Trilateral la democrazia rifiutata

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di Angelo Ruggeri

L’articolo – qui sotto riportato – su “La democrazia rifiutata” dell’Unità del ’77 è costato qualche fatica inserirlo stante che trascrivere è attività passiva – donde ci capita di arenarci nella trascrizione di molti lavori fatti quando si usava la macchina da scrivere – ma, al di la’ delle considerazioni e valutazioni “personali”, speriamo possa servire a ripensare a cose tanto obliate quanto decisive come la Trilateral per l’arretramento dalla democrazia, programmato, quasi quanto i risultati elettorali in Irak (ultimo approdo – e punto d’arrivo – del “sogno americano” della democrazia apparente, recitata o di cartapesta come una Disneyland e una hollywood e per ciò, come queste, “esportabili” come ha fatto la Gardaland berlusconiana: in fondo il loro kitc è sincero: “Esportare l’America” è, papale papale, il titolo di un libro del Foglio dedicato alla rivoluzione dei neoconservatori che, come spesso accadde, mistifica meno di una sinistra spesso infognata nell’ipocrisia del politicamente “corretto”).

Ne’ dispiacerebbe qualche interlocuzione o arrichimento e approfondimento sull’arrettramento della democrazia, perchè è davvero singolare che anche coloro che sono stati sinceri democratici e di sinistra, e anche “comunisti”, oggi accettino – magari persino rivalutando Craxi al posto di Berlinguer ma continuando a fingersi continuatori di quest’ultimo – semplicemente e si adeguino così facilmente tanto da accettare di fare politica e candidarsi in elezioni maggioritario-presidenziali facendo finta di nulla, come se non ci fosse stato e non sia accaduto niente in questi anni di sovvertimento antidemocraico e anticostituzionale: un po’ come se nel Cile di Pinochet la sinistra avvesse continuato a fare politica e a candidarsi nelle elezioni e ad occuparsi di omossessualità, ambiente, fecondazioni, adozioni e diritti civili in genere o fare anche referendum e primarie ignorando la presenza di un potere autoritario, in forma stabile e continuativa, come quello pinochetista, certo non scalfibile dalla possibilità di occuparsi di alcune tematiche o “diritti civili” contraddetti e negati in partenza dalla natura stessa e autoritaria del potere.

Eppure, mutatis mutandis, è quello che si fa in Italia, sia rispetto alle istituzioni locali, regionali e statali che si sono involute autoritariamente e rispetto a cui ci si occupa di altro senza, anzitutto, contrastare l’autoritarismo o il “fascismo” che è nelle e delle istituzioni prima ancora che in chi poi viene eletto a governarle e di cui, magari, si identifica il “regime” nella di lui persona invece che già nelle istituzioni, “regime” che quindi viene legittimato se si concorre – come anche Vendola – accettando di fatto le “istituzioni” di regime come quelle insite nell’istituto delle primarie populiste (e uninominali: come nell’Antico e ne lper-moderno) dopo aver tanto criticato il populismo “altrui” o insite nell’istituto del referendum che – al di la’ dei contenuti o dei quesiti su cui ci si divide – esprime, come le primarie, una forma della politica e del potere dall’alto, elitario e opposto alla democrazia antifascista e alla sovranità popolare della Costituzione nostra che si soppianta o si integra – con provincialismo e sudditanza geopolitica ma sopratuto subalternità culturale e ideologica – con istituti “americani” per presunto “modernismo” (“nemico” di ogni teoria e cultura di sinistra, che pervade anche settori che ben conosco e che hanno ambito presentarsi come fautori di un “comunismo moderno”(sic) finendo per rifondare un “anticomunismo premoderno“;

sia rispetto a “carte” europee dei “diritti” che si valutano a prescindere da quella che è la regressione autoritaria, persino pre-moderna, della UE e dalla natura effettiva del suo potere che essendo antisociale e antidemocratico nega in partenza ogni diritto sia sociale che civile.

