­tere insieme le parti.

Per­ciò credo che l’Anpi su que­sto punto deve avere una posi­zione di asso­luta fer­mezza. Come ha ricor­dato Angelo D’Orsi, l’art. 2 dello sta­tuto di quella orga­niz­za­zione riven­dica «un pro­fondo legame con i movi­menti di libe­ra­zione del mondo». (il mani­fe­sto, 9.4.2015).

L’equidistanza pila­te­sca deforma la verità. Oggi sono i pale­sti­nesi, è que­sto popolo che attende di essere liberato.

Dens dŏlens 156 – “… per amor di verità e contro ogni revisionismo”ultima modifica: 2015-05-04T02:58:05+02:00da iskra2010
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