L’antitesi liberale alla democrazia “diretta” delle primarie populiste presidenzialista

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da Angelo Ruggeri

L’antitesi alla democrazia diretta e al potere dal basso del “regime del capo” e populismo delle “primarie” presidenzialiste e codiste.

Nota. Mentre come in USA, si cercano finanziatori e chi li finanzia, ha ben ragione Raul Mordenti, (articolo sotto): le c.d. “primarie” non centrano nulla con la democrazia diretta ed anzi, peggio ancora…

Il “populismo” dall’antistorica svolta uninominalistica e antiproprorzionale alle “primarie”:

“…in America i partiti non contano, nonostante le convenzioni, ed il sistema di governo americano è così diventato il sistema di potere delle grandi corporazioni, sono cioè, in assenza dei partiti, l’istituzione di supporto diretto dello Stato. In Italia “questo significa che conterebbero solo le persone che contano, come Raul Gardini, Berlusconi, ecc., che a loro volta sono centri di potere, gruppi di aggregazione corporativa degli interessi, di clientele, di poteri spesso occulti, oltretutto senza una base reale”, che ostentano di essere “entrati in politica” disprezzando la “politica”, ed esaltando l’impresa” (scrivemmo nel 1991 documento di Milano, Movimento per Rilancio della Costituzione, riportato anche nel libro “conflitti di classe e riforme istituzionali”, Ed. Il Lavoratore- CGlL Lombardia).

Dopo di allora Gardini si uccise e rimase quindi Berlusconi a beneficiare del populismo dell’ANTISTORICO maggioritario-uninominale che, introdotto dal centrosinistra, fu decisivo per la nascita e l’ascesa del Cavaliere entrato in politica disprezzando la politica in nome dell’impresa e oggi ancora delle imprese finanziarie e industriali per cui ha lavorato (anche in Fiat) e lavora “Mrs Bilderberg Monti”.

In Algeria, con il 25 % dei voti (quanti, o anche meno, ne avrebbe presi Berlusconi col proporzionale) il partito “mussulmano” col maggioritario-uninominale diventava maggioranza in parlamento e per impedirlo hanno fatto un colpo di stato – provocando anni di massacri (quando bastava avere il proporzionale) e avrebbero contato per il loro 25% come è giusto, rafforzando nel e con il pluralismo le istituzioni e l’unità del Paese senza golpe ne l’attuale dispotismo. L’uninominale e il “mondo” di potere sono antistorici nel mentre stesso che si conclama la complessità che richiede scelte “collettive” rappresentative dell’articolazione sociale e territoriale, non il primato di un uninominale “eletto”, escludendo o subordinando al suo primato un intero territorio o paese, un contributo pluralistico rappresentativo ed espressivo della complessità di una società complessa e non già il “mono” di un potere di un solo uomo che ripropone nel territorio il tristemente, famoso, notabilato del maggioritario pre-fascista e poi fascista, il notabile e sensale locale, di interessi locali, regionali e anche nazionali.

Indefessi ci proviamo, nonostante si sappia che “è inutile dare lo zucchero agli asiniquindi anche a quelli delle “primarie”,asini che si dicono contro il “populismo” (degli altri”) e promuovono ed enfatizzano il propriopopulista e già dagli anni ’80, tutto ciò che è rafforzamento dei vertici)