Come se si potesse veramente fare “diritti” in presenza di poteri e istituzioni autoritarie, per di più dopo averle passate e passandole come Moderne. Come fossimo a prima della Rivoluzione francese e delle manifstazioni della lotta di classe, anzi a prima della querelle des anciens et des modernes e non fosse ancora passata la tesi che i moderni sono più vecchi e quindi più esperti e maturi degli antichi e fosse più saggio riproporci e partecipare ancora al maggioritario-uninominale e alle primarie presidenzialiste e populiste che ne sono una espressione.

Come fosse più moderno Eliogabalo piuttosto che il moderno proporzionale adottato immediatamente dopo la Liberazione e il moderno costituzionalismo democratico della nostra Carta del 1948.

 

 

 “Correva l’anno”1975. Per trovare qualcosa di simile bisogna tornare agli anni che precedono e preparano la prima Grande Guerra mondiale “quando i vari Carnegie, Taft, Gompers, si riunirono per delineare un nuovo corso per il capitale monopolistico in ascesa di fronte ai primi seri scontri con un agguerrito movimento sindacale” 

 

Chiosando un articolo di pagina 3 dell’Unità del 1977, casualmente ritrovato tra la massa di materiali del nostro in gran parte disordinato deposito e archivio, intitolato e sottotitolato in grande corpo e su sei colonne

Ideologia, indirizzi e proposte della Trilateral

 

LA DEMOCRAZIA RIFIUTATA

 

Per politici, studiosi, imprenditori, finanzieri americani, europei e giapponesi (facenti principalmente riferimento al partito democratico USA,  oggi referente dei  centrosinistra del mondo), la vitalità stessa dei regimi democratici sarebbe radice di instabilità e conflitti ingovernabili.

Tra i rimedi proposti dalla Trilateral, nata da un preciso progetto di egemonia politica internazionale di Rockefeller, un ridimensionamento dell’educazione superiore e della libertà di stampa. Le formulazioni del rapporto Huntington e le linee politiche dell’amministrazione Carter, la cui candidatura alla presidenza USA fu ufficialmente lanciata dai più importanti settori del capitalismo multinazionale.

 

Alle origini della “spinta propulsiva” che alimenta le “riforme istituzionali” e le “regressioni costituzionali” d’Italia e d’Europa

e trascina il Mondo nei vortici di un potere ovunque repressivo,

autoritario e violento che come nelle fasi storiche premoderne

tende a riproporsi come “potere senza legge”,

sottraendosi al diritto interno e al diritto internazionale

 

Far politica studiando “democrazia”:

dedicato a chi, dimenticando come si è giunti a tale  sistema politico ed elettorale, “fa politica” ignorando che essa è inscindibile dal “diritto”, che è forma e articolazione del potere e, dunque, della  democrazia che viene ignorata “se si” e “da chi” ignora il “diritto”;

a chi si candida magari in alternativa a Formigoni imputato di “presidenzialismo”, “federalismo” e “privatizzazioni” facendo del “federalismo” e delle “privatizzazioni” il proprio vanto senza nemmeno  poter vantare, come Formigoni, di essere attaccati dal Sole 24 Ore e dalla Confindustria per aver sostenuto l’Irak contro l’embargo e aver contrastato, almeno un pochino, la Fiat sull’Alfa come dubitiamo avrebbe fatto Sarfatti – un banchiere, sic – candidato del “centrosinistra” sostenuto anche da Confindustria, Fiat, banche, Sole 24 Ore, Corsera, ecc. e che, nel voto di scambio del “bastardo” sistema maggioritario bipolare, dovrà poi – come Bush ai suoi petrolieri- rendere favori a tali padroni per il sostengo ricevuto.

Povero diritto.

E povera democrazia.

E povero “popolo di sinistra”costretto a votare “cornuto” ed essere poi mazziato.

 

Mai come oggi si era visto “far politica” riferendosi così poco al “diritto” e alla democrazia che viene così resa caduca nella stessa “forma della politica” da coloro che la praticano nelle istituzioni locali, regionali e statali e dentro i partiti e i sindacati.

