CASO MORO – SECONDA PARTE

Agendine, armadi, armi, soldi, taccuini, verbali

SORPRESA: ARMADI PIENI DI SORPRESE E DI SCHELETRI DEI SERVIZI, APPESI ALLE GRUCCE O SPARPAGLIATI QUA E LÀ

(Noterelle di cronaca che qualche anima buona potrebbe far recapitare ad Armeni, Bianconi, Cavedon, Colombo, Lofoco, Moretti, Morucci, Parisi, Persichetti, Rossanda, Satta, Zamberletti ed anche alle loro anime, se defunti, ai loro eredi, se ne hanno, ai discendenti, ai collaterali, ai discepoli incolpevoli e magari anche alle anime buone della Commissione Moro, che nessuno è fesso, ma tirano quattro paghe per il lesso.

Lo staff di iskrae.eu

 

1. La palazzina dei Servizi, di Gladio e della Mafia

Nella prima puntata avevamo lasciato i Bi Erre, un po’ lenti di riflessi, a fare da palo in via Fani e a fare l’inchino in via Stresa 117 davanti alla palazzina dei Servizi. Ricapitoliamo sinteticamente per i vari Armeni, Bianconi, Cavedon, Colombo, Lofoco, Moretti, Morucci, Persichetti, Rossanda, Satta, e anche per i loro discepoli, per i loro sfortunati lettori, per gli assassini parastatali o gli impiegati in aspettativa, i giornalisti della corale della canonica e i creativi delle balle spaziali.

Dunque: Morucci racconta di aver caricato sulla A112 targata Roma P55430 quattro passeggeri in divisa da piloti. Ma la A112 è un’utilitaria con due soli sportelli, omologata per il trasporto di quattro persone, compreso il conducente. Per accedere al sedile posteriore occorre abbassare gli schienali dei sedili anteriori e far scorrere in avanti il sedile del pilota; per mettere qualcosa nell’angusto bagagliaio, situato dietro il sedile posteriore e accessibile solo attraverso il portellone posteriore, largo e basso, occorre aprire completamente il portellone [Fig. 1].

 

Figura 1: Dimensioni, capienza e accessibilità della A112 a due porte, nella quale Morucci racconta di aver fatto entrare cinque persone e due grandi borse Alitalia piene di armi

Come ha fatto Morucci a stipare in una A112 cinque persone e due borsoni Cameron Douglas Alitalia piene di armi? Per questo, anche se forse è davvero bravo a far stare tante cose nelle valigie e a tenere in ordine gli armadi, siamo sicuri che mente.

Dovreste sapere già, cari collezionisti di zecche e scarafaggi, che al numero 117 di via Stresa c’è una palazzina a disposizione di Gladio. Lì sono alloggiati Umberto Aliberti (tel. 344350), capitano di vascello esperto in tecniche di Guerra Non Ortodossa (stragi e omicidi eccellenti); il colonnello Giuseppe Podda (tel. 340042), dal cui ufficio proviene la macchina tipografica del brigatista Triaca; il generale Siro Rosseti (tel. 3498572), capo del SISMI, ex tesoriere della P2, il cui numero di telefono è nell’agenda di Licio Gelli. I capi di Stato Maggiore di Esercito, Marina e Aviazione formano la struttura illegale di Gladio, agli ordini della NATO; quando si riuniscono a Bruxelles sono sempre presenti anche gli uomini della CIA; i finanziamenti americani arrivano a patto che i terroristi si diano da fare per impedire ai comunisti di governare: lo scrive il generale Gerardo Serravalle, comandante di Gladio dal 1971 al 1974, in un libro che è una vera miniera di informazioni (“Gladio”, Edizioni Associate, Roma 1991).

Al numero 117 di via Stresa ci sta anche il colonnello Armando D’Ambrosio (tel. 3453485), amico di Camillo Guglielmi, istruttore di gladiatori e incursore del Comsubin, il quale ha abitato lì anche lui, piano terra interno I, tel. 3497820. [Fig. 2] Ve l’avevamo già detto. Ve lo ricordate adesso? Bravi.

