15 NOVEMBRE 2019: UNA GIORNATA DI FAKE NEWS A CURA DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DELL’EMILIA ROMAGNA

INOPPORTUNA AGIOGRAFIA
DI ALBERTO BERGAMINI
DIRETTORE DEL GIORNALE D’ITALIA
PENNIVENDOLO AL SERVIZIO DI SONNINO
E DEI MERCANTI DI ARMI
FILOFASCISTA E FILIBUSTIERE
PER QUESTO NOMINATO SENATORE A VITA
E PRESIDENTE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI

1. San Giovanni in Persiceto, venerdì 15 novembre 2019. Al mattino, presso la sala del Consiglio Comunale in Corso Italia 70, l’Ordine regionale dei Giornalisti e la fondazione dell’Ordine, insieme all’associazione Olindo Malagodi, hanno proposto il Seminario di formazione Dalla Terza Pagina al giornalista Robot: come conservare il principio di cultura ed etica nel fare un giornale alla luce delle trasformazioni in atto. “I due incontri” sostiene il comunicato ufficiale dell’Ordine regionale “sono stati organizzati nella terra d’origine di Alberto Bergamini, dove ha sede l’archivio storico della Fondazione intitolata al celebre inventore del giornalismo moderno e della Terza Pagina”.

Faccio rispettosamente notare alla giornalista Fulvia Testi, che ha coordinato la giornata, al direttore della Federazione Nazionale della Stampa Giancarlo Tartaglia, (“Quando e come nasce la Terza pagina. La lezione di Alberto Bergamini è ancora attuale?”) e a Fulvio Cammarano, direttore del Master in Giornalismo dell’Università di Bologna (“Un robot in redazione può sostituire il lavoro di un giornalista? Limiti e prospettive”) che non sta bene prendere in giro i tirocinanti e il Comune di Persiceto, che paga la kermesse, somministrando a man bassa e a pie’ pari le solite balle sul povero Bergamini, che Dio abbia pietà per l’anima sua.

Prima di tutto Bergamini non ha inventato la Terza Pagina. Negli anni passati a Milano come redattore sotto Luigi Albertini, direttore del Corriere della Sera, dove la Terza Pagina c’era già, e dove c’era già il giornalismo moderno, per celebrare le guerre coloniali con uno stile asciutto, impersonale, all’inglese, Bergamini aveva appreso i rudimenti dell’arte: plagio, obbedienza, corruzione. La sua celebrata intuizione che gli permetteva di fare scoop anticipando i giornali concorrenti si chiama infatti, se vogliamo usare il termine appropriato, corruzione, come quando rese pubblico l’accordo segreto sottoscritto da Giolitti e dal conte Gentiloni per ottenere i voti dei cattolici, accordo sottoscritto segretamente ed ottenuto corrompendo con 500 lire (una bella somma, cent’anni fa) un povero usciere affamato. Ammette il suo biografo Giancarlo Tartaglia, presidente nazionale della Federazione della Stampa nonché complice dell’agiografia depistante del 15 novembre:

Come tutti i maggiori esponenti del mondo liberale, da Salandra a Giolitti a Nitti, da Albertini allo stesso Amendola, vedrà nell’ascesa del movimento fascista lo strumento per fronteggiare le esagerazioni del biennio rosso e per riportare il Paese nella cornice liberal-costituzionale. Riteneva che il fascismo sarebbe stato un fenomeno provvisorio, ancorché benefico, destinato a scomparire al momento della liberazione dalla minaccia bolscevica e con il ripristino dello Statuto Albertino.

In altre parole: gli dava fastidio che i socialisti, con le prime elezioni politiche a suffragio universale e sistema proporzionale, fossero diventati il primo partito italiano, e che la maggior parte dei Comuni fosse amministrata dai socialisti. Per questo i “liberali” applaudivano agli squadristi che ammazzavano i capi delle cooperative e dei sindacati: la loro era un’operazione d’igiene, perché ripulivano l’Italia dai rossi. Bisognava impedire a tutti i costi ai socialisti di governare, e i fascisti erano utili allo scopo. Basta leggere gli articoli del Giornale d’Italia per avere infinite prove di questa verità. Ma i giornalisti dell’Ordine sanno leggere?