Come dice bene Mordente le primarie non centrano con la democrazia diretta, anzi , come anche i referendum, il federalismo le forme e tutte le similari forme di potere liberale, sono l’antitesi al potere dal basso, alla democrazia diretta quale è solo ed esclusivamente la democrazia organizzata dal basso (consigli di fabbrica, territorio, ecc.) ovvero la democrazia diretta è il circuito democratico sociale delle permanenti forme della democrazia organizzata in forme permanenti dal territorio – cioè dal sociale che esiste ed è tutto e vive solo ed esclusivamente nel e sul territorio e non già in un astratto alto dal quale si cala sul basso la convocazione di referendum, o di primaria decise dai vertici per risolvere con l’assenso subalterno della gente il contrasto tra vertici a favore di un quesito o di un capo, che sono la mistificazione liberale delle democrazia diretta che, per l’appunto, nella concezione liberale antisociale e del potere che dall’alto scende verso e sul basso e della politica come potere di indirizzo dall’alto chiama democrazia diretta quel che gruppi di vertici e di potere siano essi e come è stato anche nel caso dei referendum antiproprozionali dei politici o intellettuali o confindustriali o sindacati (come anche la Fiom di Landini che rivendica referendum sugli accordi stipulati dai vertici e promossi dall’alto dagli stessi, anziché il confronto e la dialettica e la decisone nella democrazia diretta delle assemblee) o istituzionali, OVVERO FORME DI RAFFORZAMENTE DEI POTERI DI VERTICI GIA’ ESSE STESSE “POPULISTE”, proposte populisticamente alla gente attenzionata a ratificare o l’uno o l’altro dei “capi” che qualunque sia sarebbe sempre un “capo” populisticamente indicato come “comandante in capo” che in nome di ciò può fare anche quello che effettivamente fece Bush (che ripeteva “in qualità di comandante in capo) senza nemmeno sapere da parte dei partecipanti sia che il fascismo era appunto definito “il regime del capo” sia di essere presidenzialisti e codisti.

Ma oltre che antitesi alla democrazia diretta è antitesi alla DEMOCRAZIA anche intesa nel suo significato minimo di regime della dialettica tra le parti sociali e politiche contro cui fu portato un attacco mirato durante e successivamente a Tangentopoli con cui la degenerazione corruttiva emersa a livello delle imprese private fu demagogicamente ristretta al “sistema politica” termine che in realtà voleva celare l’attacco mirato alla democrazia condotto con l’instaurazione dell’antistorico uninominale di cui le primarie sono l’esaltazione dell’uninominalismo che è tanto più grave – e senza paragoni nel mondo – che avvenga in un Paese come l’Italia che per farlo costringe a rovesciare tutti i principi e i valori della Costituzione e della democrazia sorte dall’antifascismo e dalla Resistenza, diversamente da tutti gli altri paesi che, viceversa, sono coerenti con le loro costituzioni liberali e autoritarie del presidenzialismo – cancelliere, premier o capo di stato che sia – tedesco o francese o i settecenteschi regimi inglese ed USA naturalmente.

Sì che l’introduzione dell’antistorico uninominalismo maggioritario si è rivelato esattamente quel che era facile prevedere e che abbia scritto nero su bianco già nel 1991.

 

analisi di Mordenti delle “primarie”

Ma che c’entrano le primarie con la democrazia diretta?

Credo che la questione delle primarie abbia assunto un tale rilievo politico e mediatico (paginate e paginate sui quotidiani!) da rendere necessaria una seria discussione fra compagni/e. Vorrei contribuire a favorire questa discussione dicendo la mia, sperando che altri/e, magari con posizioni diverse, vogliano intervenire.

Dunque le primarie sono una istituzione americana che serve a designare un candidato Presidente all’interno dei due partiti democratico e repubblicano. Faccio notare che neppure la iper-presidenzialista Francia sceglie il candidato Presidente con le primarie, e meno che mai ricorrono a tale strumento altre democrazie europee, come la Germania o l’Inghilterra o la Spagna etc. Faccio notare ancora che negli Stati Uniti si eleggono con le primarie dei delegati (non è dunque affatto una votazione diretta o di primo grado!) e, specialmente in passato, è accaduto che le Convenzioni modificassero, o anche ribaltassero, i risultati delle primarie, da qui l’estrema importanza delle Convenzioni dei partiti che – queste sì! – nominano il candidato alla presidenza.

