Le azioni non sorrette dalla teoria sono impulsi infruttiferi” (GRAMSCI) Critica del “bene comune” di appelli ad occupare p.za affari

  

IMG_3591+logoMOWA.jpg foto MOWA

di Angelo Ruggeri

Come premessa che vale per ogni discorso politico o sindacale, dopo aver visto un appello per “occupare Piazza affari” in cui già nel titolo si parla, ancora una volta, di “diritti” e del c.d. “bene comune”.

Il titolo sui “diritti” è la perpetuazione del metodo introdotto (dalla destra e dalla destra di “sinistra”) dopo l’inizio degli anni ’90 come rinuncia alla rivendicazione di potere sia sociale che politicodalla cui consistenza ha dipeso la conquista, negli anni ’60-’70, dei diritti oggi in bilico e indifendibili proprio per l’assenza, in nome della “globalizzazione”, di ogni forma di contrattacco del potere della classe operaia al potere del sistema delle imprese.

In linea con questa rinuncia c’è poi la convergenza acritica sui c.d. “beni comuni” pur di non parlare più di socializzazione dei poteri, socializzazione dell’economia e dello Stato e quindi di socialismo.Salvatore d’Albergo e Angelo Ruggeri

P.S. 1:Senza contare che al tavolo sul c.d. mercato del lavoro la trattativa si svolge dicendo, appunto, che “per il bene comune” è bene trovare un accordo tra tutte le parti.

“Bene comune”è termine di origine cattolica, che diversamente da noi, dagli appelli firmati da Fiom e movimenti e dalle “sinistre”, giustamente, non potendo parlare di socialismo in quanto cattolici, fanno riferimento ai “beni comuni” come principio “giusnaturalistico”; così come si parla della “persona” e di “diritti” e “dignità” della “persona” (un leit motiv di Landini ad. es.) anche a proposito delle vicende di Pomigliano, Melfi e della Fiat in generale, come anche dell’art.18, per non parlare di CLASSE OPERAIA e di LAVORATORI, la cui specifica condizione all’interno dei rapporti di lavoro e di potere dell’impresa capitalistica non è e non può essere paragonabile a quella di una qualsiasi “persona”, ma è paragonabile ESCLUSIVAMENTE a quella di chi vive quei rapporti e quindi solo alla classe operaia che come tale e non come “persona” va chiamata.

Tanto più che, ormai, anziché “classe operaia” e “lavoratori”, oltre che parlare e dire “Paese” per non parlare di “democrazia” e di democratizzazione e socializzazione dei poteri, si dice ormai prevalentemente o sempre “dipendenti pubblici” o “dipendenti privati”: là dove però nemmeno si coglie il significato e la radice del termine PRIVATO che ALTRO NON SIGNIFICA CHE PRIVATO DEL POTERE: COME SI POTREBBE LEGGERE persino NELLA ENCICLOPEDIA BRITANNICA del ‘600, CHE LO RIFERISCE ANCHE ALLE DONNE proprio in quanto storicamente “private” e non “pubbliche” – è disdicevole dire di una donna che è una “donna pubblica” mentre è elogiativo dire “uomo pubblico” – in quanto “private del potere pubblico”. 

Il potere è quello che da i diritti, e ad es., un BAMBINO anche giuridicamente NON HA DIRITTI MA SOLO TUTELA DA PARTE DEI GRANDI PROPRIO PERCHE’ NON HA POTERE. Idem per la proprietà privata che è un dirittose dove e quando è un potere.

Così come, ormai – anche e soprattutto dai c.d. “colti” – si usa l’intercalare “come dire” o “in qualche modo”quando il problema invece é “IN CHE MODO” ma siccome non lo sai dire allora usi l’intercalare “in qualche modo” o “come dire”. (A.R.)

P.S.2: Tutto questo fa parte dellamancanza di verità del linguaggio dominate, attraverso il quale al coperto magari di “forme” di c.d. “bella scrittura” e in mancanza di argomenti e di ragionamenti, si deve ricorrere addirittura a misitificazioni a loro volta coperte – come abbiamo di recente richiamato da neologismi irrealistici, del tutto fuori dalla realtà.Ecco, anche, perché con Aden Arabia, Gidé e Brecht, abbiamo sostenuto che è necessario rompere lo schema imposto dal linguaggio dominate e dominato dalla “forma” – codificato come una specie di “latinorum” dalla scuola e dalla comunicazione giornalistica – per impararecon uno sguardo plebeo dagli operai, non certo per imparare a scrivere “bene” e a comunicare facendo esercizi di “bella” scrittura,adire il vero e la verità, valorizzandola al di sopra e al di là delle “forme” di eloquio, sintassi e di bella scrittura (Aden Arabia, come già argomentato in abbondanza).

 

Teologia e marxismo per battere “la perversione” dell’economia politica del capitale applicata ad Italia e Grecia

 

L’articolo di Leonardo Boff(Teologo e filosofo): “Non si può usare il veleno e chi ha provocato la crisi, come rimedio per curare la crisi”.La ragione non più orientata dalla verità e dal senso delle cose, nell’Italia e nella Grecia dei “tecnici” si chiama “la grande perversione” 

LE AZIONI NON SORRETTE DALLA TEORIA SONO IMPULSI INFRUTTIFERI” (Antonio Gramsci) 

Noi non abbiamo dimenticato che quando Ratzingher era Cardinale e non il Papa – quindi di tutti e sito in “mezzo” alla “linea nera” e “linea rossa” che attraversano la chiesa dalle sue origini -, si accusò la teologia della liberazione di essere “marxismo” e i teologi risposero: “noi non siamo “marxisti”, mail marxismo è l’unica teoria che ci permette di capire e quindi spiegare al popolo della chiesa perchè i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri” .