 

Figura 2: L’elenco telefonico di Roma del 1976-1977 dove risulta che in via Stresa 117 c’è il colonnello Armando D’Ambrosio

Camillo Guglielmi era in organico nel SISMI da tempo; aveva un suo ufficio e un suo telefono di servizio; negli Anni Sessanta usufruiva in via Stresa 117 di un alloggio di servizio in una palazzina destinata ad ospitare ufficiali dei servizi delle tre armi (la cosiddetta “Gladio”). La continuità del servizio costituisce un dato inoppugnabile che dimostra che i militari e il ministro della Difesa, chiamati a relazionare sulla figura di Guglielmi, hanno mentito a più riprese alle commissioni di inchiesta, al parlamento e ai cittadini. Guglielmi era a capo di un gruppo di assaltatori (i cosiddetti OSSI), un manipolo di killer specializzati in omicidi e stragi, addestrati presso il Comsubin di La Spezia, al servizio della Nato. Il figlio, un generale che segue le orme paterne, svolge le stesse funzioni del padre.

[Fig. 3 e 4]

  

Figure 3 e 4: Camillo Guglielmi nell’elenco telefonico del SID

Ma quello che non vi abbiamo ancora detto, cari i nostri somaroni in servizio permanente effettivo, è che anche le famiglie mafiose fanno parte da sempre di quel network di cui voi siete zerbinotti e camerieri.

Nel 1956 attraverso l’ingegnere Giuseppe Perno, nato a Mazzarino ma domiciliato a Roma e suo procuratore speciale, il cavalier Nicola Alberti di Mazzarino vende due aree edificabili che si affacciano su via Stresa alla signora Luisa Renzi, nata nel comune di Cave (RM), domiciliata a Roma e amministratore unico della società immobiliare SCIRE srl. Su quell’area la SCIRE costruisce (ha già tutti i permessi) la palazzina dei Servizi, che il Ministero della Difesa nel 1962 espropria per ragioni di pubblica utilità, versando alla ditta costruttrice un indennizzo di 78 milioni di lire cash [Fig. 5, 6].

 Figura 5 rogito terreno in via Stresa di Scire pdf

Figura 5: Rogito del maggio 1956 con il quale il Cavaliere Nicola Alberti, possidente di Mazzarino, vende tramite il suo delegato plenipotenziario Giuseppe Perno due appezzamenti di terreno che si affacciano su via Stresa alla signora Luisa Renzi, amministratrice unica della società immobiliare SCIRE

Figura 6 esproprio palazzina via Stresa pdf

Figura 6: Atto del 1962 con il quale il ministero della Difesa ottiene l’esproprio della palazzina costruita dalla società SCIRE per necessità militari, e il Genio dispone di indennizzare la società SCIRE versando seduta stante 78.000.000 di lire

Alla signora Luisa Renzi, amministratore unico della SCIRE negli anni Sessanta e Settanta, erano intestate a Roma una decina di unità immobiliari in Circonvallazione Clodia 145, in via di Santa Lucia 2, in via Collazia 20, in via Giuseppe della Rovere 6, e a Santa Marinella tre unità immobiliari in via della Libertà 67. Il signor Zappa Angelo, amministratore unico della SCIRE nel 1978, è intestatario o cointestatario, insieme al fratello Enrico, di 15 unità immobiliari in via Mario Fani 86, via Fosso di Acqua Traversa SNC, via di Torrevecchia 821, via Fulvio Maroi 10, 12, 14 e 18. Per conto del clan degli Alberti, la Renzi e le sue sorelle, con cognati e altri familiari, e Zappa, con il fratello e tutta la famiglia, gestivano un piccolo impero immobiliare a Roma e dintorni, all’insaputa (?) delle Bi Erre che pure avevano ottimi rapporti con mafia e ‘ndrine. Alle implicazioni immobiliari di questi fiduciari romani di clan siciliani si uniscono, poi, anche una serie di cariche in consigli di amministrazione e investimenti in quote di società artigianali, industriali, sportive, di produzione dolciaria, di catering, attrezzature per camping, autorimesse, strutture turistiche, di ricezione alberghiera, cinematografiche ed editoriali…

Questo piccolo particolare, che la mafia, da sempre socia del Ministero della Difesa e dei Servizi, è socia dello Stato anche in via Stresa, e contribuisce da anni al controllo capillare di tutto il quartiere, cari i nostri dilettanti allo sbaraglio, si erano dimenticati di dirvelo. E anche voi, giornalisti della domenica, zampognari del Minculpop, suonatori di fanfare arrugginite, prendete nota, please. Quante cose vi hanno detto e quante altre no! Del resto alla servitù non si raccontano mica tutti tutti gli affari di famiglia.

