Ferrero come Napolitano ed Occhetto

 

100_2445+logoMOWA.jpgfoto MOWA

di Angelo Ruggeri

Proseguendo la linea di Napolitano ed Occhetto contro il PCI del “togliattiano” Berlinguer, Paolo Ferrero, credendo che ci sia solo un “unico togliattiano”, ci spiega perché è bene non essere e non votare Rifondazione. 

Non era certo una novità che il chierico valdese (valdesi da sempre alleati di Pds-Ds-PD), Paolo Ferrero e Rifondazione non fossero mai stati e non siano comunisti (tante volte abbiamo sottolineato i vari aspetti e li abbiamo colti in flagranza di cultura e politica piccolo-borghese antisociale e anticomunista). 

Certo Ferrero non entrerà nella storia, come invece Occhetto e Napolitano che sono protagonisti dell’abiura dei principi ideali e della rottura con la storia vincente dei comunisti italiani che furono i protagonisti dell’epos della Resistenza e fondatori della democrazia e della Repubblica italiana. Ma di fatto, proprio ad Occhetto e Napolitano (destra filo americana), protagonisti con Cossutta (destra di potere filo-brezneviana) del complotto contro il togliattiano Enrico Berlinguer, ha voluto riallacciarsi Ferrero nell’ultimo congresso, spiegandoci che Rifondazione non è e non sarà mai un partito comunista, tanto meno gramsciano come quel partito “in cui le grandi masse” hanno trovato e possono continuare a trovare, come diceva Gramsci (Gramsci, Q.12,§ 1), “nel partito di tipo nuovo il modo di esprimere la funzione che è direttiva e organizzativa, cioè educativa, cioè intellettuale”.

Ognuno ricorderà come cominciò il declino e la rovina che, da ultimo, ha portato Rifondazione e il Pdci ad essere, prima, confinati dalla sconfitta elettorale e poi a domandarsi se, e come, sopravvivere utilizzando i simboli ma non i principi del comunismo. Chiamando “l’unico togliattiano” Raul Mordenti (che ne ha ben donde di gratificarsene) Ferrero (che come abbiamo sempre detto non c’entra proprio nulla con i comunisti), si è semplicemente (e anche banalmente) riallacciato alla linea perseguita dalla destra di Napolitano che in questi giorni, e quasi come Mussolini, ha affermato: “è tornato l’orgoglio nazionale!” (ma di che e quale orgoglio nazionale?).

La stessa linea portata avanti dall’Occhetto della Bolognina che diede ragione, più che a Berlinguer, a Bettino Craxi che più di ogni altro ha cercato di recidere i legami del socialismo italiano col marxismo, sostituendolo con l’antica matrice nazionale, garibaldina e mazziniana. Occhetto avviò la discesa agli inferi della pseudo sinistra italiana, proprio rompendo con Togliatti e col “togliattiano” Berlinguer, pronunciando la callida abiura di Togliatti ed accusandolo di inevitabile e corresponsabile juntura con le scelte e gli atti di epoca staliniana. Guarda caso, invece, quelli furono gli anni che portarono a fare del PCI, in Italia, l’epicentro dell’epos fondante il nuovo stato repubblicano e la trave portante della difesa della Costituzione di democrazia sociale. Ciò è stato dimostrato in tutti i momenti drammatici e nelle successive vicende della Repubblica, allorché si sono paventate possibilità di ritorni fascisti, in qualunque modo mascherati.

Ma il complotto contro la Costituzione, contro la Repubblica di democrazia sociale e contro il PCI, che continua ancora oggi con i Ferrero e la pseudo sinistra dei pseudo “comunisti” di RC e Pdci, iniziò col complotto contro Berlinguer e il PCI, già (almeno) quando Napolitano si pose contro Berlinguer “ultimo togliattiano” alla guida del PCI e contro la “questione morale” che ostacolava “l’unità socialista” (sic) che Napolitano voleva costituire col PSI di Craxi protagonista e col CAF (Craxi-Andreotti e Forlani padrino di Casini), tutti causa di quella corruzione sia degli ideali fondativi che del ruolo dei partiti e della politica, poi inevitabilmente divenuta anche penalmente perseguibile e perseguita. 

A questa linea, che oggi trova espressione massima nel Presidente della Repubblica e nel suo governo-Monti, si riallaccia Paolo Ferrero, ben sapendo che i poteri oscuri, se non anche occulti, vogliono che tale linea sia sostenuta su tutto l’arco delle forze politiche, piccole o grandi che siano, anche, e soprattutto, di quelle c.d. “comuniste” i cui vertici è bene che siano occupati da uomini che – per quello che dicono e fanno – gettino il discredito sulla parola stessa oltre che sul significato di “comunismo” e “comunisti”. E con Ferrero e Diliberto (e il clan dei borghesi demoproletari) il discredito è indubbiamente assicurato. 

Ferrero come Napolitano ed Occhettoultima modifica: 2012-01-05T09:00:00+01:00da iskra2010
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