I 147 che comandano il mondo

 

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da Angelo Ruggeri

Matematici rivelano (o confermano) la rete capitalista che domina il mondo Da New Scientist22/10/2011

147 imprese transnazionali superconnesse tra loro comandano il mondo. Siedono in istituzioni private poco trasparenti, (Trilateral, Bilderberg, Aspen Institute e di tutte fa parte il tanto “bravo” – per giornali e giornalisti – Mario Monti) costruite per inviti e cooptazioni da grandi potentati economici (Rockeffeller, Goldman Saches, Unilever, Ford).Noi che non siamo milionari leggiamo bene per imparare. (Mattinale: testo tradotto da Mario Agostinelli)

Ho sentito che non volete imparare

Ho sentito che non volete imparare niente.

Deduco: siete milionari.

Il vostro futuro è assicurato – esso è

davanti a voi in piena luce.

I vostri genitori

hanno fatto sì che i vostri piedi

non urtino nessuna pietra.

Allora non devi

imparare niente.

così come sei

puoi rimanere.

E se, nonostante ciò,

ci sono delle difficoltà,

dato che i tempi,

come ho sentito, sono insicuri

hai i tuoi capi che ti dicono esattamente (come Monti e Napolitano)

ciò che devi fare affinché stiate bene.

Essi hanno letto i libri di quelli

che sanno le verità

che hanno validità in tutti i tempi

e le ricette che aiutano sempre.

Dato che ci sono così tanti che pensano per te

non devi muovere un dito.

Però, se non fosse così

allora dovresti studiare. [Bertolt Brecht]

 

L‘Economist di oggi – domenica – loda il “me ne frego” di partiti, di società, di elettori (e, quindi, di popolo e democrazia), di Mario Monti: “uno di noi, un liberista come ce ne sono pochi” dice il giornale della Capitale del capitale. Ora la verità se ne va in giro tutta nuda e la menzogna sulla democrazia la si manifesta sfacciatamente .

Col governo del liberista Monti (i giornali internazionali disputano sul fatto se è paragonabile più alla Tatcher o a Reagan), sorretto dall’inciucio destra-sinistra, viene buttata nel cestino, persino, la mistificante distinzione bobbiana tra destra e sinistra secondo cui questa cerca di enucleare l’eguaglianza come terreno di differenziazione, mentre la destra afferma il “liberismo” come suo credo dominante” e “semmai (come fa la sinistra c.d. radicale e “alternativa”, n.d.r.) riduce l’uguaglianza alla parità di diritti…(invece che dei poteri, da cui dipendono i diritti n.d.r) ma basterebbe concentrarsi sul diritto alla felicità, al benessere, alla cultura, ecc. per capire come la parità dei diritti riporti all’uguaglianza, come promuoverla e non solo evocarla”.

In questo nuovo “ventennio”, l’uso sempre più arrogante della parola “democrazia” da parte di un “fondamentalismo democratico” occidentalista è diventato uno retaggio tra i più disgustosi della passata propaganda e la parola “democrazia”, nel suo esito attuale e che vediamo, copre da tempo il contrario di ciò che, non solo etimologicamente esprime, racchiuso nell’Europa UE di cui viene conclamato il “deficit di democrazia” (deficit: che delicatezza quando giudicano se stessi!) e, più di recente nei governi degli stati diretti dai responsabili principali della grave crisi cioè dai tecnici delle Banche che gli stati hanno salvato con i soldi di tutti.

Ma ora l’arroganza, quasi, non viene più nascosta, si fa sfacciata come se non si temesse quasi più di dire “al capitalismo non frega nulla della democrazia“. Grazie. Lo sapevamo già. Non ci aspettavamo che ora lo si ammettesse candidamente. Infatti.