2. Roma-Palermo e ritorno

Forse però in mezzo ai rossi, ai bianchi e ai neri specializzati in ammazzatine mordi e fuggi qualcuno che le cose non solo le faceva senza conoscerle, ma le conosceva anche, c’era. I viaggi di Moretti e Morucci con Faranda e Balzerani in Calabria e in Sicilia, [Fig. 7] per tessere amichevoli relazioni con ‘ndrangheta e mafia, e i pernottamenti delle coppie brigatiste in alberghi frequentati dalla malavita e dal boss Chichiarelli della banda della Magliana (perfino nel Grand Hotel et des Palmes di Palermo, dove Sindona e i mafiosi italoamericani avevano decretato nel 1957 l’eliminazione di Albert Anastasia), quei viaggi hanno anche qui, nella strage di via Fani e nel sequestro di Aldo Moro, un riscontro evidente. Ecco perché Morucci, il servo, fa l’inchino ai suoi capi. Baciamu li mani a vossia. Bravo picciotto. Ancora!

Figura 7: Rendiconto delle spese sostenute nel 1971 scritto a mano da Valerio Morucci su un’agenda sequestrata in casa della sua ex convivente Leonarda Faggioli. Notare la spesa di lire 25.000 per “viaggio CZ (Catanzaro)

Non è bravo soltanto a fare l’inchino, il servizievole Morucci, ma anche a far entrare in un’utilitaria cinque “rivoluzionari” travestiti da piloti Alitalia con due borsoni pieni di armi; dev’essere uno preciso, capace anche di tenere in ordine i covi e gli armadi, e di non far confusione con le amicizie, quelle rosse, quelle bianche e quelle nere.

Valerio Morucci e Gabriele Adinolfi nella sede romana di CasaPound

http://www.iskrae.eu/lex-br-morucci-lavora-con-mori/

Ma è poi davvero così bravo a stipare le mutande in valigia e a tenere in ordine gli armadi? Sì e no. In via Gradoli 96 non c’era una cosa che fosse al suo posto: dai mitra alle bandiere, dai libri alle divise, dalla scopa alle scatolette, dal flessibile della doccia alle magliette, dai mazzi di chiavi alle radioline, un caos pazzesco. Anche Mino Pecorelli, che pure sa tutto sull’Operazione Chaos, perché è informato dai Servizi, è stupito, tanto che scrive in OP, del 19 aprile 1978:

[i poliziotti] si sono infatti trovati davanti a un inequivocabile riassunto dei connotati brigatistici del sequestro Moro. Insieme a un campionario di armi, e ad uno stock di volantini con la stella a cinque punte, nell’umido luogo si trovano infatti: uniformi di aviatori (non saranno infatti andati appunto in elicottero a deporre Moro?), da postini, da poliziotti e da telefonisti, parrucche, baffi, note della spesa perfino riguardo al costo delle armi, e perfino le famose “tronchesi” utilizzate per tagliare la catenella (e pure un pezzo di questa, pare) della strada privata che ostacolava la fuga dei sequestratori. Non v’è dubbio, sono loro. Solo la macchina da scrivere, in un primo tempo gongolantemente propalata come una Ibm a testina rotante, in un secondo tempo viene ridimensionata a meno inficianti connotazioni, forse per non eccedere nell’elenco di prove a favore del ruolo principe del covo in questione. Vi è pure un lenzuolo macchiato di sangue che potrà essere esaminato, e sei carte di identità in bella vista. E dire che perfino l’uomo della strada conosce i comandamenti d’obbligo per il perfetto inquilino brigatista (tenere tutto ciò che può essere compromettente in una valigia sempre pronta, da asportare facilmente in caso di fretta e necessità, ecc.). Questi brigatisti dimostratisi in altri luoghi e momenti in possesso di così tersa intelligenza e lucido tempismo, in via Gradoli si sono rivelati degli sbadati pasticcioni. Così maldestri che verranno da Curcio immantinente radiati.