In pratica sono proprio quelli che partecipano alla politica – non gratis come si sa e non con stipendi parificati ai metalmeccanici – che per mancanza di teoria e di “autonomia” politica-culturale finiscono con l’esprimere, anche “da sinistra” – egemonizzata dalla cultura avversa –, quell’anticostituzionale separazione tra sociale, economico e politico che la borghesia, con l’ausilio determinante dell’ideologia giuridica (così bene e variamente analizzata da Gramsci e poi da Althusser), ha sempre mirato a far valere entro le tensioni drammatiche della lotta di classe legittimata dalle teorie antifasciste della sovranità popolare e impostasi in termini rivelatisi insopportabili per il capitalismo nel tornante delle lotte degli anni ‘70.

Da cio’ prese l’abbrivio la reazione del grande capitale multinazionale con le obliate denuncie di “ingovernabilità” della democrazia fatte dalla Commissione Trilateral per arrivare a ridurre le c.d. “complessità” (cioè la  democrazia stessa) poi sviluppata dalla teoria “sistemica” (da non confondere con la sistematicità” marxista) di Luhmann e dalle proposizioni italiane ed europee sulla “governabilità” e quindi delle “riforme istituzionali”. 

            Quanti, “facenti politica”, hanno letto e studiato il rapporto sulla ingovernabilità della democrazia stilato dalla  Trilateral e quello stilato dalla P2 di Gelli?

E quanti i progetti di “riforme istituzionali” che ne sono scaturiti? E cosa ne hanno tratto? E cosa hanno detto e ci dicono?

Ci si candida e si vota in una Repubblica di democrazia sociale e antifascista e quello che uno  fa, dice e pensa, a proposito della democrazia, è la cosa più importante, molto più importante dell’opinione di Buttiglione o di chicchessia sugli omosessuali o su qualunque altro tema: perché da li deriva come si affronterà e risolverà quello e tutti gli altri problemi: non alla Pannella e alla liberale ma alla democrazia, specificatamente sociale, almeno fino a quando questa Costituzione continuerà, come finora, a difendersi da sola contro tutti e vigere contro l’arco anticostituzionale, contro la pratica politica di vertice propria di chi sponsorizza, o spos,a o accetta il maggioritario-bipolare e “uninominale” che già foneticamente dovrebbe far capire quanto vecchio e settecentesco sia, almeno quanto ottocentesca e monarchica sia “Unione” di un “centrosinistra” che così continua non ad avere nemmeno un nome ne’ un titolo di contenuto contro chi fa invece appello alla “libertà”.

 

La “democrazia” preoccupava i banchieri e i capitalisti dei tre Continenti della Trilateral, come si vede qui sotto, non certo preoccupati dal “federalista” degli Stati Uniti o quella del premierato e maggioritario inglese o anglosassone, in genere, nel cui ambito solo la stampa per pochi ed eccezionali anni ha potuto esercitare una critica  all’assoluto potere di iniziativa e indirizzo del governo Usa che, messo alla prova, dalla stampa, ha potuto dimostrare di ben reggere alla c.d. “ondata democratica” che negli anni ‘60 aveva messo sotto pressione il potere presidenziale, ribadendo il primato del potere governativo su tutti gli altri – con Reagan e successivi – dimostrando che il sistema anglosassone è il massimo modello di “governabilità” possibile, a cui richiamare per adeguamenti istituzionali e costituzionali anche l’Europa e, in particolare, l’Italia del “caso italiano” come, nel Rapporto della Trilateral, lo definisce Agnelli particolarmente sostenuto dal suo amico Kissinger (altro Trilateral che alcuni Paesi hanno imputato di crimini di guerra) che tanto li preoccupava: perché in Italia i comunisti stanno vincendo con la democrazia”, come disse Licio Gelli per spiegare il Piano P2 per le “riforme istituzionali”, usando parole analoghe a quelle di Gardner, ambasciatore Usa in Italia, che nel ‘77 proclamò “l’allarme rosso” perché “il Pci è vicino al potere” e “bisognava arrestare la marcia di Berlinguer  (Corsera 3-9-04,  a proposito del saggio di Gardner “Mission:Italy”).

