Dens dŏlens 171 – Pensioni, speranza di vita e Partito Comunista

di MOWA

Sgombriamo subito il campo da ideologismi di sorta perché il ragionamento che andremo a fare sarà quello di parlare delle conquiste sociali che hanno permesso una vita migliore e di alzare l’età media della popolazione.

Non si vogliono portare, volutamente, dati perché si preferisce che sia lo stesso lettore a fare escursioni tra informazioni scientifiche, tecniche, economiche, per trarne le dovute considerazioni.

Scoprirà, così, che la speranza di vita media (alta o bassa) nei vari paesi è strettamente legata al grado di conquiste sociali che quella data popolazione ha saputo conquistare, e scoprirà anche, che tali conquiste erano e sono spinte da militanti dei vari partiti comunisti disseminati per il mondo.

Comunisti che, in alcuni casi (spesso), sono stati perseguitati dalla reazione liberal-borghese, pagando con la propria vita.

Tanto sono state influenti le scelte di campo comunista nel mondo con la “teoria della liberazione” dell’uomo dalle “proprie catene” (da non confondersi, assolutamente, con la “teologia della liberazione” che nacque nel 1968 in America latina dal sacerdote peruviano Gustavo Gutiérrez, che lascia agganciati a un Credo per nulla scientifico) che indussero la borghesia a trovare escamotage culturali per evitare la propagazione su vasta scala di queste idee con il rischio della perdita della sua egemonia e potere.

Prova tangibile, di ciò, sono state le politiche messe in atto per ottenere le conquiste sociali nei paesi social-democratici (il nome stesso della corrente culturale l’esplicita chiaramente) degli Stati confinanti con l’ex Est europeo del primo novecento.

Le popolazioni che vivono al confine con l’Est europeo (es: Norvegia, Svezia, Finlandia, ecc.) hanno beneficiato e ancora oggi “beneficiano”, anche se in piccolissima parte, della scelta che la borghesia, attraverso la cultura social-democratica, doveva presentare al mondo come “specchio per le allodole” ma, pur sempre, dentro il recinto delle regole capitalistiche.

Possiamo sostenere (senza che nessuno possa smentire i processi che li hanno portati a ciò) che se i paesi confinanti con l’ex URSS hanno un tenore di vita superiore alla media dei paesi occidentali era, ed è, dovuto al fatto che la borghesia doveva contrapporre, e far credere al modello sovietico, che su questo versante (Occidentale) si stesse meglio che altrove.

Uno “specchio per le allodole” appunto perché era sufficiente spostarsi di qualche chilometro per vedere altri paesi avere povertà in ogni dove ed una speranza di vita molto bassa. Basti pensare, infatti, alla preoccupazione della stessa ONU subito dopo il crollo del blocco sovietico (benché fosse ormai compromesso dal revisionismo attuato all’interno ma sovvenzionato dal capitalismo occidentale), per il calo vertiginoso della speranza di vita media.

In merito avevamo scritto qualche anno fa:

Nello scenario apocalittico (altro che Maya!) che ci troviamo di fronte vengono alla mente gli studi fatti nel 1972 da uno dei vari think tank esclusivi: il Club di Roma (dove si annoverano tra i membri onorari: David Rockefellerprincipe Filippo del Belgio, re Juan Carlos I e regina Dona Sophia di Spagna, regina Beatrice d’Olanda, Eduard Shevardnadze, Rigoberta Menchù Tum, Jacques Delors, Michail Gorbaciov). Nel rapporto redatto dopo questi studi si pianificavano “I limiti dello sviluppo” che l’umanità, se voleva sopravvivere, doveva raggiungere modificando il suo stile di vita e le sue grandezze e, pertanto, veniva auspicato, per non dire, più esplicitamente… (visto che è stato realizzato in diverse parti del globo) di indirizzare i vari governi ad una drastica riduzione della popolazione onde evitare, probabilmente, l’ingestibilità della stessa da parte dell’élite.

Sempre nello stesso documento, in modo molto più esplicito il Club di Roma affermava di essere: “…Alla ricerca di un nuovo nemico che ci permettesse di unirci, abbiamo pensato che l’inquinamento, la minaccia del surriscaldamento globale, la scarsità d’acqua, le carestie e fenomeni simili facessero al caso nostro…” concludendo con l’inequivocabile proposito “…Il vero nemico, allora, è l’umanità stessa.”