Insomma in via Gradoli la confusione era tanto grande, con tutta quella roba fuori dagli armadi, che hanno dovuto chiamare i pompieri per andare dal bagno alla cucina. In viale Giulio Cesare 47, invece, l’armadio era perfettamente in ordine. In quel covo, abitato da Morucci, Faranda e Conforto, stando almeno all’elenco dei reperti compilato dalla polizia subito dopo il sequestro, troviamo agende, appunti, armi, elenchi, indirizzi, un vero e proprio archivio di Stato efficientissimo. Tra i reperti più interessanti c’è la cosiddetta lista dei 91 nomi – una paginetta dattiloscritta piena di nominativi di BR che reca al primo posto ALUNNI CORRADO – ROMA. [Fig. 8]

Figura 8: La lista dei 91 nomi di terroristi e i loro alias, ritrovata nel covo di viale Giulio Cesare 47

La lista, in ordine alfabetico, pare una specie di comunicazione di servizio stilata dai Servizi per segnalare ai Servizi chi lavora per i Servizi, ed evitare disservizi come il fuoco amico e gli effetti collaterali, sempre possibili nel tiro incrociato fra poliziotti e parà o fra Bi Erre e CC.

3. Un work in progress

Ai primi 80 nomi di terroristi seguono, al di sotto di una linea di separazione, 11 nomi di battaglia, non in ordine alfabetico, fra i quali notiamo BORGHI MARIO, CURRÒ GIOVANNA, MARINONI ALDO, FRANCHI STEFANO, DI MARCO LUCA. Alcuni di questi nomi falsi sono serviti per patenti, carte d’identità e passaporti utilizzati per tanti anni. La maggior parte delle carte d’identità usate anche in via Fani viene da uno stock di moduli rubati a Roma; molte altre sono state rubate a Como dai compagni rossoneri di Aldo Bonomi, arruolatore di terroristi, e di Francesco Bellosi (detto Cecco), amico d’infanzia dei contrabbandieri.

In questa lista dei 91 al primo posto c’è ALUNNI CORRADO, la primula nera di Bi Erre, Prima Linea, Formazioni Comuniste Combattenti, Co.Co.Ri e Autonomia, inafferrabile come il ribelle Gall-Ruck nel racconto L’alfier nero di Arrigo Boito. Il maresciallo ALUNNI è irreperibile, irraggiungibile, sempre in fuga ma sempre all’opera: una ne fa e cento ne pensa. Da bravo tecnico della Sit-Siemens, esperto in telecomunicazioni, nel 1975 alla vigilia di Natale escogita una perdita d’acqua dallo sciacquone in via Scarenzio 6 a Pavia – forse un modo per mandare messaggi con l’acqua, una variante dei segnali di fumo; nel ‘77 a Bologna e a Roma getta benzina sul fuoco in ogni manifestazione (forse per dire a Cossiga: Ci sono anch’io qui, sono arrivato); nel ‘78 a Roma si fa vedere da più testimoni in via Fani, puntuale per la strage e il sequestro – ma il dottor Imposimato, ahimè, non lo vede; poi studia forse un’altra perdita d’acqua dalla doccia di via Gradoli 96 (dev’essere molto attratto dai cessi, come il neofascista bresciano Ermanno Buzzi lo è dalle toilettes dei treni); finalmente viene preso nel mese di settembre, ma prima di Natale i suoi amici di Bologna riempiono di armi da guerra un baule in via delle Tovaglie, in un appartamento in cui si tenevano riunioni con la presenza di Dante Forni, Maurice Bignami, Marco Barbone e altri. All’irruzione nel covo partecipano anche gli uomini dei reparti speciali di Dalla Chiesa.

Corrado Alunni è l’uomo che nel 1978 tutti vorrebbero, che tutti sanno dov’è ma che nessuno mai trova. Pecorelli quando parla di lui scrive “il brigatista (?) Alunni”, con il punto interrogativo. La sua presenza indiscutibile in via Fani, dove timbra il cartellino, sancisce una realtà incontrovertibile, come può verificare ancora oggi qualsiasi turista che avesse la curiosità di leggere i documenti dell’Archivio del Senato che il dottor Vladimiro Satta, archivista del Senato, nonostante sia pagato per questo, non riesce mai, ma proprio mai, ahimè, a trovare. Chissà perché.

All’insaputa di Vladimiro e degli stessi Bi Erre l’intero quartiere di Monte Mario, con telecamere e servizi presenti 24 ore su 24 per garantire la sicurezza, con pattuglie in borghese e picciotti fidati, è una Zona Sottoposta a Controllo di Vicinato in anticipo sui tempi. Non c’erano ancora Salvini e il PD a proteggerci da zingari e ladri, ma c’erano già i Servizi e la Mafia a proteggerci da terroristi e assassini.

