Dens dŏlens 169 – Il lupo si veste d’agnello ma…

Foto: Mambro Francesca Giusva Fioravanti responsabili della strage alla stazione di Bologna

di MOWA

Anche se il lupo si veste d’agnello sempre lupo rimane.

Gravissime erano state le affermazioni profferite dall’ex terrorista di Prima Linea (condannato a trent’anni per aver ucciso un agente) Sergio D’Elia durante la trasmissione Red TV “Finimondo”andata in onda nel 2009. In un incontro con il giornalista (whit the soul DC) Mario Adinolfi, infatti, D’Elia disse “…che questo [Italia ndr] non sia uno Stato di diritto, uno Stato democratico…” (time 4’ 45”). Queste parole fermavano la sua cultura a quando frequentava gli ambienti anarchici, per poi entrare a far parte di Potere Operaio e quindi passare a Senza Tregua, organizzazione dell’Autonomia Operaia e, infine, a Prima Linea.

D’Elia, però, in quella trasmissione non si limitò a dire ciò ma si spinse ben oltre, arrivando a difendere due criminali pluricondannati a diversi ergastoli come Giusvà Fioravanti (otto) e Francesca Mambro (nove).

I due estremisti di destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), difesi (sic!) nella trasmissione da D’Elia, sono stati condannati, oltre che per i 33 omicidi avvenuti tra il 1977 ed il 1981, anche, perché sono i responsabili della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna che causò la morte di 85 persone ed il ferimento di altre 200. Per quella strage sono stati condannati con sentenza definitiva dalla Cassazione il 23 novembre del 1995. Purtroppo di carcere effettivo i due hanno scontato, nelle patrie galere, 18anni Fioravanti e 16anni Mambro. Se gli anni di carcere vengono divisi per ogni loro vittima il risultato, è di poco più di 6 o 7 mesi, di detenzione.

Ora, a spingere, ancora, più in basso questo nostro paese pieno d’incertezze sul proprio futuro, ci si mettono ancora di mezzo questi “cattivi maestri”.

Infatti costoro sono liberi, per le strade di Roma, e rilasciano bellamente interviste dando una visione falsificata sia del loro passato che delle prospettive future.

Dunque questi “Cattivi maestri” hanno la “vocazione” alla provocazione, spingono a far saltare le regole di una comunità e perseverano nell’instillare dubbi veleniferi, là dove non ce ne dovrebbero essere, contro le verità conclamate attendendo che facciano effetto sulle povere vittime.

Ruolo quello dei “cattivi maestri” che li porta a spalleggiarsi l’un l’altro come ha fatto D’Elia con i due stragisti Mambro e Fioravanti e che, consapevoli, probabilmente, delle loro alte coperture proseguono nell’opera di smantellamento dei fatti accertati. Non solo: si fanno aiutare da pseudo comitati pro-Mambro e Fioravanti. E, assistendo a questa pantomima a difesa degli stragisti, sovvengono alla mente le intercettazioni fatte a Gennaro Mokbel, l’imprenditore romano con un passato e amicizie nella destra eversiva e contatti anche con Antonio D’Inzillo, il killer della banda della Magliana: “Mambro e Fioravanti li ho tirati fuori io”.

Scriveva il gip nell’ordinanza che Mokbel, «unitamente alla moglie Giorgia Ricci, continua a mantenere contatti, sia telefonici che di persona (…) con vecchi esponenti dell’eversione di destra, in particolare Francesca Mambro, indicata come la Dark, e Valerio Francesco Fioravanti, detto “Giusvà“. Mokbel, infatti, in diverse conversazioni intercettate, “ha detto di essere sempre stato molto vicino ai due soggetti, anche attraverso rilevanti sostegni economici”.

Il giudice riporta, tra l’altro, una conversazione tra Mokbel e Carmine Fasciani, classificato come “esponente della criminalità organizzata romana”: “…io non c’ho e non posso avè figli Cà…con mi moglie…hai capito?… perché quando (incomprensibile)… cioè io in dieci anni mi so pensato agli attori concludenti contro i Politici…Valerio e Francesca (Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, annotano gli inquirenti) sono (incomprensibili)… Dario Perretti e Stampera (fonetico)…te li ricordi tutti?… Leo!… li ho tirati fuori tutti io …tutti con i soldi mia, lo sai quanto mi so costati Cà?… un milione e due…un milione e due…”.