Andato al potere, Mussolini fece capire ai liberali chi era che comandava: Nitti, Amendola, Albertini e lo stesso Bergamini furono bastonati sonoramente e le loro abitazioni romane furono devastate dalle squadracce fasciste. Allora i nostri eroi fuggirono da Roma e diventarono “antifascisti”, salvo votare poi per la monarchia nel referendum costituzionale del 1946 e poi per i liberali e i monarchici nel 1948, sempre nell’ottica della “difesa della libertà” minacciata dai social-comunisti. Alcuni di questi campioni del cosiddetto antifascismo, come Nitti, abbiamo corso il rischio di trovarceli come Presidenti del Consiglio nell’Italia repubblicana e democratica.

Nominato nel 1920 senatore a vita dal re savoiardo per la sua consonanza con i guerrafondai (i Savoia, la Fiat, l’Ansaldo, Sonnino, le fabbriche di armi, le banche e le assicurazioni) Alberto Bergamini fu nuovamente confermato dal Presidente della Repubblica senatore a vita perché coraggioso antifascista, tornò a dirigere l’Ordine dei Giornalisti e nel 1949 ebbe anche il Premio Saint Vincent per il giornalismo. Dal 1956 al 1962, anno della sua morte, ricoprì la carica di presidente della Federazione Nazionale della Stampa. Come canto del cigno, due mesi prima di morire, il Nostro direttore, casualmente nella stessa data e con le stesse parole di un delirante articolo dell’Avvenire d’Italia, organo della curia bolognese, dette ampio risalto il 23 ottobre 1962 alla bufala della strage partigiana (un cimitero di mille anni fa in località Poggio trasformato in fossa comune e venduto dai preti dai fascisti e dai “giornalisti” come una strage compiuta dai partigiani). L’articolo, firmato da Giuliano Zanotti, inviato speciale del Giornale d’Italia, parla delle “foibe” al Poggio di Persiceto, e di una “corriera” scomparsa a Manzolino, nel “triangolo della morte”: la consueta paccottiglia dei nostalgici della RSI, dei preti fascisti e di Francesco Cossiga, affezionati alle loro menzogne.

Ma i giornalisti autori dell’agiografia del camerata Bergamini che calano su Persiceto per insegnare ai villici come si fa la cronaca, la conoscono o no, loro, la cronaca di Persiceto? Se la conoscono sono in malafede, e se non la conoscono si informino, prima di spillare soldi al Comune, che ha pagato tutte le spese per la loro kermesse di ballisti.

2. Nella giornata del 15 novembre i numerosi e sventurati tirocinanti sono stati portati in gita nella biblioteca comunale, come se andassero al giardino zoologico o a Fico, a vedere le mucche. Nella biblioteca e nell’archivio comunale, a 100 metri dalla sede del Municipio, sono custoditi tutti i numeri del Giornale d’Italia, le decine di migliaia di fotografie, pubblicate o no, dell’immenso archivio di immagini del quotidiano, e anche – cosa davvero importante – l’epistolario privato del nostro pennivendolo, visibile a chiunque ne faccia richiesta.

Sarebbe quindi stato possibile leggere le lettere private che si scambiavano Sidney Sonnino e Alberto Bergamini – ma forse è troppo chiedere ai giornalisti di leggere. Se l’avessero fatto, avrebbero potuto apprezzare lo stile moderno del grande Alberto, che, ricevuto il titolo del tema da Sidney Sonnino, lo amplificava e lo abbelliva con il suo stile. Grande cosa questo giornalismo moderno, che, per nostra fortuna, non è morto, ma continua anche nell’epoca del web, su carta e su schermo, nei format culturali e in quelli astronomici, in quelli turistici e quelli gastronomici, perché i tortellini sono cultura, mica balle.

3. In una lettera del 24 luglio 1914 Sidney Sonnino, dopo la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia scrive al direttore Alberto Bergamini:

L’Italia deve fare ogni sforzo pel mantenimento della pace generale e per ogni maggior possibile localizzazione del conflitto; ma se la situazione si guasta, deve adempiere scrupolosamente e lealmente tutti i suoi impegni verso gli alleati.

Due settimane dopo (16 agosto):

A noi conviene, ora che siamo neutrali, che i due avversari si dilanino a vicenda e che non rimangano che le code. Intanto predicate sempre la necessità di armare.

E il 18 agosto:

bisogna essere pronti a tutto, e senza perdere tempo.