L’Economist di Londra, nel numero di oggi – domenica – si dedica ampiamente ad elogiare e a premiare Mario Monti “un uomo raro, un liberista come ce ne sono pochi” che “nonostante non sia stato eletto mostra fiducia proprio per questo” perché “dice Lui stesso- non dovendo rispondere a degli elettori “non devo rispondere nè ai partiti nè a gruppi e forze sociali”. Insomma Monti é giuridicamente e politicamente irresponsabile di fronte al popolo proprio come le Banche centrali e la BCE a cui gli stati hanno abdicato i poteri fondamentali e sono state rese (BCE e banche centrali) del tutto “irresponsabili” anche giuridicamente rispetto ai popoli, all’elettorato e a qualsivoglia assemblea elettiva.

Matematici rivelano la rete capitalista che domina il mondo. Da New Scientist – 22/10/2011

Oltre le ideologie (Sic, n.d.r.)

In accordo con le proteste che si vanno diffondendo per il mondo, i manifestanti stanno guadagnando nuovi argomenti.
Un’analisi delle relazioni tra 43.000 imprese transnazionali ha concluso che un piccolo numero di esse, soprattutto le banche, detiene un potere sproporzionalmente elevato sull’economia globale.
La conclusione é di tre ricercatori dell’Area di sistemi complessi dell’Istituto Federale di Tecnologia di Losanna, in Svizzera.
Questo é il primo studio che va oltre le ideologie e identifica empiricamente questa rete del potere globale.
“La realtà é più complessa , dobbiamo andare oltre i dogmi, sia quelli delle teorie dei complotti che del libero mercato” ha affermato James Glattfelder, uno degli autori della ricerca. “La nostra analisi é basata sulla realtà.”

LaRete di controllo economico mondiale
L’analisi usa gli stessi modelli matematici impiegati da decine di anni per creare modelli dei sistemi naturali e per la costruzione di simulazioni dei più diversi tipi. Ora è stata usata per studiare dati corporativi disponibili in tutto il mondo.
Il risultato é una mappa che traccia la rete di controllo tra le grandi imprese transnazionali a livello globale.
Sudi anteriori avevano già identificato che poche imprese controllano grandi pezzi dell’economia, ma questi studi includevano un numero limitato di imprese e non tenevano conto dei controlli indiretti di proprietà, non potendo quindi essere usati per dire come la rete di controllo economico potrebbe colpire l’economia mondiale rendendola più o meno instabile, ad esempio.
Il nuovo studio può’ parlare di questo con l’autorità di chi ha analizzato una
base di dati di 37 milioni di imprese e investitori.
L’analisi ha identificato 43.060 grandi imprese transnazionali
e ha tracciato le connessioni del controllo azionario tra di loro, costruendo un modello del potere economico su scala mondiale.

Il Potere economico mondiale
Raffinando ancora di più i dati, il modello finale ha rivelato un nucleo centrale di 1.318 grandi imprese con intrecci con due o più altre imprese, in media, ognuna di esse ha 20 connessioni con altre imprese.
Inoltre, sebbene questo nucleo centrale del potere economico concentra solo il 20% dei redditi globali di vendita, le 1.318 imprese, insieme, detengono la maggioranza delle azioni delle principali imprese del mondo, le cosiddette blue chips nei mercati azionari.
In altre parole, esse detengono un controllo sull’economia reale che tocca il 60% di tutte le vendite realizzate in tutto il mondo. E questo non è tutto.