L’oggetto delle primarie di cui si parla adesso da noi è la candidatura a Presidente del Consiglio (e mi permetterei di proporre – già che ci siamo – di chiamare questa carica con questo suo nome costituzionale, e non “premier” e meno che mai “Capo del Governo” come dicevano di sé Mussolini e poi Craxi: le parole in politica contano, perché corrispondono a concetti). E già qui sorge un rilevante problema, giacché la designazione di tale carica spetta, per la nostra Costituzione al Presidente della Repubblica (art. 92 della Costituzione: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i Ministri”). È il Presidente della Repubblica, non certo il popolo delle primarie e nemmeno l’elettorato, a scegliere il Presidente del Consiglio; fermo restando che il Presidente del Consiglio nominato deve avere la fiducia di entrambe le Camere, ed è una buona prassi, ormai consolidata, che prima di scegliere il Presidente del Consiglio il Presidente della Repubblica consulti i Gruppi parlamentari, che gli rappresentano gli orientamenti delle due Camere. Perché accade questo? Perché la nostra Repubblica è stata voluta dai padri costituenti come una Repubblica parlamentare, in cui cioè la sovranità popolare elegge un Parlamento e non una persona o un capo.

Per noi comunisti (ma, direi, per tutti i sinceri democratici) è assolutamente evidente quanto sia stata giusta e lungimirante questa scelta dei Costituenti, che avevano conosciuto il fascismo e volevano impedire che si potessero riproporre forme di potere personale, sempre anticamera delle dittature (e pensiamo che cosa sarebbe successo se Berlusconi avesse potuto sostenere legittimamente una diretta investitura popolare sulla sua persona!). Da questo punto di vista, oso dire che anche la dizione “Per Tizio Presidente” che compare nel simbolo di alcuni (troppi!) partiti è al limite della costituzionalità, perché (ripeto, ripeto!) l’elettorato non è chiamato affatto a eleggere un Presidente del Consiglio bensì a eleggere un Parlamento, il quale Parlamento poi darà, oppure negherà, la sua fiducia a un Presidente del Consiglio scelto, anzi nominato!, dal Presidente della Repubblica. E infatti secondo la nostra Costituzione sarebbe del tutto legittimo che, dopo aver consultato i Gruppi parlamentari, un Presidente della Repubblica desse l’incarico di formare il Governo a una persona diversa dal leader del Partito che ha vinto le elezioni (naturalmente purché questa persona abbia la fiducia della maggioranza del Parlamento). Questo primo punto, che definirei di elementare cultura giuridica e costituzionale, mi sembra dunque già di per sé testimoniare contro il ricorso alle primarie, uno strumento improprio e, dunque, anche pericoloso, perché minaccia di turbare il delicato equilibrio costituzionale fra i poteri democratici dello Stato e di prefigurare (anzi di praticare già!) una Repubblica presidenziale, un “uomo solo al comando” legittimato personalmente dal voto popolare, che è l’esatto contrario di ciò che la Costituzione antifascista disegna.

Ma veniamo al secondo punto: la primarie americane, che piacciono tanto ai nostri “americani a Roma”, sono interne ai due partiti; lì è del tutto ovvio che i candidati siano esponenti del partito alla cui investitura aspirano ed è anche del tutto ovvio che (per una consolidata tradizione) i votanti appartengano a quello stesso partito. Qui invece si parla di “primarie di coalizione”, in cui potrebbero votare tutti quelli che in qualche modo si riconoscono in quella coalizione.

Se esaminiamo da vicino questa situazione ci rendiamo ben conto che ci troviamo di fronte al regno dell’assurdo. Intanto: di che coalizione si tratta? Quale è il suo programma? Quali i suoi confini? E, soprattutto, quali partiti ne fanno parte? Logica vorrebbe che prima ci fosse una coalizione e poi semmai questa, al suo interno, scegliesse il proprio candidato. Qui si propone, e si pratica, l’inverso: prima si sceglie il candidato Presidente e poi, se resta tempo, si definisce la coalizione e il suo programma. L’on. Tabacci, che è autorevole candidato alla primarie, fa parte oppure no della coalizione? E Vendola ne fa parte? In passato il PD rifiutò la candidatura di Marco Pannella con la (apparentemente ragionevole) obiezione che questi era esponente di un partito diverso. Questo argomento non vale più? Così come non vale più (e infatti si affretteranno a cambiarlo!) l’articolo dello Statuto del PD che afferma che il solo candidato di quel Partito alle primarie è il suo Segretario. Un’altra “stranezza”, degna di una comica finale e non certo di una democrazia seria: le primarie si dicono “di coalizione” ma le loro regole sono decise da un partito solo, il PD, che appunto ne sta discutendo in questi giorni (peraltro molto dopo l’inizio della campagna per le primarie!). Neppure l’esperienza insegna nulla: Forconi a Napoli vinse le primarie (lasciamo stare come) ma De Magistris, che non vi aveva partecipato, poi stravinse le elezioni vere. A Palermo la stessa situazione: Ferrandelli prevalse alle primarie ma poi (nonostante l’appoggio di Lombardo e di SEL) Orlando lo travolse alle elezioni vere; e altri analoghi esempi si potrebbero fare. D’altra parte l’esperienza romana di questi giorni parla chiaro: Zingaretti era un candidato credibile a fare il Sindaco: ma “qualcuno” – non certo le primarie – lo ha candidato invece “in mezz’ora” (come si è vantato l’on. Fioroni) a fare il Presidente della Regione Lazio, forse perché la carica di Sindaco deve essere scelta dal Vaticano. Le primarie allora si fanno solo se non servono a decidere davvero?

