Lettera a Ingrao. Dall’abolizione della proporzionale alla regressione dalla democrazia

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di Angelo Ruggeri

PER IL RIPRISTINO DEL PROPORZIONALE INTEGRALE E UN “NO” COERENTE AL REFERENDUM E AL DOCUMENTO INGRAO-NATTA-ROSSANDA-TORTORELLA

Di fronte alla necessità di chiamare alla lotta i cittadini e i lavoratori democratici per contrastare realmente l’ultima fase di delegittimazione della democrazia, architettata dal referendum per fare del “maggioritario” l’asse della consegna dell’Italia ai vertici – o del Capo dello Stato o del “cancelliere” o del “premier” istituto che fu introdotto dal fascismo nel 1925 – i firmatari del documento Ingrao-Natta-Rossanda-Tortorella non esitano a riporre una mistificatoria invocazione della esigenza – sostenuta dalle forze conservatrici sia del Polo che dell’Ulivo – di “sostenere proposte costruttive (sic!) di riforma del sistema elettorale che garantiscono la piena rappresentatività del Parlamento insieme alla stabilità dell’esecutivo (sic!), secondo modelli in vigore nei paesi occidentali più simili all’Italia per comunanza di storia e tradizione”.

In tal modo, nel segno di una mistificatoria e subdola nozione di governo “neo-parlamentare” (ricordiamo che il sistema di Bon, giustamente, non viene definito “parlamentare” ma neo-parlamentare), essi annullano il valore di un “no” al referendum Segni-Di Pietro-Occhetto, che punta alla forma più estrema di una “riforma istituzionale” , di cui tutte le proposte, anche quelle cosiddette costruttive, sono espressione della stessa cultura antipopolare e antiparlamentare, che è alla base del sistema britannico, francese e germanico.

Denunciamo, con forza, quest’ennesima operazione di subalternità, che prosegue, persino, nel momento più pericoloso per la natura effettiva della posta in gioco, secondo una tradizione perversa dei gruppi dirigenti comunisti ed ex-comunisti, di occultare ai militanti comunisti la qualità delle questioni “istituzionali” in rapporto alla lotta di classe ed ai rapporti funzionali tra capitale-stato e diritto. Tanto che la Costituzione viene da questi considerata, di volta in volta, come l’emblema della lotta per la democrazia un pezzo di carta stracciata dalla cosiddetta “costituzione materiale”. Ovvero stracciato dal marchingegno inventato all’epoca del fascismo e del nazismo, per accreditare la tesi che sullo Stato prevale il partito unico, che ora serve per legittimare come irreversibili le involuzioni “di fatto” e non di “diritto” dei regimi democratici pluripartitici.

Questa operazione rimanda alle origini stesse dell’involuzione del PCI maturata dopo la morte di Enrico Berlinguer, quando nelle Tesi per il XVII Congresso, per la prima volta si propose, senza averla sottoposta ad una discussione di base, l’introduzione per tutto il Parlamento dell’elezione per “collegio uninominale”, in nome di una concezione, tradizionalmente cara alla destra sociale e politica, di un cosiddetto “più diretto rapporto tra candidati ed elettori”. Dal canto suo Pietro Ingrao, contraddicendo al lavoro svolto al Centro per la riforma dello Stato e con i giuristi, propose di modificare la Tesi 37 dello stesso XVII Congresso, invocando addirittura “un Governo a termine chiamato Governo costituente” (successivamente fu il capo dello stato Cossiga a proporre un “governo costituente): per fare le “riforme istituzionali”, volute da Craxi e dal duo Andreotti-Forlani (con cui stava Casini che col PD e Berlusconi sostengono il governo Monti, “governo del presidente” Napolitano), nonché per il riesame del sistema elettorale, a fianco del potenziamento dell’istituto referendario, istituto pseudo democratico e plebiscitario, di cui ora si misurano le reali potenzialità contro la DEMOCRAZIA DI MASSA (strumento plebiscitario a cui ricorse De Gaulle per abbattere la Costituzione parlamentare simile a quella italiana entrambe edificate sulla base della Resistenza vittoriosa).

