Dens dŏlens 288 – Fine vita…

di MOWA

Per affrontare in modo adeguato le profonde disuguaglianze nella salute, bisognerebbe, piuttosto, promuovere azioni in grado di sollecitare e coinvolgere i governi, le istituzioni locali e la società civile. L’idea di base è, in altre parole, che la medicina e l’assistenza sanitaria costituiscano uno dei fattori che influenzano la salute delle popolazioni.” (Giovanni Berlinguer, La salute come bene comune)

Da poche ore è passata la legge: “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” e, già sono sorti dubbi e perplessità sulla validità di questa decisione parlamentare.

Chi esulta da una parte e chi sente il peso della sconfitta politica dall’altra.

Decisione parlamentare, forse, che apre uno spiraglio per un dialogo nel paese sull’elaborazione etica di quanto discusso ed approvato nei giorni scorsi.

Tanto importante l’argomento che Giovanni Berlinguer in Etica della salute sosteneva

Oggi sappiamo che per la giustizia, oltre alle risorse personali, occorre l’ordine sociale; e per la salute, oltre al regime di vita, un ambiente salubre. Ma si può ancora condividere lo scopo: agire in modo tempestivo e appropriato per promuovere e mantenere questi due valori, congiuntamente indispensabili per la convivenza civile e il benessere personale, e per evitare di delegarli ai giudici e ai medici, per quanso essi siano abili.”

Aspetti importanti che non possono essere delegati, sostiene G. Berlinguer, ad altri quando si parla di un coinvolgimento diretto e personale nella struttura sanitaria.

Vi sono concetti che ci vedono obbligati a distinguere il diritto alla salute tra assoluto e fondamentale (che ognuno deve realizzare) e a separarlo dalla mera assistenza che deve essere accessibile a tutti e che il sistema sanitario deve mettere a diposizione. Vi sono criteri con i quali si misura l’eguaglianza dei cittadini di fronte al problema del diritto alla salute e che troviamo scritti sia nella Costituzione italiana che nell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). Un diritto quello alla salute visto da molti come un’utopia (come, d’altronde, quello della libertà) da tentare di realizzare… almeno per gradi.

Il diritto alla salute, sosteneva Giovanni Berlinguer, era (ed è) nel mondo appannaggio prevalente dei ricchi.

Si cita Giovanni Berlinguer perché fu uno dei massimi artefici dello sviluppo, sul territorio nazionale italiano, nel 1978, di una egualitaria sanità pubblica.

Ora, però, l’argomento della legge arriva a definire non la salute ma se una vita deve essere spezzata o meno, come sostenuto dai medici cattolici, che in un congiunto comunicato di Giuseppe Battimelli e Filippo Maria Boscia, dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci) rilevano, in modo particolare, la “preoccupazione e in alcuni punti anche contrarietà”.

Paventiamo soprattutto che il principio dell’indisponibilita’ della vita da assoluto possa essere ora in qualche modo relativo, prevalendo un’autodeterminazione del paziente, svincolata da un proficuo rapporto di cura con il medico, come si evince anche dall’utilizzo del termine ‘disposizioni’ al posto di ‘dichiarazioni’”

… “desta notevole difficoltà la definizione dell’idratazione e dell’alimentazione artificiale come trattamenti sanitari che si possono rifiutare o sospendere sempre e comunque e senza giustificazione alcuna, non tenendo conto delle condizioni cliniche dell’ammalato e se risultino utili ai benefici attesi. Perciò riteniamo che tutta la classe medica italiana debba in questo momento rinnovare il suo impegno, riaffermando la “prossimita’ responsabile del buon Samaritano che è quella di accompagnamento, empatia e di non abbandono dell’uomo fragile ed ammalato”.