E il 4 settembre:

non dev’essere un dogma per noi di non cercare mai di profittare di qualche momento favorevole per assicurare al paese qualche vantaggio…; conviene armare quanto più è possibile per essere pronti a tutto, sia da una parte sia dall’altra …

I padroni dei giornali hanno scelto: bisogna armarsi per approfittare della guerra. Ma chi è il nemico, l’Austria o la Francia? Intanto ci armiamo, poi si vedrà. Sonnino suggerisce, Bergamini sviluppa retoricamente il suggerimento, e poi, nella primavera del 1915, quando all’Italia la Triplice Intesa promette mari e monti (con il Patto di Londra), l’Austria diventa il nemico. Gli stessi che avevano messo da parte Trento e Trieste perché “i veri interessi italiani sono in Africa” adesso si scoprono irredentisti, e motivano con l’amor di patria la scelta di fare la guerra contro l’Austria. Neutralisti, pacifisti, socialisti, anarchici, popolari, giolittiani, Benedetto XV e tutti coloro che erano favorevoli a proseguire le trattative con l’Austria per avere il Trentino e il Friuli senza scendere in guerra, sono messi fuori gioco da una martellante campagna di stampa interventista, nella quale si distinguono, fra gli altri, Mussolini, Albertini, Bergamini, D’Annunzio, tutti “giornalisti” e tutti premiati, poi, con nomine a senatori del regno o addirittura a ministri e capi di governo. Questo sì che è giornalismo moderno.

4. La nostra storia, purtroppo, non finisce qui. La cosa si ripete con l’avvento del fascismo. Scrive Bergamini sul Giornale d’Italia (15 marzo 1921):

Quanto alle forme talvolta soverchiamente persuasive e vivaci del fascismo, io ripeto l’augurio che ho fatto innanzi: e cioè che, raggiunta la sua missione, assicurato all’Italia un equilibrio di pace di ordine di lavoro, il fascismo stesso aspiri a un assetto di vita nazionale in cui non vi sia più alcuna ombra alcuno strascico di guerra civile.

Questa era la linea ufficiale “in difesa della costituzione liberale” dei monarchici e dei liberali, allergici al responso delle urne, quando a vincere sono gli altri. Scrive l’ex ministro ed ex presidente del consiglio Francesco Saverio Nitti a Giovanni Amendola il 23 aprile 1923:

Bisogna che l’esperimento fascista si compia indisturbato: nessuna opposizione deve venire da parte nostra. Io non posso aderire; ma non voglio opporre nulla. Sono i fatti che debbono dire da quale parte sia la ragione. Noi guadagneremo sempre, se saremo stati estranei alla contesa. Se l’esperimento non riuscirà nessuno potrà dire che l’insuccesso dipende da noi, o che comunque abbiamo creato ostacoli. Se riuscirà si dovrà tornare alla normalità o alla costituzione ed è la sola cosa che io desidero. E i fascisti ci avranno reso un servigio.

Quando poi gli squadristi, dopo aver ridotto in fin di vita il liberale Amendola, misero a soqquadro la casa romana del Nitti e fecero un attentato allo stesso Bergamini, era già troppo tardi. Lo squadrismo era diventato Stato, anche grazie ad Amendola, a Nitti e a Bergamini. L’ho già detto ma mi piace ripeterlo, perché anche l’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna lo capisca, e il presidente Nazionale della FNSI, che senz’altro lo capisce, chieda scusa ai suoi lettori, presi in giro, e al Comune di Persiceto, che ha tirato fuori i soldi dei contribuenti per permettere ai “giornalisti” e ai loro sfortunati tirocinanti di fare giornata – buffet compreso.

5. A questo punto siamo in grado di rispondere anche noi alle domande sollevate dai relatori della kermesse, e, nello stesso tempo, siamo in grado di fare a nostra volta delle domande all’Amministrazione Comunale. Non discutiamo delle idee di Bergamini, che non condividiamo ma che non sono qui l’argomento della questione; discutiamo invece della professionalità di questo grande campione del giornalismo. Si può chiamare giornalista uno che scrive sotto dettatura? Se è così, abbiamo la risposta per Fulvio Cammarano, che chiede se un robot in redazione può sostituire il lavoro di un giornalista. Certo, professore. Ma perché scomodare un robot, che, anche se cinese, costa sempre qualche euro? Basta un pappagallino verde, o una gazza ammaestrata, o una scimmietta imitatrice, di quelle che si trovano nei discount. Basta caricarle e dopo si muovono da sole, finché c’è la pila. Dopo si buttano via e si prendono altri avventizi, come i tirocinanti che il giorno 15 novembre 2019, grazie al Comune di Persiceto, hanno potuto mangiare qualcosa.

