Un partito unico PD-SEL?

 

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Per chi aveva ancora dubbi su Vendola… Eccolo servito.

Saluti comunisti

Andrea

 

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PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA

 

FEDERAZIONE DI GENOVA

Via San Luca 12/40 Tel. 0102477366 email: rifgenova@libero.it Un partito unico PD-SEL? Venerdì 22 Aprile 2011

 

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Ieri Franco Giordano ha affidato a il manifesto un’intervista nella  quale l’originaria intenzione di Sel di incarnare (sia pure con  un’autoreferenziale pretesa di esclusività) la “nuova sinistra” subisce  una significativa e più esplicita torsione. 
Da quel che si può capire, il tema non è più la costruzione di uno  schieramento di centrosinistra, il cui leader sia scelto attraverso  primarie di coalizione ma, direttamente, la costruzione di «un nuovo  soggetto politico», i cui soci fondatori dovrebbero appunto essere,  oltre  a Sel, il Pd e l’Idv. La novità, di singolare impianto  veltroniano, è rilevante perché l’ipotesi configurata non è neppure più  quella del big bang bertinottiano, vale a dire di una fase fluida che  scompone schieramenti partitici vetusti e “libera” le persone da  appartenenze coatte, riconferendo pregnanza – questo mi pare ne fosse il  senso – alla politica e alla rappresentanza sociale ingessate dentro  schemi e identità fuorvianti. No, più prosaicamente, e con meno  letteratura, Giordano ritiene che, qui ed ora, si debba avviare quella  fase costituente (x+y+z) senza la quale Berlusconi rimarrebbe  imbattibile. Giordano si scrolla di dosso l’obiezione secondo cui il Pd  guarda altrove e «cerca un accordo con pezzi del centrodestra per  portarli a sinistra». «D’Alema aspetta sempre Godot», chiosa il  dirigente di Sel, non avvedendosi che la febbrile attesa del Pd sulle  sponde della sinistra – liquidata da quel partito come un’aporia  novecentesca – è almeno altrettanto velleitaria. E allora? Ciò che  rimane in fondo al setaccio, una volta fatte sedimentare tutte le  chiacchiere, è la minestra riscaldata di un’ipotesi entrista, dentro il  Pd, dentro questo Pd, inertizzato dalle proprie intestine contraddizioni  e da un’involuzione culturale che è perlomeno ingenuo pensare di  rimontare attraverso un’operazione politicista. Ma prendiamo (per un  momento) sul serio l’operazione. Pare ovvio che un nuovo soggetto  politico dovrebbe poter contare su un minimo comune denominatore delle  forze chiamate a costituirlo. E qual è questo comune denominatore? In  cosa consiste questo progetto? Quali risposte esso potrebbe offrire alle  domande di fondo su cui può reggersi e durare una tessitura politica?  Quali sono le convergenze concretamente realizzabili? La guerra  umanitaria e la tacita reiterazione del finanziamento alla missione  afghana? Il paradigma monetarista che sta tuttora alla base della  politica economica del Pd? O il primato del capitale e delle ragioni  della competitività che rendono l’impresa il dominus riconosciuto delle  relazioni sociali? 
I diritti dei lavoratori tornerebbero ad essere difesi – come vuole  la Costituzione – in quanto elemento irriducibile e costitutivo della  nostra democrazia, oppure basterebbe il guanto di ferro di un qualsiasi  Marchionne a dettare l’ordine delle priorità? Ancora: è la battaglia per  la pubblicità dell’acqua e dei beni comuni su cui è possibile costruire  una strategia condivisa? O è piuttosto la liberalizzazione e la  privatizzazione dei servizi pubblici sociali? E la linea di quel nuovo e  alquanto ipotetico soggetto politico penderà dalla parte di chi esulta  per la sentenza torinese che ha inchiodato il management della Thyssen  Krupp alle proprie responsabilità, o da quella di chi se ne duole  paventando la fuga dall’Italia degli investimenti esteri? E la lotta  contro la precarizzazione del lavoro e della vita si potrebbe mai  affermare come riunificazione di un mercato del lavoro totalmente  balcanizzato, o rimarrebbe piuttosto oscurata dall’ideologia che ha  fatto della flessibilità un totem intoccabile? E in quale concezione  della laicità, della famiglia, dei diritti potrebbe riconoscersi la  nuova forza politica di cui si invoca, qui ed ora, la nascita? 
Con questo non si vuole pervenire alla conclusione paralizzante che  nulla può mutare. Si vuole solo ribadire che se una possibilità di  cambiamento è data, questa muove dalla capacità di costruire un polo  autonomo della sinistra, coerentemente legato ai movimenti sociali che  si battono nel Paese per un profondo rinnovamento della politica e dei  suoi contenuti. 
Le altre sono scorciatoie che possono offrire un po’ (ma solo un  po’) di effimera visibilità. E, probabilmente, anche qualche seggio in  un futuro parlamento. Ma non contribuiranno a cambiare un bel niente. 
Ci hanno già provato in tanti. E ognuno ha visto dove sono approdati.

