Il nuovo sacco di Milano… e la distruzione della natura

Sezioni comuniste Gramsci-Berlinguer

per la ricostruzione del P.C.I.

Contro la distruzione della natura insita nell’ideologia dei massocapitalisti bisogna opporre un’altra concezione del lavoro umano fondamento dell’ideologia comunista

Karl Marx: “Quindi il lavoro, come formatore di valori d’uso, come valore utile, è una condizione d’esistenza dell’uomo, indipendente da tutte le forme di società, è una necessità eterna della natura che ha la funzione di mediare il ricambio organico fra uomo e natura, cioè la vita degli uomini”. Il Capitale, Volume I, Prima sezione: Merce e denaro pag. 55. Editori Riuniti 1973.

Poi la riflessione di Marx prosegue:

“In primo luogo il lavoro è un processo che si svolge fra l’uomo e la natura, nel quale l’uomo per mezzo della propria azione produce, regola e controlla il ricambio organico fra se stesso e la natura: contrappone se stesso, quale una fra le potenze della natura, alla materialità della natura. Egli mette in moto le forze naturali appartenenti alla sua corporeità, braccie e gambe, mani e testa, per appropriarsi i materiali della natura in forma usabile per la propria vita. Operando mediante tale moto sulla natura fuori di sé e cambiandola, egli cambia allo stesso tempo la natura sua propria. Sviluppa le facoltà che in questa sono assopite e assoggetta il giuoco delle loro forze al proprio potere. (…) Il nostro presupposto è il lavoro in una forma nella quale esso appartiene esclusivamente all’uomo. Il ragno compie operazioni che assomigliano a quelle del tessitore, l’ape fa vergognare molti architetti con la costruzione delle sue cellette di cera. Ma ciò che fin da principio distingue il peggior architetto dall’ape migliore è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera. Alla fine del processo lavorativo emerge un risultato che era già presente al suo inizio nell’idea del lavoratore, che quindi era già presente idealmente. Non che egli effettui soltanto un cambiamento di forma dell’elemento naturale; egli realizza nell’elemento naturale, allo stesso tempo, il proprio scopo, che egli conosce, che determina come legge il modo del suo operare, e al quale deve subordinare la sua volontà”. Ibidem Terza sezione: La produzione del plusvalore assoluto. p. 195-196.

“Il processo lavorativo, come l’abbiamo esposto nei suoi movimenti semplici e astratti, è attività finalistica per la produzione di valori d’uso; appropriazione degli elementi naturali per i bisogni umani; condizione generale del ricambio organico fra uomo e natura; condizione naturale eterna della vita umana; quindi è indipendente da ogni forma di tale vita, e anzi è comune egualmente a tutte le forme di società della vita umana”. Ibidem p. 202.

“Ma all’interno della società borghese fondata sul valore di scambio si generano rapporti di traffico e di produzione che sono altrettante mine per farla saltare. Una massa di forme antitetiche dell’unità sociale, il cui carattere antitetico tuttavia non può mai essere fatto esplodere mediante una quieta metamorfosi”.  Karl Marx, Grundrisse p. 91 Quaderno I.

La tendenza a creare il mercato mondiale è data immediatamente nel concetto del capitale stesso. Ogni limite si presenta come un ostacolo da superare. Il capitale tende anzitutto a subordinare ogni momento della produzione stessa allo scambio, e a sopprimere la produzione di valori d’uso immediati che non entrano nello scambio, ossia appunto a sostituire la produzione fondata sul capitale ai modi di produzione precedenti e, dal suo punto di vista primitivi”Ibidem p. 375

