Capitalismo finanziario e le tre teorie dei rapporti internazionali

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di Angelo Ruggeri 

A proposito di un Appello non firmato, ma scritto da sindacalisti, che troviamo inaccettabile e nel caso da riscrivere;, e del dilibertinismo  (che in Cgil assume le forme del Pattaismo) espresso da ultimo anche su una “nuova rivista”.  

Il testo “Immunità dei poteri e delegittimazione dei diritti”, di S d’Albergo, è caratterizzato  dall’estrema chiarezza dell’analisi e dalla messa a fuoco della natura politico-sociale delle questioni odierne ed urgenti da affrontare,  il tutto derivato dall’uso del metodo della critica marxista e dell’analisi organica di cui difetta – anche, da ultimo – quel “Appello per un fronte comune contro il governo unico delle banche” non firmato ma scritto da sindacalisti (che invitano ad un incontro nazionale per fine settembre-prim ottobre). 

SI PRESENTA QUINDI UTILE ANCHE PER RISCRIVERE TALE DOCUMENTO APPELLO CHE MANCA DI ANALISI ORGANICA E DI CLASSE E DI UN USO APPROPRIATO DEI CONCETTI, MA ANCHE COME ANTIDOTO AGLI APOLOGETI VECCHI E NUOVI DEL LIBERISMO-KEINESISMO, ALL’ANTI-MARXISMO O PSEUDO-MARXISMO DEI VERTICI DELLA SINISTRA SEDICENTE COMUNISTA E “RADICALE”, AL DILIBERTISMO E  ANCHE AL RINALDINISMO  CHE APPAIONO SULLA STESSA RIVISTA (“Marx ventuno”) che contiene l’articolo di d’Albergo.  

L’Appello citato è pressochè inemendabile, attribuibile quasi ad un qualche PD arrabbiato; in ogni caso la pensiamo come G. Chiellini che ci ha scritto:  

“Per parte mia, così com’è, lo trovo inaccettabile. Intanto, non usando le categorie marxiane non esamina la dimensione mondiale della crisi. Conseguentemente non è dato sapere perché nonostante sia “totalmente in crisi il blocco sociale e politico e l’egemonia culturale che ha sostenuto i governi di destra e di Berlusconi”, le “vittorie” dei  movimenti  incontrano la resistenza di un fronte compatto costituito dalla maggioranza politica, da gran parte dell’opposizione, nonché da gran parte delle “parti sociali”.Evidentemente si dimentica che egemonizzati e quindi subalterni sono stati anche tutti i governi (di sinistra?) non diretti da Berlusconi.
Con queste premesse non si poteva che finire sull’indicazione di obbiettivi di lotta (i cinque punti) radicaleggianti, incapaci sia di aggregare in un fronte unico tutte le forze emerse nei diversi movimenti, sia di disaggregare il blocco sociale e politico dominante (Giovanni C.)  

Tralasciando che: nell’appello si richiede “un” proporzionale e non “il” proporzionale, cadendo nell’imbroglio del gioco di parole di Gianni Ferrara che mistifica come proporzionale un sistema  con lo sbarramento che taglia alla base proprio i voti della classe operaia e popolariè del tutto assente l’impresa e la questione del potere d’impresa, sia nell’appello come anche nell’articolo dilebertiano (posto in cima alla rivista citata ma è del tutto avulso dal resto degli articoli). Tralasciando: dal ricordare che la parola lavoro è stata usata anche dal fascismo, e recentemente dai fascisti per la modifica del Titolo V della Cost. e per affermare che il lavoro è subordinato, ma rispetto a ciò, in senso opposto, ancora nessuno si pronuncia – nell’appello e nell’articolo dilibertianoper affermare viceversa che il lavoro è sovraordinato; che il problema è con quale strategia si attacca il potere dominante dell’impresa: industriale, bancaria , finanziaria, ecc, (non solo le banche come fossero esse solo il capitalismo), e  come rilanciare e non difendere la Costituzione; vale a dire tralasciando per ora tutte le cose dimenticate o peggio esposte sulla rivista con un ottica da centro-sinistra e non da comunista, da Diliberto che vuole l’unità della sinistra per il quale il Partito comunista sarebbe  una semplice testimonianza di unità della sinistra senza identita comunista: insomma tutte le cianfrusaglie di chi non osserva e non parla da comunista, su ua rivista dove al di la di diversi apprezzabili interventi, anche l’enfasi posta da Rinaldini sulla “democrazia cancellata” copre il vuoto strategico e di cultura politico-sociale del sindacato e della “sinistra”. Tralasciando anche di ricordare a costoro e anche ai promotori dei referendum sull’acqua e a tutti che “pubblico” è anche quello liberale e quello fascista e che si deve parlare di pubblico-sociale o pubblico democratico-sociale e che i  beni non sono comuni ma collettivi e beni colettivi non sono solo l’acqua ma anche tutte le funzioni pubbliche obbligatorie su cui si è taciuto e privatizzato, e di ricordare in particolare che il lavoro non è un bene comune (ma che scherziamo?) ma il lavoro è un bene collettivo.   