Separare l’economia dalla politica è tradizione reazionaria. L’economia e le crisi non appartengono (mai) alla “tecnica” ma (sempre) all’economia politica, del capitale


 La grande perversione

di Leonardo Boff Teologo e filosofo

Per risolvere la crisi economico-finanziaria della Grecia e dell’Italia è stato costituito, per esigenza della Banca Centrale Europea, un governo di soli tecnici senza la presenza di politici, nell’illusione che si tratti di un problema economico che deve essere risolto economicamente. Chi capisce solo di economia finisce col non capire neppure l’economia. 

La crisi non è di economia mal gestita, ma di etica e di umanità. E queste hanno a che vedere con la politica. Per questo, la prima lezione di un marxismo minimo è capire che l’economia non è parte della matematica e della statistica, ma un capitolo della politica. Gran parte del lavoro di Marx è dedicato alla destrutturazione dell’economia politica del capitale. Quando in Inghilterra si visse una crisi simile all’attuale e si creò un governo di tecnici, Marx espresse con ironia e derisione dure critiche perché prevedeva un totale fallimento, come effettivamente successe. Non si può usare il veleno che ha creato la crisi come rimedio per curare la crisi.

Per guidare i rispettivi governi di Grecia e Italia hanno chiamato gente che apparteneva agli alti livelli dirigenziali delle banche. Sono state le banche e le borse a provocare l’attuale crisi che ha affondato tutto il sistema economico. Questi signori sono come talebani fondamentalisti: credono in buona fede nei dogmi del mercato libero e nel gioco delle borse. In quale punto dell’universo si proclama l’ideale del greed is good, ovvero l’avidità è un bene? Come fare di un vizio (e diciamo subito, di un peccato) una virtù? Questi signori sono seduti a Wall Street e alla City di Londra. Sono volpi che non si limitano a guardare le galline, ma le divorano. Con le loro manipolazioni trasferiscono grandi fortune nelle mani di pochi. E quando è scoppiata la crisi sono stati soccorsi con miliardi di dollari sottratti ai lavoratori e ai pensionati. Barack Obama si è dimostrato debole, inchinandosi più a loro che alla società civile. Con i soldi ricevuti hanno continuato la baldoria, giacché la promessa regolazione dei mercati è rimasta lettera morta. Milioni di persone vivono nella disoccupazione e nel precariato, soprattutto i giovani che stanno riempiendo le piazze, indignati contro l’avidità, la disuguaglianza sociale e la crudeltà del capitale.

Persone formate al catechismo del pensiero unico neolibersita tireranno fuori la Grecia e l’Italia dal pantano? Quello che sta succedendo è il sacrificio di tutta una società sull’altare delle banche e del sistema finanziario.

Visto che la maggioranza degli economisti dell’estabilishment non pensa (né ha bisogno), tentiamo di comprendere la crisi alla luce di due pensatori che nello stesso anno, il 1944, negli Stati Uniti, ci hanno fornito una illuminante chiave di lettura. Il primo è il filosofo ed economista ungaro-canadese Karl Polanyi con il suo La grande trasformazione (1944; Einaudi, 1974), un In che consiste? Consiste nella dittatura dell’economia. Dopo la Seconda Guerra Mondiale che ha aiutato a superare la grande Depressione del 1929, il capitalismo ha messo a segno un colpo da maestro: ha annullato la politica, mandato in esilio l’etica e imposto la dittatura dell’economia. A partire dalla quale non si ha più, come si era sempre avuta, una società con mercato, ma una società di solo mercato. L’ambito economico struttura tutto e fa di tutto commercio, sorretto da una crudele concorrenza e da una sfacciata avidità. Questa trasformazione ha lacerato i legami sociali e ha approfondito il fossato fra ricchi e poveri in ogni Paese e a livello internazionale.

L’altro pensatore è un filosofo della scuola di Francoforte, esiliato negli Usa, Max Horkheimer, autore de L’eclissi della ragione (1947; Einaudi 1969). Qui si danno i motivi per la Grande Trasformazione di cui parla Polanyi che consistono fondamentalmente in questo: la ragione non è più orientata dalla verità e dal senso delle cose, ma è stata sequestrata dal processo produttivo e ridotta ad una funzione strumentale «trasformata in un semplice meccanismo molesto di registrazione dei fatti». Deplora che concetti come «giustizia, uguaglianza, felicità, tolleranza, per secoli giudicati inerenti alla ragione, abbiano perso le loro radici intellettuali». Quando la società eclissa la ragione, diventa cieca, perde significato lo stare insieme, rimane impaludata nel pantano degli interessi individuali o corporativi. È quello che abbiamo visto nell’attuale crisi. I premi Nobel dell’Economia, i più umanisti, Paul Krugman e Joseph Stiglitz hanno scritto ripetutamente che i “giocatori” di Wall Street dovrebbero stare in carcere come ladri e banditi.

Ora, in Grecia e in Italia, la Grande Trasformazione si è guadagnata un altro nome: si chiama la Grande Perversione.

 

Le azioni non sorrette dalla teoria sono impulsi infruttiferi” (GRAMSCI) Critica del “bene comune” di appelli ad occupare p.za affariultima modifica: 2012-04-19T08:20:00+02:00da iskra2010
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