Ancora grattacieli e cemento, il nuovo sacco di Milano

Ancora grattacieli e cemento, il nuovo sacco di Milano

di Gianni Barbacetto e Marco Maroni

Milano è cambiata (in meglio) negli ultimi anni. Ma promette di cambiare ancor di più nel prossimo decennio (in peggio?). Sono in cantiere in questi mesi progetti che coinvolgono oltre 3 milioni di metri quadrati: spazi immensi, che possono trasformare la città. Area Expo (1,1 milioni di metri quadrati). Scali ferroviari (1,2 milioni di metri quadrati), Bovisa Gasometro (850 mila metri quadrati), Aree Falk e Città della Salute (1,4 milioni di metri quadrati). Quest’ultima è a Sesto San Giovanni, ma ormai non c’è soluzione di continuità tra Milano e i Comuni che la circondano. Se poi ci aggiungiamo le trasformazioni in corso o progettate a Città Studi, a Citylife, a Fiera Milano City, alla Piazza d’Armi e nell’infinito cantiere di Milano Santa Giulia a Rogoredo, il cambiamento diventa ancor più radicale.

 

Muri selvaggi In alto, i progetti che riguardano gli scali ferroviari e il quariere Santa Giulia di Milano.

A destra, la torre Isozaki di City Life LaPresse

È possibile valutare i grandi progetti uno per uno, soppesando annunci e realtà, promesse palesi e interessi sotterranei. Ma poi si può fare un esercizio ulteriore: guardarli tutti insieme, quei progetti, confrontarli e sovrapporli, scoprendo duplicazioni, conflitti, imposture. Il quadro che ne esce mostra che a Milano si sta progettando il futuro con tanto cemento ma senza alcuna visione strategica globale, più attenti agli interessi privati che al bene comune dei cittadini. Si sta anche preparando una nuova bolla immobiliare?

Area Expo. L’operazione “Mind” è il più grosso affare in corso a Milano: 510 mila metri quadrati di nuovi edifici, che ospiteranno 40 mila utenti, per un progetto da 2 miliardi di euro. Sarà soprattutto terziario (200 mila mq), con l’arrivo, per ora solo ipotizzato, di grandi aziende come Novartis, Bayer, Glaxo, Bosch, Abb, Celgene, Ibm. Poca residenza (63 mila mq) di cui 9 mila senior living, cioè residenze di altissimo livello, e 30 mila di social housing, ossia case a prezzo calmierato. In più, altri 54 mila mq di residenze per studenti. Completano il progetto 16 mila mq di spazi commerciali, ma senza grande distribuzione, e 7 mila mq di hotel. Tutto gestito dai privati di Lend Lease insieme alla società pubblica proprietaria delle aree, Arexpo.

Investimenti previsti: 2 miliardi pubblici e 2 privati. Per sviluppare il progetto e “valorizzare” almeno 250 mila mq, Lend Lease verserà ad Arexpo 671 milioni di euro, in cambio di una concessione che durerà 99 anni. Altri 230 mila mq saranno “valorizzati” direttamente da Arexpo, che conta di ricavarci 130 milioni, o vendendoli a Lend Lease o direttamente a privati. Oltre a tutto ciò, sull’area sorgerà anche un ospedale, l’ortopedico Galeazzi, che pagherà ad Arexpo 25 milioni per i 50 mila mq ottenuti.

Ma ciò che renderà davvero possibile l’operazione “Mind”, facendo da calamita per le aziende hi tech e big pharma, sarà il trasferimento sull’area Expo delle facoltà scientifiche dell’Università Statale (150 mila mq, costo ipotizzato 380 milioni), oltre al più piccolo centro di ricerca Human Technopole su genoma e big data, che ha già occupato Palazzo Italia e si amplierà ad alcuni edifici a ovest dell’Albero della Vita.

Secondo il progetto Lend Lease, 460 mila metri quadrati dell’area saranno occupati da un parco. Ma per raggiungere questa cifra si devono sommare anche i canali, l’anello esterno, l’arena, la Cascina Triulza e aree come il “decumano” e il “cardo” di Expo, che saranno in realtà trasformati in viali pedonali alberati (rispettivamente di 60 e 35 mila mq), su cui dovranno comunque transitare automezzi per i rifornimenti e che saranno creati sopra la piastra di cemento che impedisce la piantumazione di alberi ad alto fusto. Chi non ha la memoria labile ricorda inoltre che i cittadini milanesi nel 2011 hanno votato “Sì” a un referendum consultivo che impegnava a lasciare a parco tutta l’area.

