Dens dŏlens 89 – “Ferrara infangata da meschini”

di MOWA

La nostra Costituzione, nata dalla Resistenza, ci ha insegnato a rifuggire la violenza perché espressione di sopraffazione, non democraticità e, dunque, non risolutiva dei problemi anzi… non porta da nessuna parte.

Infatti, la Costituzione è sorta dalle macerie lasciate da un “ventennio” il cui impianto statale era determinato da bugie ed inganni per i quali la violenza era regola; i padri costituenti hanno legiferato in tal senso e messo paletti rigidi per la tutela dei cittadini da eventuali soprusi.

Ciò che è accaduto a Ferrara, che è stata una città importante durante la Resistenza, non può essere tollerato. Non è possibile sopportare oltre la mancanza di rispetto da parte dei “quattro” (ma che, sicuramente, vengono “coperti” da molti altri) che si definiscono sindacato della Polizia di Stato… Stato, si ribadisce, nato dai valori della Resistenza partigiana che ha dato vita alla nostra Costituzione antifascista.

Nella nostra Costituzione la libertà di espressione dei cittadini è garantita ed ognuno può esprimere il proprio parere nel rispetto delle leggi.

È estremamente scorretto nascondersi dietro una sigla sindacale (di Polizia per giunta), per contestare una sentenza definitiva del Tribunale che ha appurato fatti gravi (omicidio) commessi da poliziotti e sfregiare, in questo modo, l’onorabilità delle Forze dell’Ordine, sfidando, per giunta, la madre dell’incolpevole assassinato senza provare vergogna.

È stato un atto vile ed irrispettoso (andare sotto le finestre dell’ufficio della signora Patrizia Moretti-Aldrovandi) compiuto da chi dovrebbe far rispettare le leggi e le regole costituzionali, invece, costoro sono stati i primi a trasgredirle.

C’è bisogno che gli organi istituzionali intervengano per evitare che dilaghi il disordine ed il caos prenda il sopravvento.

Le forze di Polizia hanno un regolamento di disciplina (1) specifico ed è a quello che facciamo riferimento per chiedere, a chi di dovere, di prendere, immediatamente e senza ulteriori dilazioni, provvedimenti nei confronti di questi “tutori dell’ordine” altrimenti ha ragione la signora Aldrovandi quando sostiene: “Ho tutta la solidarietà dalle istituzioni … ho tutta la solidarietà del mondo e poi…non è successo niente… mi sento presa in giro a questo punto… lo Stato ci è contro.”.

In Italia abbiamo leggi democratiche che garantiscono e difendono i cittadini: importante è farle rispettare specie in questo momento di incertezza politica.

Separiamo il grano dal loglio.

 

(1)

Parte del “D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737 Sanzioni disciplinari per il personale dell’Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti.”

Art. 4. – Pena pecuniaria.

La pena pecuniaria consiste nella riduzione in misura non superiore a cinque trentesimi di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo. Con tale sanzione vengono punite le seguenti infrazioni: 1) la recidiva in una mancanza punibile con il richiamo scritto;

2) l’esercizio occasionale di commercio o di mestiere incompatibile; 3) il mantenimento, al di fuori di esigenze di servizio, di relazioni con persone che notoriamente non godono in pubblico estimazione o la frequenza di locali o compagnie non confacenti al proprio stato; 4) il contrarre debiti senza onorarli, ovvero contrarne con dipendenti o con persone pregiudicate o sospette di reato; 5) l’allontanamento dalla sede di servizio da uno a cinque giorni senza autorizzazione; 6) l’abituale negligenza nell’apprendimento delle norme e delle nozioni che concorrono alla formazione professionale; 7) l’inosservanza dell’obbligo di mantenere la permanenza o la reperibilità; 8) la manifesta negligenza nel prendere visione dell’ordine di servizio; 9) l’omessa o ritardata presentazione in servizio sino a un massimo di 48 ore; 10) la grave negligenza in servizio; 11) il ritardo o la negligenza nell’esecuzione di un ordine; 12) l’irregolarità nell’ordine di trattazione degli affari; 13) l’inosservanza del dovere di informare immediatamente i superiori della ricezione di un ordine la cui esecuzione costituisce manifestamente reato; 14) l’inosservanza delle norme di comportamento politico fissate per gli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza; 15) l’inosservanza delle norme che regolano i diritti sindacali degli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza; 16) l’emanazione di un ordine non attinente al servizio o alla disciplina o eccedente i compiti d’istituto o lesivo della dignità personale; 17) l’omissione o l’imprecisione nell’emanazione di ordini o di disposizioni di servizio; 18) qualsiasi altro comportamento, anche fuori dal servizio, non espressamente preveduto nelle precedenti ipotesi, comunque non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza. Agli allievi degli istituti di istruzione, in luogo della pena pecuniaria, può essere applicata, ove le circostanze lo consiglino, la consegna in istituto per un periodo non superiore a cinque giorni. Il consegnato non può uscire dall’istituto se non per disimpegnare il proprio servizio, dal quale non è esonerato. La pena pecuniaria è inflitta agli appartenenti alle qualifiche dirigenziali o direttive dal capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza. Al personale dei restanti ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza in servizio presso il dipartimento della pubblica sicurezza: dal direttore del servizio; al personale dei restanti ruoli in servizio presso le questure e uffici dipendenti: dal questore; al personale in servizio ai commissariati di pubblica sicurezza presso i compartimenti delle ferrovie dello Stato e delle poste e telecomunicazioni, alle zone di frontiera terrestre, agli uffici di pubblica sicurezza di frontiera marittima e aerea, agli uffici compartimentali di polizia stradale ed agli istituti di istruzione: dai rispettivi dirigenti; al personale in servizio presso i reparti mobili: dal comandante del reparto; al personale in servizio presso ogni altro ufficio non compreso tra quelli indicati; dal funzionario preposto all’ufficio.