Dino Greco Editoriale da Liberazione Intervista a Franco Giordano di SEL sul Manifesto

 

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Per i vendoliani l’alleanza non  basta: serve una nuova formazione. Le primarie si allontanano «ma  Vendola chiede innovazione e unità» ai democratici. Sciopero generale  della Cgil, comunali e referendum: Berlusconi può essere sconfitto.  Obiettivo? Un soggetto unico «Bisogna costruire qui e ora un nuovo soggetto politico, una nuova  sinistra che faccia dell’unità e dell’innovazione culturale il perno  dell’alternativa a Berlusconi». Per Franco Giordano, ex segretario di  Rifondazione e dirigente del partito di Vendola, Sinistra e libertà «da  sola non basta». E’ questo il senso del «patto di consultazione»  proposto ancora ieri dal governatore pugliese a Pd e Idv. Un «oltre  Berlusconi» declinato in modo un po’ diversamente dal Bersani in maniche  di camicia.  

Giordano, Sel propone un «patto di consultazione» a Pd e Idv ma  Bersani vi risponde che state già facendo qualcosa in più, visto che  siete alleati alle amministrative… Purtroppo le cose non stanno così e non sono così semplici. Dobbiamo  prendere decisioni importanti, il patto di consultazione e di unità è  decisivo, altrimenti non saremo credibili. Col Pd bisogna battere molto  il tasto dell’unità perché entro giugno ci sono appuntamenti  fondamentali per un’alleanza che vuole essere alternativa a Berlusconi:  lo sciopero generale della Cgil, le amministrative e i referendum. Il  treno sta passando. E se non lo prendiamo ora vuol dire che  l’alternativa alla destra non è ancora pronta.  

Vedi un Pd troppo timido sullo sciopero generale della Cgil? E’ in gioco non solo il contratto nazionale ma anche un tema  fondamentale come il diritto di sciopero. Il Pd da che parte sta nella  vertenza Bertone? Era da sciocchi pensare che Mirafiori e Pomigliano  fossero un’eccezione. Come si vede, avevamo ragione noi: la Fiat  continua ad affossare i diritti e a perseguire l’abbattimento del costo  del lavoro senza investire in qualità e innovazione. Non a caso le  macchine di Marchionne non si vendono. Lo sciopero generale va sostenuto  perché può rappresentare l’approdo e l’identità sociale di una nuova  coalizione, un centrosinistra unito che mette il lavoro al centro della  sua proposta.  

Come si concilia però la critica a Marchionne con il sostegno a Piero Fassino a Torino? La nostra presenza in quella coalizione serve proprio a condizionare  le sue politiche e a fargli cambiare di segno. Fassino lo sa: non è mai  stato in discussione, e non lo sarà mai, il nostro appoggio alla Fiom e  al sindacato. L’accordo con il Pd è reciproco.  

Insistere su un patto tra partiti non significa che alle primarie non ci credete più nemmeno voi? Le primarie verranno. Questa proposta è propedeutica a definire il  perimetro dell’alternativa. Contro i referendum Berlusconi le sta  tentando tutte. Come nel gioco delle tre carte rinvia il nucleare perché sa che farebbe da calamita per il quorum. Mi piacerebbe discutere con  il Pd anche di acqua pubblica e rinnovabili, dell’alternativa economica a Tremonti. Dobbiamo iniziare a farlo.  

D’Alema però (e non solo lui) continua a escludere le primarie. D’Alema è sempre D’Alema. Segue lo stesso schema fin da ragazzo:  cerca un accordo con pezzi del centrodestra per portarli a sinistra. Ma aspetta Godot. Dobbiamo provare ad animare questo processo unitario dotandolo di una partecipazione di massa. Se il Pd non investe sullo sciopero generale e sui referendum non avremo più il tempo di cambiare marcia. Stiamo vivendo un passaggio epocale, le miserie della politica  italiana occultano a stento quello che sta accadendo nel mondo. Bisogna  investire qui e ora sulla fondazione di una nuova sinistra in grado di  costruire un modello culturale e politico nuovo, una diversa idea di  democrazia.  

Sel non è sufficiente per questa «nuova sinistra»? Sel da sola non basta. Continuo a pensare che bisogna costruire un  unico soggetto politico. L’affondo unitario di Vendola sul Pd ha  esattamente questa ambizione. Certo, come dice Nichi, aspettiamo a  mettere il carro davanti ai buoi ma questo processo intanto dobbiamo  costruirlo.  

Rifondazione e il Pdci sono esclusi da questa coalizione? Lungi da noi il voler ridurre la platea. E’ Rifondazione ad aver  detto che non è disponibile a una coalizione di governo. E’ un tema che  ci divide da tempo e secondo me è auspicabile una loro maturazione. Il  problema non è nostro. L’unità di partiti, movimenti e associazioni è  dirimente per costruire una sinistra nuova. Ma per battere la destra non  puoi più eludere il tema del governo, dell’unità e dell’innovazione  culturale. Come opposizione siamo già uniti, in molti casi lavoriamo  insieme. Ma le forze vanno unificate di più fino a costruire un nuovo  soggetto politico. La scomparsa di una grande sinistra in questo paese è  un’anomalia che va sanata.  

Berlusconi a Milano si è candidato per il Pdl. Pensi che il Pd sia pronto a una sfida così importante? Penso che a Milano anche nel Pd si sia messo in moto un processo  positivo. Le primarie e la figura straordinaria di Pisapia stanno  facendo dare il meglio a tutte le forze politiche. C’è una  partecipazione che va anche oltre i partiti. Milano non è ancora il  laboratorio della nuova sinistra ma è sicuramente un segnale di buona  politica.

 

Un partito unico PD-SEL?ultima modifica: 2011-05-09T01:08:00+02:00da iskra2010
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