Togliatti-Berlinguer. Politica come “diversità” e più alta forma di attività umana – 2° parte. Un fondatore della democrazia

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di Angelo Ruggeri

 

LO SPECCHIO DELLA STORIA E DELLA MEMORIA

 

La categoria politica della “diversità” di Berlinguer è derivata da Togliatti, un Cavour del movimento operaio, padre della Repubblica e della democrazia sociale.

Per essere quello che Lukacs definì “il più grande tattico del movimento operaio e comunista internazionale” Togliatti non poteva non essere anche “un grande stratega”.

Per ritrovare le nostre radici (anche per le nuove generazioni) e quelle della storia della Repubblica e di un Padre della democrazia e della Costituzione di democrazia-sociale più avanzata del mondo, è utile ricordare quel giorno in cui un milione e mezzo di italiani accompagnò, all’ultimo viaggio, quello che è stato Ercoli, è stato Roderigo di Castiglia, è stato il Migliore, con quei funerali che colpirono soprattutto i suoi avversari e coloro che non erano suoi compagni di partito e coinvolsero tutto un popolo.

Giuliano Procacci ha reso l’emozione di quell’addio, concludendo la sua “Storia degli italiani” (Laterza) con quella folla in lacrime che, nel ‘64, col pugno chiuso o col segno della croce o col capo chino, saluta quello è stato un Cavour del movimento operaio, Palmiro Togliatti che – con Gramsci che egli chiamò sempre maestro oltre che compagno – è stato il più eminente protagonista intellettuale e politico italo-marxista del “secolo degli estremi” (Age of Extremes, vero titolo del libro di E. J. Hobsbawm).

Ancora giovinetto, personalmente ricordo lo sconcerto e il dolore di mio padre davanti ai giornali aperti su un tavolino di pietra del giardino di casa di una località bergamasca, suo paese natale. Operaio della Isotta Fraschini, mai iscritto né al PSI né al PCI, aveva sempre votato socialista e solo dopo l’entrata del Psi nel governo di centrosinistra si era deciso a votare PCI, come anche mio zio, capo-gruppo Psi in consiglio comunale.

Però, dello sconvolgimento che aveva provocato in Italia quella morte e quei funerali, me ne resi pienamente conto solo quando ne sentii parlare dagli avversari e da parte del Ministro Donat Cattin, nella sala conferenze della parrocchia del mio Paese, il quale senza esitare e al di là dei limiti di senso delle parole, seppe trasmetterci le “immagini” di quanto accaduto come di qualche cosa di “inimmaginabile” per l’Italia non solo di allora. Colpendo e ammutolendo lo sbalordito uditorio democratico cristiano specificò il significato di quei milioni di persone che aveva seguito il feretro dietro e lungo le strade, come mai si erano visti “nemmeno per i funerali di un Papa”, disse Donat Cattin.

Una tangibile, ultima ed ulteriore dimostrazione del radicamento sociale, popolare e nelle classi lavoratrici, di un uomo che con Gramsci aveva fondato l’Ordine Nuovo e che con Gramsci (ed altri storici dirigenti che avrebbero salvato l’Italia dopo che il fascismo l’aveva portata alla rovina come aveva previsto Gramsci durante il processo che lo condannò di fatto alla morte in carcere) aveva fondato il PCI, di cui Togliatti svolse opera di direzione già dopo l’arresto di Gramsci, ma che assunse figura di “capo” nel vero significato della parola (che non corrisponde a quello degli odierni partiti del “capo”) quando sbarcò a Salerno nel 1944, vale a dire di un uomo che insieme aveva funzione di massimo dirigente politico e di capo popolare riconosciuto dalle masse. Ma una figura di capo molto singolare quella di Togliatti, una singolarità reale, e non fa velo parlarne temendo di cadere in una sorta di culto della personalità, se si dice che egli aveva tratti singolari anche all’interno del movimento comunista.

Tratti singolari perché assommava in sé la figura, la struttura del dirigente politico, di capo di massa e di grande intellettuale, nella storia d’Italia.

Ma quando parliamo di Togliatti intellettuale dobbiamo tenere presente che all’opposto sia dei tellettual-in che dei politici di oggi, egli assommava per così dire due facce della medaglia:

“intellettuale” perché aveva una preparazione culturale che lo metteva in condizioni di discorrere da pari a pari, e quel ventennio è tutto un intreccio continuo di dibattiti, con i grandi intellettuali italiani, come nessun politico odierno è in grado di fare;

e intellettuale in quanto cercò, costantemente, di dare una dimensione culturale, una preparazione teorica al quadro di partito. E di formare, via via, ai livelli dell’organizzazione di partito, un quadro comunista che fosse contemporaneamente in grado di svolgere un’opera di elaborazione, di formazione culturale e di direzione politica.

Questa fu la potente matrice che portò alla crescita e alla formazione di migliaia di quadri dirigenti di origine ed estrazione operaia.  Coloro furono la grande e vera forza di un partito di massa come il PCI e della CGIL, più ancora della forza stessa dei suoi loro dirigenti di vertice che, viceversa, oggi nel sindacato e nei partiti, dimostrano di essere all’opposto di quella capacità di svolgere, neanche unicamente e tanto meno contemporaneamente, un’opera di elaborazione, di formazione culturale e di direzione politica.