Precisa sulla legge, inoltre, il quotidiano Avvenire

Si tratta di uno dei principali punti critici – contenuto nell’articolo 1 della legge – riguarda la possibilità che un paziente cosciente e stabile, dunque non in una fase terminale di una malattia, e pur tuttavia bisognoso di essere idratato e nutrito per via artificiale (per esempio attraverso un sondino), possa trovare la morte in seguito alla sua scelta di sospendere nutrizione e idratazione in tal modo somministrati. O la possibilità che una tale opzione venga richiesta, per un paziente in stato di incoscienza, per volontà del fiduciario da lui stesso nominato o del tutore. Il punto di partenza è molto semplice: la legge definisce tout court (quindi sempre e comunque) come una terapia sanitaria la somministrazione di acqua e cibo per via artificiale, che come tale può essere rifiutata (Art. 1).

Una posizione che non vede concorde l’intera comunità scientifica: vi sono casi – non infrequenti – in cui l’idratazione e nutrizione artificiali non sono trattamenti sanitari ma semplici atti di sostegno vitale proposti al paziente.

Engels nel passo dell’Antiduhring, XI. Morale e diritto. Libertà e necessità sostiene che

La libertà non consiste nel sognare l’indipendenza dalle leggi della natura, ma nella conoscenza di queste leggi e nella possibilità, legata a questa conoscenza, di farle agire secondo un piano per un fine determinato. Ciò vale in riferimento tanto alle leggi della natura esterna, quanto a quelle che regolano l’esistenza fisica e spirituale dell’uomo stesso: due classi di leggi che possiamo separare l’una dall’altra tutt’al più nell’idea, ma non nella realtà. Libertà del volere non significa altro perciò che la capacità di poter decidere con cognizione di causa. Quindi quanto più libero è il giudizio dell’uomo per quel che concerne un determinato punto controverso, tanto maggiore sarà la necessità con cui sarà determinato il contenuto di questo giudizio; mentre l’incertezza poggiante sulla mancanza di conoscenza, che tra molte possibilità di decidere, diverse e contraddittorie, sceglie in modo apparentemente arbitrario, proprio perciò mostra la sua mancanza di libertà, il suo essere determinato da quell’oggetto che precisamente essa doveva dominare.”

Sempre nello stesso testo ed esattamente nelle Considerazioni generali Engels ribadiva il concetto che

L’analisi della natura nelle sue singole parti, la ripartizione dei diversi fenomeni e degli oggetti della natura in classi determinate, l’analisi dell’interno dei corpi organici nelle loro molteplici conformazioni anatomiche sono state la condizione principale dei progressi giganteschi che nella conoscenza della natura gli ultimi quattrocento anni ci hanno portato. Ma questo metodo ci ha del pari lasciata l’abitudine di concepire le cose e i fenomeni della natura nel loro isolamento, al di fuori del loro vasto contesto complessivo; di concepirli perciò non nel loro movimento, ma nel loro stato di quiete, non come essenzialmente mutevoli, ma come entità fisse e stabili, non nella loro vita, ma nella loro morte. E poiché questa maniera di vedere le cose, come è accaduto con Bacone e con Locke, è passata dalla scienza della natura nella filosofia, ha prodotto la limitatezza specifica degli ultimi secoli, cioè il modo di pensare metafisico.

Una profonda analisi di Engels dei limiti della conoscenza dell’uomo sulla natura e su sé stesso, limiti che impongono maggiori cautele nel determinare leggi siffatte e che imporrebbero, anche, altri aspetti di ponderazione come sollevato da Paolo Zatti che, nella pubblicazione Maschere del diritto volti della vita paragrafo Interruzione e casualità ed in merito all’investitura dice

“…tutore come esteso al consenso informato al trattamento medico. Non sono del parere che così si risolva veramente il problema, sia perché il tutore non è figura realmente adeguata a un ruolo così intimo da investire l’identità della persona (secondo il concetto di salute scolpito dal Trib. Milano) sia perché rimane un problema interpretativo proprio per la marginalità del tipo di decisione che riguarda il lasciar morire.

Sono convinto che lo schema stesso della rappresentanza non sia praticabile per decisioni che attengono alla sopravvivenza. Il problema non si può risolvere con criteri derivati dal modello dell’atto giuridico; è in campo una decisione in cui si deve riuscire a creare una costellazione di responsabilità – medici, familiari, rappresentanti legali – sullo sfondo della premessa per cui un trattamento medico si giustifica esclusivamente in funzione dell’interesse del paziente.