La Super-entità economica
Quando gli scienziati hanno disfatto il groviglio di questa rete di proprietà incrociate, hanno identificato una “super-entità” di 147 imprese intimamente inter-relazionate che controllano il 40% della ricchezza totale, da quel primo nucleo centrale di 1.318 imprese.
“In verità, meno del 1% delle compagnie controlla il 40% della intera rete” ha detto Glattfelder.
E la maggioranza di esse sono banche.
I ricercatori affermano, nel loro studio, che la concentrazione del potere in sè non è né buono né cattivo, ma lo può essere questa interconnessione.
Come il mondo ha visto durante la crisi del 2008, queste reti sono molto instabili: basta che uno abbia un problema serio che questo si propaghi automaticamente a tutta la rete, trascinando con sè l’economia mondiale come un tutto.
Essi ritengono, tuttavia, che questa super entità può non essere il risultato di una cospirazione, 147 imprese sarebbe un numero troppo grande per realizzare qualsiasi complotto.
La questione reale, secondo loro, é sapere se questo nucleo globale di potere economico può esercitare, intenzionalmente, un potere politico centralizzato.
Essi sospettano che le imprese possano sì competere tra di loro nel mercato, ma agiscano insieme per il loro interesse comune -e uno dei maggiori interessi sarebbe di resistere ai cambiamenti nella stessa rete.

Le prime 50 delle 147 imprese transnazionali superconnesse

  1. Barclays plc

  2. Capital Group Companies Inc

  3. FMR Corporation

    4. AXA
    5. State Street Corporation
    6. JP Morgan Chase & Co
    7. Legal & General Group plc
    8. Vanguard Group Inc
    9. UBS AG
    10. Merrill Lynch & Co Inc
    11. Wellington Management Co LLP
    12. Deutsche Bank AG
    13. Franklin Resources Inc
    14. Credit Suisse Group
    15. Walton Enterprises LLC
    16. Bank of New York Mellon Corp
    17. Natixis
    18. Goldman Sachs Group Inc
    19. T Rowe Price Group Inc
    20. Legg Mason Inc
    21. Morgan Stanley
    22. Mitsubishi UFJ Financial Group Inc
    23. Northern Trust Corporation
    24. Société Génerale
    25. Bank of America Corporation
    26. Lloyds TSB Group plc
    27. Invesco plc
    28. Allianz SE 29. TIAA
    29. Old Mutual Public Limited Company
    30. Aviva plc
    31. Schroders plc
    32. Dodge & Cox
    33. Lehman Brothers Holdings Inc*
    34. Sun Life Financial Inc
    35. Standard Life plc
    36. CNCE
    37. Nomura Holdings Inc
    38. The Depository Trust Company
    39. Massachusetts Mutual Life Insurance
    40. ING Groep NV
    41. Brandes Investment Partners LP
    42. Unicredit Italiano SPA 43. Deposit Insurance Corporation of Japan
    44. Vereniging Aegon
    45. BNP Paribas
    46. Affiliated Managers Group Inc
    47. Resona Holdings Inc
    48. Capital Group International Inc
    49. China Petrochemical Group Company

Bibliografia:

The network of global corporate control Stefania Vitali, James Glattfelder, Stefano Battiston arXiv

http://arxiv.org/abs/1107.5728 19 Sep 2011

 

Nota di Mario Agostinelli inviata da Angelo Ruggeri

Chi comanda sulla tolda della nave?

La crisi peggiore degli ultimi cento anni è descritta con metafore che provengono dal mondo della navigazione: rotta, tempesta, naufragio si sprecano all’interno di ogni commento. Nei fatti, ci stiamo abituando ad una autentica battaglia navale in cui singole corazzate con bandiere nazionali ed equipaggi indifferenziati – dagli operai ai pensionati, agli industriali, ai banchieri – muovono a contendere lo spazio a quelle “nemiche” che incrociano sui propri mari (o in zone limitrofe che diventeranno presto campo di battaglia) apparentemente senza regia e con navigazione a vista. Con la politica che ha perso la bussola, che esibisce capitani senza spessore e autorevolezza e sempre più lontani dagli equipaggi e che va cedendo i ponti di comando a tecnici di lungo corso, esperti – sembrerebbe – dei mari, le cui tempeste non hanno saputo domare quando dovevano far funzionare i fari e mandare a tempo avvisi ai naviganti. E’ il caso della Grecia e dell’Italia ed è quanto sta alle spalle della coppia Merkel-Sarkozy, a cui basta una nota di S&P per perdere completamente l’orientamento.