Per ottenere ciò, il “sistema élitario oligarchico” è stato (ed è tuttora) decisamente bieco perché non ha usato un tipo di violenza visibile grazie alla quale chiunque avrebbe compreso subito l’inganno ma ha messo in atto alcune “manovre” istituzionali (tra queste quelle economiche) per le quali si è arrivati a giustificare “l’azione riparatoria per risollevarsi dalla crisi”, come ad es.:

1.    Distruzione del potenziale scientifico e tecnologico con restrizione dei sovvenzionamenti statali;

2.    Incremento costante del debito pubblico causato, prevalentemente, dalla riduzione tributaria (evasori compresi);

3.    Cessione di pacchetti azionari o vendita dei beni pubblici a stranieri;

4.    Controllo di altre entità sullo sviluppo della politica economica nazionale e straniera.

Tutto ciò, tra l’altro, avvenne nell’ex URSS dove il Tesoro degli Stati Uniti d’America tramite la Bank of New York, la Goldman Sachs, l’Harvard Endowment, il Massachusetts Fleet Financial, la Banca di Boston e l’immancabile CIA (e la ‘ndrangheta) distrusse il valore del rublo. L’effetto della caduta dell’ex URSS, determinato dal collasso dell’economia e del sistema finanziario (con un saccheggio illegale di oltre 500 miliardi di dollari) fu che la gente comune moriva di freddo e pativa la fame.

È stato, inoltre, calcolato, dall”Hoover Institution Policy, che l’aspettativa di vita di un russo nel 2000 fosse scesa a circa 48 anni, che il 41,2 % della popolazione vivesse con un introito (equivalente in rubli) di $ 500 l’anno e, in un decennio, aver avuto una riduzione di persone da 160 milioni a 145 milioni. Tanto fu il disastro provocato dalle manovre economico-finanziarie che, persino, la Camera dei Rappresentanti degli USA dovette ammettere che: “… Milioni di uomini e donne che avevano depositato in banca persero tutto. Bancomat e carte di credito smisero di funzionare. Decine di banche si dichiararono insolventi e sparirono dalla circolazione. Depositanti arrabbiati assediarono le sedi per poi scoprire che erano rimasti al verde. Milioni di cittadini anziani, che da mesi non ricevevano le loro già misere pensioni, persero in maniera definitiva i loro introiti. […] … il rublo – e con esso tutti i risparmi della popolazione – aveva perso almeno il 75 per cento del suo valore. La devastazione dell’economia del Paese fu peggiore di quella sperimentata dal Nord America negli anni della Grande Depressione. Nel 1932, il prodotto interno lordo deli Stati Uniti si era ridotto quasi di un terzo. In Russia, nei sei mesi dopo il crollo, l’economia si era ridotta di oltre due terzi. Dai 422 miliardi di dollari del 1997, il Pil passò a 132 miliardi prima della fine del 1998…”

Se facciamo il giro degli Stati europei, per non andare in Sudamerica o in Oriente, dove ci sono, ci sono stati o sono prossimi problemi di crisi economica, scopriamo che le tecniche utilizzate, con solo qualche piccola variante, sono sempre le stesse di quanto fatto nell’ex URSS ed esposti precedentemente nei 4 punti.

La successione è la seguente: prestiti dal FMI, dalla BM, ecc. —> tassi elevatissimi —> appropriazione dei beni nazionali (materie prime, immobili pubblici e privati, tecnologie, industrie, ecc.).(1)

Avevamo sbagliato nell’analisi di ciò che è successo in giro per il mondo?

Non credo proprio. Anzi!

Possiamo prendere, poi, l’esempio dell’Italia per come si sono svolte le cose, da che hanno voluto distruggere il PCI, in quanto partito capace di organizzare il movimento proletario per ottenere un maggior benessere collettivo, distruzione avvenuta grazie alla responsabilità di tanti incoscienti che non avevano capito che quei movimenti avventuristi, nichilisti, anarco-libertari, ecc. erano il prodotto del disegno di una borghesia che non voleva perdere l’opportunità di portarci nella direzione in cui stiamo andando e, cioè, verso la dissoluzione delle conquiste ottenute in decenni di battaglie e scontri contro il potere e la sua arroganza.

Un progresso sociale voluto e costruito dal PCI di cui tutti hanno beneficiato e che induceva a quel giusto senso critico per migliorare, sia individualmente che collettivamente, la società… anche, sul versante della ricerca (salute compresa).

In questo paese, purtroppo, abbiamo visto la concomitanza di episodi che vanno quindi dalla distruzione del PCI alla frantumazione dei paradigmi che davano lungimiranza alla popolazione, dal tenore alla speranza di vita.

Ancora oggi, in Italia beneficiamo degli ultimi effetti (in via di smantellamento da parte del liberismo) della politica sociale del PCI che ha portato ad avere scolarità e cure mediche di massa e gratuite (solo per citarne alcune), e questo dovrebbe farci riflettere e capire verso cosa stiamo andando e se non sia il caso di ripristinare quell’equilibrio ottenuto con tante sofferenze dai nostri predecessori.

Dens dŏlens 171 – Pensioni, speranza di vita e Partito Comunistaultima modifica: 2015-08-18T01:07:02+02:00da iskra2010
Reposta per primo quest’articolo

Lascia un commento