Tralasciando tutto ciò, per fare solo un esempio, l’Appello, già nel suo titolo – oltre che nel contenuto –  mostra di aver dimenticato o di non avere cognizione di che cosa è “il capitalismo finanziario“, finendo così per porsi come una variabile interna al capitalismo – come usano fare i pro Tobin Tax e coloro che pensano sia possibile scomporre il capitalismo e schierarsi per una dlle sue parti contro un altra, schierarsi per un capitalismo contro un altro capitalismo (nel caso quello finanziario), in quanto l’Appello estrapola le banche, scindendo capitale finanziario e capitale industriale tra loro inseparabili, dimenticando la loro osmosi ultracentenaria da cui origina il capitalismo finanziario già dagli ultimi due decenni dell’800.  

Con cio perdendo anche la nozione di imperialismo, di cui il capitalismo finanziario è il grande protagonista aggressivo e facitore di guerre armate ed economico-politiche intercapitalistiche da oltre un secolo; e, con ciò, via via, perdendo la nozione di come funziona e cosa è oggi l’imperialismo del capitale e la guerra interimperialistica, così visibile e in atto ogni giorno sotto i nostri occhi, e la nozione della sua natura di guerra economica-politica e guerra militare e di aggressione con tutti i mezzi e tramite lo Stato che neanche si nomina in tale Appello, se non abbinandolo deplorevolmente allo “Stato sociale” capitalista (keinesiano o socialdemocratico che sia) e alla sua perdente difesa.  Mentre non è da “sinistra” ma è sul il Sole 24 Ore a scrivere che le agenzie di rating devono essere controllate e regolate legislativamente e quindi dallo Stato innominato ed ingorato anche da tale “sinistra” sindacale oltre che da tuti coloro che hanno creduto alla cancellazione cancellazione “del lavoro” e dello “stato-nazione” in nome e nel segno di un Europa dei liberali e dei riformisti e di un europeismo del capitalismo di stato autoritario di classe senza nemmeno lo stato: ovvero tutti coloro (praticametne tutti i sinistri e sindacalisti e senza l’eccezzione nemmeno del Rinaldini) che hanno creduto e propagandato la fine di quelli che storicamente sono stati i punti di riferimento della lotta di classe sia sul terreno direttamente sociale, sia sul terreno politico-istituzionale   

Nonostante si dovrebbe sapere che il sistema delle imprese” – che nell’Appello non viene identificato come tale e nemmeno si dice “di” e “come” combatterlo quale sistema e potere d’impresa –  è oggettivamente sovversivo e istituzionalmente contrario alla democrazia (che è sempre democrazia-politica-sociale-economica altrimenti o non è) convivendo, esso, in modo naturale naturale ed organicoCON UN SISTEMA POLITICO DI DITTATTURA DI CLASSE (dittatura di classe non delle banche che sono “parte” del sistema)  E DI AUTORITARISMO DI STATO CHE CONSENTE AL POTERE “UNICO” DELL’IMPRESA INDUSTRIALE-BANCARIA-FINANZIARIA (e quindi non solo bacaria)nazionale e sovranazionale, DI RESTRINGERE LA DEMOCRAZIA A FORME PURAMENTE RESIDUALI : e solo alle condizioni di poter usare sfrenatamente tutti i sotterfugi usabili al coperto del codice civile e delle SOCIETA’ ANONIME PER AZIONI ( quelle che il Papa, e non la sinistra ne politica ne sindacale, ha denunciato come il pericolo maggiore per il mondo e l’umanità ma che l’imbelle sinistra non ha neanche saputo o voluto raccogliere).  

Il liberismo è figlio dello statalismo sia storicamente ma ancor più nell’ultimo ventennio in cui dalla Cgil, da Epifani a Patta e Camusso, ma poi anche dalla Fiom e Rinaldini sono venute le anguste riflessioni nel segno del  “revisionismo storico”in cui si annida ed una sua forma il “revisionismo teorico”, propugnando una c.d. e pseudo “nuova cultura” nell’abbandono della critica dell’economia politica e del diritto dello stato, ripudiando la critica marxiana della storia e “TUTTA” LA STORIA DEL 900, CON TUTTE LE SUE LOTTE DI CLASSE, LE SUE CONQUISTE, L’ANTIFASCISMO, ECC.: insomma propagandando l’armamentario dei “fan e dei “patiti”del “post-moderno”, del “post-fordismo”, della “fine dello Stato”, della “fine del lavoro”(come dice d’Albergo).