Una riduzione della “complessità” e della democrazia, che è stata “tradotta” già col contributo introduttivo di Agnelli in  riferimento all’Europa e in particolare all’Italia, e che tra varie fasi di “riforme” ha portato all’attuale fase in cui il conflitto è solo intercapitalistico e in cui, per ciò, i rapporti di potere a cui si guarda sono tutti di “vertice”, in totale esclusione della società e del sociale. Per ciò è diventato possibile parlare di “federalismo” – interno ed esterno, in Italia e in “Europa” – proprio perché il “federalismo”, non solo, non è autonomia dei poteri locali e regionali, ma non è nemmeno decentramento dei poteri, dal momento che il “federalismo” eleva a rapporti centrali (tra vertici locali, regionali e nazionali) “tutto” lo stato federale (cosa da dire contro Formigoni e i “governatori del Polo ma da ricordare anche a chi si candida contro e in alternativa ad essi (n.d.r.)

 

(l’Unità, 6 ottobre 1977) Il rapporto sulla crisi della democrazia redatto per la Commissione Trilateral dall’americano Samuel P. Huntington (in seguito più conosciuto per la mediocre teoria della c.d. “guerra di civiltà”, n.d.r.), dal francese Michel J. Crozier (sociologo e consigliere del governo di Parigi, n.d.r) e dal giapponese Joyi Watanuki (sociologo dell’università di Princeton – sovvenzionata dalla Fondazione Rockfeller e di quella della California, n.d.r) è stato pubblicato in Italia da Franco Angeli (per chi fosse interessato abbiamo a disposizione sia tale volume che la fotocopia originale del Piano P2 ) due anni dopo essere uscito negli Stati Uniti (cioè nel 1975, lo stesso anno in cui la Loggia P2 di Licio Gelli ha formulato le proposte “riforme istituzionali” e costituzionali col suo c.d. “Piano di rinascita democratica”; mentre la sua pubblicazione in Italia è del 77, lo stesso anno in cui Gadnere, ambasciatore Usa, giunge in Italia per la sua “Mission:Italy”, n.d.r.), col sottotitolo di “rapporto sulla governabilità delle democrazie”, la prefazione di Gianni Agnelli e l’introduzione di Sibigniew Brzezinski (Direttore della Commissione Trilaterale ed esponente di punta dell’amministrazione democratica americana, cioè di quella parte politica a cui negli anni successivi faranno riferimento i centrosinistra italiani e l’Ulivo “sostenuto” anche dall’Avv. Agnelli, n.d.r.).

Il rapporto merita attenzione se non altro perché è la prima fonte (non occulta n.d.r.) da cui sia lecito ricavare la “filosofia” ufficiale di un organismo misterioso, la Trilateral appunto.

Gianni Agnelli definisce la Commissione “un gruppo di privati cittadini, studiosi, imprenditori, politici, sindacalisti (un po’ come l’interclassismo del centrosinistra di oggi, n.d.r.) delle tre aree del mondo industrializzato (America settentrionale, Europa occidentale, Giappone), che si riuniscono per studiare e proporre soluzioni equilibrate a problemi di scottante attualità internazionale e di comune interesse”(capitalistico, n.d.r.).

La formula di Agnelli appare singolarmente modesta – osserva Marco Fini sull’Unità – quando si consideri che  la Trilateral è nata da un’idea di Sibigniew Brzezinski e da un preciso progetto di egemonia politica internazionale di David Rockefeller, fratello più giovane di Nelson Rockfeller, presidente della colossale Chase Manhattan Bank di New York, è portavoce riconosciuto della comunità bancaria mondiale.

La convenzione di Kyoto in Giappone, nel corso della quale fu solennemente presentato il rapporto sulla crisi della governabilità delle democrazia e fu ufficialmente lanciata la candidatura dello sconosciuto governatore della Georgia Jimmi Carter alla presidenza degli Stati Uniti, vide schierato un campione assai significativo del capitalismo multinazionale.