Di fronte a queste macroscopiche evidenze come non dare ragione al presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, Paolo Bolognesi, quando sostiene “l’omertà di Stato è stata più forte della legge”. Oppure “In questi 35 anni, spesso quello Stato, che avrebbe dovuto proteggerci, ha ostacolato la nostra azione.

A questo punto, vista la collaborazione di questi due terroristi (Mambro e Fioravanti) con l’associazione “Nessuno tocchi Caino” c’è da chiedersi se questa non sia un viatico per trovare, più che l’inserimento nella società, un comodo sistema per cancellare la memoria alle nuove generazioni… E le parole del suo segretario D’Elia in quella trasmissione televisiva ce lo farebbero, sinceramente, credere. Ma, forse, ha ragione lui nel sostenere “che questo non sia uno Stato di diritto, uno Stato democratico” perché dovrebbe essere in prigione e non libero di scorrazzare tra un talk-show e l’altro.

Anche, perché Caino si può spacciare per Abele ma sempre Caino rimane!

Quanti Caino abbiamo mantenuto fuori dalle prigioni in tutti questi anni e ci siamo dimenticati delle centinaia di Abele che non possono più dire la loro?

Possono parlare solo i familiari, dei vari Abele, come Paolo Bolognesi che giustamente chiede di “avviare iniziative ispettive, ai fini dell’eventuale esercizio di tutti i poteri di competenza” e che riceve, per tutta risposta dal governo, tramite il sottosegretario Cosimo Maria Ferri, che “la libertà condizionale è un vero e proprio diritto e non una graziosa concessione né una non giustificabile rinuncia dello Stato all’ulteriore esecuzione della pena detentiva inflitta con la sentenza di condanna. Tradotto in parole semplici, per Ferri, nel caso specifico dei due NAR, i requisiti necessari per la condizionale esistevano, compreso quello del “ravvedimento”. Anche se Bolognesi faceva, però, notare come fosse difficile, in realtà, desumere ciò che i due hanno sempre negato e cioè ogni coinvolgimento nella strage del 2 agosto.

Un chiacchieratissimo sottosegretario questo Cosimo Maria Ferri che lascia stupiti, come riportato anche in vari quotidiani, non tanto per le amicizie che lo legano a Silvio Berlusconi e Denis Verdini, o perché il “suo nome è saltato fuori in tre diverse inchieste, Calciopoli, P3 e Agcom-Annozero, ma non è mai stato indagato”, o perché è figlio “di Enrico, politico e magistrato passato dal socialismo al berlusconismo nel giro di pochi anni, dopo un passaggio nell’Udeur di Mastella e Cossiga”, o, ancora, per le “disgrazie” del fratello “Filippo, è stato capo della squadra mobile di Firenze, prima di essere condannato in via definitiva a tre anni e otto mesi per le violenze nella scuola Diaz durante il G8 di Genova 2001 (all’epoca guidava la mobile di La Spezia) e approdare poi al Milan, nel 2012, come responsabile della sicurezza” ma anche perché, nel 2009, mentre incombeva l´udienza Mills (e il Cavaliere era in ansia) la giornalista di Repubblica, Liana Milella in un articolo del gennaio 2011, scriveva“Di Ferri al telefono parlavano anche Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino, indagati nell’inchiesta P3, per via dei magistrati da promuovere o da trasferire” lui che si trovava nel CSM. Il CSM che dovrebbe essere un organismo imparziale, super partes.

Ed, allora, uno così come può rispondere a Bolognesi sui due terroristi dei NAR in quel modo?

Riconfermiamo che il lupo si veste d’agnello ma sempre lupo rimane.

Dens dŏlens 169 – Il lupo si veste d’agnello ma…ultima modifica: 2015-08-10T01:30:43+02:00da iskra2010
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