Da quelle scelte, imposte dall’alto, sono derivate tutte le deviazioni che hanno portato alla cancellazione del PCI dallo scenario sociale e politico, e alla fondazione del PDS-DS. PDS che ha proseguito l’opera scellerata già saldamente iniziata nella prima Bicamerale – la Bozzi del 1983 – poi ripresa dalla Bicamerale De Mita-Jotti, e da ultimo dalla più nota, perché più vicina, Bicamerale D’Alema, bloccata non da sinistra – a causa del collaborazionismo di Cossutta mascherato dietro una relazione di minoranza firmata da lui solo e non dal gruppo dirigente di Rifondazione – ma da Berlusconi, “tatticamente” in cerca di risultati e più devastanti (più devastanti quali quelli del suo “progetto” respinto nel 2006 dal popolo italiano ma ora ripreso e riproposto nei suoi punti più gravi dal trio Bersani-Casini-Alfano e dai tre “soloni” capeggiati da Violante,) di quelli iscritti nei documenti ufficiali oltre che negli incontri di “casa” Letta, indicato come candidato “domestico” alla Presidenza della Repubblica(complice il profilarsi di un possibile compromesso sulla giustizia, quando D’Alema, Marini, Berlusconi e Fini sottoscrissero il cosiddetto “patto della crostata”, che sta ad indicare l’accordo sulle “riforme” costituzionali in un do ut des e vera e propria spartizione di potere, nel quale D’Alema si impegnava a non fare andare in porto la legge di regolamentazione delle frequenze televisive che comportava la vendita di una rete Mediaset che, in procinto di quotarsi in Borsa, avrebbe subito una precipitazione del valore delle azioni: per questo Claudio Petruccioli, allora presidente della Commissione permanente del Senato, non calendarizzò l’esame degli articoli di tale legge per tutta la legislatura XIII).

Tutto ciò è avvenuto col pretesto che una richiesta – in verità mai formulata a sinistra negli ultimi venti anni dai partiti ufficiali – di ripristino del proporzionale puro, sarebbe impraticabile per i noti rapporti di forza che, in realtà, sono stati pregiudicati proprio dalle scelte subalterne degli anni ’80, risalenti ad un PCI ormai pronto alla deriva, mascherata semplicisticamente, e falsamente, dalla successiva “caduta del muro di Berlino”.

Rapporti di forze” che, in realtà, sono stati pregiudicati soprattutto per l’abbandono di una lotta democratica per il socialismo che aveva avuto come fondamento di risultati parziali, ma reali, la stretta interdipendenza, identificata della “teoria della prassi”, tra dominio del capitale e forme dello Stato e del diritto, da trasformare per socializzare ogni aspetto del potere economico e politico.

Come se i dirigenti comunisti chiusi nelle carceri fasciste o costretti all’esilio, e i leader intellettuali e politici come Togliatti e Gramsci, non avessero rilanciato in Italia la democrazia sostanziale, e non solo quella formale, in nome diuna concezione teorica, come sintesi di idea-forza, che prescinde dai rapporti di forza “contingenti, per guidare una lotta sociale e politica per l’egemonia, attraverso tappe intermedie che è impossibile aprire se la saldezza dei principi teorici non rimane intatta, disponendosi ad inserire cunei nel blocco sociale e nell’organizzazione del potere legata agli interessi del capitalismo internazionale e nazionale.

Invitiamo i militanti a sottrarsi alla propaganda della passività mascherata da indicazioni contraddittorie e a scendere in campo, per discutere davanti ai tavoli per il “NO” al referendum, e riaprire una coscienza critica tra le masse, frastornate da un pensiero unico che in materia istituzionale omologa tutte le forze verticistiche oggi in agitazione per la loro personale sopravvivenza, e che sono disposte a svendere i principi irrinunciabili come il proporzionale puro: se si vuole il pluralismo sociale come base per il rilancio delle lotte contro la stabilità del sistema di potere economico-politico, dominato dal capitale finanziario “puntellato” anche dalla cosiddetta “sinistra”.

per Il Movimento Nazionale per la Difesa e il Rilancio della Costituzione

Salvatore d’Albergo e Angelo Ruggeri(soci fondatori con altri e l’On. Laura Conti che è stata il primo presidente del Movimento)

Lettera inviata nell’ottantotto a Ingrao-Natta-Rossanda-Tortorella, e poi diffusa come volantino del Movimento.

 

Lettera a Ingrao. Dall’abolizione della proporzionale alla regressione dalla democraziaultima modifica: 2012-04-17T08:44:00+02:00da iskra2010
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