Ma gli arruffoni sono molti. Solo arrufoni come quelli del Manifesto possono intervistare il pseudo socialista PSI Ruffolo e stare a sentirlo dire che “il capitalismo da menageriale è diventato capitalismo finanziario negli ultimi 20 anni “(grazie a chi ha cancellato storia e memoria, si fa credere una “cosa” di fine secolo 800 come fosse di fine secolo 900!).  

Ancora. Solo un Sergio Cesaratto puo scrivere  e sempre su il Manifesto – dove la marmellata culturale la fa da padrona – che “nella disciplina delle relazioni internazionali” vigono solo “due impostazioni: quella liberale e quella realista“. E quella marxista?

Così col Manifesto e con Cesaratto si conferma quanto d’Albergo ha denunciato come “la rimozione del marxismo“.  

Una rimozione che attribuiamo anche a keynesiani (tralasciando il post-anti-marxismo di neofiti del keynesismo come Bellofiore che non riteniamo “serio”) che non sottolineano come la teoria di Marx dello sviluppo capitalistico anticipa molte teorie moderne dello sviluppo a lungo termine, cioè delle teorie del ristagno di Keynes e Hansen, quelle della Robinson sulla disoccupazione strutturale e le teorie dello sviluppo ciclico di Schumpeter il quale  per onestà afferma : ci sono teorie che subiscono eclissi (inevitabili nel tempo) , ma risorgono periodicamente, che per questo meritano di essere chiamate grandi…che legano la grandezza alla vitalita…termini che indubbiamente si applicano alla teoria di Marx che sempre risorge.  

Ovvero tutti coloro che dimenticano che la teoria di Marx è la teoria che “sta è all’origine della macroeconomia”  (L.R.Klein), come tanti keynesiani che partecipano di fatto a quella “rimozione del marxismo” non cercando interlocutori marxisti e non dialettizzandosi con essi, come ci pare faccia anche Halevi (diversamente da come erano costretti a fare anche Caffe o Siro Lombardini che Haleviconsidera suoi maestri).  Halevi che come ci ha detto lui stesso, stima moltissimo d’Albergo e di cui noi abbiamo molto rispetto (si veda i nostri “Dialogando con Halevi sotto le macerie della democrazia“) semplicemente perchè non è un mistificatore, diversamente, quindi, da quelli che mistificano il keynesimo come marxismo o sostituto di esso: e noi ce la prendiamo principalmente con i mistificatori quale, nel campo giuridico, è il Gianni Ferrara: con gli altri dialoghiamo.   

In tal modo, come abbiamo spiegato estesamente in altro scritto mail, ci sembra che Halevi finisca anche lui (che ben sa il c contributo del marxismo alla teoria economica), volutamente o meno, col contribuire ad una rimozione del marxismo di cui ci da un saggio il Cesaratto, sempre e come spesso capita su Il Manifesto,  che non sa – o non vuole dirlo per non compromettersi rispetto i poteri e o gli accademici dominanti – che le scuole di pensiero  delle relazioni internazionali non  sono due ma TRE.   

1) La scuola realista (tra i suoi seguaci H. Kissinger) etichettata anche come “mercantilista” e che vede un mondo composto di grandi imperi e potenze;   

2) La scuola liberale che enfatizza una visione etica, umanitaria ( compreso l’umanitarismo di guerra o guerra umanitaria) normativa o procedurale (confacente a quella che d’Albergo qui sotto, critica come “democrazia procedurale di stampo anglosassone imperniata sull’immunita del potere economico-finanziario e il vuoto nominalismo dei diritti a favore dei ceti alti, che la nostra Costituzione ha sostiutito con la democrazia partecipativa”), che preme sui diritti umani e la  cui evidente scarsa nella comprensione dei rapporti internazionali la porta alle ripetute violazione del diritto internazionale  ma anche ad una parziale visione realista, dove gli stati e gli uomini nella ricerca del potere e della sicurezza agiscono agiscono  immoralmente, ritenendo, quindi, che vada corretta “moralmente” anche con l’uso della forza, della violenza e della guerra;  

3) LA SCUOLA MARXISTA, dei rapporti internazionali, che parte da posizioni diverse dalle altre due.