Al di là di questi richiami suggestivi, siamo di fronte al crollo più rovinoso delle democrazie storiche e al crescente dominio della finanza e del capitale industriale, oggi impegnato nella speculazione, a dispetto della sovranità popolare costituzionalmente ribadita, ma materialmente bloccata. In verità, è in atto il più profondo mutamento nel sistema di potere a livello globale, che percepiamo a naso, ma raramente qualifichiamo e quantifichiamo. In uno studio del Settembre 2011 (http://arxiv.org/abs/1107.5728) un gruppo di matematici dell’Università di Losanna rivela empiricamente la rete capitalista che domina il mondo. Partendo da una base di dati di 37 milioni di imprese e investitori, vengono identificati 43.060 grandi imprese transnazionali che praticamente controllano l’universo sottostante dei 37 milioni. Raffinando ancora di più i dati, il modello finale ha rivelato un nucleo centrale di 1.318 grandi imprese con 20 connessioni – in media – con altre imprese e con un potere economico che, sebbene concentri solo il 20% dei redditi globali di vendita, detiene la maggioranza delle azioni delle principali imprese del mondo – le cosiddette blue chips – detentrici del 40% della ricchezza mondiale. Ma l’analisi si è spinta oltre, focalizzandosi per la prima volta non sui singoli fatturati, ma sul valore aggregato delle partecipazioni azionarie intrecciate di singoli capofila. Si è così penetrati anche nelle zone dei cosiddetti “trust” , ammessi dal diritto anglosassone, che consentono di nascondere capitali anonimi. Ci si riduce così alla fine a 147 imprese intimamente interrelazionate, di cui la maggioranza sono banche (enumeriamo qualche caso a tutti noto tra le prime 50: banche oltreoceano: JP Morgan Chase & Co, Merrill Lynch, Goldman Sachs, Bank of America; banche europee: UBS , Deutsche Bank, Credit Suisse, Unicredit Italiano, BNP Paribas), assicurazioni (Allianz LLoyds), multinazionali dell’acqua e del petrolio (Société Génerale des eaux, China Petrochemical Group), fino a poche finanziarie industriali dei trasporti, del nucleare e dell’elettronica (Mitsubishi UFJ Financial Group Inc Dodge & Cox).

Dice niente questa mappa di “piovre”che detengono un potere sproporzionalmente elevato sull’economia globale e che indirizzano lo spostamento di enormi riserve pubbliche statali alle banche e agli armamenti, sostengono la decadenza dello stato sociale pubblico a favore dei sistemi assicurativi, la privatizzazione dell’acqua e il rilancio del binomio auto-petrolio contro le rinnovabili e la mobilità sostenibile? Come il mondo ha visto durante la crisi del 2008, queste reti sono molto instabili: basta che un nodo abbia un problema serio che questo si propaga automaticamente a tutta la rete, trascinando con sè l’economia mondiale come un tutto. Si tratta comunque di reti ad alta conservazione e con relazioni e punti di comando affidati a tecnici e managers che costituiscono un olimpo internazionale e che agiscono fuori dall’interesse generale e non sono sottoposti ad alcun controllo democratico. Siedono invece in istituzioni private poco trasparenti, (Trilateral, Bilderberg, Aspen Institute) costruite per inviti e cooptazioni da grandi potentati economici (Rockefeller, Goldman Sachs, Unilever, Ford) e allargate a politici e intellettuali, dove si decidono strategie internazionali a danno della partecipazione e dell’uguaglianza che, in fondo, stanno alla base delle richieste del 99% che si indigna. Sulla tolda delle nostre corazzate in lotta di sopravvivenza, stanno salendo queste figure (lascio ai lettori le indagini di verifica anche attraverso Wikipedia) con un sostanziale accordo di fondo, ma con gli elicotteri già a loro disposizione se ci fossero naufragi…

I 147 che comandano il mondoultima modifica: 2012-02-02T08:30:00+01:00da iskra2010
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