E qui vogliamo fare qualche domanda all’Amministrazione Comunale, truffata dai boss dell’Ordine e dai giornalisti organizzatori del festival delle Balle. A quanto ammontano in totale le spese per la gestione della giornata di fake news vendute come formazione culturale di giovani tirocinanti? Io vorrei saperlo, a nome di tutti i cittadini che pagano le tasse e hanno diritto di sapere come vengono impiegati i loro soldi. Quanto è stato speso per i manifesti? E per far pubblicare la notizia sul Carlino, sulla Repubblica e sugli altri organi di stampa? E per il buffet? E per il libro Il giornale è il mio amore? Quanti erano i tirocinanti? Io propongo che il Comune paghi il buffet ai tirocinanti, che non hanno colpa di questa kermesse truffaldina, ma pretenda le scuse dell’OdG, che ha giornalisti ben pagati, grazie ai finanziamenti pubblici, che il governo eroga per i loro servigi.

All’Amministrazione comunale poi, se potessi, vorrei tirare le orecchie. Ma come si fa a tirare le orecchie a una struttura complessa, evanescente, articolata, dotata di tante diverse professionalità e di grandi potenzialità che non sa sfruttare, cadendo in preda a venditori ambulanti di ogni tipo e calibro?

6. Rinfrescamento della memoria e perorazione al Signor Sindaco di San Giovanni in Persiceto. Nel maggio 2011 una bella mostra patrocinata dal Comune (Che divisa porti fratello? Nessuna), allestita proprio nel Palazzo SS. Salvatore, i cui materiali sono disponibili sia in formato digitale che in cartaceo, aveva una sezione sui pennivendoli come Luigi Albertini, Alberto Bergamini, Benito Mussolini, Eugenio Scalfari, ed altri. La mostra, visitata da scolaresche e da cittadini di ogni età, rimase aperta per diverse settimane e coinvolse anche molti volontari. William Pedrini, Pierangelo Pancaldi ed io abbiamo portato in giro per il mondo la sezione dedicata ai padroni dei giornali (banchieri, assicuratori, industriali delle armi, petrolieri, Fiat, Piaggio, Confindustria, Confagricoltura, ecc.) e ai giornalisti (opinionisti, direttori e inviati speciali) pagati per raccontare balle – o, come si dice oggi, embedded – che, detto in inglese, sembra quasi un titolo di merito. Siamo andati a Cervia, a Milano, a Como, a Bologna, a Pisa, e anche qui, a Decima, a Persiceto, ospitati gratuitamente da biblioteche, circoli culturali e Pro Loco disponibili.

Non faccio colpa all’Amministrazione Comunale di scarsa memoria – si sa, gli anni passano e la memoria ha le sue defaillances – ma credo che, se gli amministratori di oggi non hanno la cultura sufficiente a conoscere il nostro passato e a distinguere gli storici dai venditori di tappeti e i giornalisti veri dai pataccari, che pure ci sono, anche fuori dall’Ordine, possono sempre chiedere una consulenza gratuita agli esperti che per fortuna esistono, e questo vale sia per le targhe in bulgnais che per le lapidi dei caduti del 1859 che per gli scheletri del Poggio – oltre che per Alberto Bergamini.

Non sempre, insomma, chi è locale è attendibile perché è locale, e non sempre chi sa scrivere è anche onesto perché la sa raccontare. Ma se lei si guarda intorno, Signor Sindaco, forse troverà non lontano dalla biblioteca comunale diverse persone che sanno leggere, sanno scrivere e sono anche oneste: archeologi, storici dell’arte, storici, fotografi, artisti, giornalisti veri, gente che, indipendentemente dal titolo e dal mestiere, dall’Ordine o dal Club, fa il suo lavoro per passione.

Se ha bisogno, anch’io sono disponibile, gratuitamente, perché ho una visione old style dell’onestà e in questo mi sento Carducciano:

Né sono per anche un manzoniano

Che tiri quattro paghe per il lesso.

Carlo D’Adamo


Domenica 17 novembre 2019

15 NOVEMBRE 2019: UNA GIORNATA DI FAKE NEWS A CURA DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI DELL’EMILIA ROMAGNAultima modifica: 2019-11-18T07:00:18+01:00da iskra2010
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