La scuola marxista considera imprescindibile il contesto globale dei rapporti dialettici tra gli stati, in cui si annoverano la dipendenza e la diseguaglianza dei rapporti come fatori principali. Ma distinguendosi dalle altre due NON HA COME PUNTO DI PARTENZA NE L’INDIVIDUO NEL MERCATO NE’ LO STATO NELL’ARENA INTERNAZIONALE.  

Al suo centro, nel periodo contemporaneo, c’è il capitale, non inteso però soltanto come entità materiale, ma anche con i rapporti sociali di produzione tra le classi, in cui i conflitti oltrepassano anch’essi le linee nazionali

Ed infatti, oggi come oggi, ben si vede che E’ IL MODO DI PRODUZIONE CHE DA IL SEGNO ED IL SIGNIFICATO AI RAPPORTI CONFLITTUALI TRA GLI STATI E DUQNUE ALLA POLITICA ESTERA DI CIASCUN PAESE.  

 Il pensiero marxista sui rapporti internazionali insiste sulla loro storicizzazione, sicchè diversamente ad esempio da quello realista, distingue tra l’espansione e la conflittualità nell’epoca capitalistica da quella pre-capitalistica, usando il termine imperialismo solo per il periodo in cui vige il modo di produzione capitalistico,e non per quando gli stato cercavano semplicemente di espandere il proprio potere e controllo territoriale e per una generale aggressività innata tra gli uomini. Sicchè, similmente, l’imperialismo non può essere limitato al mero colonialismo, che vi era in alcuni casi anche prima del capitalismo.

Non è riducibile ad economicismo e determinismo (cioè al solo prdominio degli interessi economici nella formazione della politica estera degli stati) ne a terzomondismo.

Inizia con la borghesia dappertutto portata a “FICCARSI, STABILIRSI, STRINGERE RELAZIONI” inevitabilmente creando “un mondo a propria immagine e somiglianza” (Marx-Engels- Manifesto del Partio comunista)  

Si sviluppa con Lenin che rende visibile e comprensibile la miriade di fenomeni a cui ci si trova di fornte e connessi e sono parti di una stessa realtà sociale, dando “un quadro generale del sistema capitalistico mondiale nei suoi rapporti internazionali” (Lukacs- 1970), per cogliere “la realtà del processo complessivo, la totalità dello svilupo sociale” mondiale, tappa per tappa ma senza perdere ogni sfumatura di ciascuna realtà concreta e nazionale.

Concentrazione della produzione; fusione delle banche; esportazione dei capitali che avrebbe accelerato lo sviluppo capitalistico in generale, ma anche il parassitismo nei paesi esportatori; divisione del mondo da parte della grandi società per azione (capitalismo anonimi  transnazionali); divisioni del mondo da parte delle grandi potenze: queste le cinque caratteristiche dell’imperialismo fase suprema del capitalismo, individuate da Lenin collegando ad esse una crescente interconnessione dello stato e della economia per proteggere e sostenere l’espansione economica e delle multinazionali.  

In piu Lenin contestualizzava questo come la fase “piu recente” e non ancora “finale”, e le nuove tappe preconizzate da Lenin e da quella che definisce la legge dello sviluppo ineguale, si sono viste nel secondo dopoguerrra, fino all’oggi quando è solo grazie alla scuola e all’interpretazione marxista dei rapporti internazionali che si può capire e cogliere che con le imprese transanazionali l’imperialismo e il capitale finanziario suo aggressivo protagonista, non si  esportano piu solo i capitali ma si esportano rapporti sociali e non solo il sistema di produzione ma anche di riproduzione capitalistica  

E questo, spesso, non segue ma precede l’intervento militare che in ogni caso esplicita solo in modo piu eclatante la unilateralità dominante di un potere che coniuga i contenuti di un dominio che è intrinsecamente espressivbo di un imperialismo sia politico che economico, disvelando le ambiguità tenute nascoste dietro la enfatizzazione della globalizzazione volta ad imporre l’oppressione di un potere di classe con l’esportazione dei rapporti sociali e di produzione capitalistica, nel quadro di una conflittualità intercapitalistica economica e politica che assume anche e talvolta le forme della lotta armata intercapitalistica diretta o indiretta, guerra intercapitalista politica/economica tra gli stati e le imprese del capitalismo finanziario(cioè industriale/bancario) e che assume anche le forme dell’intervento militare coperto con neologismi mistificanti, come nel caso dell’intervento militare c.d. “umanitario”

 

Capitalismo finanziario e le tre teorie dei rapporti internazionaliultima modifica: 2011-09-08T00:31:00+02:00da iskra2010
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