Dens dŏlens 405 – Cosa ci insegna il coronavirus

di MOWA

nell’aver gettato le solide fondamenta sulle quali la società comunista ha iniziato il suo processo di sviluppo storico, nell’avere, in una parola, tradotto storicamente nella realtà sperimentale la formula marxista della dittatura del proletariato. La rivoluzione è tale e non una vuota gonfiezza della retorica demagogica, quando si incarna in un tipo di Stato, quando diventa un sistema organizzato del potere. Non esiste società se non in uno Stato, che è la sorgente e il fine di ogni diritto e di ogni dovere, che è garanzia di permanenza e di successo di ogni attività sociale. La rivoluzione proletaria è tale quando dà vita e s’incarna in uno Stato tipicamente proletario, custode del diritto proletario, che svolge le sue funzioni essenziali come emanazione della vita e della potenza proletaria.[ Antonio Gramsci – Scritti politici I, L’Ordine Nuovo, 7 giugno 1919, La taglia della storia ]

Altri giorni stanno passando e, ognuno sta chiuso, letteralmente, nella propria abitazione, evitando e schivando i vicini di casa, per dare, giustamente, seguito al decreto del Governo e non diffondere il coronavirus.

Una dura prova per intere generazioni che hanno vissuto la fortuna di non aver “vissuto” la guerra e non conoscono cosa siano le privazioni personali e le difficoltà a reperire il cibo perché, nonostante tutto, in questa situazione le derrate alimentari non mancano e si riesce, anche se con difficoltà, ad averle nelle abitazioni.

Sovente, alla consegna, manca qualcosa di quanto ordinato online, a volte la spesa non arriva, e quando, invece, arriva, spesso, non è sufficiente perché diventa pressochè imprevedibile stabilire una efficace calendarizzazione della cambusa domestica rispetto alle ordinanze da rispettare e chi paga di più sono categorie come bimbi, anziani soli o indigenti.

Il coronavirus ha messo a nudo le fragilità di un sistema che ha vissuto per decenni con “soloni” che dipingevano come un Eldorado quello che hanno realizzato, quello che hanno costruito con armi letali, atomiche, super e poi ancora iper potenti, e, mentre convincevano della giustezza della cosa, facevano costruire strumenti di morte e impoverivano o dissanguavano l’unico fiume che doveva essere mantenuto in vita come quello sanitario e da gestire in forma pubblica.

Intelligenze” resettate sul lungo periodo che vivono costantemente solo nel presente, che hanno insegnato a intere e povere generazioni a pensare in piccolo e per sé stessi trascurando la collettività e che, poi, di riflesso ha generato mostri come sciovinismi o regionalismi fuori luogo.

Il coronavirus ha sbugiardato chi sottovalutava il fenomeno dell’importanza di avere strutture pubbliche che diventino presidi di sicurezza generale che vanno dalla salute all’istruzione sino alla stessa produzione perché con questa forma virale si evidenzia quanto il genere umano sia collegato, ogni persona ad un’altra più di quanto non si potesse immaginare e che la lezione del paese cinese (che sta avendo la meglio sulla diffusione del contagio) dimostra come le capacità di risposte umanitarie siano roccaforti di democrazia.

Si scopre, con questa forma virale, come l’antropologia dell’opportunismo del genere umano vada in controtendenza quando avvengono fenomeni di questa natura e ci si accorge delle difficoltà “incontrollabili” e della necessità di abbandonare l’individualismo tout-court a favore del bene collettivo dando luogo alla civitas.

Una forma virale che viene esorcizzata con rituali che vanno dal cantare, all’appendere mini striscioni fuori dalle finestre pur di vincere la paura della morte.

Una morte che troppe volte si è fatto finta di non vedere in chi cercava rifugio e scappava dalle guerre e dalla fame e che ora si proietta, come un meteorite, bussando alla porta delle vite quotidiane di un’intero globo. Si guarda tra le mura di casa quanta meschinità si abbia trasudato dai pori; non si potrà mantenere questo stato di cose, se si vorrà migliorare, si dovrà per forza cambiare atteggiamento sulla natura, sulle abitudini, sui rapporti interpersonali, sul tenore di vita dando maggior attenzione alle necessità effettive degli individui per tutelare la collettività. La Cina (comunista) tanto criticata è stata maestra nell’impostare questa barra del timone della tutela pubblica e gli infingardi Occidentali hanno sempre mentito alle loro popolazioni tanto da impedirne la guarigione o tutela perché non si vogliono spendere soldi per fare tamponi d’accertamento o dare sanità a tutti gli abitanti evidenziando il classismo anche su un aspetto così delicato come quello della sopravvivenza stessa dell’essere umano.

Dens dŏlens 405 – Cosa ci insegna il coronavirusultima modifica: 2020-03-16T07:47:53+01:00da iskra2010
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