I 200 membri della Commissione comprendevano dirigenti della maggiori banche (Bank of America, Rockefeller’s Chase Manhattan, Wells Fargo) e delle maggiori società indistriali (Bendix, Coca Cola, Texas Instruments, Exxon, Kaiser, Hewlett- Packard e Caterpillar Tractor); sindacalisti di primo piano (T.W Abel dei lavoratori dell’acciaio, Leonard Woodcock dei lavoratori dell’automobile e Lane Kirkland dell’ALF-CIO), uomini rappresentativi del mondo dei mass media.

Anche le classi dirigenti del Giappone e dell’Europa erano ben rappresentate (Barclays Bank, Bank of Tokio, Fuji Bank, Banque de Paris et des Pays Bas, Fiat, Toyota, Royal Dutch Petroleum, Mitsubishi Hitachi, Sony, Financial Times, Die Zeit).

Per ritrovare un gruppo di “privati cittadini” come questo, ha detto il noto economista americano Samuel Bowles nel corso di un dibattito sulla Trilateral organizzato a Milano dalla Fondazione Feltrinelli, bisogna tornare agli anni precedenti la prima guerra mondiale quando i vari Carnegie, Taft, Gompers, si riunirono sotto l’egida della Federazione Civica Nazionale per delineare un nuovo corso per il capitale monopolisitco in ascesa di fronte ai primi seri scontri con un agguerrito movimento sindacale.

Il progetto di David Rockefeller era assai realistico: oltre al successo presidenziale di Carter, ben 17, dei 67 commissari americani della Trilateral,  sono entrati a far parte della nuova amministrazione e tutti in posizioni decisive, dal Segretario di Stato Cyrys Vance, al consulente per il Consiglio nazionale di Sicurezza Zbigniew Brzezinski, dal ministri del Tesoro W. Michael Blumenthal al ministro della difesa Harold Brown, dal responsabile del controllo degli armamenti e principale negoziatore del Salt 2 Paul Warnke, all’ambasciatore all’ONU Andrew Young e all’ambasciatore in Italia il liberal(sic) Richard Gardner (quello di “Mission: Italy”( 1 ) che nel ‘77 lanciò l’allarme rosso sul “PCI è vicino al potere” dicendo che bisognava arrestare la marcia di Berlinguer, cioè con parole simili a quelle con cui Gelli giustificò il Piano di “riforme istituzionali” della P2 “perché i comunisti stavano vincendo con la democrazia e bisognava fermarli) .

            Delle tre relazioni la più significativa è quella di Hunington, un politico di Harvard noto per la durezza con cui sostenne l’opportunità di bombardare a tappeto il Vietnam e di concentrare le popolazioni in alcuni centri controllabili, fondatore del Foreign Policy e autore di saggi di politica internazionale insieme al “democratico” Brzenzinski, porta a conclusione paradossali l’assunto di Schumpeter, che il capitalismo trova intrinseci motivi di crisi proprio nelle grandi realizzazioni economiche  e sociali di cui è capace.

Secondo Huntington gli anni 60 in America hanno visto l‘insorgere di una grande “ondata democratica” che ha sovraccaricato il sistema politico di partecipazioni e rivendicazioni: “La vitalità della democrazia ha prodotto un sostanziale incremento delle attività del governo e un sostanziale calo dell’autorità del governo”.

“Un eccesso di democrazia significa un deficit di governabilità” questo è l’argomento principale di Huntignton (sappiano tutti coloro che hanno accondisceso a rafforzare i poteri di vertice dello stato in nome della governabilità, l’origine della loro “libertà d’opinione”).

Il deficit di governabilità (e qui dobbiamo rimandare a quanto già scritto su ideologia della governabilità e potere di iniziativa e di indirizzo del governo con cui così nello stato di diritto si mistifica anche la divisione dei poteri col primato assoluto del potere esecutivo, n.d.r.) e di autorità statale rende difficile per un governo impegnato in consistenti programmi interni di imporre al proprio popolo i sacrifici che le politiche estera e di difesa richiedono (problema brillantemente risolto dagli USA che oggi sanno imporre al proprio paese stratosferiche spese statali per armi e politica estera di guerra, n.d.r). Così che l’indebolimento del potere e dell’influenza americana negli affari mondiali (idem n.d.r. precedente) è direttamente legata alla crisi della governabilità.