Si dice ora che per votare alle primarie occorrerà prima sottoscrivere qualcosa e lasciare il proprio nome e indirizzo: a parte che questo contraddice un altro pilastro della Costituzione (ma costoro neppure l’hanno letta, e comunque se ne fottono), cioè l’art.48 (“Il voto è personale ed eguale, libero e segreto”), la domanda che sorge è: che senso ha tale sottoscrizione? Ci si impegna così a votare poi alle elezioni per quella coalizione, tuttora indeterminata e inesistente? E chi può impedire all’elettore di cambiare parere nel frattempo? Un fatto è tuttavia certo: le primarie impegnano in modo ferreo a sostenere quella “coalizione” almeno chi vi partecipa. Non è infatti possibile pensare, nemmeno nell’attuale degrado dell’etica politica, che uno si candidi come leader di una coalizione e poi, se sconfitto, non appoggi lealmente il vincitore! Lo stesso vale, naturalmente, anche per i Partiti. E dunque: Vendola e SEL, appoggeranno il berlusconico Renzi o il democristiano Tabacci se uno di costoro vincerà le primarie? Oppure qualcuno pensa che potrebbe accadere l’inverso? Siamo seri, compagni di SEL, nessuno di voi può crederlo. Se un obiettivo ragionevole è possibile rintracciare nella partecipazione alle primarie, questo può consistere soltanto nell’intenzione di alzare un po’ il proprio prezzo, cioè di poter partecipare comunque a qualunque coalizione guidata dal PD (e dall’“agenda Monti”) trovando all’interno di questa un po’ di spazio in più per sistemare più comodamente il proprio sgabello.

In conclusione: la democrazia diretta non c’entra proprio un bel nulla con questo incasinato balletto plebiscitario. Ormai è chiaro a tutti (almeno a chi voglia vedere onestamente le cose per quel che sono) che le primarie rappresentano solo un meccanismo che serve per umiliare ancora di più (come se ce ne fosse bisogno!) la democrazia costituzionale, la quale è fondata sul Parlamento e sui Partiti (sì, sui Partiti!), beninteso se, come il nostro, essi si sforzano di essere degni di questo onorato nome. Le primarie servono soprattutto per far pesare l’immenso potere mediatico e finanziario di alcuni “poteri forti” che (come dimostra il “caso” dello sciocco giovanotto democristian-berlusconico Matteo Renzi) sono perfettamente in grado, investendo soldi e consiglieri “di immagine” sufficienti, di creare dal nulla un candidato del nulla, e magari perfino di imporlo.

Io credo che tutto ciò sia l’esatto contrario di quel complicato ma esaltante processo di partecipazione cosciente che noi chiamiamo democrazia diretta, e credo che da tutto ciò la sinistra debba tenersi ben lontana, anzi non stancandosi di denunciare l’ennesima truffa “tecnica” e “americana” ai danni delle masse popolari.

RaulMordenti  in  controlacrisi7/10/2012

http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2012/10/7/26974-ma-che-centrano-le-primarie-con-la-democrazia-diretta/

L’antitesi liberale alla democrazia “diretta” delle primarie populiste presidenzialistaultima modifica: 2012-11-09T08:14:00+01:00da iskra2010
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