Dens dŏlens 391 – Perché vivere in prigione?

di MOWA

Mother do you think they’ll drop the bomb
Mother do you think they’ll like the song
Mother will they try to break my balls
Mother should I build a wall
Mother should I run for president
Mother should I trust the government
Mother will they put me in the firing line
Is it just a waste of time
Hush now baby don’t you cry
Mama’s gonna make all of yours
Nightmares come true
Mama’s gonna put all of her fears into you
Mama’s gonna keep you right here
Under her wing
She won’t let you fly but she might let you sing
Mama will keep baby cosy and warm
Ooooh Babe
Of course Mama’ll help build the wall
Mamma pensi che sganceranno la bomba?
Mamma pensi che a loro piacerà questa canzone?
Mamma tenteranno di rompermi le palle?
Mamma devo costruire un muro?
Mamma dovrei candidarmi a presidente?
Mamma dovrei fidarmi del governo?
Mamma mi metteranno in prima linea?
E’ solo una perdita di tempo?
Calma adesso, bambino, non piangere
Mamma farà avverare
Tutti i tuoi incubi
Mamma ti tramanderà tutte le sue paure
Mamma ti terrà sempre qui
Sotto la sua ala
Non ti lascerà volare, ma potrebbe farti cantare
Mamma terrà il suo bambino caldo e coccolato
Oh bambino
Naturalmente mamma t’aiuterà a costruire il muro

 

 

Pink Floyd – THE WALL

Com’è stato possibile che una fetta della popolazione mondiale abbia accettato di buon grado il sorgere di un muro alto diversi metri che separa gli abitanti dello stesso territorio?

Un muro che, apparentemente, dovrebbe difendere ma che, in realtà, realizza la più spietata delle autoconvinzioni su come si intenda la libertà andando volontariamente in “prigione”.

Una prigione costruita – dicono gli ideatori- per proteggere dalle aggressioni esterne(?) ma che, in realtà, autoesclude dalla possibilità di avere uno scambio alla pari, un interscambio (culturale, commerciale, artistico, alimentare…) che farebbe crescere nelle popolazioni una maggior comprensione di ciò che le circonda e fortificherebbe l’ipotesi di uno sviluppo dei diritti, delle libertà e, in moltissimi casi, della democrazia.

Quindi, come si può tollerare l’insorgere di ulteriori muri nel mondo specie da parte degli stessi soggetti che sono stati vittime, loro malgrado, ed hanno subito trattamenti disumani come le deportazioni, la shoah che dal 1939 al 1945 ha provocato circa 6 milioni di Ebrei sistematicamente uccisi dai nazisti del Terzo Reich (con l’obiettivo di creare un mondo più ‘puro’ e ‘pulito’) condividere tale sciagurata ipotesi?

Accettare un muro è un ossimoro concettuale. Coloro i quali insistono nel voler promuovere la separazione al posto della condivisione dell’unico pianeta che si ha a disposizione dovrebbero, invece, essere accomunati nello sforzo fraterno di solidarietà e sinergia per migliorarlo, invece di disintegrarlo e trasformarlo in un ricettacolo di guerre e separazione tra esseri umani.

Una separazione tra individui che le classi dominanti hanno utilizzato pretestuosamente nel tempo per giustificare l’arricchirsi di una manciata di farabutti attraverso guerre fratricide tra popolazioni confinanti (o meno) che non hanno mai avuto giustificazioni (come non ne hanno, oggi) per l’annientamento reciproco né, tantomeno, per cotruire muri divisori.

Sostiene il ricercatore statunitense Reece Jones, che da più di 15 anni studia i confini, che, costruire muri, sia un’azione inutile per bloccare le popolazioni:

I muri si possono scavalcare, aggirare, oltrepassare scavando tunnel sotterranei. Eppure molti paesi del mondo continuano a costruirne di nuovi. Quando fu abbattuto il muro di Berlino, nel 1989, esistevano solo 15 muri, oggi sono 70”

dimostrando, in realtà, che, più diventa difficile superare un “confine” , più chi vuole riuscire ad oltrepassarlo prenderà rotte pericolose con un conseguente aumento del numero dei morti, come documentato nel video girato dalla Thomson Reuters Foundation.

Anche l’arte può essere un ulteriore strumento per aiutare a fare breccia tra gli stereotipi negativi di chi sostiene le Apartheid nazionali – così come simboleggiato dall’opera di Banksy ‘La cicatrice di Betlemme’ (un presepe realizzato nel piccolo albergo a Betlemme, in Palestina) dove la cometa annunciatrice della nascita di Gesù – è fatta dal lancio di mortaio e sul muro si intravede scritto, in inglese ed in francese, ‘amore’ e ‘pace’.

Dens dŏlens 391 – Perché vivere in prigione?ultima modifica: 2019-12-26T07:27:17+01:00da iskra2010
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