A questo punto Huntington esprime il massimo rifiuto della democrazia arrivando a contestare il detto famoso e per noi incontrovertibile di Al Smith (n.d.r.).

“Al Smith – dice il Trilateral – osservò una volta che l’unica cura per i mali della democrazia è una maggiore democrazia”. L’applicazione di questa cura  – continua Huntigton – oggi equivarrebbe ad aggiungere esca al fuoco. Taluni dei problemi di governo degli Stati Uniti scaturiscono oggi proprio da un eccesso di democrazia. Ciò che occorre alla democrazia è invece un grado maggiore di moderazione”.

Il funzionamento efficace d’un sistema politico democratico richiede, secondo questa paradossale argomentazione (che però si è rivelata non tanto paradossale visto che è diventata realtà nell’Italia di oggi, n.d.r.), una certa dose di apatia e di disimpegno da parte di alcuni individui e gruppi: “in passato ogni società democratica ha avuto una popolazione marginale, di dimensioni più o meno grandi, che non ha partecipato attivamente alla politica. In sé questa marginalità di alcuni gruppi è intrinsecamente antidemocratica, ma ha anche costituito uno dei fattori che hanno consentito alla democrazia di funzionare efficacemente (chiarissimo es. di come capitale e liberali intendono la democrazia che con Usa e Inghilterra vogliono imporre nel mondo, n.d.r). I gruppi sociali marginali, ad esempio i negri partecipano ora pienamente al sistema politico (sic, n.d.r.) con richieste che ne allargano le funzioni e ne scalzano l’autorità. E’ necessario quindi sostituire la minore emarginazione di alcuni gruppi con una maggiore limitazione di tutti i gruppi”( 2 ).

Le proposte del rapporto di Kyoto per questa “limitazione” e per il ripristino “dell’equilibrio” fra governabilità e “democrazia” vanno da una generica richiesta di pianificazione economica e sociale centralizzata (dai gruppi monopolistici privati e non per “programmazione democratica”, n.d.r), ad un drastico ridimensionamento della educazione superiore (come in Italia a partire dalla Berlinguer-Bassanini, n.d.r.) a un drastico ridimensionamento della libertà di stampa (a cui gli Stati Uniti sono effettivamente giunti dopo la parentesi traumatica della guerra del Vietnam, n.d.r.).

 Truman seppe governare il Paese con un numero relativamente ristretto di banchieri e avvocati di Wall Street” – dice Hauntington.

Negli anni 60 i mass media diventarono una opposizione politica molto attendibile, un terzo partito dissidente (intollerabile in un sistema liberale-bipolare -maggioritario) che svolge una funzione di freno al potere presidenziale. Gli organi della stampa nell’affare Watergate riescono in quello in cui nessun’altra istituzione (significativa ammissione, n.d.r) è mai riuscita nella storia americana (da memorizzare per gli ideologi delle “riforme istituzionali” e della governabilità: nessuna istituzione che si avvicini a quelle americane può mai ambire a tanto, n.d.r.)

Donde le indicazioni per rivedere le garanzie costituzionali che tutelano la libertà di stampa in nome “dei più ampi interessi della società”. In circostanze speciali, dice il rapporto Trilateral, deve poter scattare una censura preventiva e il diritto dei governi di bloccare le informazioni.

Secondo Samuel Bowles il rapporto di Kyoto svela chiaramente i legami col potere e la fede antidemocratica del trust che, attraverso Carter, ha portato Brzezinski a controllare la politica estera degli Stati Uniti. Quando si arriva a rimpiangere la gerarchia, la coercizione, la disciplina, l’inganno e la segretezza come attributi legittimi ed inevitabili del processo di governo, dice Bowles, vuol dire che una classe dirigente comincia a mettere in discussione i fondamenti stessi della demcorazia.