Questo criterio com’è noto non è sufficiente a consentire un trattamento; è invece sostegno necessario dello stesso atto di autonomia del soggetto capace che chiede un trattamento. Il suo peso è però maggiore in casi come quello di cui discutiamo, perché sottolinea che un trattamento medico non si autogiustifica, né si giustifica perché era giustificato quando è stato iniziato, ma esige costante giustificazione; e perché pone in questione, naturalmente, se il solo scopo di prolungamento della vita soddisfi il criterio dell’interesse del paziente. La questione così posta – per giustificare la prosecuzione del trattamento occorre asserire un interesse del paziente – mi pare il terreno in cui la costellazione di responsabilità cui accennavo possa formarsi con garanzie consistenti per il paziente stesso.

Una legge, quindi, lacunosa in molte sue parti che potrebbe far dubitare della buona fede dei proponenti e/o sostenitori a fronte di un grande interrogativo di probabile espansione o estensione peggiorativa in un prossimo futuro, fatta da parlamentari nominati e non eletti, che non hanno assolutamente verificato quanto sia incidente sul malcapitato e sui familiari l’aspetto depressivo che porta a conclusioni negative. Ambiti specializzati sostengono che

Il Disturbo Depressivo è fonte di sofferenza, oltre per chi ne soffre, anche per i familiari e, tenendo conto che, per ogni paziente, ne sono coinvolti almeno due-tre, il numero delle persone coinvolte indirettamente è di 4-5 milioni.

Le sindromi depressive colpiscono soprattutto la popolazione over 65 e il numero di anziani depressi è destinato ad aumentare per il progressivo invecchiamento della popolazione.

Per quanto riguarda la diffusione in rapporto al sesso, le donne, soprattutto nella fascia d’età compresa tra i 40 e i 50 anni, sono colpite in misura doppia rispetto agli uomini…

…Frequenti e gravi sono anche le complicanze, quali l’abuso di alcool e di sostanze stupefacenti, ed il rischio di suicidio, stimato, almeno nelle forme bipolari, circa 30 volte superiore a quello della popolazione generale…

Non di rado l’origine dei sentimenti melanconici è attribuita a fattori esterni ed anche le fasi maniacali spesso non sono interpretate come condizione morbosa, ma come espressione di tendenze antisociali, d’insufficiente senso di responsabilità, di ridotte capacità di autocontrollo e di scarso senso morale…

Depressione indotta da malattie mediche

…E’ possibile evidenziare sintomi depressivi in una percentuale variabile tra il 15 e il 40% dei pazienti che soffrono di patologie internistiche.

…E’ importante sottolineare che esistono almeno due modalità con cui una malattia “fisica” può indurre depressione.

La prima è quella in cui il paziente, che sa di soffrire di una grave malattia (cardiopatia, tumore, malattia degenerativa), non accetta la condizione di malato e reagisce deprimendosi. In tale situazione la malattia medica è un evento stressante di fronte al quale il paziente non riesce a mettere in atto nessun meccanismo di difesa e ciò provoca la comparsa di un quadro depressivo secondario…

Dopo queste ultime osservazioni mediche viene da chiedersi se, tutto ciò, non sia finalizzato, solo, alla diminuzione delle spese statali derivanti dalle cure e dal mantenimento nelle strutture ospedaliere dei pazienti affetti da una contingente disabilità, a fronte di altre equivoche priorità economiche dell’establishment rivolte altrove (spese militari su fronti esteri, ecc.). Perché, se così fosse, ricorda molto lo stesso discorso sostenuto per l’Aktion T4.

Così, dopo la peggiorativa riforma pensionistica che penalizza la vita degli oppressi, ora, ci troviamo anche questa…

Che altro ancora?

Dens dŏlens 288 – Fine vita…ultima modifica: 2017-12-17T05:34:28+01:00da iskra2010
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