4. Come siamo messi con gli armadi?

Ma non lasciamoci distrarre dalla melassa vischiosa del potere, che tesse le sue trame delinquenziali con la logica della sovrabbondanza. Torniamo agli elenchi dei reperti, alle valigie e agli armadi, alle mutande, alle magliette, alle divise e alle mitragliette, ai covi e ai taccuini di questi utili assassini. Il loro compito è quello di far arretrare in tutti i modi possibili le sinistre nel Paese, ammazzando a Dritta e Manca, sparando nel mucchio e selettivamente, terrorizzando con le stragi e gli omicidi. Per un programma di governo così ambizioso sono coinvolti tutti gli apparati dello Stato e del Parastato, le polizie ufficiali e quelle clandestine, le mafie e i palazzinari, le Logge e i fiduciari, gli impiegati dell’anagrafe e i falsari. Per questo nei covi Bi Erre ci sono tanti reperti che rimandano a questi e a quelli, per le necessarie sinergie.

Lo scrive anche il generale Scriccia, autore di relazioni preziosissime indirizzate ai membri dell’ultima Commissione Moro (CM), che, per ignoranza od opportunismo, calcoli renali o collateralismo, si sono ben guardati dall’approfondire i suoi suggerimenti.

Scriccia sottolinea che il reperto n. 167 della base di viale Giulio Cesare consiste in un appunto manoscritto: MARCHESI Liva 659127, e il reperto n. 652 è un foglietto, anche questo scritto a mano, con recapito telefonico n. 659127 dell’Immobiliare Savellia. A quel numero rispondeva il maggiordomo della contessa Valeria Litta, che faceva da tramite fra le BR e il Sovrano Militare Ordine di Malta – un covo di militari piduisti, legati all’aristocrazia nera, agli stragisti, agli americani e al Vaticano – che nascondono le loro stargi dietro la copertura del soccorso umanitario.

Nel covo di viale Giulio Cesare 47 oltre al numero di telefono della Pro Deo di padre Felix Morlion (855241), a quello del funzionario della Digos romana Antonio Esposito (372163) e a quello di Celso De Stefanis (3450368), uomo dei golpisti Edgardo Sogno e Randolfo Pacciardi, membro del Consiglio Nazionale DC, residente all’interno del parco Bisignani (via Trionfale 6147, villino n. 3 interno 1) viene trovato un biglietto con la dicitura “SAVAGNONE MARTINO 5134161”. Il riferimento è a SAVAGNONE MARTINO Anna, abitante a Roma in via dell’Accademia degli Agiati 53. E chi ci sta in via Accademia degli Agiati 53? Il dottor Antonio Fariello (5405116) [Fig. 9], il prefetto capo dell’Ucigos, amico di Cossiga, quello che depista con il piano Zero per far girare a vuoto tutte le questure durante il sequestro Moro, in cerca di un piano che c’è solo a Sassari…

Figura 9: Il prefetto Antonio Fariello, amico d’infanzia di Cossiga e suo sodale nella Gladio bianca, era condomino della signora Anna Savagnone Martino, il cui numero di telefono era nell’agendina di Morucci

E per conto di chi Morucci ha in custodia la Skorpion dei Servizi munita di silenziatore artigianale fatto su misura, usata in via Fani ma non solo? Con proiettili NATO, scrive e ripete il generale Scriccia ai membri della CM, non solo è stato gambizzato Publio Fiori, e sono stati ammazzati Ricci e Leonardi, ma anche Coco, Rossi, Lando Conti, il giudice Occorsio (ucciso dal terrorista ordinovista Pierluigi Concutelli), Palma, il giovane missino Mario Zicchieri dal sanguinario Morucci, e poi i giovani missini Bigonzetti e Ciavatta mentre uscivano dalla sezione del MSI di Acca Larenzia [Scriccia, pag. 43 e pag. 82].

La Skorpion munita di silenziatore artigianale, che rilascia sui proiettili rigature facilmente riconoscibili, quasi come le impronte digitali, [vedi Scriccia, pag. 82] è stata utilizzata anche per uccidere Moro. Se viene rinvenuta in viale Giulio Cesare 47, Morucci, Faranda e Conforto erano gli armieri, i fiduciari di un’arma a disposizione di tante sigle diverse, rosse e nere, malavitose e dei Servizi; e questo fatto basterebbe da solo ad aprire gli occhi a Vladimiro Satta e all’Orchestra sinfonica del Nulla, a Gustavo Sabato, all’ineffabile Bianconi, e al loro contorno di ocarine e fanfare, violini e tromboni compresi, servi sciocchi del potere violento che li mette a tacere, forse non a gratis.