Eppure, aggiungiamo noi, è proprio questo processo che da Carter in poi si è perseguito e instaurato per opera delle amministrazioni USA senza che, praticamente mai, da noi e in Europa, si sollevasse dubbio o qualcuno incrinasse la propria credibilità rispetto alla natura e al carattere effettivo della “democrazia americana” apoditticamente e acriticamente assunta come modello al punto che le parole – che sono testimonianza più eloquente di qualunque documento – come “federalismo”, uninominale, maggioritario, presidenzialismo, primarie, convention, diritti di cittadinanza,  antitrust, blind trust, concertazione, New Deal, trasparenza,  privatizzazioni e potere d’impresa, kennedysmo e  clintonismo, ecc. sono diventate correnti e dominanti in Italia.

Fino al punto che si è arrivati a sostenere che la patria dei trust e della corruzione istituzionalizzata fosse il “modello da imitare” per combattere la corruzione e i trust in Italia, eliminando il sistema politico costituzionale e proporzionale. Anzi, assumendo i democratici americani da Kennedy a Carter, a Clinton, come riferimento per un nuovo modo di essere e di fare politica della sinistra.

Per tutto è valso e vale il viatico della dichiarazione di Brzezinski nell’introduzione al rapporto della Trilateral: “Sarà necessario per i cittadini delle nostre democrazie riesaminare le premesse fondamentali e i funzionamenti del nostro sistema politico”.

Detto e fatto in Italia e codificato in Europa dove la c.d. “costituzione europea” ha il vantaggio di rifarsi non solo al modello espresso dalla costituzione liberale americana di 200 e più anni fa, ma anche ai correttivi e alle indicazioni indicate dalla prima e successive riunioni della Trilateral e da altre innumerevoli elaborazioni e contributi su come perfezionare ulteriormente alla luce degli sviluppi della società di massa i meccanismi per rafforzare dietro le forme apparenti della democrazia l’arrocamento delle grandi centrali del potere dei gruppi di interesse corporativo e privato e di pochi sui molti.

Nota 1:

