Dens dŏlens 282 – Le statistiche barano?

di MOWA

È di questi giorni la discussione se aumentare o meno l’età pensionabile in ragione del fatto che la speranza di vita delle persone si è (così dicono i dati Istat) innalzata.

Con l’espressione s. di v. (equivalente al concetto di vita media, o numero ulteriore di anni di vita dopo l’età x) viene designato un indicatore della durata media della vita a partire da un’età data, usato nelle scienze attuariali e nelle statistiche demografiche e calcolato per mezzo delle costanti biometriche riportate nelle tavole di mortalità. (Speranza di vita – Treccani)

Ma sarà giusto leggere i dati senza porsi qualche, preoccupata, domanda a fronte di alcune precedenti puntualizzazioni?

E, poi.

È motivo d’orgoglioso (invece di sentirsi in difetto), per un paese evoluto, avere la media della speranza di vita pià alta?

Ecco, allora, che ci si è presi la briga di analizzare (un minimo) quello che è stato il criterio della rilevazione statistica e, con grande sorpresa, si è scoperto che i dati sono, per stessa ammissione della fonte a netto “svantaggio per diseguaglianze nel titolo di studio”.

Cosa che dovrebbe scandalizzare tutti coloro i quali hanno sostenuto i lavori a chiamata, o formulette che richiamano i principi del job act, alternanza scuola-lavoro che producono, in realtà, bad job (pessimi o cattivi lavori) di scarsa professionalità e che nel tempo incideranno sulla speranza di vita di ognuno di noi e a forte penalizzazione del sistema Paese che subirà inevitabilmente un arretramento sociale considerevole diventando preda di altri (forse, nuovo sistema di colonizzazione?) che, invece, si porteranno su podi più alti di evoluzione.

Si afferma, altresì, in uno dei comunicati dell’IStat che la speranza di vita è “più elevata per le donne” (85 anni nei confronti degli uomini – 80,6 anni), come dato avulso dalle condizioni lavorative e sociali che le vedono, invece, fortemente penalizzate, sia sul fronte economico oltrechè nella progressione di carriera. Ma, spesso accade che i furbetti (in questo caso il Governo), prendano i dati a sé stanti non rendendo giustizia a ciò che realmente ci circonda.

Un difetto governativo che ridicolizza il proprio ruolo che dovrebbe essere di gestione dei dati ed aprire le porte ad una disamina migliorativa degli esclusi dal processo produttivo o per quelli deceduti a causa del lavoro (visti i dati di mortalità nella tabella del Rapporto morti bianche triennio 2011/12/13 sottostante)

Dati ottenuti, sicuramente, in difetto in quanto non tengono conto di coloro che non sono regolarizzati con contratti.

Percentuali altissime di decessi sul lavoro per un paese che dice di richiamarsi a valori evolutivi, valori smentiti dal numero di questi decessi che sono fortemente penalizzanti proprio nelle regioni dove le regole dovrebbero essere norma che, invece, probabilmente…

Tabelle, si diceva, da brivido (per un solo triennio) e che, se dovessimo scandagliare a fondo, farebbero risultare un arrettramento rispetto alla situazione dei decenni precedenti, quando le tutele erano migliori nonostante la platea degli occupati fosse maggiore… Ma (diciamolo), c’erano partiti ben più seri e praparati (meno asserviti al potere) di quelli odierni partendo dal P.C.I. il quale chiedeva, ad esempio, anche, maggior istruzione per non incorrere nella regressione di cui, oggi, siamo vittime.

Dens dŏlens 282 – Le statistiche barano?ultima modifica: 2017-10-26T04:15:19+02:00da iskra2010
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