Scali ferroviari.Sette grandi aree delle Ferrovie dello Stato (scali Farini, Romana, Porta Genova, Lambrate, Greco Breda, Rogoredo, San Cristoforo), per oltre 1 milione di metri quadrati, saranno riprogettate. È stato fatto un accordo con il fondo anglosassone Olimpia investment fund: sorgeranno nuovi edifici per 674 mila metri quadrati. Meno di un terzo dovrebbe essere edilizia convenzionata, per il resto speculazione immobiliare: residenze, uffici, aree commerciali.

La giunta di Giuseppe Sala presenta il progetto come una grande occasione per rinnovare la città. Ma nelle due aree più grandi e preziose, lo Scalo Farini e lo Scalo Romana, l’indice edificatorio è altissimo, più dello 0,8: vuol dire quasi 1 metro quadrato di superficie lorda di pavimento (slp, in pratica la somma delle superfici dei piani costruiti) per ogni metro quadrato di area. Un diluvio di cemento, che potrà portare almeno 500 milioni di euro nelle casse delle Ferrovie.

Questi terreni sono stati pagati dalla collettività e dati in passato alle Fs per il trasporto pubblico, ma oggi le Ferrovie li usano per fare cassa, come fossero un immobiliarista privato. Il Comune di Milano ha lasciato loro mano libera e concesso un accordo di programma, trattandole alla stregua di un investitore estero. Le istanze di cittadini e comitati, che chiedevano di destinare le aree soprattutto a verde, non sono state prese in considerazione. Contro il progetto sono stati presentati ricorsi al Tar, alla Corte dei conti, alla Presidenza della Repubblica, all’Autorità sulla concorrenza. Si denuncia la mancata pubblicazione di una variante al Pgt (Piano di governo del territorio), che ha impedito ai cittadini di formulare osservazioni, e la carenza dei necessari spazi pubblici.

Città della Salute. Sulle aree di Sesto San Giovanni un tempo occupate dalle acciaierie Falk saranno costruiti edifici per 1 milione di metri quadrati. L’indice edificatorio è altissimo, 0,90: si potrà costruire quasi 1 metro quadrato di pavimento per ogni metro quadrato di area. Il progetto è stato chiamato “Città della salute e della ricerca”, perché qui saranno edificate le nuove sedi dell’Istituto neurologico Besta e dell’Istituto dei tumori: spesa 480 milioni (328 li mette la Regione, 40 lo Stato, 80 i privati). Quanto alla ricerca, il progetto sull’area Expo ha sostanzialmente scippato l’idea a questa area. Così, a parte i due ospedali, tutto il resto è il solito terziario, residenziale e centri commerciali. Tanto che Renzo Piano, che aveva firmato il primo progetto, se n’è andato sbattendo la porta (“Lascio il progetto dell’area ex Falck. Non sono certamente il garante di uno shopping center con un parco divertimenti”). L’operatore è la Milano Sesto dell’immobiliarista Davide Bizzi, insieme al gruppo arabo Fawaz Abdulaziz Alhokair che ha il 25 per cento della società.

Bovisa Gasometro.Nel quartiere della Bovisa c’è una vasta area che dal 1906 ha ospitato i gasometri e poi, fino al 1994, è stata utilizzata per la produzione di energia. Una parte, chiamata “La Goccia”, di 80 mila metri quadrati, sarà bonificata (da metalli pesanti, arsenico, cianuro, idrocarburi e composti organici cancerogeni), dopo una sospensiva chiesta da un comitato locale, e restituiti a verde.