L’Italia rappresentava “il problema politico più grave” degli stati Uniti in Europa, ricorda Arrigo Levi nella prefazione al recente saggio di Gardner (Mission:Italy, Mondadori) e, Gardner condivideva il giudizio e soprattutto la necessità di convincere anche molti amici sinceri degli USA (valga per tutti il nome di Ugo La Malfa) che pensavano che l’unico modo di sfuggire al disastro, l’unica via possibile, non fosse solo il coinvolgimento del Pci a cui – contrariamente a quanto sembrava allora una linea di non interferenza negli affari italiani – Gardner e i “liberal democratici”(sic) americani erano contrari. Lo stesso Gardner, nel suo libro, dimostra di aver fatto tutto quanto era nelle sue possibilità per frenare la marcia di Berlinguer, cercando di convincere anzitutto i suoi “amici” Andreotti, La Malfa e per un certo periodo Fanfani, che si mostravano sensibili ad un accordo coi comunisti, che invece a lui, come a Craxi e a Cossiga, sembravano impegnati in una marcia del gambero rispetto alle precedenti aperture atlantiche e per nulla intenzionati a socialdemocratizzarsi. Ed in effetti contro la vulgata della destra comunista oggi ripresa da diessini e sinistra senza memoria, che fanno risalire a Berlinguer la loro svolta a destra filo americana e liberale, con Berlinguer il Pci andò sempre più staccandosi dall’Urrs ma posizionandosi su posizioni sempre più di lotta anticapitalistica e per elementi di socialismo e di “rivoluzione” democratica e socialista come dimostra il movimento di lotta politica e sociale che caratterizzò Pci, sindacato e forze sociali dalla svolta del Pci del 79 fino alla morte di Berlinguer, in questo, superando, a “sinistra”, nella prassi e nella teoria, la sinistra ingraiana, come testimoniano direttamente  molti “ingraiani” come noi del Lavoratore di oggi, che prima non lo erano mai stati e poi divennero, per c. dire, “berlingueriani” nel momento stesso in cui tutta la destra comunista, che aveva prima osannato e mal interpretato il Berlinguer del compromesso storico e dell’ombrello Nato, gli si scagliassero contro anche con ogni tipo di denigrazione personale come era abitudine stalinista della destra comunista fare da prima contro gli “ingraiani” e tutti coloro che assumevano posizioni di “sinistra comunista”. Come molti di noi possono direttamente testimoniare e potrebbero ricordare a Bertinotti che proclama l’antistalisnismo e si allea coi post e anticomunisti diessini “stalinisti” fin da quando erano destra comunista, oltre che applicare metodi “stalinisti” nella gestione di Rifondazione. Quella stessa destra-Pci che voleva l’appoggio esterno al governo Andreotti di “maggioranza nazionale” e che Berlinguer, recandosi alla Camera, voleva invece negare, lo stesso giorno in cui il rapimento di Moro lo costrinse a dare l’appoggio esterno per “unità contro il terrorismo”. Una strategia sopraffina che col rapimento Moro portò ad un logoramento del Pci fino a quando, sconfitta la destra-Pci con la contro svolta del congresso di Napoli del ’79, il Pci uscì dalla maggioranza e ritornò a guadagnare consensi fino a diventare nell’84 il primo partito. Nel frattempo Gardner aveva lanciato e gestito, in alleanza con Craxi e Cossiga, gli euromissili e con Spadolini e Craxi il lancio delle “riforme istituzionali” in attuazione della strategia Trilateral della “democrazia rifiutata” ripresa e concretata dal Piano P2 scoperto nell’81, che, successivamente e “stranamente”, portò a non più rieleggere i parlamentari del Pci che se ne erano occupati e avevano promosso le inchieste (tra cui il padre di D’Alema). Dopo la morte di Berlinguer la destra-PCI, con la segreteria Cgil di Trentin si adoperò, prima, per impedire il referendum, e poi la vittoria del voto referendario contro il taglio della scala mobile con cui Craxi dette inizio alle “riforme istituzionali”, grazie anche all’improvvida e improvvisa apertura di Ingrao che nel 1983 col “governo costituente” – lo stesso che poi Cossiga rilanciò come sua proposta – si dimostrò disponibile ad un rafforzamento del potere di vertice del governo dandogli centralità e forza “pari” a quella del Parlamento tramite la “costituente di governo”, fino alla svolta, tanto preconizzata dal Piano P2 di Gelli quanto attesa dalla destra sociale e politica, della legge “uninominale con proporzionale secondo il modello tedesco” (come è scritto nel Piano P2) e con “modifica della costituzione in senso presidenziale e a vantaggio del presidente del consiglio” e riforma della Legge comunale e provinciale” (Piano P2) tutte attuate, come le altre indicate da Gelli (il più grande preveggente della storia), il quale, non caso, ha goduto di entrature e protezioni da parte di settori politici, economici, finanziari, militari e dei servizi segreti USA, fin da quando il comitato d’emergenza costituito presso il Ministero degli interni per la gestione del rapimento Moro risultò poi composto, nella sua quasi totalità da iscritti alla sua Loggia P2. In quello stesso anno Gardner inizia la sua Mission Italy come ambasciatore USA membro della Trilateral e poi ambasciatore in Spagna per conto dell’amministrazione Clinton, l’altro “democratico” e “liberal” a cui hanno fatto e fanno riferimento i centrosinistra italiani.

Nota 2:

E’ interessante notare come questa argomentazione si confà e conferma quanto abbiamo sempre sostenuto a proposito del sistema elettorale maggioritario e della sua pretesa omogeneizzazione sociale, per cui, non a caso, abbiamo in varie occasioni ricordato che esso è appunto vecchio di due secoli e venne usato anzitutto in Inghilterra agli albori dell’allargamento del diritto di voto proprio per contenere gli effetti della estensione del suffragio universale con “limitazione a tutti i gruppi” mediante il meccanismo elettorale.

 

 

Trilateral la democrazia rifiutataultima modifica: 2011-12-07T08:30:00+01:00da iskra2010
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