5. Non trovo le chiavi, dove le ho messe?

Eh, sì, è proprio così. Non si sa se è meglio avere tutto in disordine o avere troppo ordine negli armadi: qua le mutande e qua le cravatte, per non sbagliarsi, qua le magliette e qua le mitragliette, qua le bandiere e qua le bandoliere, qua la nota spese e qua i biglietti del traghetto, e, soprattutto, i nomi e gli indirizzi.

Perché il rivoluzionario Morucci ha il numero di telefono di padre Morlion? Ce l’ha a sua insaputa, come sostiene con ammirevole faccia di tolla davanti alla Commissione stragi nel 1993? E allora i numeri di telefono di Antonio Esposito, Antonio Fariello, Celso De Stefanis, del Consiglio nazionale DC? Cos’hanno in comune eversori e poliziotti, democristiani e stragisti, Bi Erre e malavitosi, piduisti e faccendieri al servizio dei Servizi come questi rivoluzionari delle bande nere? Il fatto che i loro numeri di telefono stanno tutti nelle agende dei brigatisti. Questi Bi Erre sono un po’ come le segretarie del dentista, non sanno cos’è una dentiera, ma coordinano il lavoro del padrone.

E quale dimestichezza hanno i Bi Erre con il padrone di casa, il dottor Vincenzo Parisi, che gli affitta un garage e qualche altro locale in via Gradoli, e gli mette a disposizione a Manziana una villa dei Servizi, le cui chiavi sono state trovate nel covo di via Gradoli 96 con un cartellino: Villa Manziana?

Sia Ansoino Andreassi, audito il 21 gennaio 2016, sia Giuseppe Zamberletti, nella sua deposizione del 18 gennaio 2017, hanno negato di fronte alla Commissione Moro di aver mai saputo che il loro amico Vincenzo Parisi disponesse di una villa a Manziana che metteva a disposizione di Moretti. Sarà vero? Forse sì, forse no, perché è sufficiente consultare un elenco telefonico per scoprire che Parisi abitava a Manziana in via di Villa Giulia 1, tel. 9026261 [Fig.10]. Ma i Commissari si sono ben guardati dal fare domande difficili per verificare se Andreassi e Zamberletti dicevano la verità. È una Commissione, quest’ultima, alla quale si può dare a bere qualunque cosa.

Figura 10: L’elenco telefonico di Manziana da cui risulta che il capo dei Servizi, Vincenzo Parisi, usufruiva della villa in via di Villa Giulia 1 e il suo numero di telefono era 9026261

Ma torniamo per un attimo, prima di affondare ancora il coltello nella piaga di questa storia sporchissima che non smette di sanguinare, alla domanda sulla Skorpion: per conto di chi Morucci, Faranda e Conforto la custodiscono in viale Giulio Cesare 47, quell’arma che gronda sangue, in dotazione a sigle molto diverse, quell’arma che ha sparato, spara e sparerà ancora? Non è difficile rispondere: chi gestisce via Gradoli gestisce anche via Fani; chi gestisce via Fani gestisce anche via Stresa; chi gestisce Sisde gestisce anche Sismi; chi gestisce la Decima Mas gestisce anche Gladio; chi gestisce Gladio gestisce anche la mafia; chi gestisce la mafia gestisce anche la P2; chi gestisce la P2 gestisce anche il governo. I gestori non sono i Bi Erre né le altre strutture di pari livello. Nella scala gerarchica i superiori sono i militari della NATO, cioè gli statunitensi, padroni del campo anche di quel cortile di casa che per loro è l’Europa (vedi il generale Serravalle, Gladio). È per conto degli USA che i “compagni” Bi Erre custodiscono la Skorpion di via Fani, una mitraglietta dei Servizi che assassini parastatali prendono in consegna ogni volta che serve, contro comunisti, riformisti, economisti, giuristi e sindacalisti sgraditi ai padroni USA.

Questi Bi Erre sono servi e bugiardi, come chi fa finta di credergli.

(segue)

CASO MORO – SECONDA PARTEultima modifica: 2019-07-10T07:13:34+02:00da iskra2010
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