Una parte più vasta, di 850 mila mq di proprietà mista Comune, Politecnico e A2a, non ha ancora una destinazione, che sarà decisa nella prossima revisione del Piano di governo del territorio. Il Comune sostiene che manterrà per l’area una destinazione prevalentemente pubblica, con un parco e la realizzazione del campus del Politecnico. Ma, anche qui, una parte della volumetria sarà probabilmente usata per residenza e terziario.

Citylife. È il nuovo quartiere residenziale costruito sulle aree della vecchia Fiera campionaria di Milano e realizzato da Generali con Allianz (socio di minoranza che poi si è sfilato). Ha il record della cementificazione: l’indice edificatorio è 1,15. È quasi completato: pronti i grandi palazzi disegnati come fossero navi, pronto il centro commerciale Citylife, pronti due dei tre grattacieli progettati, quello di Zaha Hadid (lo Storto), dove andrà Generali, e quello di Arata Isozaki (il Dritto), nuova sede di Allianz. Mancano ancora il terzo grattacielo, “il Curvo”, firmato da Daniel Libeskind, che sarà affittato a PricewaterhouseCoopers, e alcuni edifici minori. Per finire quel che manca non c’è la ressa dei finanziatori, visto che quasi il 50 per cento delle residenze già completate, 10 mila euro al metro quadrato, sono invendute. Anche il rapper Fedez, che aveva comprato un appartamento, lo ha già messo in vendita.

Santa Giulia. Santa Giulia è un quartiere residenziale su un’area da 1,2 milioni di metri quadrati, con accanto la grande sede di Sky. Avventura intrapresa dall’immobiliarista Luigi Zunino, con progetti ambiziosi affidati all’archistar Norman Foster, finito però in mano alle banche dopo il crac di Zunino del 2010 che ha impedito il completamento del progetto: ci sono ancora 400 mila metri quadrati da edificare. Ci penserà Lend Lease, lo stesso gruppo che ha vinto la gara per le aree Expo e che gestisce il project management (cioè lo sviluppo) di City Life. Ha sottoscritto a ottobre 2017 un accordo con Risanamento spa, la società che un tempo era di Zunino, e ora dovrebbe edificare i lotti Nord, quelli rimasti incompiuti, 50 per cento residenziale di lusso, il resto terziario e alberghiero.

Piazza d’Armi. È un’area militare di 416 mila metri quadrati, compresa tra la caserma Santa Barbara e gli ex Magazzini di Baggio. Invimit, la società del ministero del Tesoro incaricata dal Demanio della valorizzazione della Piazza d’Armi, aveva incaricato l’architetto Leopoldo Freyrie di realizzare un masterplan che prevedeva un eco-quartiere di 4 mila alloggi, con un parco di 270 mila metri quadrati (più grande dei Giardini pubblici di Porta Venezia). Poi invece è arrivata la proposta dei nuovi padroni dell’Inter, che vogliono farne il campus della squadra, investendo 100 milioni di euro per 300 mila metri quadrati (dei 416 totali), realizzando 20 campi da calcio, una residenza sportiva, palestre e un centro medico specializzato. Sparisce il quartiere progettato da Freyrie, ma in compenso il verde prima pubblico diventa privato. E il costruito è comunque di 270 mila metri quadrati (equivalente a quello di Citylife). Sono in corso valutazioni sul rischio bellico e indagini ambientali, per quantificare i costi delle bonifiche necessarie.

Progetti di Catella. Manfredi Catella, immobiliarista figlio d’arte che si è fatto le ossa con Salvatore Ligresti, è forse l’investitore italiano più attivo negli ultimi anni nel business immobiliare milanese. Dopo aver guidato le attività italiane di Hines, colosso immobiliare americano, ha fondato Coima. Con Hines ha realizzato la riqualificazione dell’area di Porta Nuova (che comprende, tra l’altro, il celebrato Bosco Verticale di Stefano Boeri e la Unicredit Tower di Cesar Pelli, che racchiude piazza Gae Aulenti, diventata uno dei luoghi glam della città).