Ed è questo che significa essere dirigente politico ed essere quadri e militanti politici. Questo devono imparare ad essere coloro i quali  vogliono dirsi dirigenti, o quadro politico, o sindacale e a cui devono riferirisi tutti coloro che immaginano e vogliono ricostruire un Partito comunista ed un sindacato di classe capace di reggere e difendere la forza della democrazia e gli interessi e le capacità delle masse popolari e lavoratrici. I valori ideali e programmatici della politica intesa come da Togliatti a Berlinguer è stata e deve essere: “Intesa come noi la intendiamo, come azione che parte dalla conoscenza scientifica della struttura sociale e delle forze che in essa si muovono e sulla base di questa conoscenza agisce per modificare la struttura stessa della società e quindi il modo di essere dei rapporti tra gli uomini[queste cose, quasi con identiche parole, Ratzingher nella Spe Salvi le ha riconosciute come proprie del marxismo, n.d. ruggeri], la politica è la più alta forma di attività umana”…Ma appunto per coloro che così la intendono, la politica non è separabile dai vasti campi della scienza e della cultura, ne da quelli del costume e persino delle abitudini quotidiane della vita degli uomini” e anche “un programma politico deriva sempre da una concezione del mondo, dei rapporti tra gli uomini, della realtà E DELLA STORIA(maiuscolo che vale per i vari presunti sinistri politici e sindacali che teorizzano la cancellazione della storia, specie del 900, persino dalla memoria- – vedi il tellettual-in Revelli o i vari Casarini e Rinaldini).

Questa stessa concezione esprime, e si esprime, nella “categoria politica della diversità” propria del PCI di Gramsci, Togliatti, Longo, fino a Berlinguer, il quale, come tutti sanno, fu stretto collaboratore di Togliatti e ad esso si ispirò con continuità.

Fu così che ad esempio, per dare testimonianza diretta, un giorno partecipai all’incontro con Lui che ci aveva “convocato” come segreteria nazionale della FGCI dove (presente anche Longo) dopo ampia discussione, Enrico Berlinguer ci propose e ci sollecitò a pubblicare e a diffondere “I discorsi ai giovani” di Togliatti, prefazione di E. Berlinguer, Ed.Riuniti)citando in particolare un discorso di Togliatti, del 1961, in cui lo stesso avvertiva che la minaccia “é la penetrazione dell’ideologia americana, che isola l’uomo nell’individualità”, e lascia “come unica concessione i gruppi di pressione”, le “lobby”.

Togliatti anticipava quel che oggi è realtà ben visibile, non “per pessimismo”, ma per una “storicità assoluta” dell’analisi (mancata e distrutta da Occhetto e dall’occhettismo anche di tanti suoi amici della Fiom provenienti da Reggio Emilia), a cui invitava per penetrare quanto di storicamente nuovo avviene nella base economica (che non è fissa ne isolabile) intrecciata alle sovrastrutture istituzionali: bandendo la separazione tra struttura e sovrastruttura.

Lungi dall’essere puramente tattica, Togliatti aveva una visione strategica. Conosceva bene, come Gramsci, lo spessore reazionario della società italiana.

Perciò parlava della Resistenza come prima fase, come avvio della rivoluzione democratica e antifascista da sviluppare, rivalorizzando la democrazia in quanto tale. Da qui le ben note differenze che distaccano subito – dal 1944 – i comunisti italiani da quelli di altri paesi (e il Memoriale di Yalta di Togliatti, per essi fu premonitore), sino, addirittura, al rovesciamento del rapporto elettorale interno al movimento socialista.

L’origine di questa posizione che connette democrazia e socialismo, gli derivava soprattutto dalla sua formazione ordinovista, ed è propria della formazione del gruppo di giovani intellettuali e operai dell’Ordine Nuovo, a cui la rivoluzione d’ottobre appare primariamente nel segno dei soviet, cioè dei consigli, del potere dal basso di operai, contadini e soldati.

Solo più tardi, con Stalin – e dentro il PCI con la destra di Amendola e di Napolitano – rinascerà la nozione delle differenze tra governanti e governati, tra dirigenti e diretti.

Ma il tramonto dei soviet non significa la loro nullificazione teorica (e vale anche oggi), come continuerà ad operare negli ordinovisti, l’idea del governo dei produttori e del partito come parte della classe e non corpo a sé o che si sovrappone, donde l’idea di Gramsci di una Costituente portata avanti da Togliatti. Nella sua analisi Togliatti non crede che il fascismo sia una parentesi e, dunque, una visione nuova della democrazia, da questo l’attualità di Togliatti, specie ora che si attacca la Costituzione.

Questo non significa promuovere chissà quale togliattismo o gramscismo, pur se come Marx che riemerge anche nella cultura del paese guida del capitalismo come strumento indispensabile d’interpretazione, anche Gramsci, e quindi in un certo senso anche Togliatti, è oggetto della significativa “scoperta gramsciana” in atto negli Stati Uniti, nei Paese anglosassoni, nel Sud d’America e del Mondo e in tanti Paesi dove risulta essere l’Italiano piu letto e conosciuto.

Togliatti-Berlinguer. Politica come “diversità” e più alta forma di attività umana – 2° parte. Un fondatore della democraziaultima modifica: 2011-09-27T00:30:00+02:00da iskra2010
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