Art. 5. – Deplorazione.

La deplorazione è una dichiarazione scritta di formale riprovazione, con la quale vengono punite: 1) le abituali o gravi negligenze nell’adempimento dei propri doveri; 2) le persistenti trasgressioni già punite con sanzioni di minore gravità;

3) le gravi mancanze attinenti alla disciplina o alle norme di contegno; 4) le mancanze gravemente lesive della dignità delle funzioni; 5) gli atti diretti ad impedire o limitare l’esercizio dei diritti politici o sindacali o del mandato di difensore o di componente di un organo collegiale previsto dalle norme sulla Polizia di Stato; 6) la negligenza nel governo o nella cura delle condizioni di vita e di benessere del personale o nel controllo sul comportamento disciplinare dei dipendenti; 7) la negligenza o l’imprudenza o la inosservanza delle disposizioni sull’impiego del personale e dei mezzi o nell’uso, nella custodia o nella conservazione di armi, esplosivi, mezzi, materiali, infrastrutture, carteggio e documenti. Essa comporta il ritardo di un anno nell’aumento periodico dello stipendio o nell’attribuzione della classe di stipendio superiore, a decorrere dal giorno in cui verrebbe a maturare il primo beneficio successivo alla data nella quale la mancanza è stata rilevata. La deplorazione può essere inflitta anche in aggiunta alla pena pecuniaria in relazione alla gravità della mancanza e alla personalità del responsabile. La deplorazione è inflitta dagli stessi organi di cui all’art. 4.

Art. 7. – Destituzione.

La destituzione consiste nella cancellazione dai ruoli dell’appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza la cui condotta abbia reso incompatibile la sua ulteriore permanenza in servizio. La destituzione è inflitta: 1) per atti che rivelino mancanza del senso dell’onore o del senso morale; 2) per atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento; 3) per grave abuso di autorità o di fiducia; 4) per dolosa violazione dei doveri che abbia arrecato grave pregiudizio allo Stato, all’Amministrazione della pubblica sicurezza, ad enti pubblici o a privati; 5) per gravi atti di insubordinazione commessi pubblicamente o per istigazione all’insubordinazione; 6) per reiterazione delle infrazioni per le quali è prevista la sospensione dal servizio o per persistente riprovevole condotta dopo che siano stati adottati altri provvedimenti disciplinari; 7) per omessa riassunzione del servizio, senza giustificato motivo, dopo cinque giorni di assenza arbitraria. La destituzione è inflitta con le stesse modalità previste per la sospensione dal servizio.

Art. 8. – Destituzione di diritto.

L’appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza incorre nella destituzione di diritto: a) per condanna passata in giudicato per i delitti contro la personalità dello Stato; per i delitti di peculato, malversazione, concussione, corruzione; per i delitti contro la fede pubblica, escluso quello di cui all’art. 457 del codice penale; per i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume previsti dagli articoli 519, 520, 521 e 537 del codice penale e per i delitti previsti dagli articoli 3 e 4 della legge 20 febbraio 1958, n. 75; per i delitti di rapina, estorsione, millantato credito, furto, truffa, appropriazione indebita, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, circonvenzione di persone incapaci, usura, ricettazione; per ogni tipo di delitto a fine di eversione; per i delitti previsti dalla legge sul nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza e per qualsiasi altro delitto non colposo per il quale sia stata erogata una pena non inferiore ad un anno di reclusione; b) per condanna, passata in giudicato, che importi l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici; c) per applicazione di una misura di sicurezza personale di cui all’art. 215 del codice penale ovvero di una misura di prevenzione prevista dall’art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. Nei casi contemplati dal precedente art. 7 e dal presente articolo il trattamento di quiescenza e previdenza è regolato dalle disposizioni vigenti in materia. La destituzione di diritto è disposta con decreto del Ministro dell’interno per il personale appartenente alle qualifiche dirigenziali e direttive; con decreto del capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza per il restante personale.

(http://www.siulp.it/Pagine/881/DPR_737_1981.pdf)

Stralci della sentenza definitiva su:

http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/

Dens dŏlens 89 – “Ferrara infangata da meschini”ultima modifica: 2013-03-30T01:58:29+01:00da iskra2010
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