Il progetto Porta Nuova lo aveva rilevato da Ligresti alla vigilia del suo fallimento e lo ha poi girato al fondo sovrano del Qatar. Di Coima è il business center delle Varesine, il quartier generale della Vodafone in via Lorenteggio e la nuova sede di Microsoft e Fondazione Feltrinelli disegnata da Herzog & de Meuron a Porta Volta.

Coima costruirà anche il grattacielo di 26 piani che prenderà il posto della torre Inps di via Melchiorre Gioia e si è aggiudicata gli attigui 32 mila metri quadrati, ex parcheggio su area comunale.

In conclusione. Cifre totali: a Milano sono in arrivo nuove costruzioni su oltre 3 milioni di metri quadrati, di cui buona parte a destinazione terziario e residenziale. Questo in una città che ha invenduti o sfitti 1,5 milioni di metri quadrati a uso commerciale. Secondo la società immobiliare internazionale Cushman & Wakefield è vuoto il 6,8 per cento degli uffici nelle aree centrali, il 16 per cento in periferia e il 13 per cento nell’hinterland. A questi “vuoti” si sommano, nell’edilizia residenziale, circa 30 mila appartamenti sfitti o inutilizzati.

A che cosa serve, allora, aggiungere altro cemento? Agli operatori immobiliari serve perché le aree edificabili e i progetti da realizzare sono valori preziosi da mettere a bilancio ed esche per ottenere altri ricchi finanziamenti dalle banche. Un capitale fittizio (finché non si vende) che negli anni scorsi ha portato al dissesto di operatori come Zunino e Ligresti e all’esplosione dei crediti deteriorati nei bilanci delle banche. Il rischio dunque è che il nuovo sviluppo di Milano stia costruendo, nell’euforia generale, la nuova bolla immobiliare destinata a scoppiare in un domani ormai non troppo lontano.

Quello che manca è una visione d’insieme, un progetto unitario, saldamente nelle mani del pubblico amministratore (che dovrebbe essere il sindaco della città metropolitana, dunque Giuseppe Sala). Ogni area ha una storia a sé, ogni grande progetto (Expo, Scali Fs, Città della Salute) è pensato come un’isola senza contesto, ha i suoi padrini politici, passati e presenti, ed è sostanzialmente lasciato in balìa degli operatori privati che decidono che cosa fare, mentre la pubblica amministrazione si limita a ringraziarli per i soldi che portano. Nel migliore dei casi, la pubblica amministrazione cerca di contenere un po’ le volumetrie per non fare esagerare con il diluvio di cemento.

È questa la grande Milano che sta crescendo sotto i nostri occhi, celebrata con enfasi da amministratori e media?

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Si continua a edificare

A Milano, come in molte città, ci sono milioni di metri quadri di superficie sia commerciale, sia residenziale sfitti o invenduti. Nonostante ciò si continua a costruire. Da qui a dieci anni coleranno sul capoluogo lombardo ben tre milioni di metri quadrati di cemento. Sono otto le aree della città su cui sono previsti interventi pesanti. Ciò che manca, nello sviluppo, è una visione d’insieme, un progetto unitario coordinato dalla Pubblica amministrazione (quindi il sindaco della città metropolitana, Giuseppe Sala). Ogni area ha una storia a sé, ogni progetto (Expo, Scali Fs, Città della Salute) è pensato come un’isola senza contesto, ha i suoi padrini politici, passati e presenti, ed è lasciato in balia degli operatori privati che decidono che cosa fare, mentre la Pubblica amministrazione si limita a ringraziarli per i soldi che portano. Nel migliore dei casi, la Pubblica amministrazione cerca di contenere un po’ le volumetrie per non fare esagerare con il diluvio di cemento.

4 aprile 2018

Il nuovo sacco di Milano… e la distruzione della naturaultima modifica: 2018-04-06T06:15:56+02:00da iskra2010
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